Lettera Berlusconi

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Ricevo e pubblico.

Caro Giuseppe,

oggi ho proposto ai gruppi parlamentari questa riflessione. La convidivido con te e con tutti gli amici di forzsilvio,it

Ci troviamo qui oggi per sancire insieme un cambio di linea. Diciamo subito che non siamo stati noi a voler abbandonare un percorso, quello delle riforme condivise.
E’ stato il Partito Democratico a cambiare le carte in tavola e noi non possiamo far altro che prenderne atto, con rammarico.
Avevamo creduto in un profondo cambiamento dei rapporti politici in questo Paese, di cui le riforme erano solo un aspetto, importante, ma non unico.

La proposta del nuovo Segretario del Pd, Renzi, di un dialogo ampio sulle istituzioni poteva essere la strada per uscire da quella guerra civile strisciante che ha avvelenato l’Italia negli ultimi venti anni. Avevamo condiviso le parole di Renzi, quel ragionamento teso a costruire un bipolarismo, anzi, un bipartitismo maturo.
Quel ragionamento suonava così: il Governo, in una democrazia bipolare, è affare di chi vince le elezioni, che deve essere messo in grado di decidere e di rispondere delle proprie scelte davanti agli elettori, senza scarichi di responsabilità.
Le istituzioni sono invece patrimonio di tutti i cittadini, sono patrimonio di tutte le forze politiche che li rappresentano. Nessuno può considerarle cosa propria, da cambiare o utilizzare per pure finalità o vantaggi di parte.

All’interno di questo ragionamento avevamo avviato un percorso di collaborazione per cambiare lo Stato, garantire al Paese una legge elettorale efficace, scegliere insieme gli elementi di garanzia del sistema, come il Presidente della Repubblica.
Non tutto in questo percorso ci convinceva, ma il progetto complessivo che poteva portare alla nascita della nostra Terza Repubblica su basi diverse dalla Seconda, era tale e di tale importanza, da farci accettare anche alcune forzature dei nostri compagni di viaggio e alcuni sacrifici, anche dolorosi.
Purtroppo il Partito Democratico ha voluto interrompere questo percorso, e lo ha fatto mostrando il suo vero volto, dimostrando la propria incapacità di cambiare confermando di considerare lo Stato e le istituzioni come cosa propria e non patrimonio di tutti, un patrimonio da usare a proprio esclusivo vantaggio.

La scelta non condivisa di una persona degna, come il Presidente Mattarella, fa emergere una serie di fatti che non possiamo oggi non considerare:
1. Il Partito Democratico, quando gli conviene, non esita a rimangiarsi la parola data. Questo dimostra che non ha ancora conquistato quella maturità politica, quel rispetto per l’interlocutore necessari a gestire una riforma costituzionale importante che aumenta i poteri del Premier e del Governo, riducendo le garanzie legate al Parlamento, che viene dimezzato, e legate alle autonomie locali, che vengono gravemente ridimensionate. Molte democrazie anglosassoni funzionano così, ma lì il rispetto reciproco, tra partiti di maggioranza e opposizione è antico e consolidato e la moralità del rispetto dei patti è sacra quanto le regole scritte. Basti pensare che la Gran Bretagna non ha neppure una costituzione codificata, ma funziona secondo regole non scritte ma inviolabili.

2. Il metodo scelto dal Pd per eleggere il nuovo Presidente, abbandonando ogni ricerca di condivisione per l’interesse di parte di riunire le anime frastagliate di quel partito ci da’ una lampante dimostrazione di come utilizzerebbe il nuovo quadro istituzionale.

3. La scelta di un arbitro condiviso era parte importante dell’applicazione della più profonda riforma costituzionale dal 1948 ad oggi.

4. Dunque non siamo noi oggi a sancire la rottura di un percorso, ma prendiamo atto con profondo rammarico del cambiamento voluto da altri. Continuare sulla stessa strada sarebbe ottuso e politicamente nefasto, non per noi, ma per gli elettori moderati che rappresentiamo e per il Paese tutto.

Voglio dire con chiarezza che avevamo creduto, avevo creduto fino in fondo al percorso di dialogo fin qui intrapreso insieme. Troppi danni erano stati procurati al Paese da quella guerra civile strisciante, da quella visione politica che vede l’avversario come un nemico, per non provare fino in fondo a cambiare le cose.

