LA SOLITUDINE DI MATTEO RENZI

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Appare sempre sorridente e sicuro di sé. Esprime ottimismo in ogni occasione, tutto bene, si va avanti, l’Italia cambia, ovviamente in positivo, grazie alle sue riforme. La sinistra dem non è d’accordo? L’opposizione fa la voce grossa e non c’è più il sostegno del Patto del Nazareno? Poco importa, tanto poi in Parlamento la maggioranza c’è e vota come vuole lui. Lui è Matteo Renzi il segretario-premier, il più giovane Presidente del Consiglio d’Europa, tanti nemici tanto onore e non comprende perché i sindaci, anche quelli che dovrebbero essere amici come il renziano presidente dell’ANCI e primo cittadino torinese Piero Fassino, si agitino tanto per il Def. E’, inoltre, stupito perché i big della Pubblica Amministrazione, sostenuti da fior di studiosi, sostengono che la riforma della P.A. messa in campo dalla brava ministressa Madia “ha elementi di continuità con quella di Forza Italia” e “l’amministrazione sarà clientelare per legge, sottomessa come sarà alla politica”.

Probabilmente il segretario-premier non comprende il perché il suo governo cali ogni mese nella fiducia degli italiani, come accade anche per lui, il Pd sia sceso al 35,7 e solo il 38 % degli italiani lo preferisca agli altri leader con Silvio Berlusconi che, addirittura, sta risalendo la china, piazzandosi al 25% secondo i dati trasmessi da Ballarò. Né devono confortarlo i venti di tempesta che, sul piano della corruzione (una corruzione clamorosa testimoniata dai dati del rapporto della Guardia di Finanza) colpiscono molti esponenti del Pd e addirittura, probabilmente ingiustamente, lo sfiorano con le dichiarazioni ai magistrati (riportate in sintesi dal “Corriere della Sera”) di un esponente della cooperativa “rossa” coinvolta in una clamoroso scandalo di appalti ottenuti pagando i politici, secondo il quale il presidente della Cpl Concordia aveva una rapporto con Renzi, il sottosegretario Lotti e l’attuale sindaco di Firenze. Fatto, per la verità, abbastanza normale trattandosi di un personaggio certamente legato al Pd come lo poteva essere con i diesse e considerato che l’attuale ministro del Lavoro è stato presidente proprio di tutte le cooperative rosse senza, beninteso, essere mai stato sfiorato da alcunché di illecito.

Va anche detto che queste fughe di notizie nei confronti di un premier e di suoi collaboratori, senza che vi sia nulla i concreto e senza che la magistratura inquirente non abbia inviato nemmeno un avviso di garanzia, rientra in una abitudine da condannare e pare rispondere all’antico detto: calunniate, calunniate anche se non è vero ,tanto qualcosa resterà.

Ho l’impressione, quindi, che la solitudine di Renzi stia aumentando e non credo che possa sollevarlo il sostegno che gli ha dato, in TV Adriano Celentano, quindi è logico ipotizzare che voglia andare avanti nella strategia delle elezioni anticipate per liberarsi di quella che considera zavorra politica e per avere, poi, una maggioranza parlamentare sicura ed amica non come quella odierna che, ad iniziare dalla minoranza del suo partito, rende difficile portare avanti le riforme. Per questo, probabilmente, va giù duro sull’Italicum: va approvato com’è, “abbiamo discusso mesi – dice – fatto le modifiche che dovevamo fare. Non riapro il tavolo per analizzare se sono meglio 100 capilista bloccati o 90 o 80 “. Indietro non si torna altrimenti si finisce nella palude”.

La sinistra dem, però, non si rassegna e proprio in concomitanza con l’inizio della discussione sulla legge elettorale in commissione Affari Costituzionali della Camera. E il presidente dei deputati Roberto Speranza, leader di Area Riformista , impegnato in una mediazione, per la verità sempre più disperata, tenta, insieme a Nico Stumpo, un tempo bersaniano, e a Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio, l’ultima carta. Ossia un documento-appello , già firmato da una settantina di deputati, indirizzato al segretario-premier. Il testo, che sarà reso noto domani, chiede a Renzi di mantenere il confronto fino all’ultimo per “evitare una rottura” e “non spaccare il Pd”.

L’iniziativa ha immediatamente trovato il sostegno delle altre minoranze e il bersaniano Alfredo D’Attorre ha, infatti, detto: “L’appello indica che c’è un minimo comun denominatore nelle minoranze del Pd al di là di differenze di sensibilità. Questo comun denominatore consiste nella richiesta di modificare la legge elettorale”.

Probabilmente Renzi risponderà dicendo che qualche modifica può essere introdotta nella riforma costituzionale, ossia in quella del Senato per renderla meglio compatibile, come ha chiesto anche Bersani, con la nuova legge elettorale che rimane l’Italicum così com’è.

Che questa possa essere l’impostazione lo fanno intendere le ripetute dichiarazioni del premier e quella del sottosegretario renziano Angelo Rughetti che, nel lanciare un “patto generazionale tra quarantenni” secondo il quale “l’Italicum non si cambia. La minoranza lo voti così discuteremo sul Senato: Il tema vero è ,infatti, la riforma costituzionale con i contrappesi alla legge elettorale e il parlamentarismo”.

La sinistra dem si accontenterà di una promessa del genere visto che lo stesso Rughetti non sa se davvero Renzi è disposto a cambiare la riforma costituzionale. Ho l’impressione che quella del sottosegretario sia una dichiarazione concordata con il premier che, in risposta all’appello di “Area riformista”, proporrà proprio la modifica alla riforma del Senato. Lo vedremo presto. Ma se anche ci fosse questa apertura cosa farà la minoranza del Pd?