Quanto ha contato Beppe Grillo sulla stravittoria del centro-destra?

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Il centrodestra stravince nel turno parziale amministrativo e questo è un fatto, ma, ‘diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Beppe (Grillo) quel che è di Beppe’. Anche l’aiuto grillino è un fatto. si potrebbe dire che sia stato un bis alla rovescia quando i voti leghisti, forzisti e meloniani andarono, nei ballottaggi, ai candidati pentastellati di Roma e Torino. Parole sante quelle di Brunetta quando sostiene che è stata una vittoria morbida quella del centrodestra come dire  che l’esultanza di Salvini, che si vede già a Palazzo Chigi, non ha vere fondamenta sia perché il Cavaliere non lo appoggerà, sia perché i molti, troppi, astenuti potrebbero cambiare le carte in tavola ed i 5 Stelle giocherebbero in proprio.

Va detto, innanzitutto, che tutti i sindaci eletti sono di minoranza, in molti  casi di netta minoranza e che il centrosinistra paga le troppe divisioni interne e la scissione avvenuta nel Pd tanto che non funziona nemmeno dove  le varie tribù, come le ha definite Damilano sull’”Espresso”, si sono riunificate a sostegno dello stesso candidato. Così sono cadute anche roccaforti rosse  come La Spezia, città del ministro della Giustizia Orlando, come Genova, come Pistoia, come Piacenza, come, addirittura quella che era stata definita la Stalingrado d’Italia, ossia Sesto San Giovanni. E che dire della bruciante sconfitta dem a l’Aquila, dove ha vinto il candidato di centrodestra che  aveva imposto la sua campagne elettorale sul molto fatto dal governo Berlusconi dopo il terremoto.

Certo, oggi il Cavaliere, che s’era molto impegnato anche in Tv a favore del centrodestra, può sostenere: “sono tornato”, ma fossi Salvini non esulterei tanto  e mediterei sulla riunione che, proprio il sabato prima dei ballottaggi, il presidente dell’europarlamento Antonio Tajiani aveva fatto, con il  sì del Capo, a Fiuggi con un bel po’ di parlamentari forzisti ed un folto gruppo di dirigenti, la parola d’ordine è stata “no ai populisti”, “noi siamo il partito guida del centrodestra”, “l’unico leader è Berlusconi e ci riconosciamo nel Partito Popolare Europeo”, che è la bestia nera dei salviniani che, non a caso, non hanno votato, all’europarlamento, per Tajani definito dal loro leader “un servo della Merkel”.

Ora, secondo voi, questo folto ed importante gruppo di berlusconiani, che si sta ingrossando con l’arrivo di qualche alfaniano e persino di un paio di ex-grillini, potrà accettare un Salvini candidato premier? Credo proprio di no, come  ritengo che  il presunto metodo Toti, cosi’ vicino ai leghisti, possa fare molta strada anche se il presidente della Liguria  può vantarsi di indubbi successi elettorali, guarda caso ottenuti grazie anche all’apporto degli odiati, dai  legisti, alfaniani, e spera che alla fine possa essere lui il supercadidato a Palazzo Chigi.

Dovrebbe, inoltre, far riflettere tutti i politici lo strano silenzio di Matteo Renzi durante l campagna elettorale, nemmeno un appello ai cittadini come sarebbe stato consuetudine. Credo che il distacco da questo turno parziale elettorale  sia stato voluto perché convinto di una disfatta  annunciata e inevitabile  da monetizzare a livello politico. Sì, proprio così  perché ora si parla, di nuovo, di voto anticipato a novembre con Gentiloni che presenta a Bruxelles la finanziaria che sarà, però, votata di un altro parlamento. Il segretario del Pd, in sostanza, non si vuol far logorare dai Bersani e dai D’Alema che possono togliere la fiducia a Gentiloni proprio sulla manovra economica, quando non esistono più i tempi del voto anticipato, con Forza Italia costretta a votare quella manovra per senso di responsabilità. Renzi teme molto questa trappola, come ha detto ai suoi, parlando di voto a novembre  in caso di sconfitta ai ballottaggi o in caso di tenuta e la teme ancor di più dopo l’Assemblea di sabato, a Napoli, del Centro Democratico di Tabacci  che ha indicato come leader di un nuovo Ulivo Pisapia, li, in prima fila accanto ad un Bersani che ha risposto a brutto muso a Prodi per il quale è impossibile rimettere insieme i cocci del centrosinistra per i “veti incrociati”. “No – ha replicato il leader di Art. 1- Qui non ci sono comari  sul ballatoio, non siamo mossi da astii personali, ma delle idee che sono diverse. Per questo serve discontinuità con il renzismo” E tanto per  rendere più incandescente il clima ecco l’affondo: “Non siamo stati invitati a confrontarci  su cosa pensiamo sui voucher e Consip. Se non ci si chiede niente, cerchiamo di mantenere la fiducia al governo finchè è possibile: Poi ci teniamo le mani libere nel merito dei provvedimenti”.  Più chiaro di così!

Questo accadeva sabato  e non credo che queste parole siano state un buon viatico per un invito a recarsi alle urne al vecchio popolo della Ditta  che, alla fine, ha disertato le urne, in parte, magari, anche per far perdere Renzi,   com’è avvenuto. Pensate solo che nei capoluoghi dove si è votato il centrosinistra aveva 15 sindaci ed oggi ne ha solo 6, mentre il centro-destra  ne aveva 6 ed oggi ne ha 16, mentre i 5stelle sono passati da 2 a 1 che avevano. Se, poi, si fa il conto di tutti i comuni  superiori ai 15.000 abitanti,  il centrosinistra ne prende 56  su 93 che aveva, mentre il centrodestra quasi raddoppia passando da 24 a 47  e le liste civiche da 23 a 46, la destra da 4 a 7 ed i 5Stelle  da 2 ad 8.

E’, quindi, una debacle  per la sinistra, comunque la si voglia catalogare, ed ora il segretario del Pd avrà buon gioco a  sostenere che il vecchio centrosinistra non funziona più, che la vittoria del centrodestra è effimera perché dovuta dalle troppe astensioni ed al “soccorso” grillino e che, quindi, la linea attuale del partito è quella giusta  sì che alle “politiche”, quando anche i grillini giocheranno in proprio, sarà tutto diverso.

Tra l’altro anche all’interno dei dem  nessuno, tolto il governatore della Puglia che ha portato a casa il successo di Lecce e Taranto,  potrà attaccare il segretario, considerato anche il clamoroso flop di La Spezia, città  di Orlando fautore del centrosinistra unito.

Si apre ora una nuova corsa al voto anticipato, ma dopo settembre per tranquillizzare chi, alla prima legislatura, perderebbe la pensione, e Silvio Berlusconi potrà rilanciare  l’intesa sul sistema elettorale tedesco rivisto all’italiana, con solo un 30-40% di collegi uninominali ed il 5% di sbarramento. Un sistema che rimanda a dopo il voto le vere alleanze  con la “grande coalizione” sempre più probabile: Ossia come era stato concordato tra Renzi e il Cavaliere.  E’ fantapolitica? Chissà? Io credo di no, anche se la strada per arrivarci non è ne semplice ne facile. E, soprattutto, potrebbe avere una variante: si protrebbe prospettare un presidente del Consiglio con tutte le caratteristiche e le sembianze di un Mario Draghi.