IL MONDO RISCHIA L’APOCALISSE E DI MAIO ZINGARETTI FANNO IL VERTICE SULL’AGENDA DI GOVERNO

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Dire che siamo messi male è un eufemismo la nostra classe dirigente, quella che dovrebbe essere sempre in prima linea quando ci sono crisi come quella attuale, la trovi priva di ogni iniziativa chiusa a curare il suo orticello senza rendersi conto delle responsabilità che gli sono state affidate dal voto degli elettori che gli hanno dato la delega di governare. Un Presidente del Consiglio ed un ministro degli Esteri, passivi, totalmente assenti in una crisi che potrebbe avere risvolti tragici e che ci vede in una situazione di grave pericolo e coinvolti .
Il mondo è sul baratro di una nuova guerra, Bagdad come Serajevo, l’uccisione del generale iraniano Soleimani come l’uccisione dell’Arciduca Francesco Ferdinando che provocò , nel 1914, la “grande guerra”.
Speriamo che questa volta si rimanga alle dichiarazioni bellicose, Trump ha detto che non vuole un conflitto, auguriamoci sia vero e la sua mossa sia dovuta a motivi interni come la rielezione e l’impeachment.
Il nostro premier non trova di meglio che dire deboli e scontate parole, con il Segretario di Stato Usa Pompeo che chiama gli alleati, ma si dimentica dell’Italia, lui che ha sangue italiano nelle vene. Il nostro ministro degli Esteri(si fa per dire) Di Maio fa di peggio e per 45 minuti 45 se ne sta a Palazzo Chigi non a parlare del dramma che si sta profilando quasi ai nostri confini, ma a dissertare con il segretario del PD Zingaretti, altro personaggio da barzellette da bar, sull’agenda per rilanciare il governo, l’hanno chiamato “vertice” tra i due e un comunicato congiunto ci informa che il colloquio è stato “cordiale e costruttivo”, nemmeno un accenno nello scontro Iran-Usa con Trump che invia molte altre truppe in Irak. Pare che solo il ministro della Difesa sia preoccupato dei molti nostri soldati presenti nell’area di crisi, ad iniziare dal Libano dove sono ben presenti le milizie filo-iraniane.
Ha ragione D’Alema, ex-premier ed ex-ministro degli Esteri, lui ex-comunista con buoni rapporti con l’amministrazione Regan e con i leader dell’Iran a ricordare la possibilità che allora avevamo di dialogare con iraniani ed americani già in rotta di collisione. E ricordo che nell’ambasciata dell’Iran in Italia, erano accolti con molta cordialità i ministri democristiani, perchè la DC era considerata un partito religioso come quello al potere a Teheran. E la Camera di Commercio italo-iraniana, presieduta da un senatore divenuto sottosegretario agli Esteri riuscì ad interporre i suoi buoni uffici per sbloccare presenza e pagamenti di aziende dell’IRI presenti in territorio iraniano. Oggi il nostro Paese non è, invece, in grado di fare tentativi di mediazione e difficilmente il premier Conte o l’assenteista ministro degli Esteri Di Maio potranno dire qualcosa dinnanzi alla decisa e non diplomatica richiesta dell’ambasciatore dell’Iran in Italia di condannare l’uccisione del generale Soleimani come atto terroristico americano. Il silenzio è d’oro da parte di chi non sa che pesci prendere e non pare, certo, abituato a destreggiarsi nelle complicate via della diplomazia internazionale.
Si dirà, anche l’UE è, di fatto, assente. E’ vero, ma l’Italia è la più esposta, noi siamo la portaerei dell’Europa sul Mediterraneo che rischia l’apocalisse: e chi tutelerà i nostri interessi? Craxi, a Sigonella, ebbe il coraggio di schierare i carabinieri armati tutt’intono ai marines Usa che volevano arrestare un leader arabo. La nostra collaborazione con Washington non venne danneggiata, ma rimanemmo in buoni rapporti anche con i palestinesi di Arafat, oggi la situazione appare, forse, più complicata, ma senza condannare l’azione di Trump, si poteva anche definirla improvvida anche per le conseguenze che potrebbe determinare. Ce lo vedete voi un Di Maio, oltretutto alle prese con gli addii dai pentastellati, capace di tanto ardire? Che Dio ci aiuti.