Il P.d.L. PROPONE PIERPAOLO NICOLA ASARA ALLA CARICA DI PRIMO CITTADINO DI SANTA TERESA G.

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COMUNICATO STAMPA

 

Il Popolo della Libertà, i Riformatori Sardi, il Partito Sardo D’Azione di Santa Teresa Gallura, dopo aver esperito tutte le possibilità per ampliare la coalizione, non avendo raggiunto un accordo definitivo per la formazione di una lista comune per le prossime elezioni amministrative, hanno deciso di presentarsi con propri candidati in una lista che li vede uniti nella candidatura del Dott. Pierpaolo Nicola Asara quale Capolista.

Il Capolista, che fa capo al P.d.L., ha accettato, e si è reso disponibile a compiere  gli sforzi possibili nel tentativo di allargare la coalizione con altri raggruppamenti politici e gruppi spontanei e di categoria che abbiano come obiettivo il bene della comunità teresina.

La coalizione si è messa subito al lavoro per la composizione della lista ed alla estensione di un programma che tenga conto non solo delle esigenze immediate di Santa Teresa ma anche di vedere in prospettiva quanto possibile per una azione che possa ridare al paese certezze sicure.

Santa Teresa è stata immobile, quindi regredendo, per ben 25 anni, ora ha necessità di essere  seriamente amministrata e di una seria programmazione che produca  prospettive per i giovani  e per l’economia del paese.

 

Giuseppe Ogno                                                                                              Giovannino Boccognano

Armando Soro                                                                                   Nello Loriga

Giuseppe Tusacciu                                                                                        GianMario Grindi

 

Pierpaolo Nicola Asara, coniuga alla sua età una doppia laurea: una prima conseguita alla Cattolica di Milano in economia e gestione aziendale, e all’Università di Sassari, dottore magistrale in consulenze  e revisione contabile. Nel contempo non ha trascurato l’impegno politico militando in Forza Italia, nel 2007 e stato nominato coordinatore del partito di Santa Teresa, incarico che ha mantenuto sino alla fondazione del P.d.L.. Ma, il più grande pregio di Pierpaolo è quello di essere nato a Santa Teresa da genitori di Santa Teresa ed anche i nonni vantano la stessa nascita.

S. Usai -“avrei votato Donatella Bianchi” (un commento di giustus)

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Salve, mi chiamo Salvatore Usai, e vorrei veramente pubblichiate queste mie quattro righe,all’insegna della sincerità.

Secondo me! una bella purga a tutti non vi farebbe male .
 La signora Donatella Bianchi: io la voterei molto volentieri, se proprio lo volete sapere, è perché non conosce nessuno e neppure tutto il marciume , intrallazzi  e pappotte che hanno ridotto il paese a quello che e’.

Basta con i tecnici al comune >Santa Teresa cosa è? Un paese turistico? Allora di conseguenza va gestito come un’azienda da professionisti del settore punto e basta. Chi sbaglia paga e viene licenziato.
Poi avrei proprio voluto vedere, uno scontro a viso aperto con 4 liste, e, come si dice, che vinca il migliore.

Altrimenti diamoci all’agricoltura ,non per denigrare,ritengo che l’agricoltura sia un nobilissimo lavoro.

Gia il fatto di dover accondiscendere a patti, alleanze, solo per verticismi, obbiettivi personali che non hanno niente a che vedere con la comunità, è una cosa da rabbrividire dello schifo!!
Un sincero caloroso saluto tutti
SALVATORE USAI
coraggio, onore, cortesia, umiltà, integrità, e COMUNITA’.
residente in Via capotesta 56

Mi si consenta un brevissimo commento.

 Il Sig. Usai avrebbe volentieri votato la Signora Bianchi. questo fa pensare che sia un potenziale elettore del centro-destra, così come dal cognome è facile arguire che sia un teresino doc.

Le opinioni sono tutte rispettabili ed io rispetto quelle del Sig. Usai: detto questo devo riconoscere alla Signora Bianchi tutti i meriti professionali che ammiriamo sul video. Ma, vede Sig. Usai fare il sindaco del suo paese è altra cosa. Fare il sindaco di Santa Teresa significa vivere il paese, amarne tutte le sfumature, conoscere le persone, gli usi,  pregi e difetti. Chi può avere tutte queste conoscenze se non un teresino? Ritengo siano questi i motivi che hanno fatto riflettere la stessa signora Bianchi a non affrontare un compito così gravoso che gli avrebbe fatto rischiare il fallimento dell’impresa.