Oggi non è il momento delle recriminazioni e dei processi sommari. La linea politica seguita fin qui era la mia linea politica. Meditata, ponderata, valutata, in tutti i suoi aspetti. So bene quanto ci sia costata, quanto, a volte, sia costata personalmente a ciascuno di voi.
Vi ringrazio per quanto insieme abbiamo fatto fino ad oggi. E il fatto che il Partito Democratico non sia stato capace di portare fino in fondo questo cammino nulla toglie alla nobiltà del nostro sforzo.
Chi ci ha creduto fino in fondo come me, merita stima e rispetto.
Chi ha criticato questo cammino, sottolineandone le debolezze, se lo ha fatto in buona fede, come credo, oggi ha la possibilità di contribuire costruttivamente alla elaborazione di una nuova linea, senza recriminazioni, senza inutili e ingiusti regolamenti di conti, che troppo hanno indebolito Forza Italia.
Oggi si apre una fase nuova a cui tutti devono partecipare: chi si sottrae abdica alle proprie responsabilità e alimenta i sospetti di strumentalità della proprie critiche. Mi auguro che ciò davvero non avvenga.

Da ieri i nostri gruppi parlamentari hanno intrapreso una nuova linea. Noi non abbiamo mai fatto un’opposizione distruttiva.
Dal 1994 siamo convinti della necessità di riformare il nostro Paese.
Quindi, al di là delle spacconate talvolta indigeribili del Pd in queste ore, non abbiamo interrotto il nostro lavoro costruttivo. Lo abbiamo già detto, lo ripeto oggi: venuto a cadere quel patto profondo per cambiare insieme l’Italia, continueremo comunque ad appoggiare ciò che delle riforme ci piace e che riteniamo utile per il Paese.

Ma non accetteremo più di votare per tutte quelle parti che avevamo accettato solo per amore di un disegno più ampio e più importante. Valuteremo cosa approvare e cosa cercare di cambiare e alla fine del percorso, valutato come il nostro contributo sarà stato recepito dalla maggioranza, decideremo come comportarci al voto finale. E così faremo anche sulla legge elettorale.
Credo sia opportuno anche ricordare a questo Governo tutti i provvedimenti lasciati indietro per approvare queste riforme: è stata una corsa forsennata che ha paralizzato il Parlamento e lasciato indietro molti dei provvedimenti che certamente sono più urgenti per le famiglie e per le imprese: oggi il 25% degli italiani vive con meno di 10 mila euro all’anno, le imprese continuano a chiudere e a delocalizzarsi mentre il decreto sul lavoro e le deleghe fiscali languono nel limbo. I pensionati e gli artigiani non hanno avuto alcun segnale.

Non voglio approfondire i temi economici oggi, lo faremo presto, ma certamente dobbiamo sforzarci per riportare l’attività parlamentare su quelle decisioni che questo Governo sembra incapace di prendere, mentre l’Italia resta in stagnazione e all’orizzonte non c’è alcuna ripresa.
Oggi dunque torniamo ad esercitare a pieno titolo il nostro ruolo di opposizione a 360 gradi.
Lo faremo senza sconti e senza quella benevolenza che questo Governo ha dimostrato di non meritare. Lo faremo col senso di responsabilità che ci è proprio.
Per far questo dobbiamo lavorare in Parlamento, dove chiedo che tutti si impegnino al massimo e con costante presenza ed invito Paolo e Renato a convocare all’inizio di ogni settimana i gruppi parlamentari per decidere insieme la linea da tenere sui singoli provvedimenti e coordinare i relativi interventi. Dobbiamo però anche lavorare sul territorio dove il nostro partito ha bisogno di un nuovo slancio, di una rinascita in vista delle ormai prossime elezioni regionali.

A tal proposito vorrei chiarire, dopo aver letto tante inesattezze, la mia posizione sulle prossime alleanze alle regionali.
Chi scrive, dice di temere che si possano consegnare la chiavi del centro destra alla Lega di Salvini non conosce la nostra storia, la mia storia, e neppure i principi basilari della politica.

