Il rischio calcolato di Matteo Renzi

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Si sta concludendo la settimana politica, una delle più intense della storia della Repubblica.

Gli avvenimenti: La conclusione della “Leopolda” con tutte le polemiche e i messaggi a distanza che si sono succeduti; la grande parata della CGIL che ha decretato il rilancio di una Camusso che sembrava ormai al suo crepuscolo; l’intervento della Polizia sulle teste  e sullka schiena dei lavoratori della FIOM dello stabilimento Acciai Speciali di Terni, con la reazione esasperata di Landini.

Alla Leopolda il Premier aveva apostrofato il sindacato della Camusso, collocandolo alla sua preistorica posizione. I sindacati, dice Renzi, devono colloquire con le imprese, non con il Governo. E’ con loro che devono tutelare gli interessi dei lavoratori, in quella sede possono rinnovare i contratti, stabilire nuove regole a vantaggio dei lavoratori, promuovere nuove formule per creare le condizioni di nuovi posti di lavoro. Le leggi non si decidono con i sindacati, sono una prerogative del Parlamento.

All’affermazione di Renzi, forte del successo della manifestazione romana, risponde la Camusso accusando il Presidente del Consiglio di essere espressione dei poteri forti.

Landini che credeva di aver scavalcato in popolarità la Camusso e già si preparava a sostituirla, visto la rimonta ha pensato giusto di porsi in testa a quei cinquecento metalmeccanici di Terni, in predicato di licenziamento, nella manifestazione romana. Mai avrebbe immaginato che la sua popolarità potesse tornare in prima fila così in fretta, è stata una realtà tragica a rimettere le cose in pari. L’intervento, forse improvvido, delle Forze dell’ordine con i manganelli, hanno esasperato la situazione, costringendo il Ministro dell?interno ad intervenire in Parlamento e li, seppur prudentemente, prendere una posizione di equidistanza dall’operato della Polizia.

Questo è il clima che ci trova al termine di questa settimana. Non si deve trascurare che, a contorno di tutti questi avvenimenti rimane la posizione assunta dalla sinistra Dem che pur assicurando che non vi sarà alcuna scissione nel Partito, se non vi saranno mutamenti di rotta, non voteranno la Legge di stabilità.

Comunque sia, Renzi ha motivo di essere soddisfatto perché così ha raggiunto uno dei suoi obiettivi : spaccare il Pd e porre l basi di quel “partito della nazione”( da lui esplicitamente annunciato), ossia della versione moderna della DC che Aldo Moro aveva, di portare ad esserlo grazie all’accordo non politico, ma programmatico parlamentare con il Pci di Enrico Berlinguer.

Ovviamente oggi, le condizioni sono diverse, non esistono, per fortuna e nonostante la drammatica crisi economico-sociale, le “brigate rosse”, non a caso intersecate con quelle “nere”, e la Cgil ed i potenziali-probabili scissionisti Pd garantiscono non solo la tenuta democratica, ma anche un’opposizione capace di controllare la maggioranza di governo per allontare qualsiasi tentazione di autoritarismo. La presenza, inoltre, accanto agli ex-dc alla Guerini (vice-segretario) e Del Rio ( sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), di una parte della sinistra dem convertitasi al renzismo,  ad iniziare dai “giovani turchi” e per finire all’ex-disse Debora Serracchiani, consentirà di caratterizzare il “partito della nazione” . Che costituirà, di fatto, una sintesi tra Alcide De Gasperi ( richiamato , non a caso a Bruxelles, da Renzi insieme ad Adenauer ), che definì la Dc un partito di centro che guardava a sinistra, cioè alla socialità, alla solidarietà, all’uguaglianza di diritti e doveri. ,

Era parso, comunque a taluni commentatori che il premier non avesse, per il momento, affondato i colpi, quando, alla Leopolda, edizione governativa,aveva detto “A San Giovanni c’era una piazza bella e importante da ascoltare: Ci confronteremo, poi andremo avanti”. E ancora : “ Sono due anime diverse, ma rispettabili, un grande partito ha opinioni diverse.” Ed anche il vice-segretario Guerini aveva gettato acqua sul fuoco sostenendo che “ non esistono due partiti distinti. Con il confronto troveremo l’intesa.”

In effetti, in piazza San Giovanni, però, venivano usate parole durissime , più che un possibile dialogo è sembrato un dictak : o il governo cambia politica economica o sarà opposizione dura. L’aveva detto la Camusso : “se qualcuno pensa che questa manifestazione sia una fiammata si sbaglia e non si illuda che basterà chiedere la fiducia in Parlamento:Perché noi ci siamo e ci saremo ancora: Anche il segretario della Fiom Maurizio Landini, ex-amico di Renzi e che molti vedono come leader di una nuova sinistra, aveva chiosato : “questo corteo è solo l’inizio, con noi dovranno fare i conti”.

Renzi non poteva far finta di nulla ed allora ha indossato l’elmetto e giù lancia in resta contro la Cgil e i suoi oppositori interni. Innanzitutto un chiaro: ”Io non mollo . Su job Act e Legge di stabilità vado avanti”.

Ovviamente gli oppositori non stanno zitti, Cuperlo ripete che loro vogliono stare nel Pd e migliorarlo, la scissione sarebbe responsabilità di Renzi”, mentre la Camusso sostiene: ”sul posto fisso Renzi non sa di cosa parla e mi pare abbia un problema lui : non saper maneggiare la memoria come cosa positiva anche per imparare rispetto al futuro.” Siamo, in sostanza, alla resa dei conti tra i Dem, cioè tra quelli che Cazzullo definisce “due mondi separati che non si riconoscono e non si appartengono più”. A Roma i lavoratori, gli esodati,i giovani disoccupati, la gente che gremiva le Case del Popolo e continua a sventolare le bandiere rosse, a cantare “Bella ciao”;  a Firenze, alla Leopolda, importanti imprenditori italiani, come al solito il finanziere David Serra che vorrebbe limitare lo sciopero degli statali e si prende un “no” deciso del sottosegretario Del Rio.

