NELL’ATTESA DEL NUOVO PRESIDENTE

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Nell’attesa dell’inizio delle votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica che avranno inizio domani 29 gennaio – scrivo al plurale in quanto è scontato, per decisione del partito di maggioranza, di votare scheda bianca, nelle prime tre votazioni dove è richiesta una maggioranza qualificata degli aventi diritto al voto-, per un esercizio mnemonico vorrei tornare ad alcune elezioni presidenziali che ho avuto il privilegio di vedere e seguire da vicino.

Eravamo nel 1971, alla scadenza del mandato settennale di Giuseppe Saragat, si doveva procedere alla nomina del nuovo Presidente. Nella Democrazia Cristiana, partito di maggioranza, si erano proposti i due cavalli di razza: quello che partiva, apparentemente, in vantaggio era Fanfani, secondo quanto dicevano allora le cronache politiche, avrebbe potuto contare sull’appoggio del PCI. Così non fu: una campagna stampa del Manifesto, di attacco al vertice del partito comunista fece cambiare posizione al Segretario Berlinguer che lo portò verso l’altro cavallo di razza, Aldo Moro. La battaglia fu quindi tutta in casa democristiana e non fu cosa di poco conto. Una parte della DC avrebbe voluto Fanfani che, secondo quello che poteva prevedersi allora, avrebbe fatto si di ottenere un recupero dei voti di destra persi con l’avvento del centro-sinistra, mentre veniva osteggiato Moro che, secondo il pensare dell’epoca, avrebbe fatto perdere ancora voti moderati, tanto più che una sua elezione, con l’appoggio di Berlinguer non poteva che far pensare ad un particolare attenzione della DC verso quel partito.

Con questo clima iniziarono le votazioni nell’aprile 1971 ed andarono avanti sino al 10 di maggio, giorno in cui fu eletto Giovanni Leone. In quei giorni – ricordo, avvenne di tutto, saltarono fuori i nomi più disparati ma la spaccatura all’interno della DC non permetteva che maggioranza fosse raggiunta.

Fu Giorgio La Malfa che, di fronte ad una Assemblea “impallata” vide in Leone, già Presidente della Camera, lontano da qualsiasi corrente di Partito, uomo di spiccato prestigio, colui che avrebbe potuto rappresentare il Paese e se ne fece sponsor e, con una buona parte della DC, alla ventriesima votazione, riuscìrono a raggiungere il quorum di 518 appena sufficiente per eleggerlo alla Presidenza con la minore percentuale mai raggiunta.

La elezione di Giovanni Leone, pur ricosciuto da tutti l’indiscusso valore della persona fu lungamente contestato perchè la sua elezione ebbe il voto determinante del Movimento Sociale Italiano di Almirante,raggiungendo di essere l’unico Presidente della Repubblica eletto con voti determinanti fascisti. L’on. Giancarlo Pajetta, comunista doc aggredì La Malfa durante un dibattito gettandogli un sacchetto di monete da dieci lire in segno di profondo disprezzo.

La presidenza Leone fu comunque lineare e corretta tanto da essere considerata “notarile”. Gli fu, comunque, imputato il coinvolgimento in alcuni noti scandali sui quali la Cederna  scrisse un libro che rese difficile la difesa della DC, anzi fu chiesto allo stesso Presidente abbandonare in anticipo la carica, cosa che fece sei mesi prima della scadenza del mandato.

Solo poco dopo fu scagionato da ogni addebito con le scuse della stessa Cederna.

Sul Presidente Leone mi viene spontaneo raccontare un aneddotto  personale.

In occasione delle feste natalizie, il Presidente del Gruppo Parlamentare DC, On Flaminio Piccoli, era uso fare gli auguri con una strenna di vini della sua provincia ad alcuni colleghi di partito e personalità di governo e delle Istituzioni, ad occuparsi della scelta dei vini e a provvedere agli invii era il sottoscritto. Non posso essere preciso sull’anno, potrebbe essere stato il 1975, come tutti gli anni. sottoposi al Presidente Piccoli la lista delle persone a cui dovevano essere inviati i vini con a lato il tipo di vino destinato al nome. Praticamente, la lista poteva avere qualche variazioni sui nomi ma, difficilmente sui vini. Per il Presidente della Repubblica era previsto, così come avveniva sin da quando era Presidente della Camera dei Deputati, gli si inviava dello spumante che, sapevamo, gradiva molto: la scelta era fatta, la lista era stata licenziata gli accordi con la cantina erano stati presi, pertanto inviai la lista coni vari indirizzi dei destinatari. Il mio compito era terminato.

Qualche giorno prima di Natale, un pomeriggio ricevo una chiamata dalla “Batteria Centrale” (si tratta del centralino riservato del Ministero degli Interni in uso alle istituzioni governative e politiche), rispondo, il centralinista mi annuncia: “C’è il Presidente Leone in linea”, Io: “le passo subito il Presidente Piccoli”. Il centralinista: “ No, vuole lei,: Mi ha chiesto di Tusacciu, vuole parlare con lei”. Io: “Ma, sta scerzando?”. Centralinista: “Non me lo permetterei mai. Vuole lei”. A quel punto la voce inconfondibile, con spiccato accento napoletano, del Presidente Leone: “Tu si Tusacciu? m’è stato detto che dovevo parlare con te (intanto io tremavo, pensavo “ cosa ho combinato?). Presidente “Ma che Flaminio quest’anno mi ha declassato?” -e li una risatella che ha alleggirito la tensione-.” No – rispondo io- cosa è successo perchè possa pensare questo?” Subito il Presidente “Voi lo sapete quando io tengo a bere lo spumante trentino che mi mandate tutti gli anni, quest’anno mi è arrivato del vino normale che ho assaggiato ed è molto buono ma non come lo spumante e, poi con che devo brindare a Capodanno?”. Io: “No, Presidente, sono io l’artefice delle malefatte,. Sicuramente si tratta di un errore”. Presidnete:”O saccio, c’era pure un biglietto di auguri che non era per me. E…allora come brindo alla fine anno?”. Io: “Presidente, provvedo immediatamente a correggere l’errore porgendole le mie scuse. Vuole Parlare con il Presidente Piccoli ora?” Presidente: “No, volevo parlare con te. Auguri e statte bene Tusa”.

