LA VERA PARTITA E’ IL QUIRINALE – tutto il resto è melina

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Nel momento in cui scrivo non so ancora cosa farà il Capo dello Stato quando Bersani si recherà da lui per riferire sull’esito delle sue consultazioni. A tenor di logica –se ancora esiste una logica- Napolitano dovrebbe prendere atto che non è emersa alcuna possibilità di una maggioranza e pertanto, riprendersi il mandato per affidarlo ad altra personalità di sua fiducia che si presenti alle camere con un governo. Questo però è un altro capitolo che potrà essere esaminato al momento.

Che la posta principale non sia Palazzo Chigi, come sembra aver sempre creduto Bersani ,è ormai chiaro: la vera partita, è la presidenza della Repubblica. Qualsiasi  governo si faccia, infatti, non avrà lunga durata e molti protagonisti di oggi saranno costretti a fare un passo indietro, riaprendo tutti i giuochi. Cosa verrà dopo è ancora presto per dirlo.

Se dovessi fare una scommessa sul futuro, ad un anno,  punterei su Matteo Renzi, l’unica credibile novità di uno sconfortante panorama politico e l’unico, probabilmente, in grado di costruire un grande centro capace di allearsi con una sinistra riformista, dando al Paese un governo stabile. Tutto questo però prevederebbe un anno di tempo, forse anche due, per creare le condizioni: Pensare a Renzi nell’immediato si rischia di bruciarlo definitivamente, pertanto si potrebbe pensare a lui solo dopo una tornata elettorale.

Certo, non è una prospettiva facile da realizzarsi e presuppone, per prima cosa, la spaccattura del Pd alla quale stanno lavorando, senza saperlo, proprio Bersani ed i suoi fedelissimi. Parallelamente, deve ripetersi il passo indietro di Silvio Berlusconi, senza il quale i pidiellini non resisterebbero come è stato già dimostrato con la leadership di Alfano che aveva portato quel partito al 14%. Intendiamoci, il Cavaliere è sceso, nuovamente, in campo, probabilmente su invito esterno all’Italia, per bloccare, com’è avvenuto anche con il concorso dei grillini, quella che appariva una vittoria scontata dei democratici, ma non credo respingerebbe un autorevole suggerimento a farsi da parte con la certezza di non essere più perseguito da certi magistrati.

Nel frattempo ci dovranno essere dei passaggi obbligati. Un Governo che affronti quei quattro, cinque punti che consentano al Paese di poter respirare, poi, qualche riforma strutturale che non si limiti solo ad una nuova legge elettorale ma affronti anche altri temi come quello della riforma del Senato, l’elezione diretta del Capo dello Stato e, perché no, il riordino della giustizia. Mi si obietterà che queste sono cose troppo grandi per un Parlamento così fratturato: ebbene no, è proprio quando vi sono queste difficoltà che attraverso il confronto  si può decidere su temi fondamentali. Pensiamo per un attimo al passato quando fu eletta la Costituente, si era appena usciti da una guerra che aveva lacerato  la nazione, la politica era completamente fratturata ed i rischi di tornare ad una dittatura erano più verosimili di quanto oggi non appaia, ebbene, quell’Assemblea riuscì a fare una Costituzione che ancora oggi , seppur con la necessità di alcuni aggiornamenti, regge ed anzi viene considerata nei suoi fondamentali, fra le più belle del mondo. Ecco perché dico che questo  è il momento favorevole: nessun partito predomina, si può aprire una discussione che potrà essere pure aspra ma dalla quale potrebbe uscirne  una struttura forte, chiara, moderna.

Tutto questo, comunque, presuppone un Capo dello Stato di garanzia in grado di accompagnare questo inevitabile processo di trasformazione della politica italiana e, quindi, tale da consentire un deciso cambiamento in direzione di un nuovo sistema e di un nuovo Stato.

Dinnanzi ai nomi circolati in questi giorni per il Quirinale si ha solo l’impressione di proposte provocatorie e una conferma di Giorgio Napolitano, nonostante le sue resistenze, costituirebbe la migliore soluzione. Certo, non per tutto un settennato a causa dell’età, ma sino alla conclusione di un ciclo di non lungo periodo che porti al nuovo positivo scenario politico.

E’ utopia tutto questo?  Credo proprio di no, pur con eventuali varianti  dettate dal tempo in cui, come diceva Aldo Moro, c’è dato di vivere.

 

Un governo del presidente per salvare l’Italia

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Oggi è arrivato l’ultimo schiaffo ma Bersani sembra non sembra averlo ricevuto. Il movimento di Grillo non ci sta ad appoggiare un governo dei partiti e ribadisce la sua posizione condita da una serie di sberleffi conditi con qualche insulto lanciato dal suo blog e, il Pierluigi nazionale insiste nel perdere tempo  con assurda cocciutaggine. Pier Luigi Bersani,invece di prendere atto che non avrà una maggioranza e recarsi dal Capo dello Stato per rinunciare al mandato ricevuto e condizionato con molta chiarezza. No, il segretario Pd  insiste dopo aver inseguito, invano, i grillini che hanno continuato  dire no come lui ha sempre detto no al Pdl che propone un’intesa .

