ANTONIO APPEDDU: “MAURO PILI E’, OGGI, LA POLITICA IN SAREGNA”

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Chi è Antonio Appeddu: dottore agronomo, docente in materie Tecniche e Scientifiche, libero professionista, esperto nei problemi degli Enti Locali, è stato direttore generale delle Provincie di Sassari e Olbia Tempio. Ma, anche politico, consigliere comunale ad olbia, assessore all’urbanistica, presidente della Comunità Montana “Riviera di Gallura”.  Ora è coordinatore del Movimento UNIDOS di Mauro Pili e, assieme a tanti altri vuole battersi per una Sardegna migliore che faccia valere le sue potenzialità, che sia lasciata progredire con le sue forze, con la schiena dritta e senza condizionamenti. Fra l’altro, nella nostra chiacchierata ha voluto spiegarmi questo, quale politica e lo ha fatto senza alcuna presunzione, con la semplicità che gli è propria. La parola a lui:

La tua politica ha subito un lungo percorso seguito da molti in questi ultimi venti anni. Da quello che è dato sapere, da una partenza vicino alla Democrazia Cristiana, al Partito Popolare a Forza Italia. Perché ora Unidos ?

Unidos costituisce un’intuizione nobile di Mauro Pili, che io ho letto come costruzione di una moderna casa politica per i sardi che vogliono impegnarsi in politica con i linguaggi più rispondenti alle emergenze sociali, culturali ed economiche del momento. Mauro Pili, avviando il progetto politico di UNIDOS, ha consentito ai sardi di buona volontà di disporre di un incubatore politico moderno e autorevole, grazie al quale portare in primo piano le grandi questioni irrisolte in Sardegna e nel quale elaborare le soluzioni politiche migliori per l’intera comunità sarda. In un certo senso, con UNIDOS le politiche per la Sardegna escono nettamente dall’area ristretta della territorialità per diventare questioni politiche di area vasta. Una Sardegna viva, attiva, protagonista, non può limitarsi a guardare solo allo spazio insulare: deve rapportarsi con tutto ciò che le sta attorno e che può rappresentare opportunità di dialogo, di scambio culturale, sociale ed economico. L’indipendenza della Sardegna va perseguita anche iniziando ad agire con maggiore autorevolezza anche su altri tavoli, avendo ben chiara la collocazione fisica della Sardegna nel Mediterraneo e comprendendo che, nell’era di internet, ci si può rapportare ad altre comunità anche senza viaggiare. Torna comodo alla politica romana il poter contare su una dirigenza politica sarda sempre al balcone ad attendere che arrivi s’istranzu di turno, magari con un carico di promesse per il popolo e qualche concreto cadeau per i proconsoli isolani.

Da quella tragica alluvione di Olbia nel 2013, hai sempre sostenuto che sia stata una tragedia annunciata e, per la successiva soluzione ha sempre e con forza avversato il “Piano Mancini” esprimendo disappunto per la sua realizzazione forzata voluta dall’Assessore regionale Maninchedda. La tua è avversione politica o tecnica ?

La mia è un’avversione meramente tecnica. Io non mi innamoro mai delle soluzioni per partito preso: ho l’abitudine di valutare ciò che mi viene proposto. Da cittadino olbiese non posso essere d’accordo con un progetto che vuole allestire un sistema di dighe periurbane collegato alla rete dei canali che attraversano la città. Già solo sul piano urbanistico e del disegno della città intravedo tante forzature e molti scempi sul tessuto urbano cittadino. In una stagione in cui tutte le comunità cercano di salvaguardare la conformazione della loro città, noi dovremmo stravolgerla. E perché? Semplicemente perché non si ha il buon senso di tornare indietro! Noi non abitiamo nel deserto: viviamo all’interno di uno spazio urbano che avrà anche dei disvalori, ma è il nostro spazio urbano. E non è ammissibile che venga assoggettato ad una trasformazione di stampo napoleonico solo perché le formule utilizzate per fare i calcoli idraulici sono corrette. Sappiamo benissimo che la soluzione ad un problema tecnico non è quasi mai unica. In questo caso, comunque, non lo è e l’ipotesi di allontanare le acque in eccesso dall’area urbana olbiese, attraverso un canale scolmatore appare come quella più adatta ad evitare che la città si allaghi. Inoltre, a margine di questo ragionamento, mi consenta di dire che una buona parte del problema si potrebbe risolvere anche con interventi sui suoli e sui soprassuoli della piana olbiana e delle pendici che la bordano. In questo senso, sarebbe molto utile avviare un piano di sistemazione idraulico-forestale del bacino imbrifero e una discreta parte del rischio verrebbe eliminato. Ma per fare ciò ci vuole anche un’adeguata conoscenza dei problemi idraulico/forestali e, oggi, non c’è molta propensione a valorizzare le competenze degli agronomi e dei forestali in questo campo.

