PASTICCIONI: SALVINI…; DI MAIO…; ZINGARETTI.

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Questa crisi di governo ha preso contorni insostenibili, dire che sta rasentando il ridicolo è poca cosa, ci trovi di tutto, incoerenza, superficialità, indecisione, ma, ancor peggio incompetenza o malafede.
Come si fa ad immaginare di aprire una crisi di governo semplicemente presentando una mozione di sfiducia. Non riesco a capire se Salvini sia così sprovveduto da limitare tutto alle parole e nulla ai fatti concreti. Una crisi di governo si apre togliendo ufficialmente l’appoggio e cioè, ritirando prima di tutto la delegazione dal governo. Solo in tal caso, il presidente del consiglio dei ministri è costretto ad andare dal Capo dello Stato senza neppure passare dal Parlamento, casomai, sarà lo stesso Presidente della Repubblica a rinviarlo alle Camere. Che crisi è se lasci i ministri del tuo partito in quel governo che hai sfiduciato? Caro Salvini, vuoi sapere cosa avrei fatto io al tuo posto? Come dice DiMaio: “ormai la frittata è fatta” io direi all’ex amico: “la frittata è fatta solo da una parte, ora bisogna rigirarla perchè sia cotta da entrambi le parti”. Se possibile, ritirerei la sfiducia ma, se questo non fosse possibile voterei contro la mia stessa sfiducia, a favore del governo. Lo so che la cosa è paradossale ma nulla la impedisce. Tanto più che una dichiarazione si può anche fare e cioè rimettere un’altra frittata: Salvini non voleva la crisi di governo, la sfiducia era solo su certi comportamenti, pertanto la cosa si poteva e si può risolvere attraverso una rivalutazione sia del contratto che con nuovi incarichi ai ministri. In fondo, c’è una mozione di sfiducia nei confronti del Ministro degli Interni, se venisse accettata, Salvini potrebbe lasciare l’incarico, potrebbe fare il Segretario del Partito, quel Dicastero dovrebbe essere un pentastellato ad occuparlo, anzi dovrebbe essere lo stesso Di Maio e questo porterebbe ad una completa rivoluzione dei posti governativi: per esempio, ai pentastellati gli Interni? Alla Lega la Difesa e così avanti.
Non sarebbe una soluzione? Certo, non farebbe piacere a Renzi, ma dalla vita non si può ottenere sempre tutto.
Di Maio, era partito dallo sconforto più nero, sapeva che dalla crisi di governo lui ne usciva con le ossa rotte, poi si aggiungeva pure il fatto delle due legislature, andare ad elezioni il rischio era enorme, d’altra parte Il DiBa stava li appollaiato su quel ramo secco pronto a lanciarsi sulla preda morente per aggredirlo, agli occhi e alla testa, per infierire il colpo di grazia. Bisogna sopravvivere a tutti i costi -questo vale anche per Conte, presidente di passaggio-, questo è l’unico pensiero, l’arma gliela messa in mano lo stesso presunto nemico: “la crisi si discute in Parlamento”, e lì tutto un girotondo di paroloni, “la nostra è una Repubblica parlamentare e il Parlamento è sovrano, li faremo la cronistoria della crisi”.
E, sequela di insulti, sparisce quell’aria preoccupata, torna quel sorriso un po sardonico, un po idiota. Ha parlato Grillo, ma, sottobanco anche Casaleggio: “Bisogna cacciare i barbari”. Certo detto da un pseudo comico è tutto da vedere. Forse DiBa deve ancora attendere il suo turno. Si affaccia alla ribalta colui che tutti, in quest’ultimo anno hanno ritenuto finito, Il Renzi nazionale si riprende la scena trattando Zingaretti come il ragazzino di bottega, gli dice, in pratica, “lasciami lavorare” così crolla quella diga che sbarrava il passo ad un qualsiasi accordo con i pentastellati. DiMaio afferra la cima della scialuppa che gli viene lanciata e, come vi monta sopra comincia a brandire l’arma contro la Lega, per quel poco che ve ne era bisogno. Non sta più ad ascoltare le proposte di pace di Salvini, ormai si sente al sicuro, forse riesce a fare un accordo di legislatura. Povero, Renzi non è Salvini, lui è il vero politico sulla scena, ed ha in mente scenari molto più ampi, forse i pentastellati gli sono utili per il suo nuovo ingresso, lui potrebbe veramente essere colui che ferma la Lega di Salvini, perchè, attenzione, la Lega non è solo quella di oggi, c’è anche e ancora quella di ieri che ha voce in capitolo, e che sicuramente aspetta alla finestra che questa volata spompi i due gruppi contendenti.
Zingaretti: per me è lui il più grande pasticcione. Gli è stato permesso di fare il segretario del PD ben consci che era l’unico fatto di pasta tenera, manipolabile in qualsiasi circostanza. Alle Europee, gli è stato permesso di fare di testa sua e lì, l’ulteriore scoppola elettorale, lui parlava di recupero, anche se nessuno se n’è accorto. Al PD sono tornati pochi voti che erano passati ai pentastellati da un elettorato incerto, quello che era passato dalla sinistra ad una cosa nuova nella speranza che il PD imparasse la lezione, essere di sinistra. Quello è un elettorato che viene e che va, quello è un elettorato che non crede più in una sinistra edulcorata e che allo stesso tempo non si fida neppure degli scissionisti di Grasso e altri. Nel PD c’è Renzi con un suo progetto, vuole lui, un grande centro sinistra, vuole realizzare quel sogno della sinistra democristiana che ha sognato, sin dai tempi più remoti di conquistare una maggioranza sociale che raccogliesse le istanze del mondo del lavoro, operaio e imprenditoriale, cioè, un centro con lo sguardo a sinistra. A Zingaretti mancano tutti gli elementi per contrastare quel sogno di Renzi e non solo lui. Renzi, se che quel “patto del Nazareno” è tutt’ora in piedi e che Zingaretti è fuori da quel progetto, solo che si è ad un passo dalla sua realizzazione ma ancora ci vuole.
Come andrà a finire questa vicenda? E’ difficile dirlo, le carte si sono talmente ingarbugliate che tutto è da vedere. Certo, chi si illude che i giochi abbiano termine il venti prossimo, rimarrà deluso. Rimarrà tutto provvisorio.