Ma Renzi prosegue per la sua strada: sbaglia chi ignora il “patto del Nazareno” ed i suoi segreti veri e presunti, come elezioni anticipate a fine febbraio, la Finocchiaro al Quirinale per due anni, il tempo, cioè di varare la repubblica presidenziale alla francese, lasciare, poi, il passo a Renzi (ha detto che non farà più di due mandati a Palazzo Chigi) dopo aver lanciato il “partito della nazione”, assorbendo un centro e una Forza Italia con un Berlusconi fattosi da parte.

La sfida renziana, quindi, è diversa da come qualcuno la presenta , il rischio è calcolato . Ed è una sfida che coinvolge anche questa oppressiva Unione Europea e la sua moneta unica che crea solo forti diseguaglianze tra i Paesi comunitari.

giustusblog

Novembre di fuoco per Renzi e il Governo

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Gli spifferi, portati dai venti oltre-oceanici, fanno scendere il barometro di Renzi e del suo governo probabile tempesta per l’imminente novembre. Il nostro premier va avanti come un treno,non accetta suggerimenti, consigli interessati o no, non tratta sulla legge di stabilità con i sindacati (“è giustissimo che il sindacato tratti, ma tratta con gli imprenditori per salvare posti di lavoro, non fa trattative con il governo, le leggi non si scrivono con i sindacati,ma in Parlamento”), non crede alla scissione del Pd (“sarebbe il colmo”), esclude elezioni anticipate e sostiene che il Patto del Nazareno “è da sette mesi in Parlamento”. E vuole che in Italia, grazie alla nuova legge elettorale, si realizzi il “modello più vicino a quello dei due partiti, il centrosinistra e il centrodestra, chiamiamolo all’americana, evitando la degenerazione “ dei partitini. Tutto questo è quanto ha detto in Tv dalla Gruber su La7. Sull’Ue aveva già sparato da Bruxelles dopo il Consiglio europeo: “a volte ci sono discussioni che farebbero diventare euroscettici Adenauer e De Gasperi, ma non ci fermiamo dinnanzi a nessuno….il problema resta la burocrazia e la tecnocrazia… Io voglio fare sul serio a costo di pubblicare gli sprechi di Bruxelles e fargliele vedere delle belle”. Ed ancora : “le resistenze burocratiche sono più forti di quanto si immagini, sono sempre loro , i mandarini, che non vogliono che nulla accada. Occorre scardinare questo blocco.”

Se aggiungete , in Italia, l’ira degli statali per gli stipendi bloccati, i disoccupati, gli esodati, le partite Iva sempre più in difficoltà e molte costrette ad arrendersi, i magistrati sul piede di guerre, sindacati forze dell’ordine,militari,,avvocati e alti burocrati idem, forze dell’ordine con sempre minori risorse ,i giovani senza prospettive con una disoccupazione dilagante, il Sud “desertificato” come ha indicato un recentissimo rapporto, povertà in costante aumento e potrei proseguire con questa drammatica litania, beh !, è ovvio dire che Renzi s’è fatto molti nemici. Sì, avrà anche molto onore come dice un vecchio proverbio, ma rischia anche molto, non vi pare ?

Il premier, comunque, non molla e novembre s’annuncia per lui un mese terribile . Ci sono i minacciosi spifferi oltre-oceanici , dettati anche dalla delusione nei confronti di un personaggio che non sa o non vuole stare al giuoco e spariglia ogni volta le carte. Ma, dove vuole arrivare? Ci sono, egualmente minacciosi su un altro piano, le dichiarazioni della minoranza Pd :” è Renzi che provoca, è lui che vuole la rottura, la scissione” , “ se non cambia jobs Act e Legge di stabilità non voteremo i provvedimenti”. Reggerà, per questo, il governo con, solo al Senato, dove i numeri sono già risicatissimi , ma anche alla Camera dove Civati Fassina, Cuperlo e D’Attorre hanno un certo seguito ? E se fosse necessario verrebbe il soccorso berlusconiano?

Sono interrogativi che presto avranno risposte che ci diranno se ha ragione o no l’ex-sottosegretario all’Economia, Fassina , per il quale Renzi cerca “la rottura per cacciare non tanto un pezzetto del gruppo parlamentare quando piuttosto per allontanare una parte fondamentale del Pd e trasformare il partito in subalterno all’establishement . Inoltre “ cerca un incidente per giustificare le elezioni anticipate” , ossia quel voto (ufficialmente negato) nell’ultima domenica di febbraio che avrebbe concordato con Silvio Berlusconi nel Patto del Nazareno. Per arrivarci, comunque, il premier deve superare le forche caudine di novembre quando può accadere tutto e il contrario. .

giustusblog.it

IL VIALE DEL TRAMONTO (Una storia tutta fantasia)

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Ieri, grande giornata. Abbiamo appreso da agenzie, radio, tv e quanti mezzi di comunicazione e informazione, lo scoop del momento: “ Berlusconi non si ritira dalla vita politica”. Dice lui: “Chi ha pensato che io mi ritirassi non mi conosce”. In molti lo conoscevano.

Se fossi cattivo, ma non lo sono, anche perchè sono da sempre stato convinto che mai avrebbe mollato, aggiungerei: “lui non si ritira ma, forse sarebbe bene ‘ritirarlo’: Poichè in me non vi è alcun malanimo nei confronti dell’ex “tante cose”, penso solo che, quando si intravvede un lungo viale di platani in autunno, quando le foglie cadono formando un lieve tappeto che attutisce il rumore dei passi, per chi ha raggiunto il momento della riflessione, è bene affrontare quel viale con serinità e percorrerlo guardando verso ovest, dove si vede il sole all’orizzonte.

Questo è quanto consigliano dei buoni figli al loro padre che tanto ha lavorato e tanto a dato e quindi è arrivato il momento giusto per il meritato riposo.

O Dio, la presenza del padre è e rimane necessaria, sono tanti i proverbi che richiamano quella presenza: la trasmissione dell’esperienza, un consiglio, un incoraggiamento, insomma, che la figura del padre non venga mai a mancare, purchè sia “emerito”.

