NAPOLITANO ROMPE LE UOVA NEI PANIERI DI RENZI E BERLUSCONI

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Prima di scrivere questo pezzo ho voluto aspetta tare l’evolversi degli avvenimenti, tanti e confusi, tali da non convincere sul loro fine. Poi, mi sono reso conto che gli atteggiamenti di Renzi, altro non erano che un diversivo per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media su fronti diversi.

Si, l’ultimatum di Renzi a Silvio Berlusconi sulla legge elettorale, è tutta una sceneggiata. Anzi, il seguito di quella iniziata dopo il Patto del Nazareno, con i due big a dire e ripetere: niente voto anticipato, nonostante l’accordo “segreto” di andarci nell’ultima settimana di febbraio. Ora, però, con lo scoop sulle dimissioni a gennaio di Napolitano da parte del neo-editorialista di “Repubblica” Stefano Folli (ex-direttore del “Corriere della Sera”, del “Sole 24 Ore”, de “La Voce Repubblicana” e un praticantato all’agenzia Asca, allora dc) quella sceneggiata non è più necessaria. E già “La Stampa di Torino” (proprietà Fiat) ha anticipato che il premier rinvierà la riforma elettorale in primavera. Il motivo è semplice: il Presidente della Repubblica non è disposto a firmare lo scioglimento anticipato delle Camere, quindi niente voto a febbraio, quando, probabilmente, scatteranno i 15 giorni di interregno con il presidente del Senato, mentre andrà avanti l’iter per giungere alla convocazione dei 1008 grandi elettori che eleggeranno il nuovo Capo dello Stato.

Matteo Renzi, quindi, si trova nel guado. Già la sceneggiata poteva convincere gli antiberlusconiani doc che vedevano con gioia la possibile rottura del Patto del Nazareno, mentre era tutta una finta. Si’, perché le dichiarazioni renziane: se Berlusconi non si decide subito, faremo la riforma elettorale con altri, condivise con forza dalla Boschi, erano basate sul nulla. Chi avrebbe potuto votare, ad esempio, il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione? Non certo la Lega e Salvini aveva chiaramente detto: la legge elettorale non ci interessa: Non certo Grillo che vedeva l’occasione di mettere in minoranza il premier al Senato considerata l’ostilità alla modifica da parte del Nuovo Centro Destra e, sicuramente, di una parte della minoranza Pd.

In sostanza, era tutta una pantomima per calmare le acque all’interno del Dem e di Forza Italia, giungendo alle elezioni anticipate:

  • con il varo della riforma con il premio di maggioranza alla lista , non alla coalizione, e lo sbarramento al 5% per costringere molti Ncd, oggi indecisi, a tornare alla casa madre per essere eletti, mentre, rimanendo il Senato elettivo, si ponevano le basi della “grande coalizione” sulle via dell’annunciato “partito della Nazione”, epurato di un parte degli ex-comunisti;
  • o, ipotesi più probabile, con il Consultellum, ossia quel che è rimasto dopo la sentenza della Suprema Corte che ha bocciato parti della vecchia legge elettorale ( definita Porcellum dal suo stesso autore ), rimanendo voto proporzionale, sbarramento al 4% e nessun premio di maggioranza, quindi, anche in questo caso, “grande coalizione” con quel che segue.

Giorgio Napolitano, nonostante le accorate invocazioni di Renzi: rimani, abbiamo bisogno di te, resta almeno sino a maggio quando compirai 90° anni, è stato irremovibile. E per dissipare ogni equivoco ha “filtrato” a Folli le sue intenzioni: annunzio delle dimissioni, per motivi di salute, nel messaggio di fine anno e formalizzazione a gennaio.

E se il premier giocasse lo scherzo di provocare in novembre una crisi di governo, magari costringendo Alfano ed i suoi a farla? Il Capo dello Stato, dopo le consultazioni, incaricherebbe probabilmente Giuliano Amato o il presidente del Senato Grasso di fare il nuovo governo (come un tempo si facevano quelli cosiddetti balneari), inviando nel contempo un appello ai partiti. Poi l’iter delle dimissioni che già da oggi ha aperto il gioco al massacro del toto-presidente con Renzi che non controlla una parte dei grandi elettori Dem.

Ci sono, per completare il quadro,anche gli spifferi maligni che vengono d Oltre-oceano, secondo i quali la strategia renziana non coincideva con quella di alcuni poteri forti o fortissimi e, quindi, Napolitano, che ha oggettivamente problemi di salute come testimonia il suo amico d’antica data Emanuele Macaluso, l’ha bloccata. Sono quegli stessi spifferi che annunciavano per il nostro premier un novembre di fuoco, durante il quale avrebbe rischiato molto. Uno dei motivi: non aver assecondato l’operazione di un euro forte del nord Europa ed un euro mediterraneo, svalutato al 30%, che per qualcuno potrebbe anche essere un dollaro mediterraneo sempre svalutato.

Venticelli, più recenti, dicono anche di una “battaglia” in corso negli States tra lobby potenti già proiettate nel dopo-petrolio e in lotta per il mettere. Mettete in conto che è già iniziata la campagna elettorale presidenziale, senza candidati, ma, secondo alcuni esperti, si profila uno scontro Hilary Clinton e Jed Bush con quest’ultimo favorito.

Di certo c’è che le turbolenze americane le stiamo pagando anche noi. E la recessione-stagnazione rimane e morde. Questo, il vero problema.

Sarebbe l’ora che i potenti della terra ascoltassero, prima che sia toppo tardi, Papa Francesco. Che continua ad ammonire: “stiamo vivendo la terza guerra mondiale, ma a pezzi. Ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra”: “fermiamo questa pazza volontà di distruzione”, “non lasciatevi rubare la speranza”. Questa: “nessuna famiglia senza casa, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità che dà il lavoro”.

giustus