Addirittura pretenderebbe, come in tv ripetono i suoi fedelissimi , che Pdl e Lega dovrebbero fargli la cortesia non dico di astenersi sulla fiducia al Senato, lì sarebbero voti contrari, ma di andarsene via in ordine sparso e non tutti per evitare manchi il numero legale, in modo da abbassare il quorum e consentire al governicchio di centrosinistra di nascere. Poi per le riforme si può fare il bis  della sfortunata commissione parlamentare che ebbe come presidente Massimo D’Alema, il quale ora, conscio della situazione, rema contro Bersani.

Intendiamoci nel Pd solo i “giovani turchi della sinistra” fanno la voce grossa a difesa del segretario: o lui fa il governo o si va al voto, pronti – ho l’impressione – a cambiar registro dopo il fallimento per non essere coinvolti in una dèbacle che rischia di far saltare l’attuale classe dirigente e, addirittura, provocare una scissione. A contrastare la tesi: o Bersani a Palazzo Chigi o voto anticipato sono in molti tra i democratici, vi pare proprio normale che, stante le grave difficoltà dell’attuale situazione politica, fossero assenti, per precedenti impegni, personaggi come D’Alema, Renzi e Veltroni all’ultima Direzione, che non poteva far altro, dopo brevissima discussione, che confermare la linea bersaniana per evitare l’accusa di sabotare il presidente incaricato?

Una linea votata anche da chi, come ad esempio il leader degli ex-popolari Fioroni,è favorevole ad una soluzione B negata da Bersani e, cioè, un governo del Presidente. Stessa posizione dei renziani ,dei dalemiani, dei veltroniani e di Marco Follini.

Se avete avuto occasione di  vedere,Porta a Porta  avrete notato il grande imbarazzo della Finocchiaro, “rottamata” dal leader Pd e sostituita dal suo vice di ieri Zanda, antiberlusconiano feroce,  quale presidente dei senatori. Alle insistente e ripetute domande di Alfano, del conduttore Bruno Vespa e dei giornalisti su cosa farà il suo partito se il tentativo di Bersani fallisse, come tutto fa prevedere, la senatrice non ha potuto o voluto  rispondere, insistendo sul presunto senso di responsabilità di Pdl e Lega che dovrebbero consentire la nascita del governo bersaniano, ritornello ripetuto da altri esponenti democratici in altre trasmissioni tv di ieri sera. Un ritornello, però, di scarsa efficacia per le facili repliche dei vari interlocutori (compresi anche altri giornalisti non certo berlusconiani)  con il risultato di portare altri consensi al Pdl.

Per la verità non mi è affatto piaciuto, a “Porta a porta”, l’insistenza di Alfano nel proporre quasi uno scambio (dateci il presidente della Repubblica e noi consentiremo la nascita del vostro governo) o la sua arroganza dinnanzi alle risposte negative sulla grande coalizione ed a quelle inevitabilmente criptiche sul Quirinale (allora andiamo al voto anticipato: tutti i sondaggi dicono che vincere il centro-destra), dimenticando che le previsioni si son dimostrate fallimentari perché gli italiani non dicono più la verità quando vengono chieste le preferenze politiche  come ben sanno gli attuali politici.

In sostanza, questo continuare ad essere in campagna elettorale  peggiora  tutti i dati già negativi  e cresce ogni giorno di più la disperazione di milioni di famiglie  con il rischio di provocare violenza. Credo che Bersani l’abbia toccato direttamente nella consultazioni con le forze sociali e con singoli personaggi e dovrebbe aver compreso che non funziona il suo doppio binario : via libera, in qualche modo, al suo governo in cambio di una nuova commissione bicamerale per le riforme. Né può sperare che grazie a qualche transfuga grillino e ad altre manovre e manovrette della peggiore politica possa ottenere la maggioranza al Senato. Se al Capo dello Stato non porta dati certi in proposito difficilmente verrà mandato alle Camere. Non dimentichiamo che Bersani ha un mandato esplorativo, non un mandato pieno. Né credo possa trovare consistenza la voce, forse artatamente messa in giro, che il segretario del Pd è pronto a fare un passo indietro, offrendo all’accordo con i grillini l’accordo su un altro candidato premier, magari scelto fuori dai partiti. Da qualificati ambienti democratici l’ipotesi, riportata da “Il Fatto”, è stata prontamente smentita, ma che se ne sia parlato dimostra la gran confusione che circola nel partito di maggioranza relativa  grazie a quella “legge porcata” che si critica a parole, ma che poi piace ai leader perché così impongono più facilmente parlamentari fidati.

Sono, comunque, convinto che non si possa andare alle elezioni anticipate  ed è certo che una soluzione verrà trovata da  Giorgio Napolitano  che non può più sciogliere le Camere e per il nuovo voto bisognerebbe attendere l’elezione (dal 15 aprile ) del nuovo Capo dello Stato (perché non lo stesso Napolitano che fatto il governo di scopo potrebbe poi dimettersi?) .