Quì è finita la mia telefonata con il Presidente Leone. eravamo a dicembre ma io ero sudato come fosse Ferragosto.

Raccontai subito la cosa al Presidente Piccoli scusandomi con lui per la brutta figura che gli avevo fatto fare. Mi tranquillizzò dicendomi che sapeva tutto ed era stato lui a dire al presidente di chiamare me.

giustus

 

L’ITALICUM SPACCA IL PD – LA MINORANZA VERSO LA SCISSIONE

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Non è certo uno scoop affermare la crisi del PD, la situazione si è deteriorata al punto di non ritorno che la frattura con Fassina è ormai verticale, si tratta solo di vedere nei prossimi giorni se quest’ultimo decoderà di uscire dal partito o rimanere, partito nel partito, finchè non giungano decisioni dal vertice che lo mettano fuori a termini di statuto e questi gli possa consentire di fare la vittima nei confronti di un elettorato conservatore negli ideali del vecchio comunismo..

Quello che andremo ad esaminare è la situazione che sta maturando e che andrà ad influire sulla elezione del nuovo Capo dello Stato.

Le votazioni sulla legge elettorale hanno determinato, di fatto, un cambio di maggioranza. Sì, la riforma elettorale potrà essere approvata al Senato solo con i voti di Forza Italia in sostituzione dei dissidenti Pd.

Non saranno, certo, sedute tranquille quelle che proseguiranno al Senato,.gli animi appaiono particolarmente accesi  anche perché appare chiaro che i voti di Forza Italia sono determinanti per sostituire i dissidenti dem  definiti da Renzi “frenatori “ che si devono rassegnare perché le riforme vanno avanti.

Ad accendere ulteriormente le polveri c’ha pensato il capogruppo forzista a Palazzo Madama Romani, dicendo :” Renzi non ha più la maggioranza, ci siamo sostituiti ai dem dissidenti”. I quali hanno reagito, dando ragione all’avversario.  Gotor, ad esempio, ha chiosato : “ Renzi doveva asfaltare Berlusconi, ora sta costruendo un’autostrada con lui”.

Di certo c’è che l’accordo Renzi-Berlusconi va avanti e l’ex-cavaliere ha ancora il pallino in mano, ossia può sostenere il premier o farlo cadere . Non era certo questo che speravano i molti antiberlusconiani.

In effetti, questi ultimi avvenimenti hanno fatto si che il Patto del Nazareno divenisse come un nuovo partito e Forza Italia salva Renzi al Senato, sostituendosi ai dissidenti dem sull’Italicum. Dice Silvio Berlusconi: “Renzi non ha la maggioranza ed ha bisogno di noi”. Chiosano con un comunicato ufficiale i grillini :”Il Paese sappia che oggi nasce una nuova maggioranza e che FI diventa indispensabili  per la sopravvivenza del governo. Il Patto del Nazareno è ormai un partito politico e Berlusconi ne è il leader di fatto  riabilitato dopo la condanna”. asfaltare Berlusconi , ora sta costruendo un’autostrada con lui”. Poi, riferendosi all’emendamento  Esposito è andato giù ancor più duro: “Renzi ha pronto la truffa del canguro.E’ una fiducia mascherata” e un’associazione di consumatori ha, per questo, addirittura presentato un esposto contro il premier.  Vi risparmio altre prese di posizione di esponenti della sinistra dem , ormai all’attacco del segretario-premier.

Nemmeno in Forza Italia, per la verità, è tutto calmo con Fitto che critica Berlusconi perché con il Patto del Nazareno  starebbe distruggendo Forza Italia  e qualche senatore fittiano è stato della stessa idea . C’è da dire, però, che stanno rientrando   alcuni dissidenti dinnanzi alla prospettiva di un ritorno di Berlusconi all’agibilità politica  per il rilancio del famoso articolo, ora sospeso, all’interno della riforma della giustizia  o per la grazia del nuovo presidente della Repubblica che dovrà necessariamente essere espressione del Patto del Nazareno. Così sono tornati in auge i nomi dell’ex-premier  Amato, dell’ex-presidente della Corte Costituzionale Ugo  De Servio e del ministro Padoan, personaggi che sarebbero ben visti dai mercati e anche da molti poteri forti.

La minoranza del Pd, a questo punto, minaccia la scissione e con Pierluigi Bersani,che ha riunito 140 parlamentari, dice: “ci rispettino o è la fine”. Va giù duro l’ex-segretario: “Renzi sa benissimo che sulla riforma elettorale c’era una possibile mediazione e non ha voluto mediare.Ora spetta a lui dire se si deve partire dall’unità del Pd”.

Questo è quanto diceva a caldo, poi si è ripreso, assicurando che da parte sua non vi sarà scissione, la sua lealtà al Partito rimarrà immutata. I renziani contunuano a dire (cercando di nascondere la loro soddisfazione che  “non c’è in vista alcun cambio di maggioranza di governo. FI è all’opposizione e ci resterà anche dopo il voto sul Quirinale”, ma, non basta,  non convince, probabilmente, anche molti renziani. Sì, perché anche alla Camera una cinquantina di deputati dem  non ha votato come il gruppo nella discussione (ancora in corso) sulla riforma del Senato, mentre  rimane la forte opposizione interna al Pd sul Jobs Act e la politica economica del governo. E se a Montecitorio il governo, nonostante la fronda, riesce a cavarsela, salvo eccezioni, a Palazzo Madama  il soccorso berlusconiano è determinante.

