Un Renzi indebolito da De Benedetti tenta una rimonta

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E’ una vera marcia indietro bella e buona quella di un Matteo Renzi sempre più indebolito ed abbandonato anche dalla tessera n. 1 del Pd e suo antico sponsor Carlo De Benedetti con una clamorosa intervista a tutta pagina sul “Corriere”.
Sino all’altro giorno ed anche nelle recente direzione dei dm il segretario-premier aveva detto (sintetizzo): l’Italicum non si tocca, va bene così, concentriamoci sul referendum costituzionale che è” decisivo per il futuro dell’Italia. Ora, dal vertice Nato di Varsavia, cambia idea ed apre, di fatto, alle modifiche sulla legge elettorale e , persino, alla “spacchettatura del referendum”, ossia a più quesiti, sperando, indirettamente, che lo faccia la Cassazione e Corte Costituzionale. Leggete queste frasi testuali: “L’Italicum è una legge molto buona, ma ora non ne parlo più. Sulla legge elettorale non apro più bocca, è un tema nella disponibilità del Parlamento e se ci sono i numeri si può anche cambiare.”
Per Gianni Cuperlo, uno dei leader della sinistra dem, è, questa, una buona notizia perché il premier rimette la questione nelle mani del Parlamento, dove persino 113 deputati Pd sui 181 interpellati dal “Corriere” sono favorevoli a cambiare le regole del gioco. La marcia indietro renziana è, quindi, evidente forse anche perché l’ingegner De Benedetti nella sua intervista ha detto chiaro e tondo: nuova legge elettorale o voterò no al referendum” , aggiungendo: “Renzi con l’Italicum rischia di diventare il Fassino d’Italia”, evidente riferimento all’ex-sindaco di Torino, dato per favoritissimo e ,poi, sconfitto dalla candidata grillina.
De Benedetti ha lanciato altri messaggi al segretario-premier. Ha suggerito di nazionalizzare le banche in difficoltà, quindi anche il Monte dei Paschi, fregandosene dei veti dell’UE e facendo altrettanto andando oltre allo sforamento dl 3% del vincolo di bilancio per “investire nel sapere”, come avrebbe dovuto già fare con i 10 miliardi andati ai famosi 80 euro. Deve, poi, smetterla di di essere un pur “formidabile storyteller di cose che vanno bene. Oggi l’economia, il lavoro, le banche non vanno bene.”
Mi pare, questo, un messaggio chiarissimo e non certo amichevole anche se alla fine De Benedetti indora la pillola, dicendo: ”ho ancora fiducia di Renzi”, sì, ma a patto che faccia quel che dice l’Ingegnere ed è da dimostrare, ad esempio, se sia interesse dell’Italia nazionalizzare, mettiamo, il Monte dei Paschi di Siena , accollando sulle spalle degli italiani i debiti e le sofferenze, ossia i prestiti facilmente rogati e non rimborsati dai precedenti amministratori.
Renzi, comunque, insiste sul referendum, ma cerca di spersonalizzarlo, negando che sia un plebiscito su di lui, visto che il “no” è in testa . E nessuno ancora conta, nei sondaggi, i quasi 4 milioni di elettori italiani all’estero ai quali sono stati scippati i sei senatori che inviavano a Palazzo Madama e che voteranno per corrispondenza nel referendum, ovviamente ingrossando il “no”. Pensate che in quello per le trivelle, tema per questi cittadini scarsamente interessante, hanno votato la stessa percentuale ottenuta sul territorio nazionale, ma addirittura con punte nettamente superiori, addirittura in America Latina.
Come ricorderete il segretario-premier aveva detto: se perdo il referendum, vado a casa. Anche la ministra Boschi aveva detto altrettanto. Ora i due ci hanno ripensato. Il primo ha detto che, comunque,rimarrò segretario del Pd; la seconda: ”non è un voto sul governo”. Entrambi ora insistono a dire che si deve parlare di contenuti, “non dobbiamo evocare la paura” anche se con il “no” ci sono notevoli rischi per l’Italia”. E ancora: “ Non vogliamo –spiega Renzi – un voto di fiducia o di simpatia verso il governo, ma un dibattito serio e approfondito sul contenuto delle riforme che vanno ben oltre la vita dell’esecutivo”. Come marcia indietro, anche qui, rispetto alla passata personalizzazione del referendum non c’è male…… Persino la eventuale “spacchettatura” del referendum non dispiacerebbe ai renziani, soprattutto la decidesse la Suprema Corte , ipotesi che ha fatto dire al presidente dei senatori forzisti Romani “sarebbe un inganno”.