Giovedì Bersani, avrebbe dovuto concludere le sue consultazioni, avrebbe potuto farlo se non avesse perso tempo a consultare gente che nulla aveva ed ha a che fare con la crisi in atto, come Saviano e don Ciotti ed altri il cui parere i piacerebbe conoscere, andrà così venerdi a riferire al Quirinale e, probabilmente, nonostante le tenti tutte non potrà che chiedere di essere mandato alle Camere per tentare di trovare, per strada, i voti necessari al Senato, magari giocando sul fatto che nessuno si suicida senza motivo e per i parlamentari appena eletti andare subito a casa non è una bella prospettiva.

Il Presidente della Repubblica difficilmente potrà acconsentire ad una tale richiesta che manderebbe comunque a casa l’attuale governo  sostituito da uno che andrebbe incontro ad una sonora bocciatura a Palazzo Madama. E non ci sarebbe terra bruciata come spera Bersani per ripresentarsi subito  e senza altre primarie come candidato premier, magari con un’alleanza con Scelta Civica, sperando di aver la maggioranza. Sì, perché i parlamentari delle due maggiori coalizioni e i montiani sanno bene che esiste una soluzione B  e sarebbe difficile per il Pd non dare la fiducia ad un governo mettiamo del Presidente del Senato (ricordate i governi balneari della “prima repubblica”?) con ministri d’alto profilo e tale da riscuotere il sì del Pdl e di Scelta Civica .

Sarebbe un esecutivo che la fantasia politica definisce di scopo, cioè affrontare l’emergenza economica, ridando respiro a famiglie e aziende ,abbassare l’Imu, rivedere la riforma Fornero, cambiare la legge elettorale, tagliare drasticamente le spese della politica e verificare la possibilità d’una qualche riforma.

Tra i punti del Pd e quelli del Pdl non esistono sostanziali differenze e l’intesa sulle cose concrete sarebbe, certamente, più facile da raggiungere di quella politica che vive ancora su assurdi apriorismi. Sì, sarà un Governo del Presidente  a salvare l’Italia, costringendo i partiti ad avere, tutti, senso di responsabilità.

 

FRANCESCO: CON PAROLE SUE – “non dobiamo aver paura della bontà”

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L’omelia fatta ieri da Papa Francesco non ha bisogno di commenti e tanto meno dei miei, e non ne ha bisogno non solo per la semplicità del linguaggio, ma perché, come vasi comunicanti, come una trasfusione diretta passa dal suo cuore al nostro cuore di credenti e non.

 Per questo, per rendere un piccolissimo omaggio alla sua persona, ho voluto riportare, il testo integrale del suo discorso, sottolineando quei periodi che hanno maggiormente colpito la mia mente imprimendosi nel mio cuore

 “Cari fratelli e sorelle!
Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale:
è una coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomastico del mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera, piena di affetto e di riconoscenza.


Con affetto saluto i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici. Ringrazio per la loro presenza i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti della comunità ebraica e di altre comunità religiose. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Capi di Stato e di Governo, alle Delegazioni ufficiali di tanti Paesi del mondo e al Corpo Diplomatico.

Abbiamo ascoltato nel Vangelo che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II: «San Giuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa è figura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1).

Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e con amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù.

Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge.

In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo.

E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!

E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna.

Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!

E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!

Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire! Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi speranza.

Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio.

Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!

Chiedo l’intercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinché lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate per me! Amen.

Papa Francesco”

GLI APPELLI DI NAPOLITANO NON TROVANO SPONDA IN BERSANI

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“Non dividetevi in fazioni contrapposte”, ”ritroviamo il senso dell’unità necessaria. Unità, volontà di riscatto, voglia di fare e stare insieme nell’interesse generale” ha ripetuto Giorgio Napolitano, E questo per affrontare i problemi di fondo come l’”economia che non cresce”, “la disoccupazione che aumenta e dilaga tra i giovani“, ”il Mezzogiorno che resta indietro”, cambiare “quel che non va nello Stato nelle istituzioni, nella politica e che chiede, da tempo, d’essere riformato”.

Con queste  parole Giorgio Napolitano continua a raccomandare ai responsabili della nostra politica in queste giornate di grandi incertezze e di molte preoccupazioni per la grave situazione di crisi che sta andando sempre avanti. Un continuo richiamo alla responsabilità, nel momento in cui su Cipro si sta per abbattere la più grave calamità finanziaria che si possa abbattere su una nazione: il prelievo forzoso sui conti correnti bancari, con il rischio di contagio anche per noi.

Cosa sta facendo la nostra politica per arginare questo rischio? Pier Luigi Bersani, colui che dispone dell’iniziativa, gioca alla roulette del potere, e lo fa sulla pelle degli italiani, rischiando quella russa, ossia il suicidio politico.