La Lega è un nostro importante alleato. Lo è da venti anni, spero possa esserlo anche oggi. Dobbiamo lavorare con generosità per ricostruire un centro destra alternativo alla sinistra perché uniti si vince, divisi si perde. Per farlo dobbiamo trovare una strada comune con i molti amici che compongono il centro destra e che oggi, talvolta, sono su posizioni diverse. Nessuno può imporre diktat, ma tutti debbono dare il proprio contributo. E una coalizione di centro destra non può ruotare che intorno ad un partito centrale come Forza Italia. Alcune cose oggi ci dividono, ma sono molte di più quelle che ci uniscono.
Anzi credo che tra le forze di centro destra vi siano meno divisioni che tra le sole correnti del Pd. Noi stiamo lavorando con generosità per ottenere quel che gli elettori di centro destra chiedono e meritano: la vittoria dei moderati e il governo del Paese.

Abbiamo talvolta rinunciato a ciò che pure ci aspettavamo pur di agevolare questo percorso: abbiamo per esempio consentito alla Lega di correre con un proprio candidato in Emila. Ma nessuno può interpretare la nostra generosità costruttiva come una arrendevolezza.
Abbiamo le nostre convinzioni e le difenderemo fino in fondo come difenderemo fino in fondo le nostre radici che si fondano nel popolarismo europeo.

Vogliamo aiutare la Lega a vincere in Veneto, ma non lo faremo mai a discapito della Campania, tanto per fare un esempio.
Non accetteremo diktat sugli alleati, ma come sempre siamo pronti ad ascoltare tutti. Siamo pronti ad appoggiare i candidati migliori, ma non ci faremo imporre i nomi dei candidati da nessuno.

E soprattutto pretendiamo che i patti vengano rispettati e che tutti ritirino i propri candidati non condivisi, soprattutto da Regioni dove già c’era un accordo.
Sono convinto che su queste basi di pari dignità e di obiettivi condivisi, potremo presto tornare a guidare questo Paese per il bene di tutti.

Dal 9 Marzo sarò in campo anch’io, sono sicuro che sarete tutti in campo con me.

 

SANTA TERESA (Lungoni) – LE ELEZIONI DI MAGGIO

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Come era bello quando Santa Teresa aveva una squadra di calcio. Tempi lontani: allora si era arrivati ad attraversare pure il mare, erano i tempi in cui il Patron sosteneva una squadra di tutto rispetto, per un paese di recenti tradizioni sportive, è stato un belvedere.

Poi la Famiglia ha lasciato il mondo del calcio per perseguire altri interessi, la politica è rientrata nella sfera, ma li i successi sono stati a fasi alterne e, comunque, anche quando il risultato sembrava positivo, in esame di bilancio,la passività ha superato il margine di sicurezza per approdare al fallimento.

Ho voluto fare questo preambolo per entrare, seppure di soppiatto, nel vivo delle delle anticipazioni della prossima tornata elettorale.

A maggio prossimo Santa Teresa ospiterà le elezioni amministrative e, come un rituale che si ripete, sono iniziate le grandi manovre. Veramente è dal dopo estate che qualcosa si muove: nomi che vanno, nomi che vengono, ambizioni spesso ricorrenti che sondano gli umori e, allo stesso tempo danno visibilità e motivo di discussione mentre si consuma un caffè o si prende l’ultimo sole di autunno. Se si desse retta alla moltitudine di nomi della prima ora, Santa Teresa si ritroverebbe a dover scegliere il suo primo cittadino su una rosa di almeno dieci candidati. Per fortuna, così non è. Le ambizioni pian piano rientrano, quello è il momento delle riflessioni e delle riunioni segrete (!), dei sussurri, del grand da fare dei soliti personaggi, sempre gli stessi, quelli che negli ultimi quattro anni sono rimasti in letargo ed ora torna la circostanza  di ritrovarsi, tutti a “trafficare” come se il tempo si fosse fermato. A sentirli tutti sembra vogliano solo ed unicamente il bene del paese ed invece, gratta, gratta, ti rendi conto che è solo piccolo protagonismo, solo per poter un giorno dire: io c’ero, io ho fatto, se non ci fossi stato io…le cose sarebbero andate diversamente.

Amore per la politica? No, assolutamente no. Solo un occupare il tempo ed ammazzare la noia, un trafficare quasi privo di riferimenti ideologici, il che non sarebbe male se emergessero almeno valori più nobili di quelli che lo spettacolo della politica nazionale ci sta dando. Nulla, qualche scarsa e confusa speranza di poter portare l’acqua al proprio mulino, poi, alla fine, neppure quello.