Questo è apparso evidente sia nel rigettare  i due emendamenti di Gotor e altri senatori dem, sia soprattutto nell’approvare l’emendamento del “giovane turco” Stefano Esposito che ne  ha cancellati 35.700: per il sì occorrevano almeno 145 voti, la maggioranza di governo, considerati i 29 dissidenti Pd, poteva contarne al massimo 132 e solo grazie al soccorso FI si è arrivati ai 175 voti. Da qui l’affermazione anche di Calderoli oltreché dei grillini: ”ormai Berlusconi è in maggioranza con Renzi”, mentre Fitto e i suoi insistono ad accusare l’ex-Cavaliere di distruggere il partito con l’ex-portavoce, un tempo big radicale Daniele Capezzone che si  prende dal leader un “non sono d’accordo su quello che dite : o vi allineate o ve ne andate”. E, polemico, risponde: “Presidente, se continuiamo così quelli che se ne vanno sono gli elettori”, riferendosi ad un ultimo sondaggio negativo.

La minoranza forzista, comunque, non ha alcuna intenzione di andarsene e persino uno non certo tenero con Renzi, come il capogruppo alla Camera Brunetta, è addirittura propenso ad entrare nella maggioranza di governo, mentre il,suo collega del Senato Romani, berlusconiano doc, è più cauto e si limita a dire : “senza di noi le riforme non si fanno”

Ora, comunque, la vera partita si sposta sul Quirinale  e qui c’è il fatto nuovo della ritrovata sintonia  Berlusconi-Alfano con la scelta per le prime tre votazione di un candidato di bandiera come Antonio Martino, ex-ministro degli Esteri, stimato dagli americani e non sgradito ai mercati per i suoi studi di economia negli Stati Uniti. Il leader del NCD  precisa, poi,  che per la quarta votazione “ con FI faremo un nome comune al Pd”. La Lega prende le distanze, irritata a parole dalle posizioni forziste  con il segretario Salvini che, forte dei sondaggi favorevoli, insiste a dire che i leghisti andranno da soli alle “politiche”, alimentando, però, il forte sospetto di una sceneggiata  e prendendosi  quasi un richiamo dai forzisti che gli ricordano come  nelle regionali, ad esempio, in Veneto e Lombardia dove la Lega ha i presidenti uscenti ,per rivincere ha bisogno  di allearsi con Forza Italia ed i centristi. E non si possono fare alleanze regionali diversi da quella nazionale. Mi pare un monito che ha un suo fondamento  e se Silvio Berlusconi ritrovasse agibilità politica, proprio grazie al Patto del Nazareno, è ovvio che si determinerebbe una nuova situazione a tutto vantaggio dell’ex-Cavaliere .

Molto, in sostanza, dipenderà dalla scelta del nuovo inquilino del Quirinale  e da cosa accadrà subito dopo.

Fossi Matteo Renzi non starei tranquillo: i sintomi di un febbraio di fuoco ci sono tutti.

 

La mina Cofferati rischio per Renzi

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Credo sia chiaro a tutti lo stato di difficoltà in cui si trova Matteo Renzi. “Vogliono pugnalarmi alle spalle” dice Matteo Renzi, riferendosi alla sinistra Pd e, forse,anche a quei “poteri forti” d’Oltreoceano che , da tempo, lo hanno abbandonato.  Di certo c’è che la mina Cofferati ha fatto rialzare la testa agli oppositori interni proprio alla vigilia dell’elezione del nuovo Capo dello Stato.

L’obiettivo è distruggere il “Patto del Nazareno”, mandare al Quirinale Romano Prodi, ultra-sgradito a renziani e  berlusconiani e far saltare l’Italicum, ripristinando le preferenze e mantenendo il premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista come vorrebbe il premier. Questa volta  è sceso in campo anche Pier Luigi Bersani  probabilmente perché ritiene che il partito, ossia  la Ditta da lui sempre privilegiata, questa volta va proprio in direzione opposta alla sua.

La goccia che, come dice un vecchio adagio, ha fatto traboccare il vaso si chiama primarie in Liguria per scegliere il candidato alle Regionali. L’afflusso di  votanti forzisti ed extracomunitari ,  per sconfiggere Sergio Cofferati e far prevalere la candidata renziana disposta addirittura a fare maggioranza con Forza Italia, ha indotto l’ex-sindacalista, uno dei 40 fondatori del Pd, a dimettersi dal partito per il silenzio del vertice sull’accaduto. E quel vertice ha reagito criticandolo, sostenendo che non ha saputo perdere visto che vuol addirittura adire alla magistratura.

Un trattamento così  nei confronti di un personaggio molto amato dalla sinistra e stimato da molti  non poteva essere sopportato da Bersani  così come non poteva sopportare il nuovo incontro Renzi-Berlusconi  per ribadire un accordo fortemente sgradito alla sinistra dem.  Da qui il lancio della candidatura di Prodi al Quirinale  in funzione anche antiberlusconiana; da qui   la dichiarazione di Miguel Gotor, bersaniano doc, che ormai la trattativa con il segretario è chiusa  e 29 senatori Pd avrebbero votato l’emendamento da essi presentato per bloccare i capilista e introdurre le preferenze. A meno di sorprese nel nuovo incontro, in corso mentre scrivo, tra Renzi e i senatori democratici, l’Italicum, così com’è, rischirebbe di  non essere approvato . E’ signifiativo che sulle preferenze siano d’accordo anche i grillini , Sel , la fronda forzista degli amici di Fitto e la Lega.