L’eredità: lasciamo da parte quella venale, per quella morale, quando un padre sente che è giunto o sta per giungere il momento di “lasciare”, pensa sempre che a subbentrargli debba essere il figlio maggiore perchè solo lui può mantenere l’unità della famiglia, ma, non sa se lui ha fatto tutto per trasmettergli quanto avrebbe dovuto. Si guarda attorno, fa un esame di se stesso, si rende conto con enorme rammarico e delusione che, purtroppo, per megalomania, per onnipotenza, per mancanza di tempo, non ha propriamente compiuto aquesto suo compito.  Non può lasciare ad alcuno quel che si era prefisso, quello di creare qualcuno a sua immagine. Cosa fare? sopraggiunge una amara riflessione: Il “fallimento”, seppur personale, bisogna evitarlo, il danno sarebbe irreparabile, pensa lui, forse è più opportuno rinviare il percorso sul morbido tappeto di foglie di platano giacenti sul lungo viale che punta ad ovest. In fondo gli eredi possono attendere, chissà,  nel frattempo qualcosa può mutare.

Questo è quel che pensa il buon padre che non si arrende alle forze che ormai stanno scemando. I figli che ormai pensavano di poter mettere le mani sull’eredità che gli spetta, delusi, non gli riconoscono più l’autorità, si sentono defraudati e se ne vanno per strade diverse lasciandolo solo, abbandonato a combattere la sua ultima battaglia. La nave affonda ma lui non vuole rendersene conto, con tenacia tenta, con le poche forze che gli sono rimaste, di tamponare le falle, ma inesorabilmente sente che sta affondando in un mare piatto e profondo da dove, difficilmente, verranno a galla i ricordi ed il passato .

giustus

 

QUALE PD: DELLA NAZIONE, INCLUSIVO O UNICO?

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Nei giorni scorsi, a margine della Direzione del suo Partito, Renzi ha detto che il suo partito lo vorrebbe “inclusivo”, cioè aperto sia a sinistra, ed ha citato Gennaro Migliore, che a destra, indicando Andrea Romano che, non a caso ha lasciato Scelta Civica, ormai in disarmo.

Credo, per quanto andavo scrivendo in miei precedenti editoriali pubblicati sul mio blog, in molti mi abbiano preso, quanto meno, per visionario. Ad avermi portato in quella direzione non è stata sfera di cristallo o la lettura

dei tarocchi, direi che seguendo le evoluzioni di alcuni esponenti politici ed i loro comportamenti e qualche attento commentatore mi sono, convinto giorno dopo giorno che la soluzione di quella equazione non poteva che portare a quell’uno virgola qualche frazione di unità.

Il rischio di “Partito Nazionale” è quanto mai imminente ed immanente. Attenzione, questo non vuol dire “Partito Unico” che è ben altra cosa. Il partito nazionale, in questo momento, può essere rappresentato solo da Matteo Renzi, se saprà e vorrà raccogliere certi segnali che indicano tempi ormai maturi per raccoglierne i frutti.

Lo scenario politico del nostro Paese è in continua evoluzione in modo sempre più evidente. I sondaggi ultimi ci danno un PD il crescita -dobbiamo prendere atto che oggi il PD è Renzi-; Forza Italia, da qualche settimana, è in caduta libera; il Movimento 5 Stelle, terminato il momento di grande espansione, sta gradualmente rientrando nei valori fisiologici che rappresentano valori contenuti (15 – 18%); la Lega di Salvini, cavalcando la protesta, sta erodendo sempre di più il movimento di Grillo, infatti, nei sondaggi cresce in egual misura di quanto i pentastellati perdono. Gli altri, per ora non contano. Se questi ultimi vorranno sopravvivere, dovranno, gioco forza, confluire nei partiti maggiori sopra citati altrimenti rischierebbero di non avere rappresentanza parlamentare, visto che la nuova legge elettorale, ove non vi fossero grandi mutamenti, sembra indirizzata verso un sistema proporzionale con sbarramento alle liste, del 4%.

Con questo non sto preconizzando una dittatura. Nel futuro del nostro Paese vi sarà ancora la presenza di forze contrapposte che potranno, nel tempo e con il tempo, alternarsi sulla base di programmi, idee e valori. In sostanza, se si arrivasse ad una eventuale, anche se immediatamente poco probabile, ad una debacle di Forza Italia, vi è sempre la possibilità che nasca un nuovo soggetto politico a vocazione maggioritaria rappresentato da una parte di conservatori liberali, moderati che non riconoscono in Renzi la loro rappresentanza.

Tutte le ipotesi hanno, secondo il mio modo di vedere, un punto debole: il tempo.

Perchè tutte le tessere del puzzle trovino la loro collocazione, credo sia indispensabile andare quanto prima ad elezioni. L’ascesa del partito del Premier non è infinita, in questo momento la sua popolarità sta raggiungendo il massimo, se vuole attestarsi su una posizione di governabilità, deve bloccare la posizione e questo può farlo solo attraverso una affermazione elettorale che vedrebbe il PD di Renzi attestarsi su una previsione di circa il 45% che, in ragione di una legge elettorale proporzionale, lo vedrebbe costretto ad una alleanza, prevedibilmente, con ciò che rimarrebbe di Forza Italia.

Il ricorso a breve alle elezioni avrebbe il vantaggio per il partito del Premier di ridurre al minimo ad eventuali nuovi soggetti politici la possibilità di organizzarsi prima che egli stesso entri nella fase fisiologica del logoramento.

Il futuro prossimo ci dirà se la mia analisi sarà storia o fantasia.

giustus

 

PAPA FRANCESCO PROSEGUE LA RIVOLUZIONE DELLA CHIESA

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Quanto sta avvenendo nel “nostro” mondo laico -i sindaci che registrano allo Stato civile matrimoni omosessuali, Berlusconi che riceve Luxuria, qualche improvvido conduttore rimprovera Renzi, lanciandogli l’accusa di essersi lasciato scavalcare dal Papa- mi ha indotto alla curiosità di approfondire quanto è avvenuto in sede sinodale, su un argomento così delicato e mai veramente affrontato pubblicamente da un Organo così importante della Chiesa.

