Stato, Regione e trasporti

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Che si continui a fare “fuffa” è fuori dubbio. l’apertura di una trattativa, tra Regione ed Tirrenia Cin, con un tavolo bilaterale, pure se codificata, segue lo stato di sudditanza dei nostri amministratori nei confronti di una Compagnia di navigazione che non è più una partecipata e, quindi, privata e, addirittura, con grave odore di monopolio.

La cosa è ancor più strana, se si tiene conto che a presentare il ricorso al Garante per l’Antitrust è lo stesso esecutivo regionale che ora siede allo stesso tavolo per trattare servizi e tariffe con la Compagnia che fa capo al gruppo Onorato che ne detiene il cento per cento del capitale, motivo del ricorso.

Mi chiedo se non sarebbe stato più logico intervenire sul Ministro delle Infrastrutture, nel pieno diritto della nostra autonomia, perché, anziché trattare con un armatore, si procedesse ad una garadi appalto specifica, aperta a tutte le compagnie  di navigazione europee, nel cui capitolato di gara, oltre alle ovvie garanzie di servizio e di sicurezza, vi fosse la clausola di tariffe calcolate al ribasso, per tutti i passeri?

A cosa serve la “continuità territoriale se questa vale solo per una utenza in uscita? Mi si deve spiegare perché questa cosiddetta continuità deve escludere, a prescindere, i nostri ospiti? In fondo, chi viene nella nostra isola ha il nostro stesso diritto, quello della libera circolazione sul territorio e deve poterlo fare con gli stessi costi calcolati per noi residenti. Tanto più se si considera la vocazione turistica della nostra regione le cui presenze di ospiti rappresentano quello che si chiama sviluppo.

Certo, questo discorso non calza con quella continuità territoriale che produce, per le Compagnie, lauti contributi compensativi, che, oserei dire, sarebbe ben ora di eliminarli ovunque promuovendo la libera circolazione in tutto il territorio nazionale, per tutti, nessuno escluso.

Mi rendo conto che questa vera “rivoluzione copernicana” potrebbe trovare qualche resistenza in certi ambienti politici, sicuramente presso le Compagnie di navigazione interessate, quelle che hanno operato su certe tratte e ne hanno fatto motivo della loro esistenza, così scatterebbero i sindacati di categoria che, in ragione di una difesa di maestranze male abituate si presterebbero a fare il gioco degli armatori. Ma, se il mercato si apre alla libera concorrenza, al giusto ed onesto guadagno dell’impresa, corrisponderebbe anche un giusto  risparmia per il cittadino e per la stessa utenza.

Chi avrà il coraggio di una simile azione?