A sostenere Gotor è sceso, pesantemente, in campo oltre allo stesso Bersani (“basta con ni nominati”) sia Fassina ( “i capilista minano la democrazia) , sia Gianni Cuperlo, per il quale l’impegno dei 29 senatori “per un Parlamento  scelto finalmente di cittadini è coerente con quanto il Pd, compreso Renzi, si è impegnato a fare dinnanzi al Paese “ e se ora il premier  cambia idea fa un favore a Berlusconi.

Ha, quindi, un bel dire il premier “non siete un partito nel partito”  e, probabilmente, a imporre un voto a lui favorevole nell’assemblea dei senatori ancora in corso. La minoranza Pd, infatti, si è ormai rinsaldata sotto l’usbergo della difesa della democrazia contro i deputati imposti dalle segreterie e con un antiberlusconismo di ritorno che appare un po’ anacronistico.

Sulla sfondo nelle vesti del manovratore Massimo D’Alema , bistrattato da Matteo Renzi : l’avesse mandato in Europa al posto della Federica Mogherini probabilmente sarebbe stata un’altra storia. E, forse, ora non rischierebbe una brutta crisi.

A complicar la situazione del premier c’è anche l’accordo Berlusconi-Alfano sul nuovo Capo dello Stato, impostazione condivisa anche dalla Lega : non dev’essere  un Pd .

NON CI BASTAVA GIULIANA (SGRENA)? ORA ABBIAMO ANCHE GRETA E VANESSA

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Non ci bastava Giuliana? Ora abbiamo anche Greta e Vanessa.

La prima, per chi non lo ricorda, giornalista, collaboratrice de il Manifesto, fu rapita in Irak nel 2004 e dopo una lunga trattativa fu liberata sotto compenso (sei milioni di dollari) e, per un caso fortuito, il Paese perse uno dei migliori servitori, Nicolò Calipari, dirigente del SISMI, che si era adoperato per liberarla e riportarla in Patria.

Almeno in questo caso, la Signora sgrena, era in Irak con un compito ben presiso, come cronista, quindi aveva un valido motivo per trovarsi in quel pposto, quello dell’informazione e del diritto di cronaca. Greta e Vanessa, almeno da quanto si è potuto spigolare dai resoconti della stampa e dei telegiornali, avrebbero conosciuto un signore siriano e, con questo pretesto/proposito, hanno fatto i bagagli e sono partite per la Siria, dove è in corso una guerra cruenta, tra quello Stato e forze islamista, per aiutare i bambini siriani in stato di disagio.

Come sono andate, appoggiate a quale organizzazione umanitaria o, comunque, sotto l’egida del Ministero degli Estaeri, non è dato sapere, l’unica cosa che abbiamo appreso è che poco dopo il loro arrivo in Siria, il tempo di mandare in Italia qualche foto ricordo, sono state rapite. Quì ci fermiamo.

Ovviamente i nostri Servizi si sono subito adoperati per stabilire contatti con i rapitori e, a parte qualche memento fatto dai telegiornali, per cinque mesi non se ne è saputo nulla. Solo alcuni giorni fa, i rapitori hanno messo in rete un video preconfezionato, con data antecedente di qualche giorno, dove apparivano le due ragazze che chiedevano di sollecitare per la loro liberazione , altrimenti avrebbero corso seri pericoli.

Poi, la notizia della loro liberazione. Allo sbarco dall’aereo, abbiamo visto tutti, scendere due ragazze che non avevano di certo l’aspetto di chi ha subito cinque mesi di patimenti per una prigionia dura come uno si aspetta in casi come questo. A ben ricordare, la stessa signora Sgrena quando rietrò in Italia, aveva chiari i segni della sofferenza, ma non solo lei, tutti gli ostaggi liberati, nessuno poteva dire che non fosse chiara la sofferenza ed i disagi provati.

Le due ragazze, che evidentemente hanno trovato dei rapitori gentiluomini, sono arrivate con il sorriso sulle labbra quasi stessero rientrando da una vacanza, segni di sofferenza, neppure l’ombra.

Io non voglio assolutamente alludere o supporre e neppure approfittare di quanto sosteneva Andreotti, mi limito a prendere atto di quel che ho visto assieme a molti milioni di italiani e a rammaricarmi per i dodici milioni di dollari che pur con le vaghe smentite del Ministro degli Esteri,  penso siano stati pagati, ma ciò che maggiormente mi disturba è la sfacciataggine di un padre di queste ragazze che, ridendo in maniera sfottente, ha dichiarato ai milioni di telespettatori, che la figlia non doveva chiedere scusa a nessuno. Ingratitudine? No, ignoranza e…tanta maleducazione e poco rispetto per che si è in qualche modo adoperato per riportarle in Italia. Con il senno di poi, forse avrebbero fatto bene a lasciarle a godersi il bel sole della Siria ad auitare quei bambini per i quali erano partite.

Su di Renzi incombono i poteri forti

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Ogni ora che passa le vicende politiche italiane si complicano. Al di la di comunicati ufficiali, delle varie ipotesi che appaiono sulla stampa e delle notizie che apprendiamo dai telegiornali, lo scenario che si scorge dietro le quinte è molto più complesso d quanto non si voglia ammettere.
Tutti sappiamo che l’Italia è sotto osservazione speciale dalle vecchie e nuove potenze economiche, quindi, oltre ai problemi della riforme istituzionali ora è in ballo la nomina del Presidente della Repubblica. E non è poca cosa.

