Al duo Salvini-Meloni La vittoria ha fatto perdere la testa

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Forse sarà il tormentone della politica di questa strana calda estate che, inevitabilmente, precede  le elezioni politiche. La campagna elettorale è iniziata? Io sono propenso a dire che, in questi ultimi anni di berluscongrillsalvinmelonrenzismo, non si è mai interrotta, a prescindere che si vada al voto negli ultimi mesi del 2017 o nei primi sei mesi del 2018. Se si da uno sguardo alla cabala, non vi è dubbio che a votare si andrà nel 18, il 17 è un numero che porta sfiga, specie ai piddini che non ammetteranno mai, anche quando, come in quest’ultima tornata amministrativa, hanno preso una tale asfaltata da far invidia alle strade italiane e, principalmente a quelle romane, notoriamente, piene di buche.

Gli unici a non lagnarsi, anzi, per dirla con Brunetta, quelli del centrodestra è “una moderta vittoria”, oltretutto, aggiungo io, ottenuta con il concorso grillino e le alte astensioni, fanno, talvolta, perdere la testa a certi politici d’assalto. E’ accaduto anche dopo i ballottaggi che hanno premiato il centro-destra con i populisti che, presi da un entusiasmo eccessivo capace di portare a cocenti delusioni, lanciano in coro la sfida ad un Silvio Berlusconi, sempre più al centro della scena politica italiana.

Prima il leghista Matteo Salvini, poi addirittura con maggior foga una Giorgia Meloni formato missino puro pongono quasi un dicktat: o si piega al “metodo Toti” in salsa leghista-sovranista o addio alleanza, quelli andranno da soli verso il sol dell’avvenire  certi di vincere. Follia politica pura, questa, abbaglio colossale come un miraggio in pieno deserto del Sahara.

Il leader leghista, che con finta modestia si dice disposto a fare, personalmente, un passo indietro, ma non sul programma che lo vuole a trazione populista, rilancia il “modello Toti”, ma senza Alfano, che pure a Genova è stato determinante, e propone una legge elettorale maggioritaria. Ancora più dura la big di Fratelli d’Italia, probabilmente eccitata dai sindaci presi a Pistoia ed a l’Aquila, dimenticando le percentuali ottenute dai singoli partiti di centrodestra e l’attività elettorale svolta nel capoluogo abruzzese da personaggi come Gianni Letta e dall’ex-capo della protezione civile Bertolaso.  Leggete queste frasi della scatenata Meloni: “basta inciuci con Renzi, Silvio faccia una scelta, altrimenti avanti da soli”. “il Cavaliere parla di moderazione, ma è una categoria politica che non esiste. E’ il tempo di noi populisti”. Ed ancora : “tra me, Matteo e Toti c’è gioco di squadra  così possiamo vincere le elezioni.”  Vi risparmio il resto che è tutto un inno al sovranismo, al populismo, al politicamente scorretto, dimenticando, oltretutto, che su questo piano sono più credibili i grillini, i quali, non a caso, hanno rettificato la loro linea, meno populista, meno anti-Bruxelles.

Dimenticano quello che pare il trio Lescano della politica, l’altissimo astensionismo, il fatto che la stragrande maggioranza degli aventi diritto al voto hanno disertato le urne, segno di una crescente sfiducia   verso gli attuali protagonisti nelle istituzioni. Il rilancio di Silvio Berlusconi, pur costretto a star fuori dal Senato per quello che fu un colpo di mano allora avallato anche da Renzi ed accettato dagli alfaniani. Appare significativo perché l’aumento di consensi a Forza Italia è dovuta soprattutto alla sua leadership  che propone con chiarezza una coalizione di centrodestra  “liberale, moderata, basata su radici cristiane”, ispirata  al PPE ed a quelle esperienze di centrodestra “vincenti in tutta Europa e oggi anche in Italia”.

Siamo, come si vede, agli antipodi della linea proposta dal duo populista e inserita nel “metodo Toti”. C’è da meravigliarsi, quindi, se il Cavaliere insiste sul sistema elettorale proporzionale che pare ora convinca anche Matteo Renzi che rilancia il Consultellum adeguato al Senato, convincente anche per Grillo e tale da lasciare in sospeso le alleanze post-voto se nessuno conquista il 40%. Anche il Pd, in sostanza, eviterebbe in questo modo qualsiasi discorso di collegamento con la sinistra, in particolare Pisapia, spostandosi, così, più al centro e potendo sperare di attrarre   elettori moderati  come farà, ancor più proprio Forza Italia senza avere la palla dell’estremismo populista.

