Papa Francesco superstar – E l’Europa?

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Nei giorni scorsi scrivevo su Papa Francesco superstar che durante la sua visita a Milano ha fatto calare, sul vertice romano dei 27 capi di governo dell’Europa, la sua ombra tanto grande da oscurare e vanificare ogni sforzo degli uffici stampa politici dal tentativo di mettere in luce quello che sarebbe dovuto essere l’evento dell’anno che passa alla storia.

Quello riguardante l’Europa sarebbe dovuto essere un evento, un incontro che, nella prospettiva avrebbe dovuto lasciare tracce indelebili nella vita di milioni di persone.

Sicuramente i due eventi  – le celebrazioni dei 60 anni dell’UE a Roma, con la premessa dell’incontro con Francesco e la  conclusiva “Dichiarazione di Roma”, la visita del Papa a Milano  con il milione di persone accorse per la messa nel Parco di Monza vengono idealmente uniti dall’insegnamento e l’incoraggiamento  di un vero superleader: Papa Francesco.

Era parso che, dopo le parole rivolte dal Papa ai rappresentati delle istituzioni comunitarie venerdì scorso, il giorno dopo  fossero, come d’incanto,  svanite divisioni, contrapposizioni, difese nazionalistiche, per  ritrovare quasi un’anima antica. Quella, cioè, che spirava sempre a Roma, sempre nella sala degli Orazi e Curiazi  del Campidoglio, sessant’anni or sono, quando  6 Paesi – Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo-  firmarono l’atto costitutivo della Comunita Economica Europea.

Tant’è, come allora, i 27 Paesi hanno sottoscritto  il documento  “L’Europa è il nostro futuro comune “,dandosi una scadenza precisa per quella che è “una nuova fase costituente” come hanno sottolineato all’unisono il Presidente della Repubblica Mattarella ed il Presidente del Consiglio Gentiloni.

Parole, siamo ancora alle illusioni che si trasformano in speranze, ma quando queste si cambieranno in fatti concreti?

Questo è un dubbio reale, ma, questa volta si andrà avanti proprio con i “fatti concreti”? E va in questa direzione  la decisione del Presidente della Commissione Europea, il lussemburghese Jean-Claude Junker,  di mettere già al lavoro le strutture di Bruxelles che dovranno dare un contenuto ai 5 fondamentali punti  indicati nella “Dichiarazione di Roma” e presentarli all’Europarlamento, al Consiglio Europeo, alle parti sociali ed altre istituzioni   in una cosultazione che permetta  di concludere il processo costituzionale prima delle elezioni europee del 2019?

Tante bellissime parole, non solita retorica, ma precisi impegni indicati nella Dichiarazione nella quale c’era l’identikit di una nuova Europa che risponde alle speranze ed alle esigenze dei popoli; un’Europa “prospera e sostenibile che generi crescita ed occupazione”, con “una moneta unica stabile e ancora più forte”, un’Europa” sociale che tenga conto delle diversità dei sistemi nazioni e del ruolo delle parti sociali” e che “lotti contro la disoccupazione la discriminazione; l’esclusione sociale, la povertà”; un’Europa che agisce “ congiuntamente a ritmi e con intensità diversi, ma sempre procedendo nella stessa direzione… in linea con i trattati e lasciando la porta aperta a coloro che dovessero esprimere il desiderio di associarsi successivamente”; un’Europa, in cui le frontiere siano protette con una politica migratoria efficace, responsabile, sostenibile nel rispetto delle norme internazionali.”

Frasi impegnative che lasciavano ben sperare quasi tuttI coloro che le avevano sottoscritte; sembrava proprio che, a corollario di queste indicazioni, sinteticamente riportate, Francesco, lì davanti al milione di ambrosiani nel Parco di Monza,  aveva aggiunto  altri concetti, altre sollecitazioni come “l’essere disposti a credere nel futuro anche in condizioni straordinarie”, come il dovere di “abbattere  i confini”, di “scegliere le periferie”, di  riaccendere “la speranza spenta e fiacca di una società che è diventata  insensibile al dolore degli altri “, come l’avere un “cuore capace di credere nella possibilità dell’impossibile”, ossia nella capacità dell’uomo  di cambiare quello che sembra  non trasformabile. E’ anche così  che si “può cogliere la possibilità di dare all’Ue una nuova giovinezza”.

Sembrava che, ancora una volta il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” avesse, dato con le parole l’esempio, un positivo contributo alla costruzione di una società  realmente a misura d’uomo, quindi  al cambiamento di  un sistema  che non funziona più. Perché genera ingiustizie, profonde diseguaglianze,aumenta la  povertà e il  sottosviluppo, finendo per alimentare la violenza e gravemente indebolire la stessa democrazia.

Ebbene, Papa Francesco ha, così, avuto un ruolo di superstar nei due grandi eventi di sabato scorso a Roma e Milano,confermando  il suo carisma, la sua popolarità . E non v’ha dubbio che la celebrazione romana dei 60 anni dell’Unione Europea  abbia costituito la  sorpresa maggiore  sia per l’obiettivo successo italiano  compreso sotto il profilo dell’ordine pubblico, sia  per l’inaspettata conclusione positiva  che costituisce la migliore risposta ai populismi anche di casa nostra.

Tutto molto bello ma, c’è sempre un ma, una nube scura che appanna il sole. Quarantotto ore ed il sogno, i propositi le idee, le illusioni, spariscono attraverso la voce di uno dei Paesi cattolicissimi di questa Europa, che vorrebbe essere unica e unita ma in fondo non lo è, almeno non completamente, quando si vanno a toccare quei punti deboli come il problema dell’immigrazione, quell’Austria dimentica del documento appena firmato,  dichiarava, con la voce dello stesso firmatario, la sua indisponibilità a ricevere la sua parte di esseri umani che, per i motivi più disparati, lasciano il loro Paese nella ricerca di un mondo migliore.

Se il buon  giorno si vede dal mattino, questa è davvero la strada giusta  per  dare all’UE “un unità e una solidarietà ancora più forte”? E per rispondere all’impegno sottoscritto dai 27 leader di “dare ascolto alle preoccupazioni espresse dai nostri cittadini”? Promuovendo “un processo decisionale democratico, efficace, trasparente e risultati migliori.”?