Un voto di protesta – messaggio negativo per Renzi

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Ho seguito da vicino la campagna elettorale di Olbia e, di giorno in giorno, si percepiva sempre di più l’avversione per tutto ciò che riportava, in qualche modo, al nome di Renzi. La competizione era tra un PD sbiadito ed una minestra riscaldata, rappresentata da un uomo per tutte le stagioni. Ebbene, alla fine, chi ha vinto, anche se sul filo di lana? La minestra riscaldata. E, così, quello di ieri, non poteva che essere un voto politico, nonostante quel che sostiene Matteo Renzi, un chiaro voto di protesta che costituisce un forte segnale negativo per il segretario-premier. I vincitori sono, così, i grillini  che trionfano a Roma e conquistano, ecco la maggior sorpresa, Torino, oltre a vari comuni  grazie  all’apporto determinante, nei ballottaggi per i sindaci, di elettori del centrodestra e, probabilmente, anche di alcuni di sinistra. I 5Stelle si vedono già a Palazzo Chigi, ma questi suffragi trasversali valgono oggi quando c’è il  confronto con il Pd renziano, ma non sono  voti di adesione a Grillo e soci e al primo soffio di un rassemblement di centrodestra  andranno, in gran parte,  altrove  come testimonia un sondaggio effettuato proprio ieri. Nè va  dimenticato che  quasi la metà dei potenziali elettori non si è recato alle urne  e non sono state poche le schede bianche e nulle , segno che nemmeno i grillini riescono  a captare tutto il voto di protesta contro l’attuale sistema e gli attuali partiti.

La sconfitta del Pd è, comunque, evidente: perde nei ballottaggi  ben 13 sindaci  di capoluogo  sui 20 che aveva: Roma, Napoli e Carbonia che vanno ai grillni, Pordedone e Trieste , nella Regione Friuli presieduta dalla vice-segretaria dem Serrachiani, Novara, Savona, Grosseto, Olbia, Isernia, Brindisi, Benevento, Crotone al centrodestra che si è confermato a Latina. I dem  ne conquistano due: Varese, ex-roccaforte leghista, e  Caserta, confermandosi a Milano ,Bologna, Ravenna.

Lo stesso Renzi. senza troppi drammi. ammette  la “batosta”, come scrive il “Corriere della Sera”, e dice: “Abbiamo perso, c’è poco da dire. E vi dirò di più, quando ci battiamo con i grillini prendiamo la batosta. Ho rottamato troppo poco. Devo mettere da parte la vecchia guardia”. “Comunque, –sottolinea- sia chiaro: non mi dimetto, non è, oltretutto, un voto politico, la vera sfida è al referendum costituzionale. La minoranza chiede il congresso? S’accomodi, tanto si va a dopo il 2 ottobre”, ossia dopo il referendum. Il problema, per il segretario premier, è che se non cambia atteggiamento, non la smette con gli annunci e con il “tutto va bene”  non sarà facile per lui ottenere il “sì”. I cittadini sono stanchi di promesse e false certezze. La sinistra interna, com’era scontato, è all’offensiva e, probabilmente, Renzi  userà davvero il lanciafiamme contro  le correnti   che stanno rianimandosi  e che iniziano a soffiare anche tra i renziani, soprattutto coloro che non sono in sintonia con il “giglio fiorentino”.

Ci attendono, in sostanza, giorni di forte turbolenza anche perché gli alleati alfaniani sono sempre più preoccupati per il loro futuro politico con quell’Italicum che li penalizza e che  il premier non intende affatto cambiare. Chiederanno, quindi,  maggiore collegialità nella maggioranza parlamentare  e meno protagonismo del numero uno di Palazzo Chigi. Ci riusciranno? Ho l’impressione che avranno solo briciole, ma avendo comunque posizioni di potere forse si quieteranno.

Anche nel centrodestra non sarà facile calmare le fibrillazioni e sanare le divisioni anche perché la Lega non è andata affatto bene, ha perso addirittura la sua roccaforte Varese ed a Milano una parte degli ultrà leghisti ha, probabilmente, disertato le urne  per la presenza degli alfaniani, politicamente ripudiati un giorno sì e un giorno no dal leader verde. Il quale non era stato certo entusiasta della candidatura di  Parisi (imposto da Barlusconi), protagonista, comunque, di un exploit con il suo 48,3% , è stato solo ad un passo da una clamorosa vittoria. Il clamoroso silenzio nella campagna elettorale del Governatore veneto  Zaia, le esplicite critiche a Salvini del  fondatore della Lega Bossi sono segnali che le  bellicose dichiarazioni  salviniane (“chi ha sbagliato pagherà”) preannunciano confronti non proprio idilliaci. Né le acque possono essere tranquille in Forza Italia, dove c’è chi  si candida alla successione ad un Berlusconi che non pare voglia ancora cedere lo scettro  e  vorrà ancora guidare il partito se i medici non glielo proibiranno. Ovviamente, anche qui, il “cerchio magico” è sotto accusa ed è probabile che qualche cambiamento si stia determinando  e, forse, tornerà a incidere Gianni Letta che il governatore della Liguria Toti aveva cercato di mettere in ombra e che si stava muovendo come vero successore del Cavaliere.

In sostanza, la scena politica è in gran movimento e tutto può accadere. Anche che Matteo Renzi comprenda  che esiste un gran vuoto, ossia quello degasperiano del centro che guarda a sinistra, ossia al sociale, è cambi strategia per occuparlo, ricordando che il ceto medio è una forza sociale, economica e politica da ricostituire e che, in Italia, i moderati, come scrivevo qualche giorno fa, sono la maggioranza e in molti, tanti,  non si recano più alle urne.