Renzi perde pezzi al Senato – (la minoranza Pd presenta una nuova legge elettorale)

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Continua a succedere di tutto e tutto sposta l’attenzione che si concentra sui temi che vanno da quella specie di golp da operetta,utile solo al presidente turco portato a termine solo per liberarsi degli incomodi al regime,  sino  alla drammacità degli attentati che ora si stanno spostando verso quella Germania che continua ad essere dura verso il nostro Paese e non solo. Comunque, che, che se ne dica, non sfuggono certo i fatti che riguardano la nostra situazione politica. Si, tempi sempre più duri per Matteo Renzi e persino Giorgio Napolitano, il che è tutto dire, chiede di cambiare l’Italicum, ossia  il ballottaggio così com’è oggi. Segue a ruota la minoranza del Pd che ha presentato una nuova legge elettorale chiamata il Bersanellum perché è una versione aggiornata  e corretta del Mattarellum.

Il segretario-premier, imitato dalla Boschi, insiste a dire che proprio l’Italicum è una buona legge, ma  già aveva fatto marcia indietro, sostenendo che il Parlamento se vuole può cambiarlo. Ora che i bersaniani e dalemiani  hanno messo sul tavolo le nuove carte come contributo al dibattito parlamentare spetterà, innanzitutto, ai renziani fare una mossa. La proposta, significativamente  intestata all’ex-segretario dei dem, di fatto smantella la struttura ideata dal segretario-premier e prevede un ritorno  ai collegi elettorali, più piccoli di quelli previsti, e alla preferenza, premio di maggioranza, più basso, alla lista o alla coalizione, premio di maggioranza  anche alla seconda lista o coalizione.

E’, di fatto, una piccola rivoluzione rispetto all’Italicum e, certamente, amplia l’invito di Napolitano  a cambiare “nel senso di non puntare a tutti i costi sul ballottaggio”   anche perché siamo al tripolarismo che “rischia di lasciare la direzione del Paese a una forza politica di troppo ristretta legittimazione nel voto del primo turno” . Ed è un invito diretto a Matteo Renzi affinchè prenda una “iniziativa” in merito,  unica possibilità per ammortizzare, a partire dal Pd, la contrarietà al “sì” per il referendum costituzionale, sul quale la ministra Boschi ha commesso una clamorosa gaffe, sostenendo che la sua approvazione è fondamentale nella , lotta al terrorismo. Ridicolo, ma è proprio così quel che ha detto !

Il fatto politico centrale dell’altro giorno è, comunque, la decisione di Renato Schifani di dimettersi da presidente dei senatori di Area Popolare( Nuovo Centro Destra-Udc) perché il suo partito, l’alfaniano, “ha disatteso i principi fondamentali e la sua missione”. La conseguenza –ha spiegato- è che “ha assunto una posizione  eccessivamente filo-governativa che ha portato una oggettiva difficoltà  portare avanti  i nostri punti programmatici e ad affermare la nostra identità”

Schifani non è il solo su questa posizione e nel deprecare  le offese  di alcuni alfaniani a Berlusconi (“è noto –ha detto- che io sia legato al Presidente”)non esclude di lasciare il Ncd, dando un contributo a costruire un nuovo centrodestra che comprenda anche la Lega  sull’esempio  sul “modello Parisi” a Milano.

Ora già altri quattro senatori di Area Popolare non nascondono la volontà di seguirlo e non è un caso che tutto il gruppo abbia votato compatto sugli Enti Locali contro l’impostazione governativa. Né è senza significato che proprio il Senato abbia respinto la richiesta dei PM milanesi di utilizzare le intercettazioni dell’allora senatore Berlusconi sulle “Olgettine”, fatto che ha scatenato le reciproche accuse di Pd e 5 Stelle e ha visto il compattamento di tutta l’area moderata, obiettivo che pare essere condiviso anche da quattro senatori verdiani che, ormai, hanno trovato l’intesa con il commissario siciiano della Sicilia, Miccichè” con il quale insistono per convincere Alfano a candindarsi presidente della Sicilia. Il ministro dell’Interno non ha detto ne sì ne “no”, di fatto ha preso tempo e, nell’attesa, va avanti con il progetto di costituire un nuovo partito di Centro che unisca Ncd, Udc, Tosi e l’attuale vice-ministro Zanetti che ha già annunciato l’avvenuta intesa, provocando  una vera e propria rissa politica in una Scelta Civica, ancora con un bel  gruppetto di parlamentari, ma al lumicino, ossia quasi scomparsa, nei sondaggi.

In sostanza, si è aperta, da tempo, una nuova fase politica che vede in fase calante il segretario-premier, i grillini ancora in grande spolvero, nonostante le divisioni   sulla sindaco di Roma,  e Forza Italia ora coordinata da Parisi, superare la Lega salviniana  e impegnata a riunificare i moderati in un centrodestra che, sulla carta, sarebbe addirittura maggioritario.

L’attuale tripolarismo rende  sempre più incerto il quadro politico ed al Senato la maggioranza governativa si sta sempre più assottigliando. E nemmeno lo spettro che evoca Renzi di elezioni anticipate, se cade il suo governo o viene bocciata la riforma costituzionale, spaventa i suoi oppositori. Sanno  bene che rimarrebbero ancora in Parlamento perché Sergio Mattarella non scioglierebbe le Camere   in una fase particolarmente delicata nella quale sarebbe necessario quel “nuovo patto per l’Italia da parte delle forze politiche di maggioranza e opposizione” auspicato da Giorgio Napolitano: un patto, cioè, basato sul “ruolo del nostro Paese in Europa”, su “un piano per la crescita, l’occupazione, il Mezzogiorno” e su “un intervento  risoluto e condiviso rispetto al tema della prevenzione al terrorismo ma della mobilitazione per sconfiggerlo” ed, infine, su “una unione di intenti rispetto alla politica dell’immigrazione e dell’asilo.”

Pare quasi, questo indicato dall’ex-Capo dello Stato, il programma per quel “governo di scopo” che il suo successore  potrebbe varare in caso di crisi dell’attuale governo. Credo che Matteo Renzi farebbe bene a riflettere su tutto questo e, forse, potrebbe convincersi ad attuare le opportune “iniziative”.