La scelta di forzare la mano ed eleggere alla  presidenza delle Camere due personaggi del centrosinistra, certo persone degne, ma molto caratterizzate a sinistra soprattutto a Montecitorio, costituisce una sfida che rende sempre più stretta la strada del leader del Pd verso Palazzo Chigi. E qualcuno parla di “boomerang” perché all’interno dei democratici c’è chi potrebbe chiedere – e lo fa già Civati – di applicare il “metodo Grasso” anche per la presidenza del Consiglio nel caso Bersani fallisse come appare probabile, in sostanza una soluzione C con un altro candidato premier, mettiamo un Rodotà. Ossia una figura “che piaccia a Pd e 5 Stelle”.

Ho l’impressione che, dopo quel che è accaduto al Senato,con la pattuglietta di “franchi tiratori” grillini,  sarebbe difficile  veder esprimere un voto  di fiducia dei 5 Stelle ad un governo espresso, comunque, dal Pd.

La verità è che la “mossa intelligente” di Bersani (definizione di Veltroni probabilmente per la gioia dell’indiretto siluro lanciato all’ipotesi berlusconiana di D’Alema al Quirinale) ha scatenato una serie di conseguenze negative.

La prima e la più vistosa è stata la reazione di Grillo ai 12 e passa “franchi tiratori”del suo movimento, alcuni dei quali si sono affrettati a dire, come il  laziale Vacchiano, “ non darò la fiducia al Pd”.  Se, in sostanza il leader democratico ha ritenuto di aprire una breccia nei grillini ha commesso un grave errore.

La seconda ha coinvolto l’interno del partito , deludendo i sostenitori dell’ipotesi B, quella di una accordo con il Pdl, rilanciata da Alfano – voto ad un governo Bersani e presidenza della repubblica ad un moderato – .  E, inoltre, spazzando via l’intesa che si stava delineando nelle segrete stanze della politica con un governo del Presidente e Massimo D’Alema al Quirinale. Per non parlare, infine, dei renziani che hanno, sì, elogiato, non potendo fare altro, la personalità dei due nuovi presidenti del Parlamento, ma che vedono anche la scelta di elezioni anticipate a stretto giro di posta con ancora primarie bloccate per ripresentare Bersani, magari alleato dei montiani sì da tentare di prendere la maggioranza anche al Senato, dimenticando che, forse, potrebbero perdere anche quella della Camera già risicatissima in termini di voti e ottenuta solo grazie a quelli della SVP, non certo un partito di sinistra.

Un’altra conseguenza è quella d’aver deluso le attese di un big di “scelta Civica” come  Lorenzo Dellai, bloccato quale presidente della Camera da Monti, a sua volta stoppato per la presidenza del Senato dal Capo dello Stato, con il risultato che tra i montiani è guerra aperta e in molti iniziano ad avere subbi sul leader che pensa solo a se stesso. Proprio Dellai è stato esplicito: “Io ho investito in questo progetto e lui si è comportato solo per i suoi scopi personali”, tradotto dal politichese: per cercare di andare al Quirinale e sulla strada non ha voluto nessun altro della sua parte. Pensate che è persino andato ad offrire il voto, al Senato, per Schifani in cambio del pass per il Colle, pass ovviamente rifiutato.

Il risultato, comunque,è che il giocare bersaniano su due sponde – grillini e montiani – per poi fare il pieno politico  in casa propria per la seconda e terza carica dello Stato, ha reso ancor più complicata una situazione già incandescente. Logico, quindi, si faccia strada l’idea che il leader Pd voglia andare ad elezioni anticipate, visto il no di Grillo ad un governo guidato da Bersani e, dunque, la possibilità di avere una maggioranza anche al Senato, il rifiuto della maggioranza dei  democratici di trattare con il Pdl (famosa ipotesi B) o di cambiare cavallo (ipotesi C di Civati).

Né va sottovalutata la contrarietà che la “roulette del potere “sta provocando nel Capo dello Stato che, si dice, abbia avuto una lunga telefonata chiarificatrice con Bersani, ma non pare possa aver gradito il nuovo no (niente accordi privati né scambi indecenti con il Pdl) all’offerta di Alfano.

In questa ingarbugliata situazione, forse, solo la  rielezione dell’attuale Capo dello Stato, positivo riferimento per gli italiani, potrebbe indurre tutti a più miti consigli. A mettere  cioè, una buona volta, nel dimenticatoio gli interessi di parte, ammesso che il suicidio politico lo siano, per far finalmente prevalere quelli generali. Passata la tempesta, tornato un po’ di sereno, cambiata anche una pessima legge elettorale, Napolitano probabilmente riterrebbe d’aver concluso la sua nuova fatica  e, allora sì, con un nuovo Presidente della Repubblica e l’attuazione di riforme condivise un ritorno alle urne potrebbe essere non solo indolore, ma addirittura utile per dare al Paese un governo stabile ed una maggioranza realmente coesa.