Si è aperta, così, di nuovo, se mai s’era chiusa, una partita apparentemente tripolare  perché, poi, nella sostanza  è giocata al centro, con un po’ di sinistra da un lato(pd) ed un po’ di destra moderata(Forza Italia) dall’altro, ossia con due giocatori destinati, probabilmente, ad incontrarsi per costruire il famoso Partito della Nazione .

Quanto ha contato Beppe Grillo sulla stravittoria del centro-destra?

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Il centrodestra stravince nel turno parziale amministrativo e questo è un fatto, ma, ‘diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Beppe (Grillo) quel che è di Beppe’. Anche l’aiuto grillino è un fatto. si potrebbe dire che sia stato un bis alla rovescia quando i voti leghisti, forzisti e meloniani andarono, nei ballottaggi, ai candidati pentastellati di Roma e Torino. Parole sante quelle di Brunetta quando sostiene che è stata una vittoria morbida quella del centrodestra come dire  che l’esultanza di Salvini, che si vede già a Palazzo Chigi, non ha vere fondamenta sia perché il Cavaliere non lo appoggerà, sia perché i molti, troppi, astenuti potrebbero cambiare le carte in tavola ed i 5 Stelle giocherebbero in proprio.

Va detto, innanzitutto, che tutti i sindaci eletti sono di minoranza, in molti  casi di netta minoranza e che il centrosinistra paga le troppe divisioni interne e la scissione avvenuta nel Pd tanto che non funziona nemmeno dove  le varie tribù, come le ha definite Damilano sull’”Espresso”, si sono riunificate a sostegno dello stesso candidato. Così sono cadute anche roccaforti rosse  come La Spezia, città del ministro della Giustizia Orlando, come Genova, come Pistoia, come Piacenza, come, addirittura quella che era stata definita la Stalingrado d’Italia, ossia Sesto San Giovanni. E che dire della bruciante sconfitta dem a l’Aquila, dove ha vinto il candidato di centrodestra che  aveva imposto la sua campagne elettorale sul molto fatto dal governo Berlusconi dopo il terremoto.

Certo, oggi il Cavaliere, che s’era molto impegnato anche in Tv a favore del centrodestra, può sostenere: “sono tornato”, ma fossi Salvini non esulterei tanto  e mediterei sulla riunione che, proprio il sabato prima dei ballottaggi, il presidente dell’europarlamento Antonio Tajiani aveva fatto, con il  sì del Capo, a Fiuggi con un bel po’ di parlamentari forzisti ed un folto gruppo di dirigenti, la parola d’ordine è stata “no ai populisti”, “noi siamo il partito guida del centrodestra”, “l’unico leader è Berlusconi e ci riconosciamo nel Partito Popolare Europeo”, che è la bestia nera dei salviniani che, non a caso, non hanno votato, all’europarlamento, per Tajani definito dal loro leader “un servo della Merkel”.

Ora, secondo voi, questo folto ed importante gruppo di berlusconiani, che si sta ingrossando con l’arrivo di qualche alfaniano e persino di un paio di ex-grillini, potrà accettare un Salvini candidato premier? Credo proprio di no, come  ritengo che  il presunto metodo Toti, cosi’ vicino ai leghisti, possa fare molta strada anche se il presidente della Liguria  può vantarsi di indubbi successi elettorali, guarda caso ottenuti grazie anche all’apporto degli odiati, dai  legisti, alfaniani, e spera che alla fine possa essere lui il supercadidato a Palazzo Chigi.

