ANDARE  SUBITO A VOTARE? UNA VERA FOLLIA

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Dopo tanto la montagna ha partorito il topolino. La Consulta ha “smontato” quella legge elettorale, non si sa perché sia stata chiamato Italicum e con essa  si conclude una parentesi di tre anni di governo Renzi. Il colpo di grazia al monumento all’inutilità di una politica fatta più di parole che di fatti veri.

E ora una vera follia, è la riprova  che molti degli attuali partiti, compresi quelli considerati “populisti” sono distanti anni luce dai veri interessi dei cittadini.

Va detto con estrema chiarezza, senza reticenze, perché invocare le elezioni subito, dopo la decisione della Suprema Corte, che ha bocciato l’architrave dell’Italicum, leggere il no al ballottaggio, significa ignorare la realtà dell’Italia, i troppi urgenti problemi insoluti, comprese le devastazioni, che continuano, ossia  i terremoti, le alluvioni  ed  una natura che abbiamo dissestata e ora si vendica  .

Ma è possibile che  la maggioranza dei nostri politici non si renda conto di quel che sta avvenendo,con migliaia di sfollati, di intere aree del Paese  da ricostruire, con i 3 milioni e mezzo di famiglie in povertà, compresi un milione di minorenni alla fame, mentre  i giovani italiani non intravedono un futuro anche per gli alti indici di disoccupazione?  Potrei, purtroppo, proseguire  ad elencare urgenze e sofferenze, ma i cittadini le conoscono e spesso le vivono. Per  questo ritengo sia pura follia gridare al voto subito come fanno Salvini( nel silenzio assordante di Maroni e Zaia),Meloni, Grillo, in questo sulla stessa linea di Matteo Renzi, tutti convinti che il voto anticipato li favorisca, ad esclusione del comico-politico  che fa di tutto per non vincere a livello nazionale come, probabilmente, gli viene suggerito da qualche sponsor molto più illuminato e realista di lui.

Resistono, per il momento ,alle sirene elettorali  Forza Italia, i centristi, Sel  e la sinistra dem che, con Pierluigi Bersani , ha rivendicato il no all’Italicum  ed ha preso una posizione decisa: “Ora non mi bevo una legge qualsiasi: Non c’è solo il voto,pensiamo al Paese”. Ed ha aggiunto: “E’ il Parlamento  che deve scrivere la legge elettorale …..Se lasciamo il tema alla Consulta è meglio che andiamo  a casa. Per me alle urne ci si può andare domani o fra sei mesi, ma vogliamo per una volta fare anche qualcosa per i tanti problemi? Non ci sono solo le elezioni, c’è anche la vita vera della gente.”

Chi invoca il voto cita la frase finale del comunicato della Corte Costituzionale che ha bocciato il ballottaggio   e eliminato la possibilità dei capilista bloccati di scegliersi il collegio nel caso di  essere stati eletti in più collegi: si deve decidere a sorte  come prescrive una legge elettorale del 1957 mai abrogata  Quella frase recita: “All’esito della sentenza , la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”  ed è un modo elegante per togliersi dalle polemiche , dallo scontro politico in atto sul voto sì, voto no.  Ed è evidente che parole come “residuale” e “allo stato” fanno intendere che  i giudici non potevano far altro, non essendo stati investiti della questione  e, di fatto, rimandano al Parlamento di migliorare una norma non giusta come il ballottaggio. E’, probabile, che nelle motivazioni, attese per la settimana prossima, ci siano altre notazioni in proposito e, forse, anche un riferimento al fatto che ci sia una profonda disomogeneità tra la legge elettorale per la Camera e quella del Senato, rischio  richiamato più volte dal Capo dello Stato che appare contrario al voto anticipato.

Appare, altresì, singolare l’atteggiamento di coloro, Renzi in testa, avevano voluto a tutti i costi l’Italicum, approvato con tre voti di maggioranza ed a prezzo di una rottura non sanata nel Pd con le dimissioni del capogruppo Speranza.  Sostenevano, infatti, che quella legge elettorale era la migliore possibile anche perché consentiva di sapere subito chi aveva vinto le elezioni e garantiva stabilità al governo; ora, invece, vorrebbero andare al voto subito con il risultato di non avere una maggioranza nemmeno alla Camera  perché nessun schieramento –PD, Grillini, centro-destra, ammesso che esista ancora, – pare avere la possibilità di raggiungere il 40%  per il premio di maggioranza. Ed anche se lo raggiungesse potrebbe essere in minoranza al Senato. Immaginate voi  cosa accadrebbe prima di varare una maggioranza in Parlamento e,quindi, un governo  con la situazione del Paese  forse più che esplosiva.

Né  si deve ignorare che la “vistosa disomogeneità”, citata dal “Corriere della Sera”, tra sistema elettorale per la Camera e sistema per il Senato, potrebbe provocare un altro ricorso alla Suprema Corte, oggi non investita dal tema,   perché lo sbarramento per le liste sarebbe del 3% alla Camera , dove non sono ammesse coalizioni  anche per il premio di maggioranza, mentre al Senato  sono ammesse le coalizioni che hanno seggi con almeno il 20% a livello nazionale ed i partiti associati con almeno il 3% che sale all’8% per quelli non collegati.  Ho l’impressione che qui possa emergere qualcosa di incostituzionale. Credo sia quello che teme il Presidente Mattarella, oltre al rischio di ingovernabilità.

Abbiamo un governo, per quanto sbiadito, con una maggioranza nei due rami del Parlamento. Lasciamolo, quindi, lavorare  per affrontare le troppe urgenze che angosciano i cittadini, sperando che l’opposizioni accetti un sereno costruttivo confronto. Nel contempo,  deputati e senatori  si  impegnino  a varare una legge elettorale  ampiamente condivisa ed il più possibile omogenea tra le due Camere.  Sarà possibile?  Dovrebbe esserlo  se gli attuali partiti vogliono recuperare un minimo di quella credibilità che hanno perso sulla strada del non fare e, spesso, dell’incapacità.

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