Il fatto è che Silvio Berlusconi è schierato, sino ad oggi, sul “no” per costringere Renzi alle dimissioni e sostenere un “governo di scopo” che sicuramente Mattarella favorirebbe per evitare il voto anticipato, evocato invece dall’ex-sindaco di Firenze, e consentire il varo di una nuova legge elettorale e la soluzione di problemi ormai emergenziali. Né tranquillizzano i fautori di un cambio dell’Italicum, ad iniziare dai centristi di governo, le ripetute dichiarazioni di esponenti della maggioranza del Pd, compresi i due capogruppo, sul fatto che delle modifiche all’Italicum si parlerà dopo il referendum costituzionale.
Ho, quindi, l’impressione che la marcia indietro renziana finisca per apparire una mossa disperata e piena di trabocchetti, comunque da rifiutare in mancanza di atti concreti come chiesto anche dal ministro Franceschini e dagli alfaniani che hanno, ormai ripreso, il dialogo con il Cavaliere imitati da molti verdianiani. Tutto può, quindi, accadere.
A tutti questi attacchi, la difesa di Renzi non e’ affatto convincente, quando, attaccando, com’è suo costume, cercando di dimostrare di non essere indebolito, di non aver affatto paura del referendum costituzione e del voto dei cittadini. Lui è convinto di vincere la sfida  e resterà a Palazzo Chigi anche dopo il 2018, ossia dopo le elezioni politiche, Di Maio non sarà il suo successore allora e né poi. E nella lunga intervista a Beppe Severgnini, sul “Corriere” spiega: “Tutti a dire  negli ultimi due mesi: ‘Renzi devi essere più umile, meno arrogante’. Allora  io dico se do questa impressione forse sbaglio io e tutti a dire : ‘vedi ha abbassato il tono, ha paura’. Io rispondo con un grande sorriso.”
I sondaggi, però, sono in continuo calo per il segretario-premier, il “sì” nel referendum cala vistosamente ed ormai il “no” prevale, mentre anche gli alleati centristi  sono in agitazione ed i dati economici  e sociali preoccupano sempre più gli italiani. Non sono, queste, invenzioni, ma fatti reali com’è reale la clamorosa marcia indietro renziana sull’Italicum, fino ad ieri intoccabile ed ora modificabile se lo  vuole il Parlamento: qui non siamo ad un abbassamento di toni, ma ad un cambio di marcia anche sulla base  degli avvertimenti di Franceschini, seguiti da quelli, ben più pesanti, della tessera n.1 del Pd, ossia l’ingegner Carlo De Benedetti  che vorrebbe addirittura la nazionalizzazione delle banche italiane in difficoltà, probabilmente ad iniziare dal Monte dei Paschi che qualche favore, in passato, all’ingegnere ha fatto secondo “Il Giornale”. Né  può ignorare Renzi le critiche che provengono da osservatori imparziali, come  Antonio  Polito, ex-senatore Pd e vice-direttore del “Corriere”, che proprio l’altra sera, in Tv,  contraddicendolo ha detto chiaro e tondo che in due anni di governo renziano le cose non sono affatto cambiate.
Come,poi, non dare ragione ai non pochi che sostengono: gli italiani hanno altri problemi esistenziali che non discutere di riforme che non risolvono alcunché ai dieci milioni di cittadini che non si curano per non spendere  ed ai 3 milioni e passa di poveri totali o ai troppi giovani che non trovano un lavoro.  Per questo   sembra  assurdo anche il dibattito sull’eventuale spacchettamento del referendum, negato ora da Renzi   come da Forza Italia e dai Cinque Stelle, anche se saranno Cassazione e Corte Costituzionale a decidere, Referendum che sembrava per i primi di ottobre, ma che alla fine  potrebbe slittare  6 novembre.
L’insistenza con la quale i capigruppo Pd  dicono che, comunque, dei cambiamenti all’Italicum si palerà dopo il referendum potrebbe tentare  qualche centrista e qualche verdiano critico ad inviare un segnale al premier. Che pure, a parole, s’è chiamato fuori dalla questione dicendo: “La legge elettorale   c’è e dice che vince chi arriva primo. Se il Parlamento  è in grado di farne un’altra si accomodi.”
Certamente, Matteo Renzi è fortemente indebolito,  certamente spera ancora nel soccorso berlusconiano, diretto o camuffato, ma quanto ad arroganza  e quasi-disprezzo nei confronti di chi non la pensa come lui non pare proprio cambiato  .