Dovrebbe, inoltre, far riflettere tutti i politici lo strano silenzio di Matteo Renzi durante l campagna elettorale, nemmeno un appello ai cittadini come sarebbe stato consuetudine. Credo che il distacco da questo turno parziale elettorale  sia stato voluto perché convinto di una disfatta  annunciata e inevitabile  da monetizzare a livello politico. Sì, proprio così  perché ora si parla, di nuovo, di voto anticipato a novembre con Gentiloni che presenta a Bruxelles la finanziaria che sarà, però, votata di un altro parlamento. Il segretario del Pd, in sostanza, non si vuol far logorare dai Bersani e dai D’Alema che possono togliere la fiducia a Gentiloni proprio sulla manovra economica, quando non esistono più i tempi del voto anticipato, con Forza Italia costretta a votare quella manovra per senso di responsabilità. Renzi teme molto questa trappola, come ha detto ai suoi, parlando di voto a novembre  in caso di sconfitta ai ballottaggi o in caso di tenuta e la teme ancor di più dopo l’Assemblea di sabato, a Napoli, del Centro Democratico di Tabacci  che ha indicato come leader di un nuovo Ulivo Pisapia, li, in prima fila accanto ad un Bersani che ha risposto a brutto muso a Prodi per il quale è impossibile rimettere insieme i cocci del centrosinistra per i “veti incrociati”. “No – ha replicato il leader di Art. 1- Qui non ci sono comari  sul ballatoio, non siamo mossi da astii personali, ma delle idee che sono diverse. Per questo serve discontinuità con il renzismo” E tanto per  rendere più incandescente il clima ecco l’affondo: “Non siamo stati invitati a confrontarci  su cosa pensiamo sui voucher e Consip. Se non ci si chiede niente, cerchiamo di mantenere la fiducia al governo finchè è possibile: Poi ci teniamo le mani libere nel merito dei provvedimenti”.  Più chiaro di così!

Questo accadeva sabato  e non credo che queste parole siano state un buon viatico per un invito a recarsi alle urne al vecchio popolo della Ditta  che, alla fine, ha disertato le urne, in parte, magari, anche per far perdere Renzi,   com’è avvenuto. Pensate solo che nei capoluoghi dove si è votato il centrosinistra aveva 15 sindaci ed oggi ne ha solo 6, mentre il centro-destra  ne aveva 6 ed oggi ne ha 16, mentre i 5stelle sono passati da 2 a 1 che avevano. Se, poi, si fa il conto di tutti i comuni  superiori ai 15.000 abitanti,  il centrosinistra ne prende 56  su 93 che aveva, mentre il centrodestra quasi raddoppia passando da 24 a 47  e le liste civiche da 23 a 46, la destra da 4 a 7 ed i 5Stelle  da 2 ad 8.

E’, quindi, una debacle  per la sinistra, comunque la si voglia catalogare, ed ora il segretario del Pd avrà buon gioco a  sostenere che il vecchio centrosinistra non funziona più, che la vittoria del centrodestra è effimera perché dovuta dalle troppe astensioni ed al “soccorso” grillino e che, quindi, la linea attuale del partito è quella giusta  sì che alle “politiche”, quando anche i grillini giocheranno in proprio, sarà tutto diverso.

Tra l’altro anche all’interno dei dem  nessuno, tolto il governatore della Puglia che ha portato a casa il successo di Lecce e Taranto,  potrà attaccare il segretario, considerato anche il clamoroso flop di La Spezia, città  di Orlando fautore del centrosinistra unito.

Si apre ora una nuova corsa al voto anticipato, ma dopo settembre per tranquillizzare chi, alla prima legislatura, perderebbe la pensione, e Silvio Berlusconi potrà rilanciare  l’intesa sul sistema elettorale tedesco rivisto all’italiana, con solo un 30-40% di collegi uninominali ed il 5% di sbarramento. Un sistema che rimanda a dopo il voto le vere alleanze  con la “grande coalizione” sempre più probabile: Ossia come era stato concordato tra Renzi e il Cavaliere.  E’ fantapolitica? Chissà? Io credo di no, anche se la strada per arrivarci non è ne semplice ne facile. E, soprattutto, potrebbe avere una variante: si protrebbe prospettare un presidente del Consiglio con tutte le caratteristiche e le sembianze di un Mario Draghi.

