TESTO INTEGRALE INTERVENTO SEN RENZI AL SENATO NELLA SEDUTA DEL 26.03.2020

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Pubblico questo testo perchè lo ritengo interessante poter rileggere quanto detto dal Sen Renzi sul dibattito delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulla crisi sanitaria provocata dal coronavirus.
TESTO STENOGRAFICO DELL’INTERVENTO DEL SENATORE MATTEO RENZI NELLA SEDUTA DEL 26 MARZO 2020
Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, non sono mai stato tanto fiero di essere italiano come quando le nostre istituzioni, tutte insieme, hanno mostrato una differenza di stile, di contenuti e di risposta rispetto a un altro Paese europeo, anche se non più appartenente all’Unione europea, in ordine alla vicenda Covid-19.
È accaduto, infatti, che un suo collega Primo ministro, il Primo ministro del Regno Unito, abbia affrontato l’emergenza coronavirus dicendo che dobbiamo abituarci a perdere i nostri cari. Quel Primo ministro, che ha studiato le civiltà antiche e la Grecia e Roma, dovrebbe ricordare che la grandezza di Roma e dell’Italia è stata data da quel personaggio, Enea, che si carica suo padre Anchise e arriva nella nuova terra promessa, dove fonda Roma, portandosi la bellezza dell’esperienza sulle spalle.
Noi italiani abbiamo dimostrato che non ci rassegniamo a lasciare i nostri cari. Noi italiani abbiamo detto che facciamo dei sacrifici, tutti insieme, per salvare la vita dei nostri nonni. Di questo, tutti dobbiamo essere orgogliosi e fieri e dobbiamo ringraziare il Governo e le altre istituzioni per avere agito in tale direzione. (Applausi dai Gruppi IV-PSI, M5S e Misto).
Ora, però, dobbiamo uscirne. Dobbiamo lavorare per salvare la vita dei nostri nonni. Dobbiamo evitare di morire di Covid-19 e dobbiamo evitare di morire di fame. C’è un’emergenza economica fortissima di fronte a noi. Io credo che il Presidente del Consiglio abbia fatto bene a venire in Parlamento e il Presidente del Senato abbia fatto bene a creare le condizioni. Io sono stato tra coloro i quali hanno criticato un eccesso di comunicazione istituzionale. Oggi voglio dare atto al Presidente del Consiglio di essere qui in Aula e di essersi aperto a una discussione vera e reale.
Proprio per essere altrettanto franchi e chiari, tutta la discussione sul passato, che è stata fatta in modo puntuale dal Presidente del Consiglio, con una rivendicazione delle scelte, non può essere oggetto del dibattito di oggi, perché non può essere questo il momento. Il Presidente del Consiglio ha fatto bene a comunicare ciò che è stato fatto. Penso che ciascuno di noi possa apprezzare la sua citazione manzoniana: «del senno di poi ne son piene le fosse». Ce n’è un’altra, presidente Conte, nel capitolo 32 de «I promessi sposi», sempre a proposito della peste. È quella in cui Manzoni dice che il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.
Mi domando se, in alcuni passaggi della nostra esperienza, abbiamo avuto un po’ paura del senso comune per dire cose di buon senso: dai voli diretti ai tamponi ai medici; alla Consob, perché l’apertura e la chiusura delle borse riguarda la Consob e non il Governo. Noi, infatti, abbiamo chiuso le aziende, ma ci è stato detto che non potevamo chiudere per due mesi le borse e non potevamo bloccare le vendite allo scoperto. Poi, però, si è visto che si poteva fare.
Me lo domando sulle questioni legate ai nostri detenuti. Se tu, Stato, privi della libertà un uomo in ragione della legge, hai il dovere di farti carico della sua vita. (Applausi del senatore Margiotta). E se ci sono 13 detenuti, qualcuno deve pagare il conto di quello che è successo. Mi riferisco al direttore dell’amministrazione penitenziaria. (Applausi dai Gruppi IV-PSI, PD e Misto).