Una rivoluzione, iniziata con i gesti, le parole e gli atti da Papa Francesco,seguendo le tracce di Benedetto XVI°, sta proseguendo, trasformando la Chiesa cattolica. Che apre le proprie porte ed accoglie, così, la sfida tra dottrina e vita, tra fede e società moderna. E’, inoltre, una Chiesa che sfugge –come ha detto il Pontefice nell’intervento conclusivo e non previsto del Sinodo straordinario dei Vescovi- alla tentazione “degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosìddetti tradizionalisti e anche degli intellettualismi”; a “trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli, i malati”; a “ trascurare il depositum fide, considerandosi non custodi, ma proprietari e padroni”. In sostanza, una “Chiesa che non si vergogna dei fratelli caduti e non fa finta di non vederli”, “che non ha paura di mangiare e bere con le prostitute e i pubblicani.., che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti, non solo i giusti e coloro che credono d’essere perfetti”.

Sono, queste, parole che pesano, inusuali in un Papa e tali da influire sul dibattito che, per un anno, si svilupperà tra i cattolici in tutto il mondo in vista del Sinodo ordinario che sulla base di tale dibattito e delle conclusioni di quello straordinario appena concluso dovrà “trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e alle innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare e dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie”.

Su punti particolarmente delicati, come, ad esempio, la comunione ai divorziati e i gay il dibattito sinodale è stato, certo, della “massima trasparenza, piena libertà d’espressione, fino a manifestare anche dure contrapposizioni. E’ stata non una scommessa ma un’intuizione profetica di Papa Francesco, non solo lasciare che tutti i vescovi parlassero con ordine e coerenza, ma sollecitarli al confronto, favorire l’approfondimento, la discussione “come ha scritto il priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi. Logico, quindi, si delineasse, poi, sui punti più controversi, quelli che ho citato prima, una maggioranza ed una minoranza . E poiché quella maggioranza non è stata, ad esclusione di un caso, qualificata, spetterà, ora, all’”anno di lavori per maturare, con vero discernimento pastorale, le idee proposte”.

Ad esempio sulle famiglie gay “non esiste fondamento alcuno ‘per assimilarle’ al disegno di Dio sul matrimonio”, ma “gli omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza”. Il futuro confronto dovrà dire come. La minoranza ha detto no con 62 voti e la maggioranza si’ con 118

Sulla comunione ai divorziati 104 si’ e 74 no all’affrontare la questione e per “un’accoglienza non generalizzata alla mensa ecclesiastica”, dunque prevale la tendenza ad ammettere chi è sinceramente pentito anche se si è risposato. Sullo stesso tema ci si é trovati dinnanzi al dilemma: i divorziati “possono ricorrere a una comunione spirituale” e “perché allora non possono accedere a quella sacramentale?”. Ne è uscita la proporzione “viene sollecitato un approfondimento” che, votata, ha registrato 122 sì e 64 no. In 155, ossia la maggioranza qualificata, e 19 contrari sulla significativa proposizione : “le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitano ogni linguaggio che li faccia sentire discriminati e promuovendo la loro partecipazione alla vita della comunità”. E’, questo, un significativo passo avanti e la minoranza si è notevolmente assottigliata.

Certo, rimane sui divorziati risposati l’opposizione esplicita di autorevoli cardinali come l’arcivescovo di Bologna Carfagna, l’ex-capo del Sant’Uffizio Mùller, il prefetto della segnatura apostolica Burke, i cardinali De Paolis e Baudmiller che oltre ad aver presentato un loro documento sono anche andati a trovare il Papa emerito Ratzinger per tentare di convincerlo delle loro tesi e, quindi, ad intervenire su Papa Francesco. Missione fallita anche perché il capofila degli innovatori, il cardinale Walter Kasper è strettamente collegato a Benedetto XVI° che concorda con le impostazioni del suo successore, al quale avrebbe anche inviato un biglietto dopo l’incontro con i cinque cardinali ritenuti conservatori.

Comunque sia, tutto avviene alla luce del sole in un confronto aperto, erroneamente interpretato dagli osservatori esterni con una mentalità che prescinde dai fatti di Chiesa. E Papa Francesco l’ha fatto notare: “Tanrti commentatori hanno immaginato una Chiesa in lite, dove una parte contro l’altra, dubitando perfino dello Spirito Santo, il vero promotore e garante dell’unità e dell’amicizia nella Chiesa. Lo Spirito Santo che lungo la storia ha sempre condotti la barca, attraverso i suoi ministri, anche quando il mare era contrario e mosso e i ministri infedeli e peccatori”.

Credo abbia ragione il Vescovo di Roma venuto-come disse lui –da” un Paese falla fine del mondo”: lui è la conferma che lo Spirito Santo sa scegliere bene. Non a caso la Chiesa cattolica d’oggi si sta rafforzando, profondamente rinnovandosi.

SIAMO AL “TUTTI CONTRO TUTTI” – LA RIVOLTA DELLE REGIONI

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Siamo, ormai, allo sfascio istituzionale, al “tutti contro tutti” , non era mai capitato che una “legge di stabilità”, come si chiama oggi la legge di bilancio, provocasse una clamorosa instabilità con i presidenti delle regioni( ad esclusione del lucano Pitella ) decisi come un sol uomo a far la guerra al governo. E c’è come il veneto Luca Zaia che annuncia di ricorrere alla Corte Costituzionale perché la manovra economica, con quei 4 miliardi di tagli costringerebbe le regioni, anche quelle virtuose, ad aumentare le tasse e ridurre le prestazioni sanitarie.

Che si debba arrivare alla riduzione delle “prestazioni sanitarie”, mi sembra assurdo sul piano pratico. Ha ragione Renzi, almeno in questo, le prestazioni sanitarie non devono essere messe in discussione, è sufficiente mettere mano agli sprechi. Credo che un qualsiasi manager degno di questo nome, farebbe poca fatica a trovare spese inutili se non gonfiate, pure il quelle regioni cosiddette virtuose e questo con buona pace dell’ottimo governatore  del Veneto, Zaia. E vorrei aggiungere che in Regione non vi sono solo ASL e sanità. Forse uno sguardo più accurato potrebbe trovare altri punti dei quali il cittadino farebbe volentieri a meno: pensiamo un attimo a quelle società mangiasoldi che non servono a nulla e costano un’infinità, oppure a qualche ente e, perchè no, la regione potrebbe dare uno sguardo ai comuni che, poi, tanto virtuosi non sono. Insomma, con uno sguardo accurato si potrebbe produrre qualche risultato significativo.

