All’insegna degli scandali, arriva l’ultimatum a Renzi della sinistra Pd

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By giustus

Il Paese va a rotoli travolto dalla corruzione e dagli scandali e loro litigano, i partiti si scindono, i voltagabbana si sprecano, tutto per un potere che, una volta era effimero,ora, alla luce dei nuovi fatti, tutto fa pensare che lo si faccia nella speranza che qualche briciola cada nel loro terrazzo.

E così, se non siamo ad un terremoto politico poco ci manca. La sinistra del Pd, infatti, lancia un vero e proprio ultimatum a Matteo Renzi: o cambia l’Italicum o la frattura è insanabile. Nel contempo, Maurizio Landini rompe gli indugi è organizza una “coalizione sociale” che comprende vari movimenti, oltre alla Fiom, e sfida il premier.

Il presidente dei deputati dem, Roberto Speranza, bersaniano, dalla riunione a Bologna di “Area Riformista”, attacca il sindacalista-politico dicendo: “Più spazio alla sinistra non può significare una sinistra antagonista che nasce dalle urla televisive di Landini”. Che, immediatamente, replica: “meglio urlare che cancellare, come avete fatto voi, lo statuto dei lavoratori”.

Come corollario ecco Flavio Tosi, che cacciato dalla Lega per opera del segretario Matteo Salvini,  si candida a governatore del Veneto, mettendo a rischio la vittoria-conferma di Zaia ed in serio imbarazzo Silvio Berlusconi, oltretutto offeso dal solito Salvini (“è il passato, non più il leader del centrodestra”) e alle prese con l’aut aut di Alfano: se non lasci la Lega in Veneto, noi non appoggiamo il governatore uscente della Campania. Aggiungete che nelle primarie per il candidato Pd al comune di Venezia commissariato per lo scandalo del Mose, il senatore Felice Casson, ex-magistrato, ora sinistra dem, ha stravinto con il 55.6% , mentre Nicola Pellicani, appoggiato dalla maggioranza del Pd veneziano ha avuto appena il 24,4% e il renziano Jacopo Molina s’è piazzato addirittura terzo con il 19,9%, doppio schiaffo, quindi, al premier.

Dinnanzi a questa situazione ed agli scandali, sempre più clamorosi come quello dei 50 indagati, delle cento perquisizioni e dell’arresto (insieme ad altri tre,) di Ercole Incalza , capo della struttura tecnica del ministero delle infrastrutture guidato e da molto tempo big dei Lavori Pubblici con ben 7 diversi governi. Incalza ( in quel posto dal 2011 ad oggi) è stato inquisito – scrive “Il Fatto”- 14 volte, ma sempre prosciolto, talvolta anche grazie alla prescrizione, questa volta la Procura di Firenze l’ha accusato, e con lui gli altri 50 indagati, tra essi sembra anche alcuni politici, di corruzione, induzione indebita, turbativa illeciti degli incanti ed altri reati contro la Pubblica Amministrazione, per gli appalti della Tav e dell’Expo. L’inchiesta, secondo fonti fiorentine, potrebbe avere clamorosi sviluppi e collegarsi anche con quella sul Mose, se non addirittura con i personaggi coinvolti nelle nuove indagini per il famoso “acquisto-regalo a sua insaputa”della casa dell’ex-ministro Scajola davanti al Colosseo.

Forse sarebbe, davvero, l’ora di tornare a Presidenti del Consiglio e parlamentari eletti e non nominati, possibilmente, scelti dall’elettore, oltretutto grazie ad una legge dichiarata incostituzionale dalla Suprema Corte. Sarebbe ingiusto addossare la responsabilità di quel che sta avvenendo all’attuale governo, in sella da solo un anno e che segue ben altri due governi con premier nominati e non eletti. Le difficoltà che incontra Renzi a portare in porto le riforme, certo anche discutibili, deriva dal fatto che deve fare i conti con un Parlamento eletto con il Porcellum, ma soprattutto espressione maggioritaria di quella sinistra dem che aveva in Pier Luigi Bersani il segretario politico. Solo il voto anticipato potrebbe sanare questa anomalia e, forse, rendere ancor più agevole la lotta contro quella vera e propria emergenza che è la corruzione, caratterizzata dall’illecito rapporto politica-affari, con l’aggiunta, purtroppo non di rado, della criminalità. Intendiamoci, evitiamo di buttare il bambino con la sporcizia, ma rilanciamo, come ha fatto Papa Francesco, il primato della politica, quella fatta con “serietà ed onestà”, con norme chiare e rigide sulla trasparenza anche su un eventuale ritorno al finanziamento pubblico dei partiti. Che possa essere il caso “Lupi” a portarci alle elezioni anticipate?