Di tutti questi temi discuteremo a tempo debito. Io propongo l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta. Si sono fatte le Commissioni parlamentari d’inchiesta su tutto: di fronte a 8.000 morti credo sia un dovere civile parlarne, dopo le vacanze estive, dopo la ripresa.
Oltre al ringraziamento gigantesco ai medici e agli infermieri, mi associo totalmente alle parole del collega senatore Casini, che ha detto in modo ineccepibile ciò che andava detto e sono dalla sua parte. Vorrei che, tutti insieme, affrontassimo il durante perché c’è anche un dopo, e questo dopo potrebbe essere affascinante. Oggi Alessandro Baricco scrive parole bellissime su «la Repubblica» sull’audacia del dopo.
Ci sarà un dopo sull’innovazione, sulla tecnologia, sullo smart working. Ci sarà un dopo sulla sostenibilità ambientale. Ci sarà un altro mondo dopo il coronavirus, perché riguarda non soltanto l’Italia, ma tutto il Pianeta. Ci sarà un dopo e sarà un dopo in cui ci saranno l’Italia e gli italiani, che stanno dando prove meravigliose di resistenza e di valore civile. Gli italiani, infatti, che sono stati spesso criticati, stanno seguendo delle regole difficili e lo stanno facendo con un senso di cittadinanza che andrebbe premiato pubblicamente, per lo stile che stanno avendo.
In questo dopo che verrà, noi ci saremo. Diamolo questo messaggio a chi è chiuso da quindici giorni in casa.
Gli italiani, con la loro fantasia, il loro estro e la loro innovazione ci saranno: avranno qualcosa da dire e da dare; ne sono convinto.
Quello che però mi preoccupa è il mondo di oggi, non quello di domani. Noi stiamo vedendo il trailer di un film dell’orrore; lo dico senza polemiche in quest’Aula. Ma quanto tempo si è discusso di no-vax? Quante volte si è messa in discussione la qualità degli studi scientifici? Personalità, come Roberto Burioni, minacciate con falsi manifesti delle brigate rosse nel 2017 e nel 2018. Quante volte qualcuno ci ha detto che si sarebbero potute affrontare le grandi sfide senza andare a rincorrere la scienza o addirittura con i no-vax? Quello che stiamo vedendo in queste ore è il trailer di un film dell’orrore: il mondo senza vaccini.
Lo dico con rispetto ai sovranisti: quante volte ci hanno detto che staremo meglio eliminando Schengen, staremo meglio blindando le frontiere, staremo meglio ognuno a casa propria? Le nostra città muoiono senza i turisti; le nostre aziende muoiono senza esportare: muore il Veneto se non esporta, muore l’Emilia-Romagna se non esporta. Il trailer di un mondo sovranista fa paura.
Signor Presidente, c’è il «durante» da affrontare. Donald Trump è molto criticato a sinistra negli Stati Uniti. Io sono con Joe Biden che chiede: dove sono le mascherine? Dove sono i tamponi? Perché il sistema sanitario non funziona? Però Donald Trump – riconosciamolo – ha fatto la scelta giusta dal punto di vista economico: non ha fatto una serie di interventi ma un intervento solo: 2.000 miliardi di dollari. Lo ha fatto dopo essersi chiuso al Congresso con i democratici e avendo trovato un accordo di massima su questo punto. Attenzione, democratici e repubblicani si odiano in America: la speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha distrutto il discorso di Trump sullo stato dell’Unione con un gesto istituzionale al limite della provocazione (anche perché Trump ci aveva messo del suo, come reazione). Ebbene, in quel clima politico, dove se le stanno dando di santa ragione anche in vista delle elezioni presidenziali, la misura economica l’hanno fatta insieme, ed è una misura da 2.000 miliardi di dollari.