Caro Sig. Usai, dalle sue parole si evince tutto l’amore che ha per il suo paese pertanto lei, così come tutti i teresini, sa che purtroppo Santa Teresa non ha più la possibilità di accettare un altro fallimento.  Il centro-destra ha ritenuto procedere con un tocco di gioventù senza trascurare il sostegno dell’esperienza. Ecco come nasce la candidatura del giovane Pierpaolo Nicola Asara che coniuga alla sua età una doppia laurea, una conseguita alla Cattolica di Milano in economia e gestione aziendale, e a Sassari, dottore magistrale consulenze  e revisione contabile: nel contempo non ha trascurato l’impegno politico militando in Forza Italia sino ad essere nominato coordinatore del partito di Santa Teresa sino alla fondazione del P.d.L.. Ma, il più grande pregio di Pierpaolo è quello di essere nato a Santa Teresa da genitori di Santa Teresa ed anche i nonni vantano la stessa nascita.

Cosa vogliamo dire su questa scelta? Votiamolo, diamogli la fiducia che merita e, vedrà, se sarà scelto dagli elettori, Santa Teresa avrà un sindaco di tutto rispetto che non deluderà le aspettative che sono state riposte in lui e, con una squadra adeguata che al cambiamento abbinerà l’esperienza di elementi validi, sarà nella migliore condizione di raggiungere traguardi dimenticati, ormai indispensabili per ridare vita a questo nostro paese ed alla sua Comunità.

Giustus

Dall’appiattimento ci rimette tutto il Pdl di Filippo Facci e commento di giustus

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Ho voluto riprendere l’articolo di Filippo Facci, pubblicato su Farefuturo “Ffweb Mgazine”, sottolineando in grassetto alcune parti che ho ritenuto fossero al centro del pezzo e, sulle quali esprimere qualche considerazione che da tempo mi preme dentro  ed ora, credo , anche se con voce flebile, sia opportuno esternare, che proporrò come commento all’articolo di Facci.

 

Ci fosse un cane che, invece di fare la mera conta dei deputati e dei senatori, avesse anche voglia di discutere se le ragioni addotte al divorzio Fini-Berlusconi abbiano o no qualche fondamento, qualcuno che voglia discutere la ripartizione dei torti e delle ragioni non soltanto sulla base dei rapporti di forza. A me, per esempio, non importa nulla del divorzio in sé, m’importa che probabilmente andrà a catafascio anche il banalissimo assunto secondo il quale il partito più grande del dopoguerra dovrebbe avere delle pluralità al proprio interno, quelle identità che corrispondono alle mille sfumature della società e la cui sintesi, un tempo, era il motore della politica. Detto in termini medici: Fini potrebbe aver torto nella terapia, e magari andarsi presto a schiantare: ma la sua diagnosi è proprio tutta sbagliata? Sicuri che i problemi da lui posti siano soltanto dei pretesti per reclamare fette più generose di potere?

È in tal senso che si può, secondo me, essere “finiani senza Fini”, e guardare con simpatia al sommovimento che aveva creato: anche se non si aveva nulla a che spartire col suo retroterra culturale, col suo passato, con le sue metamorfosi. L’amplissimo centrodestra italiano, del resto, non è diviso solo tra berlusconiani e finiani, non porta soltanto i mocassini e le giacche berlusconiane in alternativa al maledetto “cachemire” che si tende a immaginare su chiunque appaia diverso dall’archetipo che ci piace.

Io non so se Fini corrisponda a un socialismo tricolore, a una destra europea o dei diritti o delle istituzioni; so che qualcosa però si muoveva, mentre dall’altra parte c’è Berlusconi e basta. C’è lui, che non è poco, ma oltre a lui ci sono solo i suoi yesman, i suoi oligarchi eletti con voti di lista, il Porcellum, la selezione per casting, i pigia-bottoni del Parlamento, e tanta, troppa gente euforizzata dal potere e disposta perciò  a sostenere ogni cosa e pronta a obiettare che «il popolo lo vuole», anche se magari non è vero, lo vuole Tizio, lo vuole Caio, lo vuole la Lega, lo vuole il Vaticano. C’è Berlusconi e sempre sia lodato, ma, a strascico, c’è anche un partito con organismi fittizi, un ufficio di presidenza pressoché inesistente, una direzione nazionale mai convocata, nessuna discussione che faccia da base all’intuizione fulminea del leader. C’è un ex movimento liberale di massa che ha ceduto il posto a una linea clericale – per fare l’esempio più facile – la quale però non è mai stata deliberata, discussa, ufficialmente decisa. C’è una truppa in panico da ricollocazione che liquida con arroganza ogni dubbio vedendolo come debolezza, gente che  in mancanza d’altro ha nella fedeltà a Berlusconi la sola stella polare. Quindici anni di elaborazione del centrodestra, nato con Berlusconi, hanno dato questo: Berlusconi. L’assioma contiene tutti i pregi e i difetti del caso.