La cosa più strana è che, guarda caso, I più duri, oltretutto, sono proprio i presidenti con targa Pd come il laziale Zingaretti per il quale Renzi si fa bello “con i soldi degli altri” e, come ,soprattutto, il piemontese Sergio Chiamparino che non solo è presidente della Conferenza delle Regioni, ma anche renziano e proprio con il premier ha avuto un pesante scambio di battute.

Era stato, appunto, Chiamparino ad aprire le ostilità dicendo: “La manovra è insostenibile a meno di non incidere sulla spesa sanitaria e compensare con nuove entrate”, ossia nuove tasse, minacciando di dimettersi se fosse stato costretto a farlo. A stretto giro di web Matteo Renzi rispondeva a brutto muso: “Comincino dai loro sprechi anziché minacciare di tagliare le tasse”. Poi dichiarava: ”La protesta delle Regioni è inaccettabile, al limite delle provocazioni. ”Immediata la replica del suo compagno di partito e amico ( ex ?) Chiamparino: ”Le parole di Renzi sono offensive perché ognuno deve guardare ai suoi sprechi e mi chiedo: nei ministeri forse non ce ne sono?”

Né credo abbia aiutato a rasserenare almeno un po’ la situazione la dichiarazione del ministro dell’Economia Padoan “spetta a loro decidere” in risposta ad un giornalista che gli aveva chiesto: ma ora le Regioni aumenteranno le tasse?

Il presidente Napoletano ha cercato, invano, di calmare le acque, mettendo in risalto gli aspetti positivi della manovra, mentre i consensi di Confindustria e Confartigianato per i nuovi interventi sull’Irap hanno acuito ancor più la posizione dei sindacati con Landini big della Fiom a dire :”la manovra è una follia”, che è, nella sostanza, anche il giudizio, pur espresso con termini più soft, da un esponente della sinistra dem come Fassina, facendo presagire tempi difficili per il governo al Senato, considerato il netto no alla manovra di big della sinistra dem e da parte di tutte le opposizioni, compresa Forza Italia che, con la prospettiva elettorale, ha messo in atto la sceneggiata di una critica dura al governo per raccogliere più voti e rendere più salda la futura “grande coalizione”.

La marcia verso il voto anticipato è, dunque, iniziata e sembra trionfare il “patto del Nazareno”, con i suoi segreti (si fa per dire) compresa la elezione al Quirinale di un donna, mettiamo per ipotesi la Finocchiaro che ,varata dl nuovo Parlamento la repubblica presidenziale alla francese, probabilmente in due anni, poi si dimetterebbe, lasciando il campo libero a Matteo Renzi. Dico sembra perché le incognite non mancano. Le variabili potrebbero essere: prima, quella più pericolosa per l’attuale premier, rappresentata da un eventuale accordo Della Valle-Marchini, con aggregazioni varie, ad iniziare dalla federazione di movimenti costituita attorno ai Democristiani. Un gruppo del genere, infatti, se si coagulasse, potrebbe costituire addirittura una sorpresa elettorale, con il proporzionale, e in particolare potrebbe essere decisiva per la costituzione della maggioranza al Senato; la seconda l’eventuale crollo verticale di Forza Italia. Credo che la maggioranza del partito di Berlusconi non non sia disposta ad accettare le novità dettate dalle donne del Capo  e avvallate da Dudù, pertanto mi sento di dire che: “mala tempora currunt”.

Il mio vuole essere solo un esempio, ma la strada del “patto del Nazareno”, se potrà avere ancora un significato dopo le eventuali elezioni, è costellata da trabocchetti e molte insidie e può avere risultati imprevedibili. Auguriamoci ch siano, comunque, nell’interesse di un Paese chiamato Italia.

giustus

IL PARTITO “MODERNO” DI MATTEO RENZI

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Scrivevo ieri sul mio blog (giustusblog.it), interpretando le parole di Lucia Annunziata, di u Renzi proiettato verso un grande partito, somigliante alla vecchia DC rivista e corretta. Non ero il solo: anche Massimo Gramellini de La Stampa ed Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, hanno fissato la loro attenzione verso quella direzione.

Il primo, Massimo Gramellini, scrive:  “in Italia è rimasto un solo partito “. E spiega che “non è di sinistra.Si chiama ancora Pd , ma è già la versione moderna, senza tessere né sacrestie, della Democrazia Cristiana, la balena interclassista che tutti criticavano e però votavano.” Di fatto “il partito unico di Matteo”, ovvio Matteo Renzi.

Per Antonio Polito  il premier ha addirittura esautorato il Parlamento e l’attuale è un governo extra-parlamentare con il leader che  “trasferisce sempre più il potere legislativo all’Esecutivo”  e  moltiplica “ i luoghi di decisione  politica esterni al Parlamento”  . Saremmo, quindi, ad una sorta di post-democrazia  perché quella vera “non è soltanto decisione, ma anche e soprattutto  potere di controllare il potere. Ogni giorno e non solo una volta ogni 5 anni.”

Sono, queste, due versioni  di una stessa convinzione : Matteo Renzi   non lascia spazio agli avversari, drena tutti i voti possibili , sinistra estrema a parte, cambia , di fatto e con leggi, la Costituzione, creando, quindi, tutti i presupposti di una Repubblica presidenziale. Gramellini e Polito non lo dicono esplicitamente, ma è significativo che l’ex-senatore Pd ( cioè Polito)  sostenga che   negli stati Uniti “i parlamentari hanno una incomparabile possibilità di condizionare le scelte dell’esecutivo”, ossia del Presidente.

Mi pare  che  i due autorevoli commentatori abbiano, forse un pò esagerato nelle loro opinioni che pur contengono qualche verità.

Renzi, probabilmente, aspira non dico al “partito unico”, impossibile  a realizzarsi , ma certo al “partito della nazione”, fortemente maggioritario , e ad una Repubblica Presidenziale che lo veda al vertice, ma è ancora lontano da quegli obiettivi.