 

 

 

 

LA POLITICA SI INSULTA MENTRE IL SANTO PADRE INVITA ALLA MISERICORDIA E AL PERDONO

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Il Santo Padre invita alla misericordia e al perdono, la Signora Annunziata, dai microfoni della RAI dice al Segretario del PdL Alfano “voi siete impresentabili”, Grillo  attacca il PD:  “Bersani &c sono impresentabili

Tre diverse affermazioni: quelle della politica nostrana danno un senso al clima di sfascio e rancori che covano dentro gli animi: le parole del Papa, un profondo invito al perdono. Peccato che quell’invito al perdono abbia poco ascolto in certi ambienti, eppure le parole del Pontefice dovrebbero far molto riflettere perché pronunciate da un Uomo che di crisi ne sa qualcosa e ben sa dove porta e in quale stato verremmo a trovarci se continuiamo con gli insulti anziché trovare una qualsiasi formula che ci aiuti a tirarci fuori dai guai. E’ tempo di porre fine alle diatribe, sarebbe ora di smetterla.

Già è stato commesso uno strappo da parte del PD a voler nominare i presidenti delle Camere a dispetto dei santi, ben sapendo che quell’atto avrebbe complicato il futuro per la composizione del Governo, ma non è il caso di continuare a tirare quella corda che è ormai al limite. Non serve a nulla quel falso tono trionfalistico e, tanto meno quella spocchia che chiunque si intenda un po di politica, sa bene che nasconde uno stato di debolezza.

Bersani non può insistere con una  chiusura aprioristica: non esiste un piano B alla proposta di un suo governo. Che non ha maggioranza al Senato e l’insistente corte ai grillini trova sempre risposte irriverenti. Beppe Grillo con un post sul suo blog dice: “Le cariche alla Camera e al Senato sono archiviate, dureranno lo spazio di una legislatura che si annuncia breve”, esordisce Grillo: “Il pdmenoelle ha giocato l’unica carta che gli e’ rimasta, quella della ‘foglia di fico’. Franceschini e la Finocchiaro erano indigeribili per chiunque, anche per gli iscritti. Boldrini e Grasso continuano cosi’ la linea gia’ tracciata da Doria e Ambrosoli. E’ fantastico! I parlamentari del pdmenoelle non riescono a esprimere un loro candidato. Non si fidano di se’ stessi, soprattutto di se’ stessi. Sanno di essere impresentabili e quindi devono presentare sempre qualcun altro. Per loro ci vuole un po’ di conservatorismo compassionevole”.

L’impressione è che Bersani ed i suoi fedelissimi siano ormai sull’orlo di una crisi di nervi dopo la doccia fredda di una vittoria elettorale che ritenevano certa e, poi, dissoltasi come neve al sole con l’aggiunta di avere il fiato sul collo di un nemico (che per essi è tale, quindi non un semplice avversario) come  Silvio Berlusconi. Si spiegano, così, le performances televisive o le interviste sui giornali dei giovani inviati bersaniani, malati di antiberlusconismo viscerale(facendo così un favore al Cavaliere) e fieramente anti-renziani. Credo che il sindaco di Firenze provochi sogni agitati a questi esponenti se addirittura si dice in modo esplicito (Fassina) e indiretto (Bersani) che è un sabotatore, capace di danneggiare il Pd in un momento molto delicato.

Il fatto è che Renzi è popolare: nell’ultima puntata di “Ballarò” un sondaggio, per quel che può valere, l’ha messo in testa alle preferenze degli italiani come premier, precedendo di molti punti gli appaiati Bersani e Berlusconi. Immaginatevi l’ira di chi, tra i democratici, lo critica aspramente.

Sempre in tema di sondaggi mi pare significativo il fatto che se si andasse alle elezioni anticipate  con l’attuale indegna legge elettorale la situazione non cambierebbe con Bersani candidato premier del Pd con il centro-sinistra quasi appaiati e i 5 Stelle sotto seppur in lieve aumento. Intendiamoci , ho l’impressione che il risultato sarebbe diverso anche perché gli errori che la sinistra continua a commettere nei confronti di Berlusconi giovano al Cavaliere che nel ruolo di vittima aumenta i voti, certo sempreché non venga eliminato dalla scena politica o per una condanna o per una decisione di illegittimità che fosse decisa dai senatori vista la richiesta grillina.

Tutto questo, mentre i problemi si aggravano, la povertà aumenta ad un ritmo impressionante, un giovane su 4 non trova lavoro e non studia, il Pil è calato di ben il 2,4%, i mutui e i prestiti non pagati sono giunti a 38 miliardi di euro, le aziende non individuali protestate sono state l’anno scorso 47 mila, le piccole, medie e grandi imprese chiuse sono decine e decine di migliaia, i suicidi di imprenditori falliti o di disperati senza futuro non fanno più notizia, mentre il fisco ci ha preso, nel 2912, 424 miliardi di euro  con l’Imu, Iva, accisse e Robin Tax.  E ora ci attende un’altra stangata con la prima rata di giugno dell’IMU (11,6 miliardi di euro), con gli aumenti del 13,3% delle addizionali  comunali e regionali, con la nuova tassa rifiuti et alia, cioè la Tares vedi l’acconto di luglio pari a 4 miliardi di euro  e c’è, infine, da considerare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% altra botta negativa sui consumi già depressi come testimonia il calo di entrate per l’Iva l’anno scorso. Mi fermo qui perché in tutta questa ridda di miliardi che dobbiamo pagare noi cittadini c’è da perdere la testa anche perché la spesa pubblica, nonostante tante promesse, è sempre troppo alta e gli sprechi gridano vendetta, i tagli alla politica, non enormi in termini di milioni di euro, ma molto significativi, sono ancora nel libro dei sogni e il debito pubblico continua a salire, sempre più su, vero professor Monti