Nei vari consessi segreti, si fa per dire, si chiacchiera, fiumi di parole inutili, si progettano alleanze, si ipotizzano candidature, si fanno calcoli di voti adottando sistemi iperbolici, ogni compagine è sicura di vincere, di avere l’elettore dalla sua. Gli sconfitti di allora preparano a tavolino una strategia di rivincita per poi annullarla in seguito ad una confidenza ricevuta dall’amico che, dice di fare il doppio gioco pur avendo la sua posizione ben chiara, non ha ricevuto quel favore che si aspettava per aver fatto le stesse cose nell’altro senso la volta precedente. I vincitori, da parte loro, controdeducono e si preparano al contrattacco. Tutte le fazioni, parlano, pensano di tutto  ma, è certo, nessuno accenna ad un programma, per quello c’è tempo, si può fare all’ultimo momento, magari scopiazzandolo da quello presentato cinque anni prima, tanto a che serve? Per ora è bene stare li appartati, immobili in attesa della prima mossa dell’avversario, intanto si sviluppa ogni giorno di più un lavorio sotterraneo di intelligence che consenta il gioco di anticipo.

Noi vorremmo rendere edotti i cittadini su ciò che sta bollendo in pentola ma, ahinoi, non c’è nulla di quagliato, se usassimo la stessa tecnica dei nostri politici, potremmo addirittura ricercare i vecchi articoli di cinque anni fa, limarli e aggiornarli solo con qualche nome ed il gioco sarebbe fatto.

Così è la “nostra” politica. Come scriveva Tomasi di Lampedusa nel suo “Gattopardo” , “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

Rimpasto o elezioni anticipate? (Ma è davvero rotto il Patto del Nazareno?)

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giustus

 

Le dichiarazioni, le sottolineature, qualche volta anche pesanti accuse accuse, fanno pensare che tra Renzi e Berlusconi sia terminato quel grande amore, tradito dal primo e mal digerito dal secondo. Ma noi  conosciamo le doti di entrambi: sono tutti e due dei grandi bugiardi. Il Matteo mente per il piacere di mentire, la menzogna, per lui. è una facciata, lo fa quasi con spudoratezza, sembra goda delle sue bugie: penso al sistena fiscale, in costante aumento, eppure lui, in ogni occasione continua a sostenere che il suo governo sta diminuendo la pressione fiscale. Questo non è essere bugiardo alla grande?

Berlusconi è invece un grande mentitore per necessità: educato da una madre dolce ma integralista nel suo credo, ha sempre dovuto mentire, anche quando metteva il dito nel barattolo della marmellata: era peccato mortale, poteva incorrere nella punizione celeste. Nel crescere la sua tecnica si è certamente affinata sino ad arrivare al suo diapason quando era costretto a mentire alle sue donne, che ha sempre tradito nel perseguimento di nuove conquiste.

Ecco perché insisto nella mia convinzione bechè tutto giochi a mio sfavore. Il “Patto del Nazareno”, che io ora chiamerei accordo tra i due, e solo tra loro, vive e continua nella sua piena sintonia.

Quindi, nessuna reale rottura, ma il proseguimento di una fiction, chiamatelo bluff come si chiede “La Stampa di Torino”. In altri termini, non darei troppo credito al comunicato di Forza Italia e non prenderei per buone le dichiarazioni di Toti secondo le quali l’accordo con Renzi”’s’é rotto, scegliete voi come possiamo definirlo: congelato, finito.” Mi pare, infatti, più fondata la sottolineatura dell’on. Carla Ruocco, del direttorio dei grillini: “assistiamo al solito teatrino. Il Patto del Nazareno e perennemente in piedi. FI e Pd hanno votato insieme sull’anticorruzione”. Sì, alla Camera sull’odg dell’aula s’è assistito, oggi, ad uno scontro tra il capogruppo (confermato) Brunetta e il suo collega dei Dem Speranza, ma è fumo negli occhi.

