SIAMO MESSI PROPRIO MALE, MA LA SPERANZA E’ L’ULTIMA A MORIRE

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Siamo alla fine di un anno che di buono ci ha dato molto poco, fare un bilancio non è cosa facile, ma almeno qualche considerazione, anche alla luce di ciò che sta accadendo questi giorni, per chi ogni tanto si diletta (sic) a scrivere di politica, è quasi d’obbligo.

Mi sarebbe tanto piaciuto poter fare gli auguri in modo gioioso, parole spensierate, invito alla letizia. Come si può? Non me la sento di esprimere ottimismo, purtroppo, benché la speranza sia l’ultima a morire, sembra che ancora non si sia giunti a toccare quel fondo che dovrebbe darci la spinta per riemergere. Di una cosa però sono quasi certo, quel fondo ormai non può essere molto lontano. La speranza è che in quel “fondo” non vi sia melma che tenda a frenare la risalita.

Questa politica non ci offre grandi speranze, ne i partiti, ne lo stesso prof. Monti pare rendersene conto. A partire da oggi, sarebbe indispensabile una vera discontinuità con i vent’anni di questa seconda repubblica mai nata, sintonizzandoci con i cambiamenti avvenuti e in corso, chiedendo aiuto, anziché alla signora Merkel, agli scienziati ancora oggi ignorati. Invece cosa ci viene offerto con il voto di febbraio? Parole, solo parole, un fiume di parole e promesse al vento condite da analisi vecchie e superate, sostenute da metodologie che ricalcano schemi antiquati. La tristemente famosa “agenda Monti” non fa eccezioni , lo hanno dimostrato Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, che non sono gli ultimi venuti, nell’editoriale di giovedì scorso sul “Corriere della Sera” e forse l’”Osservatore Romano” dovrebbe meditarci sopra così come sulle critiche  alla “cura  Ue” firmate da una non esigua schiera di Premi Nobel per l’economia.

Il panorama  è desolante, questa è la verità. Il governo dei tecnici, sostiene il premier, ha salvato l’Italia. Sarà anche, ma non mi sembra abbiano torto coloro che affermano: ha distrutto gli italiani e aumentato enormemente le distanze tra poveri e ricchi. I numeri, purtroppo, sono di una chiarezza esemplare. Nei tredici mesi nei quali ha governato Mario Monti, il Pil è sceso in picchiata -2.5, la pressione fiscale, salita di quasi 3 punti, ha raggiunto livelli record, il debito pubblico è cresciuto di ben 82 miliardi e 700 milioni di euro, toccando il +4.4 rispetto al Pil, il potere d’acquisto delle famiglie è   sceso del 4.1%, i consumi privati del 3.4 la produzione industriale è a -6.2 , le compravendite immobiliari, grazie all’Imu, sono a -23.6, le vendite auto a -18%, la disoccupazione è al top e ci sono centinaia di migliaia di esodati senza stipendio o salario e senza pensione.

Si dirà: era necessario per salvare l’Italia. Molti esperti (anche Premi Nobel dell’economia) dicono di no e persino un grande estimatore di Monti come Eugenio Scalfari  aveva suggerito di attingere alla Cassa Depositi e Prestiti, che ha grandi risorse, una trentina di miliardi di euro per pagare, sia pure in parte, i debiti dello Stato nei confronti delle aziende creditrici, che debbono, ovviamente, pagare l’Iva sulle fatture e le tasse, su introiti inesistenti. Sarebbe stata una bella iniezione di liquidità sul mercato e, indirettamente, sulle famiglie, salvando non poche imprese e non pochi posti di lavoro.

Forse sarà solo demagogia o realtà l’affermazione fatta da una sindacalista nella trasmissione di Santoro: invece di dare 3 miliardi di euro alle banche si poteva evitare di porre l’Imu sulla prima casa, una tassa che ha bloccato il mercato del settore e gli investimenti nell’edilizia che, se non vado errato, è considerata ancora il volano dell’economia?