Dinnanzi a queste vere e proprie emergenze sociali ci saremmo attesi di non veder proseguire la campagna elettorale, non vi pare? Invece, questa classe politica, che forse non si rende conto di essere arrivata alla fase finale,continua con i vecchi giochetti, privilegiando i presunti interessi di parte. Presunti perché non vedo quale possa essere l’interesse ad autodistruggersi, avendo oltretutto quasi la consapevolezza che i grillini siano un mezzo per richiamare all’ordine i partiti, non la soluzione.

Per nostra fortuna al Quirinale c’è un uomo come Giorgio Napolitano. Si, per fortuna abbiamo un personaggio di tale caratura al Quirinale. La speranza è che, come ha scritto De Bortoli direttore del “Corriere della Sera”, prevalga in Parlamento la saggezza e i “grandi elettori” lo confermino  sul Colle. Anche i “5 Stelle” potrebbero votarlo, dando un segnale importante. Grillo, difeso da Napolitano per gli attacchi   insensati del leder socialista tedesco, commentò: “ l’ho sentito come mio presidente”. Mi sembra un ottimo precedente.

Il 15 aprile è vicino, probabilmente sarà fallito il tentativo di Bersani, dettato più da un’errata cocciutaggine che da vero senso politico (solo Renzi avrebbe una qualche probabilità di successo). Con la rielezione dell’attuale Presidente della Repubblica  e nonostante il suo ripetere di non volerla, s’aprirebbe una fase più costruttiva. E forse il prestigio di un Capo dello Stato, considerato dalla grande maggioranza degli italiani un positivo punto di riferimento, potrebbe salvarci da immediate elezioni anticipate.

Ritornano le parole del Papa “pregate per me”. Noi speriamo nella sua preghiera verso lo Spirito Santo, quello Spirito stesso che ha illuminato la mente e la mano degli Eminentissimi Cardinali che lo hanno eletto, perché discenda ad illuminare anche le menti dei nostri governanti.

giustus

QUELL’UOMO CHE VIENE DALLA “FINE DEL MONDO”

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Siamo stati tutti “attaccati” al televisore in attesa di vedere le fumate che avrebbero annunciato l’elezione del nuovo Papa, seguendo le cronache che vaticanisti e monsignori ci propinavano e tutti ci parlavano delle possibilità che aveva questo o quel Cardinale e dove avrebbe reperito i voti necessari per la sua elezione. Nessuno ha mai espresso il nome del Cardinale Bergoglio, Lui non era fra i papabili ma, poi è intervenuto colui che è sempre presente e guida la mano e le menti degli elettori del Conclave, lo Spirito Santo, smentendo tutte le previsioni, regalandoci quel Papa, che pochi ricordavano e che nessuno aveva neppure inserito tra gli outsiders, che viene dall’Argentina, dalla “fine del mondo”. Siamo rimasti tutti sorpresi all’annuncio, dopo la tradizionale fumata bianca com’era nella notte dei tempi a dispetto di tutte le innovazioni tecnologiche.

Persino Lui, Jorge Maria Bergoglio, nella sua veste bianca che i sarti vaticani avevano preparato per altri, ossia per coloro ritenuti papabili, è apparso stupito lì, affacciato alla storica finestra, forse ha avvertito il peso della grande responsabilità, della sfida di rinnovare una Chiesa scossa da troppe polemiche. Quella chiesa che desiderebbe “povera per essere vicina ai poveri”, che,  a suo giudizio, dovrebbe rinunciare alla ricchezze e scendere in mezzo alla gente. Sembrava quasi bloccato immobile com’era, senza un gesto, un sorriso, mentre i fedeli applaudivano in festa lì in Piazza San Pietro. Poi, con quella sua disarmante semplicità, s’è rivolto alla gran folla presente e ai milioni di telespettatori con un “Fratelli e sorelle buona sera “come fosse l’amico che incontri per strada. Gli ha risposto un boato, un entusiasmo irrefrenabile. E Lui a dire che cardinali avevano scelto quale Vescovo di Roma” una persona venuta da “un altro mondo”.

Con queste poche parole Papa Francesco s’è conquistato la simpatia, l’affetto dei fedeli, ma credo abbia creato pensieri in chi non vuole il rinnovamento della Chiesa e in chi si arricchisce con le operazioni finanziarie e, spesso, provoca disoccupazione, povertà.

Abbiamo, infatti, il Papa degli umili, degli ultimi, dei disereditati, dei poveri. Un Papa che non risparmia critiche, talvolta anche durissime, ai potenti, a certi politici, agli affaristi, a tutti coloro che sfruttano il potere per arricchirsi ed umiliano la dignità di altri uomini.

