Letta va a Bruxelles e Renzi propone il “sindaco d’Italia”

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Mentre Enrico Letta si prepara per giocare la sua partita europea, con la prudenza che richiede il momento, attento a non commettere l’errore di far vedere che vi possa essere qualche indizio di eventuali fughe in avanti, procede con l’appoggio di tutta la maggioranza che e con l’assicurazione dell’approvazione anche da parte della Francia e della Spagna in contrasto con la linea “negativa” portata fin qui dalla Germania.
Il Premier chiederà di sbloccare subito le risorse stanziate dall’Ue per l’arco di tempo 2014-2020 e rafforzare il piano europeo per l’occupazione. Escogitare ulteriori misure, definire un progetto operativo subito contro la disoccupazione giovanile. E’ questa la strada che Enrico Letta indichera’ all’Europa. Il premier sta pensando ad un’iniziativa comune tra paesi europei su piu’ fronti, gli ‘sherpa’ italiani stanno lavorando a stretto contatto con francesi e spagnoli. L’obiettivo e’ convincere la Germania a cambiare marcia. Ma soprattutto l’esecutivo punta a convincere l’Europa affinche’ chiuda la procedura di infrazione per deficit eccessivo.
Su queste proposte l’Italia puo’ contare anche sul sostegno del presidente americano che, in un colloquio con Letta, ha sottolineato gli sforzi fatti dall’Italia. Solo quando riuscirà a sboccare la partita sull’Europa si potrà pensare con più tranquillità al nostro Paese e passare alla fase del risanamento della nostra economia. Letta, pur facendo lavorare i ministri per predisporre proposte ed eventuali provvedimenti, rimane in stand-by in attesa dei due Consigli europei di domani e di fine giugno.
Intanto la politica continua a muoversi, non mi riferisco al disegno di legge presentato al Senato dalla senatrice Finocchiaro e dal capogruppo PD, Zanda, sull’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione che sostiene che solo i partiti regolarmente organizzati possono concorrere alle elezioni ed al finanziamento pubblico, escludendo così i movimenti, Il riferimento è a quanto ha detto Renzi partecipando alla trasmissione di Vespa, “Porta a Porta”.
Ieri sera Renzi, tra le molte cose giuste dette in risposta alla pioggia di domande c’è stata una proposta che nel Pd suscita, in una parte consistente di dirigenti reazioni fortemente negative. Mi riferisco alla riforma elettorale : no ai palliativi,ma cambio radicale, eleggendo il “sindaco d’Italia” . Questo tipo di elezioni funziona per i sindaci, per i presidenti di Provincia ( finchè ci sono) e per i presidenti di Regione, perchè non applicarlo anche al vertice dello Stato ?
Matteo Renzi, non è la prima volta che lancia questa sua idea, solo che ora lo può dire con maggiore forza, è il momento che glielo consente oltre che la sua attuale posizione nel partito.
Sicuramente, Matteo Renzi ha letto l’ultimo libro di Bernard Marin “Princìpi del governo rappresentativo”, ma certo è che riflette le più moderne teorie politiche riassunte dal filosofo francese che insegna alla New York University. Il mondo è cambiato, non è una novità, ma l’attuale classe dirigente italiana non pare rendersene conto nemmeno dinnanzi al rischio dell’esplosione della violenza dei cittadini che non intendono più essere semplici sudditi vessati, oltretutto, da uno Stato inefficiente .
In questo contesto i partiti,così come sono oggi concepiti, si dimostrano largamente superati ed appare grottesco ritenere di risolvere problemi che sono politici con piccoli aggiustamenti della legge elettorale. Siamo , infatti, ad una crisi di sistema , sconvolgendo o distruggendo strutture consolidate, minando la rappresentatività di istituzioni obsolete e dimostrando l’incapacità di marxismo e capitalismo di risolvere i problemi che l’umanità si trova davanti.
