L’ambiente al servizio dell’uomo o l’uomo al servizio dell’ambiente?

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Diventa ogni giorno più difficile stare su facebook e lo di più per chi vive in questo paese benedetto da Dio.
Un giorno lontano, più di mezzo secolo fa dei nostri giorni, un certo signor Levi Carlo scrisse un saggio dove raccontava la vita che si conduceva in terra di Lucania, quella che era la civiltà contadina così come l’aveva conosciuta Lui che vi era arrivato dal nord come esiliato politico.
Lo scrittore si soffermò su una realtà immobile, descrivendo la rassegnazione di quel popolo ed è qui che individua quella sosta di Cristo in quanto Dio dove si era fermato tempo e progresso per lasciare indifferenza, insofferenza, malessere e povertà accettata con rassegnazione. Con qualche variante in positivo, qualche analogia potremmo trovarla dalle nostre parti, non certo nei panorami dove il creato è la dimostrazione della bellezza e della grande magnanimità del Creatore. L’analogia potremmo scorgerla sui comportamenti individuali, sull’immobilismo intellettuale, spesso, nel non riuscire a vedere ciò che succede al di la della punta del proprio naso, salvo, poi, scatenarsi, senza un minimo di riflessione, quando un lieve frinir di fronde scuote animi e coscienze.
Se volessi atteggiarmi a quel signor Levi inizierei a ricercare la radice filosofica nel dilemma se l’ambiente è al servizio dell’uomo o l’uomo è al servizio dell’ambiente. Ebbene io rimango della convinzione che viene dal mio credo che mi dice che quanto è stato creato sia stato fatto perché l’uomo, nel rispetto e nella conservazione, debba goderne.
Ora mi si scatenerà addosso un’onda lunga di ira repressa che mi accuserà di essere un distruttore dell’ambiente, un deturpatore della natura ed ancora quanto di peggio, e peggio ancora si possa lanciare con improperi più o meno educati. Ma, vorrei chiarire subito, che anch’io sono amante delle cose belle e, se possibile, le cose belle mi piacerebbe migliorarle per farle divenire ancora più belle; non mi piacciono i grattacieli, non mi piacciono le “vele” di cemento armato, amo la basilica di San Pietro, rimango incantato di fronte al Battistero, trovo la torre di Pisa unica, ammiro l’ingegnere che ha progettato la Reggia di Caserta, odio il progettista di quel mostro posto li sulla collina de La Marmorata almeno quanto quello che ha pensato quelle costruzioni di Porto Quadro faccia mare. Eppure non sono un ambientalista.
A Santa Teresa, senza tema di smentita, obbrobi ne sono sorti tanti e tutti sono li a testimoniare la bruttezza ma, resistenti al tempo dopo aver modificato la natura e di conseguenza l’ambiente: eppure a nessuno salta in mente di proporre di buttarli giù, di demolirli, di fare qualcosa per alleviare la sofferenza di quei luoghi deturpati dalla violenza dell’uomo in ragione del Dio denaro.
Al contrario lo scandalo, contornato da insulti, urla, strepiti, conditi da uno starnazzamento spesso ingiurioso per cosà? La costruzione di un pontile in legno da appoggiare in uno specchio di mare meraviglioso, messo li magari con lo scopo di far godere anche a chi non conosce quella cala, il miracolo di Dio creatore.
Ma, dico, a nessuno è venuto in mente che, all’ideatore di tanto turpe impianto gli si poteva e gli si potrebbe imporre che quello schifo di pontile debba essere rimosso alla fine di ogni stagione estiva? No, questo mai, meglio spiagge senza bagni con un mare splendido a vedersi anche se pieno di pipì; meglio un depuratore dentro paese, non facciamo battaglie per queste cose, meglio sottoscriviamo proteste per banalità, che, data la semplicità, si rischia magari di ottenere la rinuncia all’opera e di vincere gloriosamente una battaglia.
Mi si consenta una parola di incitamento all’ambientalismo spinto: Forza, Forza per il bene del cosiddetto turismo salviamo l’umanità.