Torno a dire che non v’ha dubbio che ci proverà, andando , per prima cosa, al voto anticipato ,nell’ultima settimana di febbraio, con la legge elettorale emersa dalla sentenza della Corte Costituzionale , quindi sistema proporzionale, sbarramento al 4%  e nessun premio di maggioranza. Il “patto del Nazaremo” prevede questa soluzione. Ma, poi, accadrà davvero che, non avendo nessun partito la maggioranza al Senato si determini la “grande coalizione Pd-Forza Italia” che, poi, non può chr sfociare in una fusione nel “partito della Nazione quando Silvio Berlusconi si farà da parte.  Ho l’impressione che    non sia facile né che l’attuale premier possa fare il pieno di voti dicendo agli elettori : voglio cambiare l’Italia e non me lo consentono; datemi la maggioranza e rilancerò il Paese. Per gli elettori sarebbero parole già sentite.

Già il famoso 41% delle Europee quasi si dimezza se andiamo a vedere il numero dei votanti sul numero degli elettori, ma siamo sicuri che non scenda in campo anche qualcuno capace di attrarre voti  ? Anziani( circa 22 milioni)  e mondo cattolico sono bacini di non votanti e possono riservare clamorose sorprese e se davvero Diego Della Valle scendesse in campo , magari candidarsi lui a leaders, ma  per sostenere un altro candidato-premier, che so ?, un Marchini, ad esempio , questa sarebbe una variante capace di sconvolgere tutte le previsioni. Ma non basta: non dobbiamo dimenticare che anche l’ex ministro di Monti Corrado Passera ha annunciato la sua discesa in campo per attingere allo stesso elettorato borghese e moderato, a quel ceto medio tanto bistrattato che rischia di sparire, poi vi potrebbe essere Luca di Motezemolo, non fosse altro che per far dispetto a Marchionne.

Il futuro politico dell’Italia, quindi, è tutto da vedere e la disastrosa situazione socio-economica, andando avanti a questo ritmo ed ora con la recessione che colpisce anche la Germania, può determinare reazioni popolari imprevedibili. Ne farebbe le spese anche il governo, anche Renzi. Che è costretto  ad andare avanti con un decisionismo talvolta eccessivo per le lungaggini parlamentari, per un  ostruzionismo, soprattutto grillino, portato a livelli insostenibili. Questo oltre al fatto che tra i deputati e senatori del Pd    la sinistra interna è forte e  , con emendamenti a leggi e riforme, può ostacolare la marcia di Renzi. Certo, l’uso  smisurato ai decreti ed alla sfiducia  rischia di svuotare il Parlamento dalle sue funzioni e, quindi, sarebbe necessario un richiamo al governo da parte del Capo dello Stato, come fece, più volte, nei confronti dell’Esecutivo guidato da Berlusconi.

Sarebbe, infine, opportuno un monito presidenziale anche a quell’alta burocrazia   che  va a rilento nell’attuazione di leggi e decreti :  siamo  a decine e decine di provvedimenti ancora da onorare , non pochi risalgono addirittura al Governo Monti.  Secondo voi  c’è ,poi, da meravigliarsi  se aumentano “i luoghi di decisione politica esterni al Parlamento “  e se Renzi conduce una battaglia , che forse , questa sì, dovrebbe essere ancora più decisa, nei confronti degli ostacoli burocratici ?

giustus

DOVE SONO ANDATI A FINIRE I “GUFI “ DI RENZI?

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Scrive Lucia Annunziata su Huffington Post: “L’Italia da ieri ha cambiato pagina. Attraverso i modi e i contenuti del voto sull’articolo 18, Matteo Renzi ha virato il governo italiano verso un neo-centrismo fondato su un rapporto più forte fra leadership personale e paese, e un rammodernamento del sistema, inteso soprattutto come eliminazione del ‘conservatorismo’ della sinistra. Una stra-vittoria sui suoi oppositori, non solo numerica, che costituisce un profondo chiarimento politico. Il Premier ha ora infatti quello che ha sempre voluto: governare alle condizioni che desiderava, sul progetto che voleva. Ma non ha più nessun gufo da abbattere, nessun alibi insomma in cui rifugiarsi in futuro.”.

E’ vero, quella del voto di fiducia sul Jobs Act, è stata un’investitura del Parlamento a procedere, una conferma al viatico che già nei giorni scorsi Renzi aveva ottenuto dai “nuovi” poteri forti nostrani e non solo. Ma, anche i sindacati hanno dato, se così si può dire, il loro consenso, almeno per circa due terzi, alla pseudo eliminazione di quell’articolo 18che, la stessa sinistra PD aveva innalzato come diga a qualsiasi apertura la famigerato padronato.

Si, quella sinistra di vecchi post-comunisti, figli e nipoti della rivoluzione di Occhetto, ha finito per ingoiare quel grosso rospo che rischiava di strangolarla. Quello che mi chiedo è se questo voto di fiducia sia stato dato, pur con tutti i distinguo, per convinzione, per convenienza o per paura.

Escluderei la convinzione, una certa convenienza è comprensibile, certamente c’è stata una grande paura.

Far cadere Renzi, avrebbero potuto farlo, sarebbe stato quasi facile, sarebbe stato sufficiente distinguersi e votare contro, ma, ritengo, che da politici consumati abbiano valutato che la loro presa di posizione distinguendosi dalla linea del partito avrebbe immancabilmente portato ad una crisi di governo con successivo scioglimento delle Camere e relative elezioni anticipate da tenersi a fine febbraio  o, al più tardi, agli inizi di marzo, ovviamente con la legge elettorale imposta dalla consulta.

Intanto c’è da dire che difficilmente il PD di Renzi, candirebbe  i ‘ribelli’ nelle proprie liste, pertanto, l’alternativa è quella di lasciare il partito per trasmigrare su altri lidi, ma quali? SEL, ammesso che siano bene accetti. Voi lo vedreste Bersani in sottordine con Vendola? L’altra possibilità potrebbe essere quella di formare un nuovo partito di sinistra, ammesso che vi sia rimasto spazio da quelle parti.