Vi risparmio le molte affermazioni critiche sugli eccessi di austerità imposti agli europei e quindi, addirittura con qualche carico da novanta, anche a  noi italiani. La storia dirà chi aveva ragione, ma la democrazia sospesa doveva tornare alla normalità, questo era stato detto. Mario Monti avrebbe dovuto farsi da parte, l’aveva detto e ripetuto, assumendo il ruolo di “riserva” utile al Paese. Invece ecco  trasformarsi in politico, scende in campo o no? Ci ha tenuti in sospeso, poi la decisione: lo fa a metà, “sale” in politica, ma non si candida, lui è già in Parlamento, senatore a vita, persino il Presidente Napolitano gli aveva pubblicamente detto che, per questo, non poteva candidarsi. Massimo D’Alema aveva, addirittura, tuonato: sarebbe immorale lo facesse. Così il professore ha lanciato la sua Agenda e chiamato a raccolta chi la condivide per sostenerlo, di nuovo, come premier. Di fatto: un generale che sta fuori dalla mischia, ma è disposto a guidare le sue truppe. Che sono, però, deboli e, se divise, presentano anche candidati non graditi. Da qui il tentativo di una lista unica  che avrebbe maggiori consensi, ma all’Udc non sta bene perché rischia di vedere esclusi anche suoi pezzi da novanta ,ad iniziare dal segretario Cesa, per finire con Gianfranco Fini. Questo il “giallo” dei montiani che, a breve, sarà sciolto: lista unica al Senato, liste divise alla Camera, e il professore non faccia troppo il sofista, accetti qualche esponente tipo Fini che il presidente delle Acli Andrea Oliviero non vorrebbe nella compagnia, ma gli sarà imposto e se lo dovrà sorbire.

Comunque sia, il centro non decolla, meno che mai senza Monti candidato, lo avrebbe detto a Scalfari lo stesso premier che non pare avere molta stima di Casini e Fini definiti “politici fin da ragazzi e la gente non sopporta più  i politici professionali. Si parla ormai di  esperti e di società civile. E questo che non fa decollare il Centro… un movimento della società civile forse li porterebbe i voti”.  Da qui le simpatie per Montezemolo e, soprattutto, l’insistenza di una lista unica per Monti premier valutata oggi  sul 18%. L’obiettivo è non far vincere nessuno al Senato ed è lo stesso di Silvio Berlusconi che ha ricompattato il Pdl, con poche e di poco conto, defezioni verso i montiani, e che alla fine potrebbe trovare un accordo con la Lega e la Destra di Storace sino ad avvicinarsi, pericolosamente per Bersani, ad  un PD che può perdere voti al centro e , forse, anche a sinistra vista la presenza degli “arancioni”, in particolare   con l’ex-Pm d’assalto Ingroia candidato premier. Se si aggiungono i grillini un po’ scesi nei sondaggi, ma pur sempre sul 15%, è facile prevedere che al Senato non ci saranno vincitori.

Questa è la speranza di Mario Monti che sa benissimo d’andare incontro ad una campagna elettorale durissima anche per le critiche che provengono, alla sua scesa in campo e al suo governo, da parte di personaggi non di sinistra né berlusconiani come Diego Della Valle. Mettete, poi, in conto che a gennaio verrà un’altra stangata per gli italiani con la  tassa che ingloba quella sui rifiuti e ne impone una nuova per i servizi dei Comuni, con chi se la prenderanno i cittadini già pesantemente tartassati dal fisco? Voglio dire che il premier con lista unica o liste separate sa che rischia di vedere assottigliarsi e non aumentare i voti e non può sperare, salvo sconvolgimenti imprevisti e imprevedibili, di essere il candidato premier (e lui lo è in modo indiretto) con più voti, al quale Napolitano, come ha dichiarato, darà per primo l’incarico di formare il nuovo governo. Bersani, lo sappiamo tutti, è in pole position per questo, anche se ho l’impressione che potrà essere insidiato dal candidato-premier di Pdl-Lega-La Destra che, a sorpresa(ma poi non tanto) potrebbe essere un personaggio noto ed esterno all’attuale ceto politico mentre Berlusconi, come chiede Maroni, fa il capo della coalizione, una specie di allenatore in campo. Lo scoglio del Senato, comunque, rimarrebbe ed ecco che la “riserva” dello Stato, scesa, pardon, salita in campo, spera di rimanere a Palazzo Chigi. Da qui il dialogo con i democratici e i facili veleni riservati a Berlusconi per favorire, dopo il voto,un’intesa di centrosinistra.

