UN TETTO PER I MANAGER

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Oggi Marcello Veneziani, nella sua rubrica su Il Giornale, scrive sul tetto definito per legge sugli stipendi ai manager di Stato. Secondo Veneziani: “ Lo scandalo della pubblica amministrazione non sono gli alti stipendi ai supermanager, ma i criteri di nomina e di controllo per vagliare il loro rendimento”. E prosegue: “Se un supermanager, soffiato a un’azienda privata, risana un’azienda pubblica merita uno stipendio come quello che percepiva nel privato”.

Concordo pienamente con Marcello Veneziani, e sarei più concorde con lui se a scegliere questi manager non fossero dei politici. Perché dico questo: ho avuto in passato la fortuna sfortuna di assistere molto da vicino alle nomine di manager pubblici, devo dire che quasi sempre si trattava di persone validissime ma, la cosa più deprimente era quello di vedere stare dietro la porta dei politici, quando poi non li si trovava fuori di casa ad attendere che la personalità uscisse. Qualche nome? Certo. Per la Rai? Da Ettore Bernabei a Biagio Agnes; dal prof. Zaccaria; da Delle Fave a Zavoli. Vogliamo parlare dell’ENI? Chi Non ricorda Cefis, anche lui, Girotti, Sette, Mazzanti, Grandi, Reviglio ecc.. Stesso vale per l’IRI: Da Petrilli a Prodi. Poi coloro che volevano essere nominati nei consigli di amministrazione: una schiera, quasi un esercito, qualche personaggio valido come Visco (ex Ministro) o il prof. Hukman ed altri. Poi vi erano le nomine dei posti di stato: l’Amministrazione delle poste, le banche, le direzioni generali dei ministeri e chi più ne ha più ne metta.

A dire il vero, i compensi allora non erano del livello che si sente ora, erano di gran lunga più bassi, non ho mai sentito o letto da nessuna parte che un Capo della polizia arrivasse a superare il miliardo di lire. Quello è veramente scandaloso, mi piacerebbe tanto conoscere come è arrivato ad essere così alto anche perché il capo della polizia non è ne un manager ne uno chiamato dall’esterno, è un funzionario, divenuto dirigente sino a raggiungere il massimo grado della carriere statale e mai dovrebbe, nelle vie normali, raggiungere livelli così considerevoli. Non metto in dubbio le capacità ed il valore del dr. Manganelli, ma, sono matematicamente certo che nessuno dei suoi predecessori abbia mai goduto di emolumenti di tale portata. Ecco perché oltre a farci sapere l’entità dello stipendio sarebbe interessante conoscere tutte le fasi come si è costituito. Questo si che sarebbe un atto di trasparenza e di buon costume.

Vorrei dire a Veneziani che la proposta della Lega non è poi così peregrina da doverla avversare. Il partito di Bossi propone di “agganciare i superstipendi alle indennità parlamentari,sapendo che i parlamentari sono selezionati con criteri aberranti e servili”, così come, mi sembra di aver ampiamente dimostrato, sia sempre avvenuto per il management  di Stato, sin dai tempi dei tempi. C’è da dire che i tempi cui mi riferivo erano completamente diversi: i parlamentari di allora non venivano scelti ma eletti, la selezione severa veniva fatta da un elettorato attento e la classe politica era di ben altro livello da quella attuale e, di conseguenza anche le scelte che facevano, potevano si essere ideologiche ma, nel contempo, dovevano per forza essere valide. Quelli erano tempi quando le aziende di Stato producevano fior di manager per il privato e non viceversa come si è arrivati ora che se si vuole un vero manager bisogna andare a cercarlo all’esterno, quindi assoggettarsi alla legge del mercato.

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