L’Italicum un’insidia per Renzi e il governo

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Siamo in piena stagione degli attentati terroristici: a parte i precedenti Turchia e Bangladesh segnano il mondo; l’Europa scricchiola sotto il peso del distacco inglese; i brogli elettorali non sono una prerogativa del nostro Paese, un ramo teutonico ci fa lezione anche se in modo abbastanza maldestro; il Campionato di calcio europeo impazza, superando le più rosee previsioni, l’Italia è ai quarti e, chissà, forse domani la potremmo ritrovare in semifinale; l’occupazione giovanile l’abbiamo bloccata sotto il trenta per cento; ora dobbiamo vedere se Italicum SI o Italicum NO, modificato ? Le riforme costituzionali: dilemma amletico, No – Si.

Facciamo la crisi di governo? Questo salverebbe Renzi? Amleto non c’entra, cosa vogliono gli Italiani?

Ora anche Alfano minaccia la crisi  se non cambia l’Italicum. Intanto, tratta con Miccichè per un accordo con Forza Italia nelle prossime regionali in Sicilia e dialoga con Gianni Letta per un eventuale ritorno nel centrodestra alle “politiche” se Renzi continuerà a dire no a modifiche della legge elettorale, come ha fatto anche ieri imitato dalla Boschi.

E’ stata Sinistra Italiana a mettere la mina sotto la maggioranza parlamentare, ottenendo di discutere, in settembre alla Camera, ossia prima del fatidico 4 ottobre, giorno del referendum costituzionale, una mozione proprio sull’Italicum per dimostrarne i difetti.

La minoranza del Pd, che con la Brexit s’era schierata a difesa di Renzi per chiedere un drastico cambiamento dell’Unione Europea, è subito entrata in fibrillazione.   E il senatore  bersaniano  Gotor ha dato voce alla richiesta di  abbandonare l’Italicum per una nuova legge elettorale che “garantisca una maggiore rappresentanza.” “Spetta a Renzi prendere l’iniziativa – precisa – lui è un politico realista, attento ai rapporti di forza  e può lavorare all’unità del partito. Un accordo per cambiare l’Italicum va stretto da qui al referendum d’ottobre”. Altrimenti? Altrimenti “dopo l’estate  faremo un bilancio e decideremo come schierarci al referendum istituzionale”. Come a dire se non si cambia la legge elettorale  diremo tutti “no”, un “no” scandito a chiare lettere, martedì scorso a “Ballarò” da Massimo D’Alema  che ha sparato a zero su Renzi e una rottamazione che ha distrutto il partito, su una  politica economica del governo e dell’UE profondamente errata, sostenendo che oggi non esistono più in Europa veri leader ed addirittura  elogiando, come tale nel recente passato, il democristiano tedesco Khol . Ovviamente, il segretario-premier ha reagito: “non sono un usurpatore, D’Alema dice cose false perché non ha digerito la sconfitta alle primarie”: e ancora: “Non sono un pollo di batteria come loro, che se perdono fan finta di nulla. Io se perdo il referendum vado a casa”.

Nessun accenno renziano  diretto alla minaccia di Alfano :“se l’Italicum non cambia il nostro impegno può considerarsi concluso con il referendum”, ma un chiaro “no” a tutti coloro che chiedono un cambiamento della legge elettorale. Sa bene Renzi che il ministro dell’Interno se farà la crisi  questo si verificherà dopo il referendum e se vincesse il “sì” avrebbe partita vinta. Aveva deciso di giocarsi tutto sul voto referendario  e mantiene questa impostazione  del tutto o niente. E’ un rischio notevole che corre il premier  e c’è già chi è pronto a sostituirlo. Ad iniziare dal ministro dell’Economia Padoan che, in una pagina d’intervista al “Corriere della Sera”, ha fatto un clamoroso giravolta e da arcigno tutore dell’austerity, da ex-FMI s’è trasformato, come il suo collega tedesco, in un assertore della crescita  e degli interessi dei cittadini e non delle banche.  Potenza di una Brexit pilotata dai poteri forti internazionali e dalla Corona inglese?  Resta da vedere, comunque, se quei poteri e collegati  intendono ancora volere  o no Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Il tempo scorre veloce e due mesi trascorrono in un soffio.