I cosiddetti poteri forti, sono li, attenti, per verificarne, e perché no,per indirizzare la scelta verso un personaggio che sia gradito anche a loro. E Renzi sa bene che non può non tenerne conto.

Renzi riteneva di averli esorcizzati con il viaggio a Londra , la visita alla regina  e le quattro ore di Elisabetta a Roma per brevi incontri con Napolitano e il Papa. Pensava di aver trovato le giuste contromisure e l’aveva anche clamorosamente detto in una lunga intervista :”i poteri forti sono contro di me, ma io vado avanti lo stesso “. Ora s’è accorto che qualcosa è cambiato e   che le dimissioni del Capo dello Stato non sono state un viatico positivo, ma un modo per metterlo in ulteriore difficoltà. Cosi’ spera che tenga il “Patto del Nazareno” per superare bene lo scoglio dell’elezione presidenziale e cercare di proseguire  nella strategia  per arrivare al famoso “partito della nazione”  attraverso elezioni anticipate con il Consultellum.

Direte: ma va avanti con la riforma elettorale, ossia con l’Italicum. Certo, perché si inserisce nella grande sceneggiata, ormai una vera e propria fiction, messa  su insieme a Silvio Berlusconi. Che Renzi cnti sull’appoggio di Berlusconi è confermato dalle pubbliche dichiarazioni di Debora Serracchiani, vice segretario del partito, esplicite come non mai: “Il Presidente non si fa senza Berlusconi”.Se, infatti, -come l’alleanza Fitto-D’Alema fa presumere –  il nuovo sistema di voto non viene approvato si apre, secondo il premier, la strada per le elezioni antcipate:. Se venisse approvato avremmo una legge anticostituzionale, come un po’ ingenuamente, ha fatto comprendere in una pasticciata dichiarazione la ministra Boschi. Le conseguenze ovvie, sempre secondo le previsioni renziane: cade lo stesso il governo e si va alle urne magari a maggio insieme a regionali e amministrative.

Troppo semplice questo schema sia perché , prima, ci sono le forche caudine dell’ezione del nuovo Presidente della Repubblica; sia perché le ultime dichiarazioni di Silvio Berlusconi  non escludono un cambio di strategia che qualcuno sostiene possa essere suggerito da Oltreoceano, cioè da quei famosi poteri forti che, dopo averlo sostenuto, hanno, poi, abbandonato il nostro premier che ha cercato una sponda Londra.

Può anche essere, come Renzi ha detto ai suoi, che le recentissime uscite del leader di Forza Italia sono state fatte per riunificare i suoi e per alzare il prezzo nella trattativa con il Pd, ma a me sembrano pesanti certe frasi berlusconiane  come “il Pd vuole una dittatura”, “il Patto del Nazareno mi ha solo danneggiato”, “basta presidenti della Repubblica di sinistra  come gli ultimi tre” e così via . Né possono essere dimenticate le prese di posizioni di berlusconiani doc che chiedono modifiche “pesanti” all’Italicum.

Il premier, comunque, non sembra preoccupato per Berlusconi, ma per la sua minoranza di sinistra  “D’Alema vuole mandarmi a casa” ha detto ai suoi, spiegando che si trova “difronte ai colpi di coda  della vecchia guardia che sta cercando il colpo finale per  salvare loro stessi e determinare la crisi di governo non per andare alle elezioni, ma per aprire la strada ad un altro Esecutivo. “  Per Renzi il capo della congiura è Massimo D’Alema (“per distruggere me è disposto a distruggere l’Italia”), ma nel pacchetto di mischia avversario mette anche Bersani, la Bindi  e la Finocchiaro, sollevando dubbi anche sulla lealtà del capogruppo alla Camera Speranza , reo di non averlo difeso da certi attacchi bersaniani.Non credo, poi, lo aiutino gli sperticati elogio tedeschi negli auguri per i 40 anni renziani nel momento in cui la Merkel e l’austerity tedesca non gode di molte simpatie in Italia  e nella stragrande maggioranza del Pd.

E’ iniziata, in sostanza, una fase decisiva per il governo. Sono aumentati gli avversari e di certi presunti amici , ad iniziare dal Ncd e da Scelta Civica, non c’è da fidarsi troppo, mentre negli Usa il presidente Obama , estimatore di Renzi, è sempre più isolato ed è stato  pubblicamente contestato persino dai capi della Cia e della NSA per la fallimentare politica  mediorientale. C’è da augurarsi che, comunque vadano le cose, il nostro premier riesca a mantenere i nervi saldi senza farsi prendere la mano dalla smania di apparire che ogni tanto lo colpisce..

Le Président est sortì, vive le Président (Il Presidente va via, viva il Presidente)

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Questa formula usata dai regnanti francesi per annunicarne la sostituzione (le Roi est mort, vive le Roi) forse sarebbe quella che avrebbe voluto Renzi. per annunciare il sostituto del presidente Napolitano. Purtroppo da noi non funziona così. Da noi è tutto più complicato, e, benchè il New York Times nel 2011 in occasione del dimissionato Governo Berlusconi, lo abbia incoronato “Re Giorgio”, esaltandone la “maestosa difesa delle istituzioni democratiche al di la delle stesse prerogative presidenziali, da noi non si può fare e il futuro Presidente dovrà essere eletto da un Parlamento allargato per la circostanza e non per discendenza sovrana

In un momento così difficile e complicato, sarebbe stato bello poter avere un sostituto già bello e pronto, da insediarsi senza colpo ferire, ma, Re Giorgio Napolitano non se l’è sentita di sostenere l’elezione diretta del Capo dello Stato come avrebbero voluto certi “poteri forti” d’Oltreoceano per avere garanzie di stabilità politica e guida certa in Italia.