No essendo degli spovveduti, i dissidenti sanno bene che finchè si rimane nel partito seppur in minoranza si mantiene un certo rapporto con l’elettorato, il nuovo deve invece conquistarsi gli spazi necessari per raggiungere il quorum e loro sanno bene che questo non è facile neppure ad ex leader (Occhetto docet). Senza considerare che uscendo dal partito farebbero il gioco del Premier che, è ormai chiaro, vorrebbe per il Paese un partito moderato con una lieve sfumatura rosa, laico ma non troppo, che somigli ad una moderna democrazia cristiana senza esserlo, che assorba tutta quella parte moderata-cattolica di Forza Italia, quella che non ha mai avuto a che fare con identità craxiane. Renzi vorrebbe un mega partito con una sua storia, senza retaggi con il passato, che, come avvenne nell’immediato dopo guerra, possa essere forza trainante per affrontare la rinascita del Paese Italia.

Ho iniziato questo articolo citando l’ultimo editoriale di Lucia Annunziata e con le sue parole vorrei concluderlo:

Dice l’Annunziata: “Provi ora a imbracciare con serenità questa vittoria, e a dimostrarci che le soluzioni che ha sostenuto con tale vigorosa convinzione, e con tali dolorosa conseguenze per molti, sono quelle giuste. Provi che non porteranno – come hanno sostenuto molti “gufi” – a gravi nuove ingiustizie sociali; che ci porteranno anzi fuori dal fanalino di coda dell’area europea. Nessuno in Italia, nemmeno i vecchi, nemmeno chi ancora crede che esiste differenza fra destra e sinistra, e che questi valori non sono fungibili, sarà scontento di vedere la disoccupazione scendere e la produzione salire. Magari con velocità proporzionale alla guerra politica vinta intorno al Jobs Act.”.

ELEZIONI ANTICIPATE SEMPRE PIU’ VICINE

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Quanto scrivevo domenica scorsa trova conferma negli ultimi avvenimenti. La decisione ultima del Governo di porre la fiducia sulla delega alla riforma del lavoro che, in pratica, abolisce il famoso, famigerato articolo 18 ne rappresenta la conferma.

Questo atto aumenta lo spirare, sempre più forte, dei venti di crisi. Probabilmente è quel che vuole Matteo Renzi nella sua strategia di andare alle elezioni anticipate, che, addirittura, potrebbero tenersi nell’ultima domenica di febbraio. Non altrimenti si spiega lo show down con una parte della sinistra Pd sul Jobs Act.  Come dicevo, la fiducia sulla delega alla riforma del lavoro con la pratica abolizione dell’articolo 18, rischierebbe, al Senato, il “no” di una pattuglia di senatori dem. L’ha detto con chiarezza Stefano Fassina: “se la delega resta in bianco è invotabile e con la fiducia ci sarebbero conseguenze politiche.” Anche Gianni Cuperlo, che ha riunito i “ribelli” e cerca, comunque, un ponte con il premier, è stato costretto a sottolineare: “porre la questione di fiducia su una legge delega di questa portata sarebbe un errore.” Vi risparmio le dichiarazioni di altri esponenti della sinistra Pd e non mi sembra un caso che Civati sia andato alla manifestazione anti-governo di Sel.

Renzi, lo ha confermatoi ieri sera su ‘Quinta Colonna’, sembra deciso alla sfida: o con me o contro di me. Il fatto è che, domani, vuol portare l’approvazione alla riunione dell’Ue sul lavoro, a dimostrazione ella volontà italiana di andare avanti sulle riforme. Il problema è che rischia di non avere, al Senato,la maggioranza, ponendo la fiducia o di ottenerla, togliendo , però, la modifica fatta per tenere anche la sua sinistra, con i voti di Forza Italia.

Non può, evidentemente, estendere il “patto del Nazareno”, facendo subito un’alleanza politica con Berlusconi, ma con l’alibi di terminare il semestre di presidenza italiana dell’Ue, andare avanti con un rimpasto o con un governo-bis tipo quelli balneari della Prima Repubblica, per arrivare alle elezioni anticipate a fine febbraio, massimo primi di marzo, con il proporzionale , sbarramento al 4 % e nessun premio di maggioranza, ossia con il sistema uscito dalla sentenza della Corte Costituzionale. Civati già pare in clima di voto anticipato se dice alle prossime elezioni dobbiamo fare l’alleanza con Vendola non con Verdini“.  Il che presuppone una scissione.

Ovviamente il premier porterà il Pd, epurato di una parte della sinistra dem, alle urne senza alleati, appellandosi agli elettori pressappoco così: “i “pensieri deboli”, camuffati da poteri forti, ci hanno impedito di cambiare l’Italia, di fare le riforme, votateci e vi daremo un futuro migliore “

Difficilmente, a mio avviso, otterrà, almeno al Senato, la maggioranza e sarà costretto ( forse, di buongrado) a fare la “grande coalizione“ con Berlusconi, preparando, con il ritiro dell’ex-cavaliere ,il “partito della nazione” che conterebbe in sé il centrosinistra, ma con tanto centro.

Questo, sembrerebbe, il vero obiettivo dell’ex-sindaco di Firenze. Gli osrtacoli, però, non mancano. Il più grosso potrebbe essere rappresentato dal governatore della Banca Centrale Europeo Draghi, con il quale ha avuto un nuovo durissimo scontro quando è andato a trovarlo nella villa che il big economico ha in Umbria, alla vigilia della riunione a Caserta del board della BCE . E va ricordato che Draghi, nella conferenza stampa conclusiva, ha detto di comprendere i manifestanti, che contestavano, ma che la situazione non è colpa della Banca Europea . E poco prima aveva significativamente sottolineato che i governi devono fare le riforme necessarie, critica indiretta anche a quello italiano.

Se allo scontro con Draghi aggiungete Eugenio Scalfari, per il quale Renzi“ è l’erede di Berlusconi”, la Camusso che lo definisce una nuova Tatcher, mentre per Della Valle è “una sola” come Marchionne e il direttore del Corriere della Sera gli dedica un durissimo editoriale, beh !, non mi pare che la situazione sia proprio tranquillissima per il premier che si trova anche alle prese con i magistrati, gli statali, la gente della scuola ,l’alta burocrazia, e chi più ne ha , più ne metta.