C’è da vedere, però, come la prenderà Bersani che già si vedeva premier e, comunque, un posto da superministro dell’Economia potrebbe offrire al professore, non vi pare? E’ una previsione da maligno? Può essere, ma in un caso o nell’altro vedo difficile mettere d’accordo Monti  non solo con Vendola, ma anche con quella parte dei bersaniani – tipo Fassina – che hanno negato, ieri, critiche al governo e che, oggi,  giudicano non ricevibile l’”agenda” del professore. Eppoi ve li immaginate un Fini e un Montezemolo insieme alla sinistra? Da qui la facile previsione che quella che sarebbe una nuova e più eterogenea edizione dell’Unione prodiana, quella che ci portò alle elezioni anticipate, non possa reggere molto, altro che “agenda Monti” con buona pace dell’articolista dell’”Osservatore Romano”, forse eccessivamente enfatizzato dai media visto che gli altri leader dei montiani amano tanto la famiglia da essere divorziati….

Sì, siamo messi proprio male e il panorama che abbiamo davanti è sconsolante. Agli elettori l’ardua sentenza. A voi elettori privati di una speranza che si era affacciata all’orizzonte e, forse, potrà concretizzarsi in un prossimo futuro.

Questa ipotesi è impersonata da un nuovo leader  rivelato dalle primarie del Pd, blindate per Bersani: il sindaco di Firenze Matteo Renzi. E’ giovane, ha le idee chiare , la sua formazione è cattolica, ha avuto il coraggio di esporsi e di esporre quei cento punti di un programma di discontinuità con il recente passato e usa un linguaggio che uno scienziato italiano come Rizzolati, consigliere di Obama e candidato al Nobel, potrebbe definire intuitivo o empatico.

Utopia? Forse, ma la speranza, fondata sulla fede, è l’ultima a morire.

AUGURI

 

AD ABBATTERE L’ULTIMO OSTACOLO TOCCA A MONTI

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Non sono mai stato un sostenitore di Monti e non lo sarò in futuro, ciò non toglie che questa mia, diciamo, antipatia per il professore mi impedisca di esprimere alcune mie idee su quella che ritengo sia l’evoluzione politica dei prossimi giorni.

In tempi non sospetti, nello scorso settembre, scrivevo sul mio blog:I professori, almeno ai tempi in cui la politica era una cosa seria, praticata da personalità di grande spessore, venivano chiamati a dare la loro illuminata consulenza, e poiché  su uno stesso problema la visione difficilmente collimava, il politico aveva la possibilità di trovare la giusta soluzione prendendo quanto di buono poteva trarre dalle proposte che gli venivano sottoposte, scartando il resto”. Approfondendo la mia analisi sulle varie possibilità, sulle diverse soluzioni per la fine legislatura, arrivavo alla conclusione: “Stando a quanto offre il panorama politico, senza dare nulla per scontato, che, che se dica, le alternative a Monti sono molto deboli. In uno stato di crisi globale come quello che si sta attraversando, non si intravvedono altre possibili soluzioni: nessuno dei leaders dei partiti concorrenti dispone di quei presupposti, indispensabili nella situazione a venire”. “Bersani vorrebbe ma, con quali presupposti? Ipotizziamo che abbia un risultato elettorale favorevole, con quali risorse affronterebbe quelle riforme sociali cui va sbandierando da sempre? La soluzione sarebbe aumentare le tasse, oppure aumentare il debito pubblico. La Comunità Europea manterrebbe il suo sostegno così faticosamente ottenuto da Monti? E se le elezioni le vincesse il PdL, Berlusconi potrebbe governare abbassando la pressione fiscale? Senza tener conto che il suo nome non è certo una garanzia per l’Europa.