Angela Merkel, che molti contestano e criticano, ha colto immediatamente la palla al balzo per attuare una misura che era inimmaginabile da parte della Germania rigorista di qualche anno fa. E oggi Mario Draghi, signor Presidente del Consiglio, le indica la strada quando dice che, certo, bisogna fare debito, ma bisogna farlo per dare innanzitutto liquidità a quel sistema di piccole e medie imprese che rischia di non riaprire più. Noi stiamo discutendo da giorni su quale sia il codice per chiudere alcune aziende, la produzione; giusto, ma il problema è quale sia il codice per farle riaprire. (Applausi dal Gruppo IV-PSI e del senatore Marcucci). Se infatti noi non permettiamo alle aziende piccole e medie di avere liquidità, queste muoiono.
Signor Presidente, siccome sono convinto che lei lo sappia, mi permetta di rappresentarle un’immagine, quella proposta dal Bernini, nella scultura di Enea, Anchise ed Ascanio: c’è Enea che tiene Anchise, ma accanto c’è Ascanio, il figlio. Noi non stiamo chiedendo i soldi all’Europa, ma ai nostri figli. (Applausi dai Gruppi IV-PSI e PD). Dire che andiamo a debito significa che, per salvare Anchise, Enea fa bene a fare tutto quello che deve fare; ma il conto lo pagherà Ascanio, lo pagheranno i nostri figli. Spendiamoli bene, allora, questi soldi.
Mi permetto di dire: facciamo un unico decreto, non facciamo un decreto al mese; limitiamo il numero dei decreti, perché ne abbiamo fatti fin troppi. Facciamone uno insieme (e non bastano 50 miliardi di euro per il prossimo decreto). Deve essere l’ultimo decreto – non il prossimo decreto di una saga – in cui affermare con chiarezza tutto quello che serve affinché le imprese vengano messe in condizioni di riaprire. (Applausi dal Gruppo IV-PSI).
Parliamo della riapertura delle attività, non della chiusura, perché non possiamo continuare a immaginare che, di fronte alla crisi, non si dica la verità. Signor Presidente, noi dobbiamo convivere con il Covid. È inutile stare a fare discussioni troppo lunghe: il Covid ce lo portiamo dietro perlomeno per due anni, finché non avremo modo non soltanto di sperimentare il vaccino e di testarlo, ma anche di vederne gli effetti. È chiaro che noi, se abbiamo due anni davanti, non possiamo stare per tutto questo tempo chiusi in casa; non possiamo tenere due anni gli italiani fermi senza lavorare. Il Covid è un’emergenza che per i prossimi due anni ci sarà. Poi verrà un mondo bellissimo, quello di domani, ma in questi due anni c’è una “terra di mezzo” in cui riaprire le aziende è fondamentale, altrimenti trasformeremo il Paese in una sterminata massa di disoccupati.
Per questo noi ci siamo, signor Presidente: ci siamo chiedendole la massima attenzione sulla scuola perché i ragazzi siano valutati prima della fine dell’anno; ci siamo chiedendole qualche gesto simbolico come, ad esempio, con tutti i crismi della sicurezza, quello di riaprire le librerie, perché bisogna nutrire anche l’anima. Così come si tengono aperte le edicole, bisogna riaprire le librerie. Ci siamo anche dicendole, signor Presidente, che o adesso siamo in condizioni di immaginare il futuro economico oppure faremo lo stesso errore compiuto con i ritardi che si sono registrati in altri settori in merito alla situazione sanitaria.
Nel 1348 – il Presidente del Consiglio lo sa perché conosce Firenze per motivi anche professionali, oltre che personali – la peste colpì Firenze e sembrò la fine del mondo. Firenze era una delle più grandi città del mondo, una delle megalopoli (aveva 100.000 abitanti) e fu decimata. La peste sembrò la fine di tutto, eppure dalla peste nacque, sì, sicuramente il «Decamerone» di Boccaccio, ma anche quello spirito orgoglioso e fiero che diede vita poi al Rinascimento. Facciamo le scelte giuste e davvero tutto andrà bene. (Applausi dai Gruppi IV-PSI e PD, e del senatore Errani).