Nella scelta del nome, Francesco, c’è tutta la storia di Jorge Maria Bergolio, il suo essere gesuita, quindi, anche uomo di cultura, quindi il riferimento a Francesco Saverio, ma anche uomo fortemente impegnato sul piano sociale, sempre accanto poveri, capace di andare in bicicletta verso una Chiesa di Buenos Aires per impartire comunioni, quindi nella pratica anche francescano ed è proprio  il poverello di Assisi che ha ispirato il suo nome quel Santo che ha tanto amato tutto il creato.

Il nostro Papa Francesco, conosce bene cosa siano le difficoltà economiche, la difficile vita degli immigrati, essendo suo nonno andato in Argentina dal natìo astigiano (il cardinal Bergoglio tornava spesso ad Asti a trovare i cugini). Sa come sia aspra, talvolta, la strada per trovare un lavoro, lui giovane perito chimico che aveva anche una fidanzata e, forse, anche il sogno di farsi una famiglia. Poi l’incontro con Dio, la vocazione a 33 anni, i gesuiti che lo accolgono nelle loro fila e lo fanno studiare. E, sempre, quel suo essere accanto ai poveri, a chi lotta per la sopravvivenza.

La sua umiltà, il suo fracescanismo, la sua costante spinta alla fraternità non gli hanno impedito  di essere ben radicato nei valori irrinunciabili, nella difesa della vita, della famiglia.In questa direzione sbaglia chi si attende grandi novità, non credo possa essere annoverato tra gli innovatori. Sul resto, sì, quasi un rivoluzionario per taluni per la sua critica al clericalismo, all’individualismo, a ridurre i valori in ideologie.

Monsignor Paglia, che ben lo conosce, ha detto a chiare lettere che Papa Francesco è una svolta epocale per la Chiesa come, per altri aspetti, lo fu Papa Woytjla, perché “sbaraglierà molti schematismi”. E perché la sua grande spiritualità, la sua umiltà non gli impediscono d’essere forte nel governare. E lo è  anche, a mio avviso, perché conosce la vita reale (non a caso è tifoso di calcio e gli piace addirittura il tango) e  applica il Vangelo, non preoccupandosi delle critiche o delle ire dei potenti (il partito al potere in Argentina non lo ama affatto come, invece, quasi lo venerano gli argentini).

E’ un Papa che rinnoverà profondamente la Chiesa, ricreando un clima spirituale che era parso attenuarsi molto, angosciando il predecessore che sarà al suo fianco con la preghiera e, forse, anche con il suo consiglio.

Giovanni Paolo II° ci disse “non abbiate paura”, Benedetto XV° “abbiate fiducia”, Francesco, mettendo al centro di tutto il Cristo Gesù, oggi, sembra dirci “ abbiate speranza”. La speranza, cioè, che questo mondo, attraversato da una crisi epocale, può e deve migliorare.  Un invito a tutti a cercare nella spiritualità e nella preghiera il bene dell’Anima.

 

BERSANI INSISTE E GRILLO CONFERMA IL NO. I vecchi metodi non pagano più

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Credo non sia sfuggito a nessuno lo stato di crisi perdurante nel nostro Paese, frutto di una nostra antica eredità consolidata dalla disastrosa politica economica pan germanica messa in pratica da Monti. Cosa ci aspetta a brevissimo termine? Una pioggia di nuove tasse: cioè una ventina di miliardi, forse più che meno.

Ad aggravare ulteriormente questa situazione  ci sta pensando quel signore che dice di aver vinto le elezioni ma non è in grado di governare: si tratta di quel Pierluigi Bersani che incoscientemente si è abbarbicato al tralcio della vecchia politica, sostenendo gli interessi di bottega più che quelli degli italiani. In questo vecchio metodo viene spalleggiato da gran parte del Pd, “giovani turchi” compresi, incapaci di leggere la realtà. Mettete in conto anche un Monti, sempre più allo sbando, convinto che solo le elezioni anticipate e un’alleanza con il Pd possa rilanciarlo in orbita, magari contrattando, per il momento, la presidenza del Senato. Vecchi giochetti e vecchie illusioni alle spalle di un Paese ormai allo stremo.

In tutto questo non  si tengono in conto tre importanti fattori. Il primo: i grillini che aumentano i consensi, crescendo nel Paese gli anti-partito visto che quelli esistenti non sarebbero riusciti a dare un governo. Il secondo: siamo proprio sicuri che i pm d’assalto  riusciranno a mettere fuori scena Silvio Berlusconi che secondo recenti sondaggi  potrebbe addirittura far diventare il centro-destra il primo partito alla Camera, sempre se rimasse l’attuale obbrobrio di legge, cosa possibilissima se non si riuscisse a formare un gverno. Il terzo e più importante: se  si arrivasse all’elezione del Capo dello Stato dal 15 aprile a Camere riunite senza un nuovo governo è proprio fantapolitica ritenere che, con un po di buon senso, i parlamentari decidessero di rivotare proprio il riluttante Giorgio Napolitano? Una rielezione di Napolitano, non solo per il Paese ma anche nei confronti dei tanti osservatori, rappresenterebbe “un punto fermo”, un “riferimento certo” in una crisi politica difficilissima. Sarebbe lui “a decidere quando verrà il momento, anche dopo pochi mesi, di dimettersi”. Ovviamente dopo aver dato al Paese un governo, ossia “il governo del Presidente” per assumere provvedimenti d’urgenza per dare respiro alle famiglie italiane, cambiare la legge elettorale, fare alcune riforme indilazionabili comprese quelle della politica, ossia taglio dei parlamentari, dei consiglieri regionali, delle provincie, trasformazione del Senato per evitare l’attuale doppia lettura delle leggi.