Michela Murgia e il suo rapporto con facebook

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Seguendo la lettura dei quotidiani, nazionali e locali, in una ricerca sulla notizia sensazionale della settimana, credo, spicchi fra tutte, l’unica, quella che non ti saresti mai aspettat., Eppure la nostra regione in questi ultimi giorni è stata investita da avvenimenti di grande rilievo, penso al Gay Pryde regionale che si tiene a Santa Teresa Gallura. Qualcuno si chiederà dove sta l’originalità, ma, non ve ne sarebbe alcuna se passasse come motivo di incontro tra persone, una riunione come tante altre, da quelle politiche a quelle sindacali, la notizia è che questa manifestazione ha il patrocinio ed il sostegno materiale sulla voce “cul tura” che l’amministrazione comunale ha dato come suo imprimatur.

Ma, va tutto bene perchè la nostra Isola ha fatto anche di più, pensate, in questa settimana, ha ospitato il G7, no, non quello dei Capi di Stato, quello degli altrettanto importanti ministri dei trasporti che non sono poca cosa.

Parlando di trasporti, torniamo alla Notizia quella con la A maiuscola, l’ira di Michela Murgia postata su facebook.

L’antefatto: la celebre scrittrice prestata alla politica, non certo per ricevere un futuro vitalizio -non ne ha necessità, lei ha i proventi dei suoi libri-, si trovava per lavoro a Roma dove, sembra, conduca un programma televisivo del quale non so dirvi alcunchè perchè ne ho preso conoscenza proprio in questa circostanza, senza neppure immaginare di che tratta. Dicevamo: Michela Murgia doveva rientrare con urgenza da Roma in Sardegna per partecipare alle esequie di una sua amica deceduta, ritengo, prematuramente e, a causa di una mancanza di posti sugli aerei Alitalia, posti riservati alla continuità territoriale, ha rischiato di dover saltare questo questo suo preminente impegno, perchè, neppure per lei, vip di chiara fama, consigliere regionale, seppur di opposizione, candidata alla presidenza di quella regione che l’ha battezzata del rango che gli deve essere riconosciuto per i meriti conquistati sul campo, costringendola  a spostarsi da Fiumicino aereoporto Leonardo Da Vinci a Ciampino, aeroporto di secondo ordine, dove decollano gli aerei della compagnia Irlandese Ryanair e dove ha trovato un posto low cost tra i comuni mortali e comunque tale da permettergli di adempiere al dovere delle esequie della sua cara amica.

Tutta questa vicenda  che ha fatto scaturire l’ira della nostra scrittrice premio Campiello e tanti altri, che ha augurato, sull’ormai famoso post, quanto accaduto a lei si potesse ripetere ai figli del presidente della Giunta e dell’Assessore ai trasporti nel momento del trapasso dei due due esponenti della Giunta sarda.

In effetti bisogna ben dire che c’è voluto uno sforzo di fantasia notevole per immaginare un simile quadro, sicuramente pesante sotto ogni possibile aspetto, allo stesso tempo, mettiamoci nei panni della scrittrice, non poter prendere un biglietto in continuità territoriale, rischiare di perdere la cerimonia funebre, viaggiare in volo low cost non poteva che far emergere il vero lato umano della signora, con tutte le sue debolezze, mettendo allo scoperto le sue fragilità. Come possiamo non comprendere certi stati d’animo? Come non dimostrargli tutta la nostra comprensione? Si, Signora Murgia, mi consenta di esserle vicino esprimendo la mia totale solidarietà personale e di tutti coloro che come me che, pur confessando che non mi è piaciuto il suo premio Campiello, hanno patito le sue pene di quei momenti drammatici trascorsi nel tratto Fiumicino-Ciampino, nel dubbio che in quello spazio di tempo stesse consumando il meglio di se stessa, della sua personalità del suo essere umana fra gli umani. Siamo tutti con lei.

Grillini, fuoco di paglia?

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Un fuoco di paglia? Non sarebbe il primo. Se torniamo indietro, da L’uomo Qualunque nel 1946, sembrava dover conquistare l’universo politico, arrivando a Di Pietro, attraverso la Lega di Bossi che passò da un parlamentare per conquistarne una ampia rappresentanza  per tornare poi ad un più  modesto  risultato. Ma, queste sono solo elezioni amministrative, è vero, ma dopo la rottura, in Parlamento, sulla nuova legge elettorale  avevano assunto un chiaro significato politico  anche per una verifica su un centro-destra meno salviniano. I risultati sono eloquenti: clamoroso flop dei grillini che non riescono ad andare ad un ballottaggio nei comuni capoluogo, spesso confinati addirittura al quarto posto; centro-destra in grande spolvero, grazie alla linea moderata imposta da Berlusconi e Zaia,  mentre il Pd tiene, ma rischia di perdere comuni importati ad iniziare da Genova, dove in testa c’è il forzista Bucci.