Egualmente non convincono la vice-segretario Pd Debora Serracchiani (“meglio così, la sfida delle riforme sarà più semplice”) e il presidente del partito Matteo Orfini, leader dei “giovani turchi,(“senza Berlusconi è più facile fare le riforme”, dimenticando che, al Senato, il voto dei forzisti “è stato più volte determinante”. E, probabilmente, lo sarà ancora visto che la sinistra Dem ha rialzato la testa e pretende modifiche all’Italicum e al Jobs Act che, secondo Matteo Renzi, non si toccano.

Non sono d’accordo con il segretario-premier né Cuperlo e Fassina, ma anche un leader interno più cauto come Pierluigi Bersani: “Matteo confermi il “metodo Quirinale” e non avrà più problemi. Noi non chiediamo né verifiche né rimpasti, ma modifiche”. Queste: eliminando dell’Italicum quasi tutti i capolista blindati; la correzione del Jobs Act in particolare sui licenziamenti disciplinari; la revisione del decreto fiscale, mettendo il tetto della non punibilità per le somme evase anche al 3%, ma indicando la cifra massima.

Renzi, però, non ci sta: “la legge elettorale non cambia più, abbiamo discusso, ora basta. Sul Jobs Act il Parlamento ormai non c’entra più. I decreti delegati li fa il governo”. L’unica apertura può essere sul decreto fiscale, ma per la sinistra è insufficiente e vuole, inoltre, – come ha detto Bersani – che “tutte le scelte strategiche possono e devono nascere dentro il partito”.

Dunque, nei fatti il Patto del Nazareno è più necessario di prima per il premier, nonostante continui a dire “i voti li trovo comunque”. Al Senato, però, non può essere così certo se non asseconda la sua sinistra. Né pare offra un sostegno ad Alfano, che dice: “noi voteremo le riforme”, quando riferendosi alla richiesta di verifica avanzata dal Ncd afferma: “Niente verifiche o richieste dei partitini, non perdo tempo con i partitini: E’ finito il potere di veto, in cui un singolo partito si metteva di traverso. Quella stagione è finita per tutti : partitini, partitoni, partitucci”.

Come se non bastasse ironizza su Alleanza Popolare, che in parlamento comprende alfaniani e centristi: “Io non trovo un cittadino che mi dice: signor Presidente cosa farà Alleanza Popolare in Campania? Primo: perché il 99% degli italiani non sa cosa sia Alleanza Popolare”. E per finire ecco una stoccata ad un altro partito che fa parte della maggioranza di governo: “Esiste ancora Scelta Civica?” No – è notizia di oggi – è passata ari e bagagli nelle file del PD

Ora secondo voi un’arroganza così evidente, con il rischio di una dura reazione di due partiti che fanno parte del governo. è fine a stessa o non risponde alla certezza di avere le spalle coperte da Forza Italia e, quindi, ad una precisa strategia politica, concordata con Berlusconi. Che, con l’ ultima uscita, vota contro qualche atto del governo, mettiamo nell’economia, ma conferma l’appoggio alle riforme, ricompattando, almeno in parte, il suo rissoso partito e recuperando consensi per, poi, decidere con Renzi il nuovo percorso. Ossia: o elezioni anticipate a maggio, insieme a regionali e amministrative, con il Consutellumm proporzionale e sbarramento al 4% per fare, poi, l’intesa verso il Partito della Nazione; o crisi provocata e pilotata per un rimpasto che preveda l’ingresso al governo di Forza Italia con conseguente scissione di una parte della sinistra Dem.

Fantapolitica? Credo proprio di no come credo sia stato eletto un ottimo Presidente della Repubblica che in un discorso di appena mezz’ora ha indicato cosa la politica deve fare, oggi, per recuperare un indispensabile rapporto con i “concittadini” , come Mattarella chiama gli italiani per ricreare il clima di Comunitas.

