Wwf : una inaugurazione in sordina, sottovoce, sommessamente, aumm-aumm, per pochi intimi

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In sordina, altri direbbero, sottovoce, sommessamente, a Napoli, molto completamente direbbero: aumm-aumm. In questo clima non solo torrido di Santa Teresa ma, direi anche con un po di tensione sembra si sia svolta la cerimonia di inaugurazione della rivisitazione della sezione del Wwf.
Sezione, solo un’ombra di ciò che era stato, quando allo spirito dell’Associazione erano in tanti a credere, a partecipare, a formarsi sotto una guida attenta, convinta di un signore del vero ecologismo al quale era arrivato spontaneamente, senza forzature ed interessi, per convinzione, tanto da ricordare i suoi trascorsi: Altri tempi “quando il sottoscritto si buttava in mare e prendeva dei bei saraghi, tutti grossi, è vero, si erano già riprodotti, voleva, forse, che ci fosse qualcuno dietro di lui a contare quei saraghi? No, non voleva che venissero contati. A un certo punto, non si è emancipata la legge, non si è emancipato nessuno, si è emancipato il sottoscritto che si è ritirato dal mare”.
Questo era Andrea Quiliquini, un adepto per convinzione di un certo ecologismo che aveva individuato ed impersonato in quella Associazione condotta in Italia da un signore che aveva capito chi fosse Andrea e quale potenziale avesse per divulgare quei sani valori che, nello spirito, albergano nel Wwf.
Santa Teresa, allora poteva vantare tanti giovani riuniti attorno a quel professore che poco aveva di ufficiale ma che trasmetteva una grande forza che gli proveniva da una grande forza d’animo, dal suo spirito libero, dalla convinzione che il rispetto della natura avrebbe sempre ripagato solo se fosse rispettata.
Andrea non aveva bisogno di grandi riconoscimenti, in quel suo giardino sempre aperto a tutti, giovani e meno giovani, senza cattedra, mai in pompa magna, in un momento di relax, all’ombra della sua vite, si soffermava per un attimo pausa e ne veniva fuori una lezione di vita. Poche parole,
forse in qualche momento di amara riflessione diceva ai giovani che ascoltavano rapiti diceva: “Il problema, tirando le somme, cercando di stringere al massimo in una sintesi più che estrema, è il soldo, quando vi è il denaro non puoi più collaborare, quando vi è il denaro di mezzo non puoi più capire, l’uomo è parte della natura ma ha già una patina, un callo così grosso, così spesso per cui bisogna limarlo, bisogna acchiappare l’uomo, levare questo callo. E dov’è il tempo? E dov’è la predisposizione? Già manca in partenza il dono di comunicare con poco, con nulla, con umiltà. Quello spetta ai Santi e noi non lo siamo”.
Tale era la convinzione di Andrea che in quel suo giardino, ricordo dei suoi antenati, del nonno, suo mentore, che teneva apparentemente incolto, con piante autoctone, le più svariate li, in una calcolata confusione, che un giorno decise di donare quell’oasi di paradiso terrestre, all’Associazione. In quel momento, sicuramente, pensava a suo figlio, forse sentiva che la vita per lui sarebbe potuto essere avara, ed allora, perché no, aveva trasmesso il suo credo, la sua passione, le sue preoccupazioni alla moglie Paola, ben sicuro che i suoi convincimenti non sarebbero mai andati persi; ragionamenti di un vero e puro idealista che non credeva nella sua immortalità ma in quella di Fulco Pratesi, di quell’Associazione che aveva stimolato quel suo “credo”, nelle generazioni che spontaneamente lo avevano seguito.
Nelle sue riflessioni diceva: “Si, affermo un concetto: noi ci siamo prima del Wwf e i nostri pensieri sono precedenti ed è difficile ucciderli. Io mi sento abitante integrale di questo territorio e, in questo territorio vivo, cerco di parlare la lingua, ormai moribonda,. Questo è un grande dolore per me”. “L’uomo, per dire questo è bello, le cose sono già assestanti e sono di per se stesse già valevoli senza l’uomo. Quest’uomo lo faremo entrare e valutare, a vedere, a godere di tutti questi valori senza che dica, esso stesso, questo è un valore, questo non è un valore. Qui bisogna tornare ad un concetto importante”.
Questa era l’inaugurazione che Santa Teresa si aspettava del giardino di Andrea Quiliquini che ora non è più, una Sezione di quell’Associazione che ha snaturato quel luogo, i teresini, coloro che hanno conosciuto ed amato quel loro concittadino dall’aria sempre preoccupata e dolce, integro nelle sue convinzioni, rispettoso della natura e della sua terra. Ed ora quella sua oasi è diventata, per la mano maldestra dell’uomo cemento e quattro aiuole messe li, ordinate ma asettiche, nulla che ricordi lo spirito di quell’uomo vero che pochi non hanno capito e tanti ancora vedono nello spirito del rispetto della natura che in quell’oasi è stata violentata da chi non lo ha conosciuto, snaturando quella cosa che nessuno riuscirà mai a togliere dalla cittadina gallurese che gli ha dato i natali.
Si è tagliato un nastro, ma chi lo ha messo non si illuda, Andrea è nostro e tale rimane. Il Suo spirito non sarà mai prigioniero di una aiuola, il Suo spirito aleggerà libero fra quei profumi di erbe e macchie della sua terra e sarà sempre nei cuori di chi ha creduto in lui.