Se Berlusconi vincesse le elezioni, cosa non improbabile con lui esposto in prima persona, dovrebbe essere lui stesso a proporre un Monti-bis, magari con una impronta più politica di quanto non lo sia ora, con ministri d’area. Politicamente sarebbe la mossa più azzeccata in quanto, con questa mossa renderebbe inevitabile la coalizione con Casini formando così un centro-destra solido al quale non potrebbe mancare l’appoggio dell’ultimo Napolitano e, forse, quella stessa coalizione potrebbe attrarre anche una sinistra depurata dalla sua estrema”.

A distanza di due mesi le cose sono arrivate al punto sopra descritto: c’è una variante. Rimango ancora nella mia convinzione che Berlusconi avrebbe potuto vincere le elezioni se si fosse deciso prima a dare la sua disponibilità alla candidatura al premierato o anche se avesse accettato di mettersi in gioco nelle primarie. Comunque, con i condizionali e con i se ed i ma, non si va da nessuna parte. Monti ha il pallino in mano e sta a lui decidere cosa vuol fare se mettersi nelle mani di Bersani, magari accettando qualche promessa che difficilmente verrà mantenuta, o mettersi a capo di un governo che avrebbe l’appoggio di tutta l’ala moderata, di una parte del PD che alla fine si scrollerebbe di dosso il peso di Vendola, dell’Europa ed oltre.  Ben si comprendono le resistenze di Monti, chi non le avrebbe? Berlusconi è abbastanza ingombrante, nessuno può disconoscerlo, ma, così come stanno le cose, forse parlare chiaro e dire apertamente che la sua accettazione è condizionata dalla uscita di scena del Cavaliere, credo sia la soluzione migliore. All’interno del PdL si è ormai creata la fronda contro il capo, e, poiché Berlusconi è persona intelligente, piuttosto che rimanere solo all’attacco come il famosissimo generale Custer, decida di ritirarsi a vita privata e godersi la sua meritata ‘pensione’ d’oro. Potrebbe farlo come gesto nobile nei confronti del suo Paese, per il partito che ha fondato e verso l’amico sempre stimato prof. Mario Monti.

 

IL PAPA SCOMUNICA IL CAVALIERE?

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Non senza meraviglia leggo su affaritaliani.it , un pezzo titolato: “Il Papa scomunica il Cavaliere. Monti uomo della provvidenza”. Secondo affaritaliani.it  la Cei è a favore del Monti bis. La conferma è arrivata ieri, quando il cardinale Angelo Bagnasco ha abbandonato Berlusconi: “Non si può mandare in malora i sacrifici di un anno”, ha detto. Oggi tocca al direttore dell’Osservatore Romano, il bertoniano Gian Maria Vian (vicinissimo al Papa), porre fine al feeling quasi ventennale tra prelati e Cavaliere e guardare a Bersani e Grillo. Il cattogiocattolo si è rotto nel 2009 col caso Boffo. E oggi la Chiesa non guarda più a Sua Emittenza. Con questa legge elettorale gli equilibri saranno incerti: governo a guida Bersani oppure grosse koalition con un Monti bis?”.