Re Giorgio ha, però, dimostrato che si può  avere un Presidente “forte” anche con gli attuali poteri costituzionali. Certo,questo complica, la scelta del nuovo inquilino del Quirinale.

Innanzitutto perché, tra gli attuali politici, non sono pochi coloro che preferiscono una figura sbiadita, ossia un notaio che non faccia ombra ai big di turno. Nel contempo, però, gli avversari di Renzi ,rinvigoriti dal fatto che, come si evince dai sondaggi, il governo sta esaurendo il credito di fiducia, pur essendo contrari ad un tipo di Repubblica Presidenziale, sembrano preferire un uomo forte che limiti il premier. Il quale, secondo alcuni osservatori, punterebbe sul notaio, ma che, dinnanzi alle difficoltà nelle quali si trova ed ai boatos stranieri di una probabile crisi a febbraio, probabilmente opterà per un Presidente “forte” che lo sostenga o, almeno, gli faccia da sponda, come ha fatto Re Giorgio.

Da tutto questo ecco un fiorire di candidati, una lista che si allunga ogni giorno di più, mentre l’identikit che sta emergendo pare indicare un politico esperto, ben visto anche dai mercati.

Si dice che il nome esista già nel famoso Patto del Nazareno che deve, comunque, fare i conti con i franchi tiratori che esistono in ogni partito, e soprattutto nel Pd e, sia pure in minor misura, in Forza Italia. Secondo i conti fatti da chi si definisce un esperto del sottobosco politico gli “infidi” sarebbero dai 200 ai 250 della maggioranza governativa e dei forzisti, Sarebbe un margine di sicurezza alla quarta votazione dove occorrono 505 voti e considerando 200 franchi tiratori il Patto reggerebbe con 556 voti , ossia 51 in più della necessaria maggioranza. Se, però, si arrivasse ai 250 che nel segreto dell’urna non seguono le direttive dei loro partiti ecco che si arriverebbe a 506, un solo voto in più con tutti i rischi conseguenti.

Non credo, comunque, che Renzi voglia o possa correre il rischio di un bis della bocciatura di Prodi ancor oggi inserito tra i “papabili” al punto che avrebbe avuto un incontro segreto con Berlusconi, magari per garantirgli la grazia sì da consentirgli di nuovo l’agibilità politica. Un Prodi, se vi fosse l’avallo di Forza Italia, potrebbe addirittura venir eletto alla prima votazione se i grillini mantenessero il loro “sì”. Il fondatore dell’Ulivo, però, non ha il gradimento dei “poteri forti” Usa che gli sono decisamente contrari e, questo, potrebbe riflettersi certamente su Grillo, ma anche su Berlusconi, né convincerebbe qualche Ncd e almeno una parte di quei 111 Pd che gli votarono contro e per i maligni c’era tra essi una nutrita pattuglia renziana.

Ho l’impressione, quindi, che Prodi, il quale per scaramanzia insiste a dire di non essere in gioco, possa essere bruciato in partenza. Tra la numerosa lista, che allego per informazione – esistono altre personalità che possano rispondere al requisito di “presidente forte”, ma chissà che dai cilindri di Renzi e Berlusconi non esca un nome inedito, ossia di un personaggio stimato e pescato nelle retrovie della vecchia politica. In quella politica dalla quale dovrebbe scaturire, se il Patto del Nazareno funzionerà, Presidente per il Quirinale.

giustus

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La Lista dei candidati al Quirinale secondo i mass e dichiarazioni di esponenti politici

Pietro Grasso (oggi supplente), Laura Boldrini, Franco Bassanini, Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, Roberta Pinotti, Piero Fassino, Massimo D’Alema, Angela Finocchiaro, Sergio Mattarella, Paola Severino, Pier Carlo Padoan, Roberta Pinotti, Pierferdinando Casini, Mario Draghi (che intende, però, rimanere alla BCE), Sabino Cassese, Ugo De Servio, Ignazio Visco, Raffaele Cantone, Antonio Martino, Pier Luigi Castagnetti, Graziano Del Rio, Giuliano Amato.

 

Sondaggi di fuoco per Matteo Renzi (e la sfiducia in partiti e parlamento è al top)

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Secondo il “Rapporto gli italiani e lo Stato – 2014” della Demos, gli italiani hanno fiducia solo in Papa Francesco, è crollato anche Napolitano, pre-dimissionario, sceso al 44% , era al 71% nel 2010, reggono le forze dell’Ordine al secondo posto con un buon 67% e la scuola con il 53%. Sotto la maggioranza tutte le altre istituzioni, ma un vero e proprio disastro per parlamento e partiti : il primo ha la fiducia solo del 7% degli italiani, i secondi del 3%. Cioè quasi allo zero considerando lo scarto proprio nel 3% che caratterizza i sondaggi.

Eppure era convinto, Matteo Renzi, di aver determinato il necessario cambiamento, anzi addirittura una “rivoluzione copernicana”. Finiranno per rendersene conto – chiosa –perfino i gufi . E, nella tradizionale conferenza stampa di fine d’anno il nostro premier ha gioiosamente elencato i provvedimenti del governo, le riforme fatte o avviate, i traguardi che nessuno a Palazzo Chigi aveva raggiunto oltretutto in così poco tempo.

Non credo che il segretario del Pd e nostro premier potesse prevedere una dèbacle del genere anche perché, mentre lui sbandiera ai quattro venti che ha diminuito le tasse di 18 miliardi di euro ben il 79% dei suoi cittadini ritiene che “la pressione fiscale sia aumentata” e il 62% pensa che la politica sia peggiorata. Vi risparmio gli altri dati tutti al negativo, va, però, rilevato che alle dure critiche delle opposizioni per il Jops Act (ma perché non chiamarlo” riforma del lavoro” all’italiana ?) si sono aggiunte quelle, per certi versi ancora più maligne, della sinistra del Pd che minaccia addirittura un referendum contro e annuncia battaglia sulla legge elettorale..