IL PATTO DEL NAZARENO E’ PIU’ FORTE DI PRIMA

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Non mi sono mai lasciato ingannare dalle apparenze e continuo a non farlo neppure ora. Matteo Renzi  seppur definito da Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera di cui è stato Direttore, “Renzi, ambiziosetto, senza cultura politica, fosse anche intelligente avremmo il Duce”, e questo per me è la conferma, è senza ombra di dubbio un gran furbacchione, qualche svolta spregiudicato, sino a rasentare la scorrettezza, ma sempre calcolando le mosse successive.  Non mi faccio neppure ingannare dai cori sulla sconfitta di Silvio Berlusconi  per tutta “l’operazione Quirinale”, la verità, secondo me, è un po’ diversa. Quell’operazione  non solo è stata concordata tra i due, ma forse, addirittura, suggerita dall’ex-Cavaliere.  Mi si osserverà: ma Berlusconi non proponeva Amato? Solo facciata. Non si deve mai dimenticare che fu proprio Amato il primo a tradire Berlusconi: proposto per un breve governo elettorale, scaricò l’ex cavaliere e passò al nemico. Secondo me, forse sarà pure fantapolitica ma le cose potrebbero essere andate così: Lui, attraverso il suo antico e segreto solidale Massimo D’Alema. Questi, per primo, ha proposto la candidatura di Sergio Mattarella, subito appoggiata  da Pierluigi Bersani eppoi applaudita  anche da tutta la sinistra Dem, suscitando l’entusiasmo e le lacrime di un avversaria dei renziani come  Rosy Bindi che è corsa persino ad abbracciare il premier .

Come dicevo, tutto si può dire di Matteo, ma non che sia un ingenuo o uno sprovveduto. Sapeva bene che candidare il giudice della Corte Costituzione avrebbe fatto rialzare la testa, com’è poi avvenuto, della sinistra interna con la richiesta di cambiare le riforme, ad iniziare dalla legge elettorale, mettendolo in difficoltà anche a livello governativo per l’opposizione degli alfaniani ai cambiamenti e, di fatto, nelle mani dei Cuperlo, Fassina e di Sel per le riforme non avendo più il sostegno, spesso determinante al Senato, di Forza Italia. Quello del premier sarebbe stato un clamoroso autogol, non una vittoria.

Il Patto del Nazareno”, però, regge, anzi s’è rafforzato, com‘era nelle intenzioni dei due big. Non è un caso che lo stesso Renzi abbia detto: “dire che Grillo e Silvio Berlusconi  sconfitti è una lettura in politichese”, specificando, inoltre,  che “alla Camera Forza Italia non è importante dal punto di vista numerico, ma come  idea di riforme condivise e credo continui a starci”, ovviamente al Patto, pur aggiungendo che “noi comunque andremo avanti”, tanto per dare un contentino agli oppositori interni.  E a chiarire definitivamente la situazione  e rispondere a Bersani (“Renzi non può ora pensare di aver chiuso la pratica .alla Camera vorremo migliorare la legge elettorale”) ha pensato il braccio destro del premier , ossia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio  Graziano Del Rio, Leggete queste sue dichiarazioni: “Non esiste alcun metodo Quirinale, l’elezione di Mattarella non è stata la prova generale per altre operazioni politiche. Su Italicum e riforme  non cambia nulla”. Tradotto significa: niente svolta a sinistra, rimane il Patto del Nazareno.

Berlusconi, dunque, non esce affatto sconfitto dall’elezione di Mattarella, che lo ha addirittura invitato alla cerimonia di insediamento, anche perché non ha fatto mancare i 70, tanti sono calcolati, franchi soccorritori  per supplire ai franchi tiratori che, nonostante gli accorgimenti di fanfaniana memoria, ci sono stati anche se in misura minore, circa una trentina dem, più una parte del Nuovo Centro Destra, che è stato messo all’angolo dal premier e l’ex-Cavaliere e si trova, oggi, nel caos.

Accennavo agli accorgimenti anti-franchi tiratori, merita citarli. Imitando quel che avvenne, in quel caso con scarsa fortuna, in una elezione presidenziale alla quale puntava Amintore Fanfani, i grandi elettori pro-Mattarella  sono stati divisi in blocchi : i deputati dem aveva ricevuto sui cellulari l’ordine di votare solo Mattarella, i senatori Sergio Mattarella, i 60 “giovani turchi”, sospettati di simpatie per altri on. Mattarella Sergio e così via gli altri con aggiunta di prof., di prof. on. Probabilmente non c’era nemmeno bisogno di questo marchingegno da vecchia politica e, infatti, i franchi soccorritori sono stati, comunque, aggiuntici. Franchi-soccorritori  organizzati soprattutto da Verdini e Gianni Letta e vi pare che  questi due stretti collaboratori di Berlusconi l’abbiano fatto senza il consenso del Capo, che, guarda caso, alle 9 del mattino dell’elezione presidenziale aveva telefonato a Mattarella per dirgli che una parte dei miei ti voterà?

