Che sotto vi sia una solenne “buggeratura” sotto la proposta di dialogo avanzata da Speranza a Renzi?

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Siamo ormai alle ultime battute: la legge elettorale ha ottenuto i primi due “si” al Senato, il primo in Commissione Affari Costituzionali, il secondo in Aula, ma, per evitare sorprese, anche in quel ramo del Parlamento, il Governo porrà la fiducia. Certo, quest’ultimo atto potrebbe essere a rischio ma, Renzi, a buon ragione, sa bene che all’occasione gli arriverà qualche salvagente da amici più o meno occulti.

Questo ragionamento non è sfuggito di certo a quella sinistra che ha lasciato il PD e, non certo un caso che il leader del Mpd Roberto Speranza abbia avanzato la proposta di dialogo a Renzi nella convinzione di giungere ad un risultato positivo. Proprio no perchè le due condizioni che ha posto per un incontro subito sono inaccettabili per il segretario dem. Che ha detto un secco no alla prima, ossia alle modifiche della legge elettorale approvata dalla Camera ed ora all’esame del Senato. Sulla seconda – modifiche alla legge di bilancio e “alle politiche sbagliate di questi anni” – Renzi non è stato altrettanto categorico, non ha detto “non si tocca” come sulla riforma elettorale, limitandosi ad accettare un confronto sulla manovra economica, ma, nel contempo –rivendicando proprio quanto fatto anche sul terreno economico dal suo governo e da quello Gentiloni, esaltando quel Jobs Act che i progressisti-democratici vorrebbero profondamente cambiare.

Il leader dem, probabilmente, non ha risposto picche su tutta la linea anche perchè all’interno del suo partito non solo la minoranza, ma anche un big della maggioranza come il ministro Franceschini hanno salutato con favore l’apertura di Speranza, che ha motivato la sua offerta di dialogo, sostenendo che “non è Renzi il nemico. Tra noi non c’è alcun problema personale, ma di linea politica” “C’è –ha specificato- da riparare la frattura con gli studenti, gli insegnanti, i lavoratori…con una politica di radicale discontinuità”.

Non mi pare che il big degli ex-scissionisti sia stato leggero nelle richieste per un dialogo che ha rilevato si rende necessario anche perchè “la destra ovunque è fortissima e nessuno di noi può far finta di niente. Io di certo non voglio.” Da qui la sfida a Renzi, all’incontro anche subito, cioè prima che al Senato entri nel vivo la discussione sulla legge elettorale.

C’è da tener conto che Speranza ha fatto la sua apertura al dialogo prima di conoscere i risultati dei referendum in Lombardia e Veneto ( 38-39%, 57,2 quando, ad esempio nelle ultime elezioni regionali in Emilia Romagna,votò appena il 35,7% ) dove il centro-destra s’è mostrato in grande spolvero nonostante il ministro Martina, vice-segretario Pd, avesse fatto campagna per l’astensione, soprattutto in Lombardia. Acquista, quindi, ancor maggior significato quanto aveva detto in un’ampia intervista: ”Se si tratta di discutere di cambiare la legge elettorale e la legge di bilancio sono disponibile ad incontrare chiunque: Lui è disponibile?” Lui, ovviamente, è Renzi. Prima , nel lanciare la sfida,aveva anche detto: “E’ l’ultima occasione per capire se il filo si è definitivamente spezzato o si può ancora riannodare.”

Mi sembra, quindi, evidente che Speranza abbia fatto una mossa molto tattica, sapendo che Renzi non solo non intende cambiare la legge elettorale, sulla quale ha addirittura fatto mettere la fiducia al governo nell’aula di Montecitorio, ma difficilmente potrà accettare di modificare, ad esempio, il Job Act che ritiene un suo gioiello.

Il risultato sarebbe che quel filo spezzato non si riannoderebbe in vista di una consultazione elettorale, dove il centrodestra si può presentare unito, e la responsabilità, i democratici-progressisti, la attribuirebbero al “cattivo” Renzi. Certo, le condizioni poste per l’incontro sono state ampie perchè in una trattativa si può, poi, cedere un pò e se il leader dem accettasse anche la metà delle richieste sarebbe già un successo per gli ex-scissionisti, ma questo mi pare una chimera e già Renzi è stato categorico su un punto fondamentale: la legge elettorale non si tocca.

C’è,inoltre, da considerare che l’ex-premier sa benissimo che se facesse un accordo con i Bersani ed i D’Alema (suo acerrimo nemico difeso a spada tratta da Speranza..) e, di conseguenza, anche con Sinistra italiana perderebbe voti al centro, dove spera, oltretutto, di trovare alleati “sicuri” ad iniziare dai Casini, dagli Alfano e da quel che resta di Scelta Civica, giocando tutto sull’opzione B delle elezioni: la grande coalizione con una Forza Italia rilanciata da Berlusconi che potrebbe portarsi dietro i leghisti, desiderosi di andare al governo, se il centrodestra non raggiungesse, come indicano oggi i sondaggi (ma domani coi voti reali chissà?) il fatidico 40% nel proporzionale alla Camera, al Senato e, contemporaneamente, la maggioranza nei collegi uninominali del Senato.

Il fatto è che Renzi, assolto l’impegno di rottamare soprattutto i big ex-comunisti , sa bene che in Italia come in Europa non si vince a sinistra. Così ha iniziato a fare un simil-populista per attrarre anche voti dai 5 Stelle e persino dall’ala moderata sia in quella che diserta le urne ma teme gli immigrati e vede con simpatia l’operato del Ministro Minniti, sia quella (soprattutto di parte cattolica) sconcertata dall’aggressività di Salvini e dalla sua continua polemica nei confronti di Papa Francesco .Si tratta di un opposto elettorato, uno anti-immigrati, uno a favore dell’accoglienza sia pure con la dovuta cautela e secondo regole certe, ma Renzi è bravo su questo fronte-bidirezionale come dimostrò quando prese il 40% nelle “europee”, tesoretto di voti poi dissipato da un’errata comunicazione ed un eccesso di protagonismo.

Ovviamente in politica tutto può accadere, lo ha confermato Trump sconfiggendo la Clinton per la Casa Bianca, ma sarebbe clamoroso rivedere nello stesso partito Matteo Renzi, Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani. Tra qualche giorno , con il sì (probabile) ed il no del Senato sulla legge elettorale sapremo la verità.