Sembra quasi che gli italiani, sia pure in un turno parziale amministrativo, caricato, però, di grande valenza politica,  abbiamo voluto  mandare un messaggio ai partiti: basta tripartitismo che finisce per bloccare tutto, meglio il vecchio bipartitismo che, alla fine, in situazione di emergenza può anche trovare un’intesa .

Di certo, comunque, c’è che i risultati dell’altro ieri, con un afflusso alle urne  superiore al previsto considerato che non si votava anche lunedì come in passato, dovrebbero far riflettere molti, ad iniziare da Matteo Renzi, tentato dalla svolta a sinistra con l’offerta di alleanza a Pisapia  (Campo Progressista) che, comunque, ha definito “alquanto insolita” tale offerta  ed ha già posto condizioni probabilmente inaccettabili. Sì, perché per vincere  si deve dire addio agli estremismi perché la maggioranza degli italiani, come dimostra la storia democratica del nostro Paese è moderata, intendiamoci: non conservatrice, ma rifugge da “sovranisti”, populisti, ultrasinistri  e chiede moderazione, coniugata con giustizia sociale, lotta alla povertà, legalità, sicurezza.

Il risultato positivo del centrodestra fa parte di questa realtà, non a caso la clamorosa intervista pre-elezioni di Zaia che ha definito razzisti chi, tra i leghisti, lo aveva criticato per la foto con un giocatore di calcio di colore postata su facebook, aggiungendo che nel Veneto oltre 400 mila extra-comunitari sono cittadini italiani o in procinto per diventarlo. E non a caso, soprattutto, le insistite dichiarazioni centriste di Silvio Berlusconi , talvolta criticate da Salvini.

Lo comprenderanno i nostri politici il, messaggio inviato dai cittadini laddove si è votato? Auguriamocelo. Nell’attesa di verificarlo aspettiamoci quindici giorni di campagna elettorale  per i molti ballottaggi-suspence. Il confronto, in apparenza, è tutto tra centro-destra e centro-sinistra, ma vari fattori rischiano di ingarbugliare le acque politiche. Innazitutto  che farà quel che resta dell’elettorato grillino?  E le numerose liste civiche come si pronunceranno? E evidente che, in questo caso, prevarranno considerazioni ed interessi  locali, alleanze di potere.  Rimarrà, comunque, il dato politico odierno e, forse, i futuri sviluppi  potrebbero essere migliori del previsto.

Per il bene di tutti, speriamolo.

 

Ghjà l’agghju fatta bona a no sapè cos’era

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In li di passati, da muntagninu, mi socu missu a faiddà di “ruzzu”, senza mancu sapè cos’era, in fundu ca ma ripresu haia li so ragjoni pa fallu. Uno chi n’arrea da fora e chi capitighja in Lungoni da appena sessantacinq’anni, undi ha presu mudderi da una familia chi di mari no n’ha mai cumpresu nudda, saria statu gjustu chi aessia auto un pocu di cilevrio prima di lampà parauli a fanfara.

Chirendi scusa a tutti li lungunesi pa essemme fidatu di un pocu di passoni chi erani chi in la spiaggja, ancora iddi di fora, chi n’erani lampendi l’aria e tuttu lu mundu, a smaniattati, buchendici li muschi chi sill’erani magnendi, dapoi daé ascultatu li so ragjoni, aghju pinsati di piddà un pezzu di paperie una pinna e mi socu missu a iscrì pinsendi di fa una cosa bona a richjammà l’attinzioni di ca cridia chi pudia fa calche cosa pa rimidià la cosa.  L’aghju fattu palchì  ca era fendi la prutestia erano turisti, di chiddi chi haini sciuarato Lungoni pa passà calche ciurrata bedda in lu locu più beddu di lu mundu.