Ma, ripeto, il centrodestra non è diviso soltanto tra finiani e berlusconiani: ce n’è anche una parte – ampia, laica anche quando cattolica – che è sempre stata al posto giusto e non ha neppure avuto bisogno di innovarsi, questo mentre altri, a destra e a sinistra, annegavano nella rispettiva brodaglia ideologica. È gente che votava il pentapartito e oggi vota Pdl, non c’è dubbio: ma la loro, in mancanza d’altro, dopo 15 anni, resta una delega rilasciata pressoché in bianco. La sera, in televisione, vedono Sandro Bondi o Maurizio Gasparri e si chiedono se li rappresenti: non per antipatia, ma perché non ne possono più del ring e dell’eterno referendum su Berlusconi. Forse, chissà: tra loro ci sono anche i tanti o tantissimi che alle regionali non sono andati a votare.

Molti berlusconiani non pensano che ci sia un universo a nome del quale Gianfranco Fini ha costruito un potere: pensano che ci sia un’aspirazione di potere dietro la quale Fini ha costruito un finto universo. E tutto può essere, la decrittazione immaginifica dei finiani – fatta perlopiù da sinistra  – non mi entusiasma: ma i finiani esistono, come tanti altri, ed esistono a fronte di un Pdl che doveva o poteva essere, date le sue dimensioni, come un crogiolo: ma che nei fatti, come si è visto, non fonde, bensì scarta, seleziona, esclude a seconda delle stagioni. In questa stagione il Pdl sta appaltando la propria identità a chi ha il merito di averne una: una Lega. È la cosa migliore? Può darsi anche questo. Ma domani?

In attesa di saperlo, il Pdl è un partito plebiscitario con venature populiste. Lo è perché lo si vuole così. Non ha un progetto per cui chiede voti, ma chiede voti per elaborare un progetto.
Meno male che Silvio c’è. Meno male che Tremonti c’è. Eccetera. Questo non piace a tutti, e Fini su questo sfondo è divenuto il reagente di tutte le contraddizioni, lo sfiatatoio di apnee che forse duravano da troppo tempo. A molti interessa solo fare la conta, a me interessa che l’ennesima identità, quale che sia, andrà probabilmente annacquata. È davvero un peccato.

17 aprile 2010

Mi dispiace contraddire Filippo Facci, al quale riconosco alti meriti, non solo giornalistici: secondo me, riprendendo le sue parole, Fini ha sbagliato la diagnosi e pertanto anche la terapia. Al momento la malattia non ha ancora degenerato, perciò vi si potrebbe porre rimedio, dipende da lui rivedere la diagnosi e proporre una nuova cura adeguata.

Torniamo all’origine: quando Berlusconi fece il suo show del cosiddetto “predellino” in Piazza San Babila, Fini era a capo di un partito vero, vivace, strutturato, efficiente. Era schierato con il centro-destra e rappresentava la seconda forza della coalizione con percentuali elettorali mai raggiunte. Nella coalizione poteva esprimere le sue idee con il peso della sua forza rappresentativa e, quando necessario, mostrare il suo dissenso . Poi la richiesta di Berlusconi di fondersi in una nuova entità politica, il P.d.L.. Per Fini non vi furono tentennamenti; la Lega decise di rimanere alleata, mantenendo la propria identità. L’UDC di Casini preferì smarcarsi.