Se quanto riportato venisse confermato, non sarebbe certo cosa di poco conto: l’intromissione non solo della Chiesa italiana, ma peggio ancora quella di uno Stato estero nei confronti dello svolgimento di un dibattito democratico propedeutico a scelte politiche che investiranno a breve il nostro Paese. Non ci si venga a raccontare che nel passato, anche quello più recente, che sia stata la politica italiana a godere del privilegio dell’appoggio della clero. Se solo si facessero un po di calcoli fra il costo- benefici, la bilancia non penderebbe certo dalla parte della politica. E  questo vale in maniera allargata anche per l’oltre Tevere. Il Cardinal Bagnasco evidentemente ha fatto bene i suoi calcoli, forse, non sapendo come giustificare la posizione della     CEI sui nodi che verranno al pettine subito dopo una eventuale vittoria elettorale di  Bersani, ritiene che la patata bollente passi al PD direttamente e così quando verranno proposte quelle leggi che la Chiesa ha sempre avversato e per le quali, prima la DEMOCRAZIA CRISTIANA e poi Forza Italia ed il PdL hanno opposto una diga, il problema non si porrà e lo Stato potrà essere finalmente laico risparmiando pure quell’otto per mille, sommata ad un po di IMU, che in questo particolare momento farebbe tanto comodo alla povera gente italiana alla quale potrebbe essere risparmiata qualche, seppur piccola, infelicità fiscale.

Certo, a questo ci penserebbe Vendola per il quale, almeno da quel che è dato supporre, della scomunica potrebbe anche avere solo qualche minima se non nessuna preoccupazione.

Ma, forse affaritaliani.it,  ha preso un abbaglio e, domattina, il Cardinale farà una chiara dichiarazione che la Chiesa deve preoccuparsi delle anime ed ha poco tempo da dedicare alla politica italiana ed ai suoi problemi, dovendo pensare ad argomenti ben più complessi.

 



IL DILEMMA BERLUSCONI

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Non so se Berlusconi, alla fine deciderà di  scendere in campo o meno e, sinceramente la cosa mi lascia totalmente indifferente, di una cosa invece sono certo, con Monti sia le famiglie che le imprese italiane hanno peggiorato la loro situazione e di questo non vi è alcun dubbio. Berlusconi possiede la panacea per risolvere questo stato di fatto? Nessuno può dire: per quel che mi riguarda, ritengo sia molto difficile. Devo però constatare che Monti ha fallito. Un governo tecnico sostenuto da circa quattro quinti del Parlamento, non è riuscito ad incidere come tutti noi ci aspettavamo. E’ pur vero che oggi ci presentiamo diversamente ai nostri partners europei, ma, senza nulla togliere al prestigio di Monti, una buona mano gliela data la maggioranza quasi bulgara che lo sosteneva, inoltre vi è da considerare il cambiamento di clima che si è stabilizzato in Europa: la signora Merkel è sempre abbastanza forte, ma anche lei deve rispondere al proprio elettorato che sarà chiamato a decidere se riconfermarla o cambiare, tanto più che anche dalle sue parti si comincia a sentire una brezza di rallentamento economico.

Torniamo alle cose di casa nostra. Ormai ci troviamo di fronte tutte le nostre responsabilità: fra tre o quattro mesi dovremo andare ad esprimere il nostro voto: a sinistra Bersani, sicuro della sua vittoria almeno quanto lo era il suo omologo Occhetto una ventina di anni or sono, va avanti in coppia con Vendola e forse anche con Di Pietro; compito degli altri partiti è quello di ostacolargli la vittoria: vediamo chi può fermare questa corsa: l’ UDC di Casini con il suo centro? Cerchiamo di essere obiettivi, il centro, lo abbiamo imparato nelle elementari è quel piccolo nucleo, quel puntino che è equidistante dalla circonferenza e dal quale possono partire dei raggi che vanno ad occupare l’area del cerchio. In teoria sembrerebbe che tutto si diparte da esso, poi, in effetti, quei raggi vanno a determinare un’area la quale, dal loro distanziarsi fra loro si avrà una maggiore o minore occupazione di quell’area. Il puntino rimane li, al centro e, finchè rimane quello che è e non va ad occupare spazio attraverso i raggi, pur essendo importante, non sarà mai in grado di contrastare alcunché. Trascuro quei micro satelliti che gli girano attorno i quali addirittura vorrebbero andare ad occupare il puntino, inserendosi in qualche modo con la fantasia di ingrandire quel piccolo nucleo. Passiamo alla Lega: nei tempi d’oro della coalizione di centro- destra, ottenne il suo massimo splendore raggiungendo a malapena una percentuale a due cifre. Ora chi pensa che la vicenda Bossi non abbia recato danni di presenza si illude, sarei propenso a pensare che gli andrebbe bene se riuscisse a mantenere almeno il sessanta per cento del suo elettorato. A questo punto ci rimane il PdL: sfido chiunque a dimostrarmi che possa essere Alfano a smuovere quel quaranta per cento di voti che si sono collocato nell’area dell’astensione o che possano farlo coloro che lo attorniano, ed allora, cosa rimane? Berlusconi.