Per il momento tutto questo pare solo un sogno perché l’insistenza di Bersani a pretendere l’incarico di formare il governo rischia di far saltare il banco. Perchè esclude qualsiasi piano B (ossia un governo diverso) con un “o io o il diluvio” delle lezioni anticipate. Così il segretario del Pd si è trovato  in rotta di collisione con il Capo dello Stato che giustamente parla di nebbie in Val Politica. Lo è anche, all’interno dei democratici, con Matteo Renzi che  è uscito dal suo riserbo, parlando in TV nella trasmissione di Fazio e non in direzione. Lui avrebbe preferito “ascoltare i parlamentari neoeletti invece della riunione dello stesso organismo di quattro anni fa”: “Io – ha significativamente detto – sono abbastanza allergico alle formazioni politiche tradizionali. Sono per un partito bello , una comunità di persone, non un partito che fa le riunioni come fossero terapie di gruppo.”

Se non è, questa, una dura critica agli attuali big del partito ditemi voi cos’è. E se aggiungete la sua ironia sull’inseguimento ai parlamentari grillini (“spero che lo scilipitismo non diventi una caccia al grillino”), il nono punto – abolizione del finanziamento pubblico- aggiunto agli otto bersaniani, le nuove primarie per scegliere il premier se Bersani non ce la farà(“io non sono molto ottimista”) ed avrete la prova che nel Pd ormai c’è l’alternativa all’attuale classe dirigente. Che non intende affatto mollare. Prima un’intervista anti-renziana dai toni durissimi del braccio destro di Bersani, il sinistrorso responsabile economico  Fassina (“Renzi mostra scarso rispetto per la comunità di cui fa parte e cavalca spregiudicatamente l’antipolitica, provando a ridicolizzare il Pd in una situazione certamente difficile”); poi un comunicato ufficiale per  dire che il tema del finanziamento pubblico c’è negli otto punti. Infine l’accusa di qualche bersaniano di inseguire i grillini sul loro terreno , sposando la tesi di abolire il finanziamento pubblico, dimenticando – questi critici – che Renzi il tema l’aveva inserito nel programma delle primarie.

Non v’ha dubbio che l’attuale classe dirigente democratica ha il fiato corto e se perde Bersani  perderanno anche loro, spazzati via dal nuovo. Da qui una strenua quanto probabilmente inutile difesa. Perché nel fortino PD aumentano le crepe e oltre agli ex-popolari  anche qualche big, in primis Veltroni, vede in Renzi un vero leader capace di guidare il partito fuori dalle secche bersaniane o per meglio dire ex-Pci.

La partita interna, in sostanza, è aperta. Quella del governo cozza, invece, contro il muro dei 5 Stelle. Appelli di intellettuali di sinistra, mediatori, offerte di posti ad iniziare dalla presidenza del Senato, contatti con singoli parlamentari, qualcuno parla di tentativi (per ora clamorosamente falliti) di nuova compravendita, roboanti dichiarazioni, ora mielose, ora minacciose, di Bersani  tutto pare inutile. Grillo s’è proprio scocciato e reagisce duramente .dicendo che se il Movimento aprisse a Bersani lui lascerebbe la politica. Stessa battuta del guru  Casaleggio. E a dare una mano ai due ecco un premio Nobel per la letteratura, ossia un’icona della sinistra come Dario Fo: “Le strade sono due: o il governo si affida ai 5 Stelle o si torna a votare. E perderanno”.

A tagliar corto su voci e speranze bersaniane anche i due capigruppo grillini; nessuno ha proposto un’alleanza con il Pd e sul web coloro che la sostengono – e sono una minoranza- sono elettori del Pd, non dei 5 Stelle. Un vero e proprio de profundis, quindi, per chi continua a ritenere possibile un voto di fiducia a Bersani presidente del Consiglio. Un’insistenza questa che rischia di portare solo al disastro. A meno che il Parlamento eviti l’”intasamento” istituzionale e , dando ascolto al direttore del “Corriere della Sera” , non rielegga al Quirinale Giorgio Napolitano che potrebbe sbrogliare l’ingarbugliata matassa politica con un governo del Presidente, formato da altissime personalità, e a missione compiuta andarsene a casa come vorrebbe fare il 15 aprile. A 87 anni è comprensibile, ma il sacrificio, utile al Paese, sarebbe di breve durata, magari per lasciare il posto, mettiamo, ad uno scienziato, non ad un politico di antico o recente corso.