Una decisione così radicale, quella di sciogliere un partito radicato, con una sua storia cinquantennale, con una struttura  organizzativa efficiente, con un considerevole di militanti attivi, forse aveva bisogno di maggiore riflessione e di una più approfondita analisi, magari coinvolgendo e responsabilizzando maggiormente la base del suo partito: Tutto ciò non è stato fatto, con pseudo congressi preconfezionati, si è voluto sciogliere un partito vero per farsi assorbire, minoritari in una entità politica fantasma, vuota di uomini e contenuti. L’unica presenza politica in quel contenitore vuoto era rappresentata dalla figura di Berlusconi al deve andare tutto il nstro rispetto elettorale.

Fini in quel momento aveva tre possibilità di scelta:

a)     mantenere fede all’alleanza e, come la Lega, non rinunciare alla propria autonomia;

b)     aderire allo scioglimento di AN, mettendo sul piatto della bilancia, non un elettorato effimero e fluttuante, bensì una struttura viva e militante, capace di essere la spina dorsale di una nuova costituente politica;

c)     fondersi e lasciare aBerlusconi la popolarità dell’impresa per dedicarsi all’organizzazione  del nuovo partito.

Di tutto questo nulla. Senza convinzioni ci siamo ritrovati assorbiti, dalla mattina alla sera, in questo vuoto pneumatico che era il P.d.L. Fini, evidentemente non se ne è mai reso conto ma, gli aennini, alla base, sono diventati la struttura portante del nuovo partito dove, grazie ala sua sprovvedutezza contiamo un terzo al vertice e siamo maggioranza alla base.

La cura Fini ce la propone Facci nella conclusione del suo Articolo. Dice facci: “In questa stagione il P.d.L. sta appaltando la propria identità a chi ha il merito di averne una: la Lega”. Perché? La risposta ce la da ancora Facci: “… il P.d.L. è un partito plebiscitario con venature populiste….Non ha un progetto per cui chiede i voti, ma chiede i voti per elaborare un progetto”.

Fermiamoci un attimo: in questo scenario che può portare ad una scissione, Fini ed i suoi fedelissimi riconoscono a Berlusconi la capacità aggregante nel riscontro elettorale e gli rimproverano l’incapacità a nella collegialità delle decisioni, quindi, una assenza organizzativa che dia vita ad un maggiore coinvolgimento degli organi direttivi del partito.

Ora mi chiedo: se Fini, a suo tempo, ma ancor oggi, chiedesse di assumersi l’onere della responsabilità organizzativa del partito, lasciando a Lui la figura di leader indiscusso, potrebbe cambiare lo scenario? Certamente questo significherebbe dover sacrificare  qualche ambizione personale quale la >Presidenza della Camera, in cambio vi sarebbe un partito vero, non drogato, ed una Lega molto più debole nel confronto.

Ecco la cura: più che pensare a ‘rompere’, Fini si proponganella veste di costruttore del partito, lasci le cariche istituzionali e ricominci dalla politica attiva, i compensi per tale rinuncia non possono tardare ad arrivare, c’è bisogno solo di un po di pazienza e recuperare i due anni trascorsi

 

 

 

 

SANTA TERESA – CHE SPETTACOLO DEPRIMENTE

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Ma gli stazzi l’ho riqualificati io»
Santa Teresa, Mura smentisce Mannoni: si attribuisce opere non sue

 SANTA TERESA. Dissapori di fine mandato. L’assessore al Turismo, Gianmario Mannoni aveva annunciato la conclusione degli interventi nelle campagne, il censimento delle antiche case di campagne, la sistemazione della segnaletica degli stazzi e la riqualificazione delle vie di accesso. Dall’assessore ai Lavori Pubblici e vice sindaco, Nello Mura arriva una precisazione pungente. «Se l’assessore vuole far vedere ai cittadini che ha fatto qualcosa fornisca i dati del suo assessorato – dice l’assessore Mura -. La sistemazione delle vie di accesso alle campagne è stata realizzata dal settore Lavori Pubblici. La segnaletica è invece un intervento del settore Viabilità. Mi dispiace dire queste cose, ma lo faccio per amore della verità. A differenza di Mannoni non ho nessuna ambizione politica e non intendo ricandidarmi. Se Mannoni è in campagna elettorale e vuole dimostrare ai cittadini di aver bene operato in questi anni, lo faccia mostrando i risultati del suo settore, non di quelli dei colleghi». (se.lu.)
Mi sia consentito un breve commento.
L’altro giorno abbiamo letto lo sproloquio del sindaco il quale vantava di aver fatto non si sa bene cosa sulla spiaggia de La Rena Bianca: noi cittadini non ce ne siamo accorti se non una torretta per il bagnino, un pennone per issare la bandiera rossa di pericolo e nient’altro. Per aver amministrato cinque anni non mi sembra niente male.
Oggi leggiamo su La Nuova Sardegna il contraddittorio tra il vice sindaco e l’assessore al turismo entrambi rivendicano le scritte sul pavimento stradale della segnaletica delle vie d’accesso alle campagne. Certo è  dove non si è fatto nulla pure il niente può essere un valore aggiunto, ma litigare per questo mi sembra almeno di cattivo gusto.
Riflettete cittadini, il 30 maggio prossimo dovrete scegliere la nuova amministrazione.Se nella prossima competizione elettorale ci fosse qualcuno di questi personaggi, regolatevi di conseguenza.