Chi ha interesse a che l’Italia non debba cedere ad una sinistra incerta è ovvio che si preoccupi, molti avevano sperato ed ancora sperano in uno spiraglio Monti, non quello attuale ma un Monti politico, all’interno o alla guida di uno schieramento moderato ed anche rispettoso della cultura cattolica, ma questo ancora non appare, pertanto, vista la grave carenza di uomini leader, la scesa in campo di Berlusconi, pur turandosi il naso, potrebbe essere la soluzione del meno peggio.

Certo la soluzione migliore sarebbe se nel PdL, tutti si mettessero  a remare nella stessa direzione, quel che è rimasto del Partito rimanesse compatto, Berlusconi lasciasse perdere le mire governative e si dedicasse a reclutare consensi guidando e rifondando il partito, nel contempo intraprendere una iniziativa indirizzata verso Monti o altro da indicare per la guida di un governo di moderati che si presenti con un programma di rigore ma anche e soprattutto di sviluppo non solo economico ma anche sociale, che si proponga di riportare il Paese nella giusta direzione, nel rispetto di tutte le Istituzioni che vivono nel rispetto del loro ruolo, riformando quelle che credono di poter occupare spazi che non gli competono.

La speranza è che ci sia ancora qualcuno che voglia pensare a questo nostro bel Paese collocandolo al di sopra di ogni interesse personale o di gruppo.

Oggi diventa indispensabile trovare la figura giusta, sia essa Berlusconi o chi altri, che abbia la capacità di competere con Bersani ma che, più che altro, riesca a muovere quella massa che ha deciso sino ad oggi di rimanere a guardare, in parte sfiduciata da quella classe politica che malgrado i brutti tempi che corrono, non è riuscita a compiere neppure qualche piccolo sacrificio personale.

Primarie PD – Oggi il giorno della verità

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Oggi si conclude l vicenda Bersani – Renzi. Che paura vi sia stata, non v’è dubbio, ad averla ‘viola’, i vertici del Pd arroccati su Pier Luigi Bersani. Per questo le primarie del primo turno erano state blindate per evitare che i delusi dal centro e dal centrodestra, ma non ancora elettori del centrosinistra tanto da iscriversi come tali nell’apposito albo per la presenza di Nichi Vendola, votassero il sindaco di Firenze.

Oggi la storia si ripete con il ballottaggio dove il segretario dei democratici qualche timore di perdere ce l’ha anche se dice, forse per esorcizzare una sconfitta, ”sarei un pollo  se a questo punto non vincessi, mentre non scommetterei un centesimo sulla vittoria di Renzi”. Come far play, tanto invocato da Bersani, non c’è male, ma se è così sicuro perché negare il voto a chi non era andato ai seggi al 1° turno se non porta una giustificazione come fosse uno scolaretto, oltretutto da dover essere approvata da giudici interni dimostratisi un po’ troppo di parte?