Se considerate, inoltre, che, a breve, ci sarà l’elezione del nuovo Capo dello Stato e lì gli oppositori di Renzi potranno manovrare, è facile prevedere che il nostro premier dovrà affrontare giornate di fuoco, nel quale si decideranno, probabilmente, anche le sorti del governo.

Non sarà, purtroppo, un bel 2015 stando alle previsioni degli italiani. C’è da augurarsi che abbia ragione Renzi quando dice che dobbiamo avere fiducia, sconfiggendo i gufi, perché ci sarà la ripresa. Dipenderà, però, anche da noi : insieme si vince secondo un fortunato slogan. Per nostra fortuna c’è anche chi ci indica, con il suo insegnamento, persino con i suoi gesti, la strada da seguire. E’ un personaggio che gode della fiducia di nove italiani su 10; che ha evitato una guerra in Medio Oriente e riconciliato Stati Uniti e Cuba. E’ Papa Francesco, una guida, un punto di riferimento per costruire un mondo migliore. Come Vescovo di Roma, ha recentemente sottolineato il valore fondamentale della famiglia che va aiutata come prescrive la Costituzione e come i politici non fanno.

Ascoltiamolo, solo così il Buon Anno, che ci auguriamo tutti, reciprocamente, potrà divenire realtà.

 

Una giornata Drammatica (non c’è solo Parigi)

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C’è solo da dire “poveri noi!”. “Poveri noi” per un mondo che pare sempre più dominato dal terrore e dalla violenza, ma anche per un’Italia dove la corruzione galoppa , assistiamo per questo a pluri-arresti quasi quotidiani, mentre il debito pubblico aumenta di oltre due miliardi di euro e la disoccupazione, nonostante il famoso Jobs Act, raggiunge la cifra record del 13.4% con la punta addirittura del 43.9% per quel che riguarda i giovani.

Sì, oggi è proprio una giornata drammatica ad iniziare dalla tragedia di Parigi che evoca anche ancestrali paure e rischia di farci commettere l’errore terribile di prendercela con tutto l’Islam per una minoranza terroristica che uccide senza pietà anche islamici comE è accaduto per il poliziotto parigino e come accade in Afghanistan, Pakistan, Iraq e altrove. No a guerre di religione, quindi, ma condanna senza e senza ma per chi finisce solo per essere un terrorista , credendo di diventare un martire, e chi indottrina, maniponandoli, giovani spesso disperati e senza futuro.

Per troppo tempo l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti e, in alcuni casi, anche i francesi, hanno finanziato ed armato realtà e Paesi musulmani, anche guidati da dittatori, per utilizzarli contro chi era in quel momento un nemico. E’ accaduto con l’Iraq di Sadam Hussein nei dieci anni di guerra con l’Iran, s’è ripetuto con i talebani quando i sovietici avevano invaso l’Afghanistan, stava per accadere con Assad e la Siria e potremmo continuare con gli esempi come l’iniziativa franco-americana di eliminare Gheddafi, lasciando, senza volerlo, il campo a Bengasi ai jahidisti Né da meno sono stati i Paesi arabi petroliferi ad iniziare dall’Arabia Saudita, solidi alleati degli Stati Uniti, ma anche furbescamente finanziatori degli estremisti musulmani, sperando di evitare attentati, scoprendo, ora, che i milioni di dollari elargiti sono serviti a comprare armi e reclutare militanti sì che il Califfato dell’Isis ha iniziato a minacciare i confini sauditi con un attacco ad un posto di frontiera, nel corso del quale è stato ucciso anche un generale.

In sostanza, in molti hanno contribuito ad aiutare i sunniti (anche Sadam Hussein era sunnita) che cercano di rilanciare uno Stato coranico e di alimentare una nuova guerra santa contro gli infedeli ,nel novero dei quali hanno messo anche i traditori sciiti.

Appare, quindi, fondamentale che gli oppositori dell’attuale terrorismo fondamentalista islamico facciano un esame di coscienza ed assumano, prima che sia troppo tardi,le necessarie contromisure. Auguriamoci che, finalmente, ci si renda conto, ad iniziare dagli Usa, degli errori commessi.

Per quanto riguarda noi italiani dobbiamo fare i conti con una classe politica che, Renzi sì, Renzi no, appare del tutto inadeguata e non è un caso che solo il 3% dei cittadini abbia fiducia negli attuali partiti e il 7% nel Parlamento. Quando, nonostante promesse e una riforma del lavoro che doveva essere una specie di panacea dei mali dei troppi che non hanno un lavoro, la disoccupazione tocca record impressionanti e sta distruggendo un intera generazione di giovani, mentre il debito pubblico sale sempre più, proprio in presenza di una deprimente deflazione dell’eurozona, significa che ci vuole tanto coraggio per avere quella speranza che il Papa ci invita a non farci rubare.

Purtroppo, oggi, in questa giornata drammatica non è facile avere speranza. Sì, perché le guardie di finanze hanno arrestato il prefetto di Benevento Ennio Blasco, accusato insieme a tre imprenditori, di corruzione e concussione quand’era ad Avellino per “facili” certificazioni antimafia. E sempre lì a Benevento è indagata per questioni legate all’Asl Sannita l’ex-ministro Di Girolamo, attualmente capogruppo alla Camera del Nuovo Centrodestra, mentre a Roma ecco 28 indagati, 22 dei quali arrestati, ancora per corruzione e concussione: si tratta di funzionari pubblici (municipi di Roma ed una Asl), imprenditori, professionisti.