Cittadino di quel Movimento ci vuoi dire il motivo? Quella di Balata, alleato in campagna elettorale è stata una “fuga in avanti”?

In campagna elettorale, abbiamo lavorato con convinzione alla costituzione del polo Mi sono più volte chiesto” perché Unidos è fuori dall’Amministrazione Nizzi ? Come responsabile identitario olbiese. Fra gli accordi presi, c’era anche quello di non fare accordi con partiti italiani. Lo stesso accordo era stato sancito in occasione del patto col movimento L’Altra Olbia. Noi siamo stati coerenti con ciò che abbiamo detto, in ossequio al principio che la prima verifica di serietà della politica consiste nel rendere coerenti le cose che si fanno con quelle che si dicono. E diversamente non può essere per partiti e movimenti identitari che fanno della cultura sarda la base delle loro politiche: i sardi sono noti dovunque perché mantengono la parola data. E noi l’abbiamo mantenuta.

Antonio, Sardegna: il sogno di “Indipendenza”  o una reale , vera “Autonomia”? Catalogna e Corsica possono dirci qualcosa?

Il sogno dell’indipendenza, per i sardi, col tempo diventerà sempre più realistico. Non solo per il rinforzarsi, nella nostra coscienza, dello spirito indipendentista, ma anche perché in tutta l’Europa le comunità nazionali (corsa, catalana, scozzese, basca, etc.) iniziano con sempre maggiore forza  rivendicare la loro indipendenza con le ragioni della loro storia e della loro cultura. Noi sardi, credo in tempi molto brevi, saremo chiamati a decidere se possiamo continuare a stare sotto il tacco dello stato italiano o se dobbiamo iniziare ad emanciparsi ed a camminare per conto nostro nel cammino della storia. In questa logica, sia la Corsica che la Catalogna stanno indicando al mondo, ed anche a noi sardi, che un popolo, se si convince di rendersi indipendente, non può essere ingabbiato in ambiti statali che non riconosce come propri.

Vuoi spiegarci Mauro Pili?

Mauro Pili è, oggi, la politica in Sardegna. La incarna compiutamente, atteso che ha deciso, da diversi anni, di dedicarsi a tempo pieno alla difesa dei sardi e della nostra terra sapendo che avrebbe dovuto combattere una guerra perpetua. Se i sardi non avessero Mauro Pili nel parlamento romano saprebbero un decimo di quello che la politica di centrodestra e centrosinistra ordisce in danno della Sardegna. Ad esempio, mai avrebbero saputo che il governo stava regalando alla Francia un bel pezzo di mare sardo; sarebbe passata inosservata la questione degli espropri delle aziende agricole a Decimoputzu per far spazio al fotovoltaico degli “amici degli amici”; non ci saremmo accori che in Sardegna, durante le esercitazioni militari nei poligoni, si bombardano le spiagge, i monumenti, le rocce. Ma Mauro Pili non è solo un politico che denuncia e che si oppone: è anche un intelligente programmatore ed un attento osservatore. Quando invita i sardi a sostenere i progetti di valorizzazione dei beni archeologici e storici della Sardegna, indica ai sardi una concreta ed importante strada per lo sviluppo duraturo della nostra cultura e della nostra economia. Quando elabora soluzioni ai problemi dei trasporti, dimostra di avere una visione prospettica delle grandi questioni nazionali sarde. Io credo che i sardi abbiano molto da guadagnare da un impegno diretto di Mauro Pili nella conduzione delle vicende politiche ed amministrative sarde. Senza voler sminuire alcuno, credo che Mauro sia l’uomo giusto per risollevare le sorti della gente sarda e della nostra terra.