GLI AUGURI DEL P.D.L. AI CITTADINI DI SANTA TERESA

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COMUNICATO STAMPA

 

Il Coordinamento cittadino del P.d.L.  di Santa Teresa Gallura rivolge a tutti, iscritti, sostenitori ed elettori, molti fervidi auguri per la Santa Pasqua.

Utilizzando le parole del Premier e nostro Leader: “contro di noi le hanno provate tutte, ma noi siamo più forti della malevolenza, più forti dell’invidia”.

Con i nostri alleati, stiamo portando avanti un lavoro proficuo che, con il vostro sostegno, con il vostro incoraggiamento, con il vostro entusiasmo non mancherà di produrre i frutti sperati.

Continueremo nel nostro impegno per costruire un futuro migliore alla nostra Comunità, assicurando a coloro che ci vorrebbero divisi, che noi siamo e rimarremo una unica entirà politica, ferma negli intenti e convinta negli ideali.

 

Il Coordinamento Cittadino

PierPaolo Azara

Giuseppe Ogno

Armando Soro

Giuseppe Tusacciu

 

 

Santa Teresa G., 02.04.2010

Il presidente Berlusconi ai Promotori della Libertà: conto su di voi.

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Cari amici,

desidero ringraziarVi per il contributo che avete dato alla  nostra affermazione nelle recenti elezioni. Anche grazie alla Vostra mobilitazione sul territorio, ancora una volta l’amore ha prevalso.

Contro di noi le hanno provate tutte, perfino a vincere senza farci presentare il nostro simbolo. Ma noi siamo stati più forti della malevolenza, più forti dell’invidia e più forti dell’ingiustizia.

Il nostro successo in sei regioni, in quattro province e in decine di comuni è la dimostrazione che il “Governo del fare” è stato pienamente apprezzato dagli elettori.

Ora, con i nostri alleati, governiamo la maggioranza delle regioni, ovvero 42 milioni di italiani. Con la sintonia che si è creata tra il governo centrale e quelli locali potremo attuare celermente il nostro programma sul piano-casa, sulla sanità, sul taglio della burocrazia, sulla tutela del verde.

La sfida che ci attende è tuttavia ancor più importante e riguarda non solo le Regioni guidate dai nostri governatori. Dagli italiani abbiamo ricevuto un preciso mandato per completare la Rivoluzione Liberale nel nostro Paese. Noi onoreremo questo impegno. Nei prossimi tre anni, dunque, realizzeremo le grandi riforme: l’architettura costituzionale dello Stato, la giustizia, il fisco.

Non sappiamo se l’opposizione, o almeno una parte di essa, abbandonerà finalmente i toni e gli atteggiamenti di ostilità preconcetta sinora messi in campo. Me lo auguro. Noi comunque avvieremo il percorso delle riforme e giungeremo all’obiettivo di fare dell’Italia una Nazione più efficiente e più moderna.

In ogni caso, io so di poter contare sul vostro sostegno. I Promotori della Libertà hanno tra i loro compiti anche quello di: comunicare puntualmente agli italiani il lavoro svolto dal Governo e dalla maggioranza e quello di conquistare nuovi sostenitori per rafforzare il nostro movimento. Con una struttura radicata e capillare schierata al nostro fianco potremo realizzare le riforme in tempi ancor più rapidi e potremo continuare sulla strada del buongoverno sia a livello centrale che locale.

Conto su di Voi, sul Vostro entusiasmo, sulla Vostra generosità. Ancora grazie.

Un forte abbraccio.

Silvio Berlusconi

Roma, 1° aprile 2010