Aggiungete, anche, il capitolo “mafia capitale” che quasi ogni giorno si arricchisce di qualche capitolo, compresa la lettera inviata da Buzzi ai soci delle cooperative nel 2004 affinchè, alle europee, votassero Zingaretti ( oggi presidente della Regione Lazio) e Giovannelli, ambedue del Pd, considerate la “manina” che aggiunge ad un decreto governativo,,poi ritirato, quello che alcuni hanno definito il “salva Berlusconi”, scoprendo che la “manina” era del premier e l’ex-Cavaliere era all’oscuro, mentre Renzi dice di non aver pensato al firmatario del Patto del Nazareno, che pare vacillare con la nuova legge elettorale, ed avrete un quadro, molto approssimativo, di uno Stato ed un sistema che si stanno sempre più sfaldando.

Ritenevo che per il premier fosse da prevedersi un”febbraio di fuoco”. Sbagliavo i tempi di poco: Si’, perché il fuoco si è acceso in gennaio e non ci sono solo le forche caudine dell’elezione del nuovo Capo dello Stato (e la “manina” forse ha bruciato la forte candidatura del ministro dell’Economia Padoan), prima c’è l’Italicum , sul quale la sinistra Pd darà battaglia, ma potrebbe anche essere alla base, magari su autorevole suggerimento internazionale, di un brusco cambiamento berlusconiano capace di mandare in tilt Renzi. Tutto questo, mentre la crisi socio-economica morde sempre di più e il terrorismo alimenta una paura che può sconvolgere la geografia politica dell’Europa, Italia compresa.

SCORIE

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In questi giorni si sta scrivendo molto su un problema di grande importanza per la nostra isola, si affaccia ancora la minaccia di essere destinatari di scorie radioattive da collocare in un sito del nostro territorio. Non è la prima volta che se ne parla ma, sino ad oggi questa minaccia, almeno da quanto io sappia, è stata scongiurata. Le forze politiche, sembra, siano tutte d’accordo per scongiurare questa “calamità “, non si sa sino a che punto siano tutte sincere, si può però dire che l’opinione pubblica è compatta nel rifiutare tale evento. I maggiori oppositori, come è ben immaginabile, sono i partiti ed i movimenti politici che si identificano nell’autonomismo. Vi è da dire che a rappresentare la sardita’ dei sardi sono in tanti, ognuno a tirar l’acqua al suo mulino. Penso di non dire cose errate, sostenendo che, addirittura, spesso sono in conflitto tra di loro.

Le scorie radiottive sono solo l’ultimo dei tanti soprusi che negli anni la Sardegna ha dovuto subire dallo Stato centrale. Vorrei tanto fare un elenco di questi sgarbi che il popolo sardo ha ingoiato. Il Regno dei Savoia, pur chiamandolo “Sardo piemontese”, considerava l’isola poco più che una colonia, i sardi, carne da macello, il territorio, luogo da baratto. Basti vedere da chi venivano sfruttate le nostre miniere per renderci conto di quale considerazione potevano godere i nostri avi.

In tempi più vicini poco è cambiato: ci hanno regalato una industria, la peggiore che si potesse immaginare in tempi moderni: il piombo primario, lo zinco, l’alluminio, la chimica, tutti i peggiori materiali inquinanti che non solo attaccano il territorio ma distruggono la vita dell’uomo, direttamente nel suo fisico sia verso ciò che lo circonda. In compenso la Sardegna può vantare di aver ospitato fior di capitani di industria, compreso quella di Stato, che al primo spirar di crisi hanno abbandonato il campo lasciando una diseconomia ed una macro disoccupazione, tenendosi ben stretti i proventi che tale industria aveva prodotto, grazie ai lauti contributi elargiti sia dallo Stato che dallo stesso ente regionale.

In politica, gli ultimi venti anni sono stati i più avari con rappresentanti di governo. Questo a dimostrare che l’autonomia, per quanto “speciale”, il riconoscimento del Governo centrale è stato limitato. E, vorrei aggiungere, l’Amministrazione regionale, nelle sue espressioni politiche, poco hanno fatto per far emergere la regione dalla sua abulia.

Ma, la parte più grave è il martirio cui è sottoposto il nostro, e sottolineo nostro, territorio, occupato abusivamente dalle servitù militari, in alcuni casi significativi, ridotte a poligoni, veri fronti di guerra violentati da ogni tipo di proiettili, anche sperimentali, usati non solo dal nostro esercito, il che sarebbe stato già abbastanza grave, ma calpestato da eserciti alcuni dei quali nulla hanno a che vedere non solo con la Sardegna, ma, addirittura, con l’Italia.

Ebbene, mi sia consentito di fare un appello, non ai sardi che, ne ho piena certezza la cui alta percentuale è molto vicina al mio pensiero: uniamoci, per far valere la nostra autonomia, uniamoci, per ottenere il giusto riconoscimento di essere POPOLO, uniamoci per essere padroni del nostro territorio, padroni della terra dei nostri avi, uniamoci, per far valere il nostro diritto di essere sardi, difensori non solo delle altrui democrazie, ma del nostro suolo.

Uniamoci, lo vorrei gridare non solo a quella piccola galassia di partiti e movimenti autonomisti (più nel nome che nei fatti), uniamoci, lo grido ai grandi partiti tradizionali, a quelli che sono al potere solo per la nostra ignoranza, a loro vorrei dire ‘fate sentire la vostra voce’, urlate la ragione della vostra autonomia, fatevi portavoce della volontà del vostro popolo che vuole e pretende che venga riconosciuta la possibilità di decidere del suo futuro ed il diritto di rifiutare di essere “colonia” di un paese alle cui origini ha dato nome, sangue, vita.

giustus