LA VERA PARTITA E’ IL QUIRINALE – tutto il resto è melina

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Nel momento in cui scrivo non so ancora cosa farà il Capo dello Stato quando Bersani si recherà da lui per riferire sull’esito delle sue consultazioni. A tenor di logica –se ancora esiste una logica- Napolitano dovrebbe prendere atto che non è emersa alcuna possibilità di una maggioranza e pertanto, riprendersi il mandato per affidarlo ad altra personalità di sua fiducia che si presenti alle camere con un governo. Questo però è un altro capitolo che potrà essere esaminato al momento.

Che la posta principale non sia Palazzo Chigi, come sembra aver sempre creduto Bersani ,è ormai chiaro: la vera partita, è la presidenza della Repubblica. Qualsiasi  governo si faccia, infatti, non avrà lunga durata e molti protagonisti di oggi saranno costretti a fare un passo indietro, riaprendo tutti i giuochi. Cosa verrà dopo è ancora presto per dirlo.

Se dovessi fare una scommessa sul futuro, ad un anno,  punterei su Matteo Renzi, l’unica credibile novità di uno sconfortante panorama politico e l’unico, probabilmente, in grado di costruire un grande centro capace di allearsi con una sinistra riformista, dando al Paese un governo stabile. Tutto questo però prevederebbe un anno di tempo, forse anche due, per creare le condizioni: Pensare a Renzi nell’immediato si rischia di bruciarlo definitivamente, pertanto si potrebbe pensare a lui solo dopo una tornata elettorale.

Certo, non è una prospettiva facile da realizzarsi e presuppone, per prima cosa, la spaccattura del Pd alla quale stanno lavorando, senza saperlo, proprio Bersani ed i suoi fedelissimi. Parallelamente, deve ripetersi il passo indietro di Silvio Berlusconi, senza il quale i pidiellini non resisterebbero come è stato già dimostrato con la leadership di Alfano che aveva portato quel partito al 14%. Intendiamoci, il Cavaliere è sceso, nuovamente, in campo, probabilmente su invito esterno all’Italia, per bloccare, com’è avvenuto anche con il concorso dei grillini, quella che appariva una vittoria scontata dei democratici, ma non credo respingerebbe un autorevole suggerimento a farsi da parte con la certezza di non essere più perseguito da certi magistrati.

Nel frattempo ci dovranno essere dei passaggi obbligati. Un Governo che affronti quei quattro, cinque punti che consentano al Paese di poter respirare, poi, qualche riforma strutturale che non si limiti solo ad una nuova legge elettorale ma affronti anche altri temi come quello della riforma del Senato, l’elezione diretta del Capo dello Stato e, perché no, il riordino della giustizia. Mi si obietterà che queste sono cose troppo grandi per un Parlamento così fratturato: ebbene no, è proprio quando vi sono queste difficoltà che attraverso il confronto  si può decidere su temi fondamentali. Pensiamo per un attimo al passato quando fu eletta la Costituente, si era appena usciti da una guerra che aveva lacerato  la nazione, la politica era completamente fratturata ed i rischi di tornare ad una dittatura erano più verosimili di quanto oggi non appaia, ebbene, quell’Assemblea riuscì a fare una Costituzione che ancora oggi , seppur con la necessità di alcuni aggiornamenti, regge ed anzi viene considerata nei suoi fondamentali, fra le più belle del mondo. Ecco perché dico che questo  è il momento favorevole: nessun partito predomina, si può aprire una discussione che potrà essere pure aspra ma dalla quale potrebbe uscirne  una struttura forte, chiara, moderna.

Tutto questo, comunque, presuppone un Capo dello Stato di garanzia in grado di accompagnare questo inevitabile processo di trasformazione della politica italiana e, quindi, tale da consentire un deciso cambiamento in direzione di un nuovo sistema e di un nuovo Stato.

Dinnanzi ai nomi circolati in questi giorni per il Quirinale si ha solo l’impressione di proposte provocatorie e una conferma di Giorgio Napolitano, nonostante le sue resistenze, costituirebbe la migliore soluzione. Certo, non per tutto un settennato a causa dell’età, ma sino alla conclusione di un ciclo di non lungo periodo che porti al nuovo positivo scenario politico.

E’ utopia tutto questo?  Credo proprio di no, pur con eventuali varianti  dettate dal tempo in cui, come diceva Aldo Moro, c’è dato di vivere.

 

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