Renzi, è quanto mai deciso, non c’è dubbio, ma reggerà il “patto del Nazareno”, dal quale dovrebbe uscire anche il prossimo Capo dello Stato ?

giustus

FANTAPOLITICA O GRANDI MANOVRE IN CORSO?

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Il PD con una situazione interna sempre più scoppiettante e con quattrocentomila tessere in fuga, non sta certo attraversando il miglior momento della sua storia. Sono lontano i tempi quando il PCI teneva legati con filo doppio i suoi seguaci, ora nessuno crede più nella forza dei partiti e la prova viene a galla con chiarezza nell’astensione dal voto.

Le liti interne tra minoranza del partito e il suo vertice; le accuse a Renzi di non essere “di sinistra”; la minoranza che continua a ricercare tutti i motivi per attaccare governo e maggioranza del partito, non favoriscono l’attamento che vi possa prolificare fede politica e partecipazione attiva alla vita politica di quel contesto che, attraverso le varie fasi, è passato dal quel monolite che è stato il vecchio PCI all’attuale PD.

C’è da dire che, “se Atene piange, Sparta non ride”. La situazione in casa Forza Italia se non è nella fase drammatica, vi è molto vicino. Berlusconi continua a perdere consensi e, nell’ultima Direzione gli viene rimproverato che l’emorragia sia tutta da attribuire all’appoggio ibrido che sta fornendo a Renzi facendogli da stampella. Fitto approfitta di questa situazione critica del Cavaliere e, pur senza sferrare l’attacco decisivo, si prepara come outsider per una ipotetica rottamazione del vecchio leader di FI, qualora si arrivasse ad una anticipazione elettorale, dove sarebbero indispensabile fare delle primarie per  la candidatura alla guida del governo.

Questa strana situazione ha una sola soluzione: sia Renzi che Berlusconi sono legati dalle difficoltà che hanno all’interno dei rispettivi partiti: Il primo deve fare continuamente i conti tra maggioranza bulgara nel partito e enormi difficoltà in Parlamento, il secondo ha, in primis il problema degli anni che passano, poi ci sono sempre i processi.

Gli osservatori polittici, in questi ultimi giorni, accennano ad un eventuale ricorso anticipato alle urne: secondo me direi che le elezioni anticipate sono ormai inevitabili. Siamo giunti allo showdown nello sviluppo del “patto del Nazareno”. Si stanno giocando, infatti, le ultime mosse di una strategia che dovrebbe puntare al voto a marzo. Non avendo votato una nuova legge elettorale, gioco forza si andrà alle urne con il sistema proporzionale uscito dalla Consulta. Poi, una successiva “grande coalizione” sulla strada del “partito della nazione” che tanto piace a Renzi e Berlusconi e ad aggregati internazionali.

Non fatevi ingannare dalle sceneggiate in corso sulla scena politica italiana, tutte funzionali al disegno prima accennato, e dalle presunte contorsioni europee del nostro premier, anch’esse collegate ai poteri forti esterni all’Italia nemici dell’attuale Ue, in generale, e dell’Angela Merkel, in particolare. Ed è da parte di quei poteri che si vorrebbe, ad esempio, che il nostro Paese uscisse dall’euro per gravitare nell’area del dollaro con una svalutazione attorno al 30% che migliorerebbe, certo,il nostro alto debito pubblico, penalizzando i nostri creditori ed aiutando le nostre esportazioni.

Non sono un esperto di finanza per dirvi se questa soluzione sia realmente la migliore, ma chi la sostiene afferma che, comunque, il solo minacciarla spaventerebbe la Germania che finirebbe per fare concessioni. Di certo c’è che le fosche previsioni sul futuro nostro e dell’Europa, il drammatico combinato disposto recessione-depressione, la disoccupazione a livelli record per i giovani, le dichiarazioni del ministro dell’Economia Padoan, che ha paragonato l’attuale situazione addirittura a quella del ’29, e il rischio di violenza emerso anche ieri a Caserta durante il board della Banca Centrale Europea, tutto questo, compresa la decisione francese di sfidare l’Ue sforando il tetto del 3% (e Renzi ha solidarizzato), può preparare la strada a fatti clamorosi. E qualcuno potrebbe vedere la salvezza persino in un cambio euro-dollaro svalutato al 30%.

Non fatevi ingannare, siamo al solito gioco delle parti e di certo c’è che Silvio Berlusconi ha messo in atto una manovra, meglio supportare il “patto del Nazareno” e colpire gli alfaniani. Così sta reclutando vari senatori NCD, sarebbe giunto a quota 13, ma non per inserirli in Forza Italia. Farebbero un gruppo autonomo a Palazzo Madama, deciso per la maggioranza a sostegno del governo. Così l’ex-cavaliere avrebbe in mano le sorti dell’Esecutivo senza esporsi troppo e un’ulteriore garanzia che Renzi mantenga i patti. Ovviamente anche alcuni deputati alfaniani potrebbero fare lo stesso, pronti, come i suoi colleghi senatori, a sostituire ministri e sottosegretari Ncd.

Intanto la situazione italiana peggiora giorno dopo giorno e il nostro premier continua ad aprire fronti per portare avanti la sua strategia dell’”uomo solo al comando”, che spacca il Pd , crea problemi all’attuale Ue, se la prende con tutte quelle lobby e quelle corporazioni sgradite ai cittadini, talvolta persino con settori “graditi” dall’uomo della strada, come i militari e le forze dell’ordine, attacca miti della sinistra come la Cgil, l’art.18, già depotenziato dalla Fornero, e il padrone-nemico, sostituito dall’imprenditore che dev’essere anch’esso rappresentato dal Pd.

Secondo voi tutto questo, il “patto del Nazareno con i suoi segreti ( si fa per dire) e il “cinguettio” con Verdini dove possono portare se non – per iniziare – ad un voto anticipato visto che il partito di Renzi perde una marea di iscritti, ma vola ancora nei sondaggi ? Non mi pare difficile dare una risposta , anche se qualche incognita sul Renzi “ultima spiaggia” permane come vorrebbero dimostrare Diego Della Valle e le ripetute voci su un’accoppiata governatore della Banca d’Italia a Palazzo Chigi- governatore della BCE al Quirinale.

Chi vivrà vedrà.