Forse partendo dall’antica Atene a Montesquieu, da Aristotele a Rousseau, riscoprendo l’economia etica di Hume ci accorgeremmo che la nostra democrazia, quella nata dalla rivoluzione francese e integrata dagli sviluppi inglesi, è vecchia e sarà necessario passare dalla “democrazia dei partiti” di massa alla “democrazia del pubblico”. I partiti, così,”cedono spazio alle persone”, le identità collettive si svuotano,sostituite dalla “fiducia personale diretta” e la scelta elettorale non si esprime più con una appartenenza, ma col sostegno o la fiducia ad una proposta avanzata dal leader”, sostenuto da “nuove tipologie di comunicazione”.
In sostanza, oggi va messo in naftalina il partito-apparato con masse di iscritti a vantaggio di un partito-leggero che presenta un forte leader . L’elettore, così, “ sembra votare sempre più in base alla personalità del candidato e sempre meno in base all’identificazione con un campo politico.” E’ quel che è avvenuto con Grillo e sta avvenendo, soprattutto, con Matteo Renzi indicato come il presidente del Consiglio ideale dalla maggioranza degli elettori del Pd e del Pdl .
Credo che il sindaco di Firenze abbia ben compreso questo cambiamento epocale , abbia o no letto Manin, e per questo non ha alcuna intenzione di fare il segretario dei democratici. Un’identificazione così stretta con un partito gli farebbe perdere consensi diciamo berlusconiani e, inoltre, avrebbe la fronda di una parte consistente della sinistra interna che non lo sopporta e credo si prepari alla scissione attirata dalle sirene vendoliane. Ed è una sinistra che pare fuori dalla storia perché non comprende i cambiamenti intervenuti e, quindi, l’esigenza di una profonda autocritica ad iniziare proprio dai comportamenti di questi ultimi vent’anni.
Tacciare , ad esempio, di destra chi, in Italia, sostiene l’esigenza di una riforma del sistema politico che introduca o l’esempio francese – semipresidenzialismo_ o quello americano –presidenzialismo tout court – significa essere conservatori della peggior specie perché in drammatico ritardo nell’appuntamento con la storia.
Per questo ritengo che Renzi sia incompatibile con questi presunti progressisti .
Per vari personaggi della sinistra questa proposta apparirà quasi come un delitto di lesa maestà alla democrazia repubblicana, ma in Francia funziona, idem negli Stati Uniti e, guarda caso, nei due Paesi ci sono presidenti che piacciono a questi presunti progressisti nostrani .
Certo, per una innovazione così forte come “il sindaco d’Italia” va cambiata la Costituzione, occorrerà almeno un anno, un anno e mezzo, giusto il tempo per tutti gli altri provvedimenti capaci di farci uscire dalla crisi e di dare una concreta speranza ai giovani , aprendo le porte alla ripresa.
Qualche giornale interessato ha titolato che Renzi ha proposto nuova legge elettorale, provvedimenti urgenti economici e ,poi, subito alle elezioni, quasi facendo intendere che il sindaco di Firenze vuole il voto in autunno per presentarsi candidato premier. Non è così perché la riforma elettorale proposta richiede tempo, quel tempo che servirà per profonde novità politiche. Berlusconi, ad esempio, potrebbe fare un passo indietro come, del resto, già aveva fatto, richiamato,anche dall’estero, in servizio attivo per bloccare Bersani e così il Pdl imploderebbe senza più il suo capo carismatico, mentre nel Pd la sinistra, sempre più inquieta , potrebbe trovare un’altra strada. Due operazioni e il gioco sarebbe fatto per portare un Matteo Renzi a Palazzo Chigi, sostenuto da un’ampia maggioranza, magari composta da un grande centro alleato con una sinistra riformista. Utopia? Qualcuno lo abbia pensato quando, in tempi non sospetti,scrissi che Giorgio Napolitano sarebbe stato rieletto presidente della Repubblica . E proprio gli atti dell’attuale Capo dello Stato, in una situazione d’emergenza , danno forza all’ipotesi di un “sindaco d’Italia” eletto dal popolo.