La politica nazionale nel suo contesto: una analisi ed una proiezione sulla nostra regione e quale influenza nella nostra vita quotidiana.

Mi pare che la politica italiana versi in uno stato di profonda debolezza. D’altronde, una crisi così stringente come quella attuale non può non derivare, almeno in buona parte, dall’assenza di politiche governative efficaci. Non esiste, oggi, settore della società italiana che non debba fare i conti con le stranezze di questo riformismo da cabaret a cui si sono ispirati gli ultimi governi. E’ sufficiente guardare a tutti i progetti di riforma adottati negli ultimi anni per comprendere che le riforme non si fanno per risolvere i problemi di tutti ma solo per rinforzare i privilegi di pochi. Non c’è bisogno di impegnarsi in analisi tecniche sui provvedimenti: i loro esiti sono evidenti a tutti: i poveri e i disoccupati che crescono costantemente di numero, la scuola sempre in crisi per assenza di idonee politiche governative, la giustizia utilizzata periodicamente come campo di battaglia fra gruppi rivali, il costo della vita che cresce costantemente, il gruppo di persone prossime al potere che si arricchiscono sempre di più, e così via, sono sintomi innegabili di una politica autoreferenziale, che guarda solo a sé stessa e che si autolegittima per darsi coraggio. Ma è una politica dannosa, per i cittadini e per sé stessa, atteso che, senza tema di smentita, si può sostenere che una buona parte di quanti siedono in parlamento non dovrebbe stare manco in un comitato di quartiere.

Mi chiedi, inoltre, come riverbera la politica italiana in Sardegna. Male, molto male, ti dico. Una certa tendenza a praticare quella che io chiamo la politica della bacchetta magica, è frutto dello spirito di emulazione di certa classe politica sarda nei confronti dei leaders italiani. Inoltre, trovo veramente pericolosa la tendenza della regione a fare proprie tutte le metodologie programmatorie statali. Ad esempio, in Sardegna la “centralizzazione” è diventata un totem. Troppe province, troppe autorità portuali, troppe asl, troppo di tutto: addirittura c’è chi dice “troppi comuni”. Ma con questa filosofia programmatica, la Sardegna si spopola nelle aree interne, con danni gravissimi per gli uomini e per i territori. E da chi la copiano, questa filosofia, coloro che fanno regole e programmi a Cagliari in viale Trento, se non dalle menti illuminate che agiscono in parlamento?

Il nostro futuro: industria, turismo, agricoltura?

Il futuro della Sardegna, di sicuro, non potrà fare a meno di valorizzare queste risorse. Un’agricoltura attiva, ben radicata nel territorio, capace di valorizzare le inclinazioni naturali della Sardegna, ben collegata al comparto turistico per attivare le possibili sinergie ed un’industria coerente con le risorse naturali, culturali e professionali della Sardegna; possono essere le basi di uno sviluppo economico a misura di Sardegna. Come dicevo in apertura, però, sarà necessario allestire progetti di sviluppo territoriale nelle attività di prossima generazione. Tutte le società che si evolvono con saggezza mettono insieme su connottu con la percezione e la comprensione di ciò che sta arrivando. In questo senso, però, sono oltremodo ottimista, perché vedo che in Sardegna, nonostante la crisi e nonostante qualche cacadubbi, sta emergendo una generazione di giovani sardi capaci di affrontare queste sfide a testa alta e con la sicurezza di chi sa che potrà essere vero protagonista nel futuro. Di un futuro dove dirsi sardo sarà un punto di onore.

 

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