Altro che sconfitto l’ex-Cavaliere  .Che è stato addirittura invitato  all’insediamento presidenziale  proprio dal neo-eletto e che ha riacquistato parte dell’agibilità politica poiché il giudice gli ha dato, nonostante il parere contrario della Procura, uno sconto di pena e,quindi, non dovrà più andare  ai servizi sociali. Chi, invece, si trova in grande difficoltà è Angelino Alfano che ora cerca di recuperare, facendo la voce grossa con Renzi (“non avremo prudenza né paura nel far valere i nostri argomenti. Abbiamo già dimostrato di possedere forza e coraggio per rotture faticose”), annunciando che su Jobs Act e banche popolari gli alfaniani daranno battaglia.

Il premier, però, sembra proprio non considerarli, forte dell’intesa con Berlusconi, dicendo: “Chi deve leccarsi le ferite lo faccia, non c’è bisogno di discussioni politiche… fanno vecchia politica. Siamo qui a governare l’Italia, non a perdere tempo con i partitini e ricompattare le alleanze interne.” Dichiarazioni, queste, che danno forza ai dissidenti NCD, in testa Quagliarello , Cicchitto, il ministro Lupi (candidato sindaco a Milano per il centrodestra?) e i dimissionari dalle presidenze dei gruppi De Girolamo (Camera) e Sacconi (Senato), mentre hanno rassegnato le dimissioni con l’intenzione di lasciare il partito anche la portavoce Saltarini e il tesoriere Maurizio Bernardo. Critico con Alfano anche  il segretario dell’Udc Cesa, unito nei gruppi parlamentari al Ncd nell’Alleanza Popolare. Non mancano le pressioni perché Alfano si dimetta da ministro della Difesa, ma questo anticiperebbe forse troppo  un processo che, contenuto nel Patto del Nazareno, prevede l’ingresso di Forza Italia nel governo com’è era con Enrico Letta premier.

Di certo l’”operazione Quirinale” che, dopo molti anni, ha visto il ritorno di un democristiano al Colle, facendo risorgere antiche nostalgie, porterà indubbie novità sulla scena politica.  Di certo ricreerà uno stretto collegamento con gli Stati Uniti, oggi un po’ appannato  per quella che i democratici americani ritengono un’eccessiva vicinanza di Renzi alla Merkel. Il nuovo inquilino del Colle è ben visto dai circoli Usa e, in particolare, dai repubblicani che, con Jed Bush, appaiono favoriti per la successione ad Obama. Non va dimenticato, infatti, che Mattarella era vice-premier di D’Alema e ministro della Difesa quando il 24 marzo del 1999 autorizzò gli aerei italiani  a bombardare Belgrado e la Serbia, come aveva deciso il precedente governo Prodi , in ossequio all’Alleanza Atlantica, ma non rispettando la Costituzione che prescrive di dover dichiarare guerra ad un Paese prima di iniziare un’azione bellica.

 Comunque sia, ora per Matteo Renzi viene il difficile nell’attuazione della sua strategia. Silvio Berlusconi dovrà, sì, affrontare problemi all’interno di Forza Italia , ma è probabile (visto come la Boschi ha difeso l’emendamento alla delega fiscale e l’invito al Quirinale per l’insegnamento del neo-eletto quasi anticipazione di una  eventuale grazia) il ritorno alla completa agibilità politica all’ex-Cavaliere  che favorirebbe  il recupero dell’unità interna anche con l’arrivo di alcuni ex-alfaniani e la prospettiva di futuri, ma non lontani incarichi di governo. Il problema, invece, è per il premier che dovrà affrontare  non pochi scogli e continua a perdere consensi.

Sì, questo febbraio, che i saggi definiscono “corto e maledetto”, appare proprio un mese decisivo. Soprattutto per Renzi, il suo governo e il futuro Partito della Nazione anche perché sulla via di un rimpasto guidato o di elezioni anticipate c’è, sullo sfondo, il fantasma di un Esecutivo d’emergenza guidato da un deluso Giuliano Amato, inutilmente sponsorizzato per il Colle dai democratici americani.

giustus