Il fatto è che una parte –  credo abbastanza consistente – dei delusi dal centro e dal centrodestra, astenutisi a causa di Vendola e di certi “sinistri” del Pd, tipo il responsabile economico,  potrebbe cambiare idea ora che si profila come non impossibile una vittoria di Renzi anche grazie al probabile appoggio di quell’elettorato d’opinione che ha scelto il governatore della Puglia. Direte: ma sono votanti d’estrema sinistra, come possono scegliere il “rottamatore”?

Possono farlo perché, con il voto a Vendola, hanno espresso non tanto una condivisione delle politiche vendoliane, ma un desiderio di cambiamento, di novità, di innovazione  proprio com’è nel programma del sindaco di Firenze che, inoltre, critica l’attuale classe dirigente e propone  soluzioni socialmente avanzate e di vera discontinuità con la guerra politica degli ultimi vent’anni.

In poche parole questi elettori tra il “nuovo” di Renzi e il “vecchio” (anche se per qualcuno “usato sicuro”) di Bersani sono indubbiamente portati a scegliere il primo. Lo sa bene il segretario del Pd che non riesce anche a farsi una ragione della vittoria del suo concorrente in regioni rosse come la Toscana e l’Umbria, dimenticando quel che ha detto il governatore toscano Rossi, secondo il quale l’affermazione del sindaco di Firenze è determinata dalla protesta nei confronti della nomenclatura regionale Pd schierata nel mantenere l’esistente.

Ho l’impressione che il vertice del Pd non si renda ben conto dell’effetto-Renzi sul partito che non godeva, come tutti gli altri, di buona salute. La presenza del sindaco di Firenze, il suo giovanile entusiasmo, la sua chiarezza nel dire quel che pensa e nel proporre le linee di un nuovo Stato e di una nuova società in linea con le novità intervenute e ancora in coso a livello globale  hanno portato una ventata d’aria nuova nella morta gora della politica italiana. E riacceso speranze in parte di quel 97% degli italiani che, secondo ripetuti sondaggi, non hanno più fiducia negli attuali partiti.

Così le primarie del centrosinistra non hanno fatto un flop, pur perdendo un milione di voti rispetto alle prime del 2005 che incoronarono Prodi e si sono attestate sui livelli di quelle del solo Pd che, due anni orsono, elessero Bersani segretario. Voglio dire che ,se è esagerato il trionfalismo dei vertici democratici per l’afflusso di votanti domenica scorsa, va riconosciuto che, in una fase di grave crisi dei partiti e della stessa politica, aver portato un buon numero di persone alle urne è, certo, fatto positivo.

Tutto vero, ma  credete, davvero, che se nelle prossime elezioni politiche a leader del centrodestra gli italiani trovassero un Pier Luigi Bersani, oltretutto alleato con Vendola (fatto aspramente criticato dal quotidiano dei vescovi italiani “Avvenire”, mettendo in crisi lo strano bersaniano cattolico Fioroni) il Pd potrebbe ottenere quella percentuale che,oggi, i sondaggi gli assegnano? E quel 40% di potenziali astenuti e incerti come reagirebbe? Ancora: e se il PdL ritrovasse quel motivo aggregante perso  da che  gli è venuto a mancare l’interessamento diretto di Berlusconi, l’alleanza sinistra-estrema sinistra difficilmente potrebbe vincere le elezioni e i renziani, accreditati oggi dal 12 al 25%, potrebbero rimanere in un partito spostato troppo a sinistra e che, probabilmente, sarà portato a penalizzarli in termini di candidati e, quindi, di eletti?

Su questo avrebbe dovuto meditare la nomenklatura Pd che ha tanto insistito a porre regole anti-Renzi. Su questo  dovrebbero meditare coloro che, oggi, partecipano al ballottaggio. Per la democrazia italiana, da democratizzare e ,quindi, rafforzare,  e per  creare un vero nuovo Stato auguriamoci lo facciano almeno i secondi.