No mi saria crettu mai chi li me parauli, scritti pa lu bonu diani fa attidià tanti passoni, pinseti, ancora passoni manni abbeddu chi di ruzzu (a no aellu imparatu innanzi, mi saria puduto rigulà meddu) si n’intendini. Eu, colciu a me, undi lu dia imparà? In Caragnani non vi n’è mai statu, a Roma no n’aggju istu mai, la me ispirienza  s’agabba tutta chi. Misciacci lu Sindacu non eri in lu me intentu, resuscità lu colciu Acchjappamusci, chi era una bon passona, ancora di mancu, scumudà l’alta pulittica, peggju ancora.

Eu, colcia a me, aggjti pacienza, socu abituatu a di lu chi pensu, candu possu, cilcu sempre di fallu pa fa bé, siddu chista olta la sincerità no è piaciuta a calche d’uno, m’appellu alla so buntai e allu so bon cumprindimentu palchì mi oddia paldunà, tinendi contu chi socu sempri uno di fora.

Vi prummettu chi siddu duissia capità che calche cosa non mi piaci e non mi la possu tinè, mi faraggju primura d’attrugavillu prima, maccari in gadduresu in manera chi li di fora no cumprendini. Ma  precu a tutti, no scumudeti li passunalitai, chissi è meddu non cilcalli, non si sa mai, pudaiani ammusciassi  e tandi si chi li cosi s’imbruttani, è meddu tinelli fora iddi si chi poni fa danni manni. Eu, pa lu chi possu, agghju a cilcà di stamminni allonga.

Avvidecci sani a tutti.

ORMAI E’ COSA FATTA.

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La sceneggiata si è conclusa (Si affaccia l’ipotesi Calenda)

La legge elettorale è ormai cosa fatta, mancherebbero solo piccoli dettagli, poi si va avanti con l’apparente intesa Pd-Forza Italia-M5Stelle-Lega. Ovviamente questo pseudo patto, ha accentuato i venti di crisi di governo. Il Movimento Democratico e Progressista, sentendo odore di urne, ha infatti negato la fiducia a Gentiloni sulla manovra economica alla Camera, mentre si sono astenuti i deputati della corrente dem del ministro Orlando, i cui seguaci si sono astenuti anche nella direzione del Pd, sulla relazione del segretario Renzi. Come corollario gli alfaniani ed i centristi hanno dichiarato guerra, decisamente contrari alla  legge elettorale alla tedesca, edizione all’italiana, contro la quale si è espresso anche il MPD. Aggiungete i malumori all’interno dei forzisti perché  il nuovo sistema elettorale privilegia Pd e grillini, danneggiando fortemente Forza Italia.

L’accordo raggiunto dai capigruppo dei quattro partiti a Montecitorio deve, comunque, essere, comunque, definito in dettagli non insignificanti, mentre lo sbarramento al 5% , ritenuto dal leader dem  “elemento inamovibile, mette in crisi i partiti minori che sono al governo  con Angelino Alfano che ha parole sostiene  che i  moderati, che chiamerà a raccolta, supereranno quella soglia, di fatto , sapendo, invece, che rischia di scomparire dal Parlamento, attacca duramente l’alleato  e definisce  Renzi “inaffidabile”.

Qualcuno sostiene   che  il nuovo Patto del Nazareno sta funzionando, anche se Silvio Berlusconi  sostiene che si tratta solo della legge elettorale e non anche di una “grande coalizione”. Di certo c’è che la nuova legge elettorale smentisce tutti gli impegni per un sistema che garantisca la governabilità anche indicando, subito dopo il voto, chi governerà. Il sistema tedesco, oltretutto all’italiana per l’esigenza di adeguarlo alla Costituzione,  non offre, infatti, tale garanzia come dimostra la stessa Germania dove le coalizioni sono all’ordine del giorno e le “grandi” spesso si verificano nell’impossibilità di avere una maggioranza più omogenea. Quindi, è ovvio che il risultato più evidente del voto, anticipato ad ottobre, com’è probabile, o alla scadenza naturale vedrà un governo Pd-Forza Italia e, chissà, per vie successive anche una Lega depurata dai salviniani.

Le smentite in proposito non sono credibili , come non è credibile l’affermazione del grillino Di Maio  di poter  ottenere il sospirato 40% che  garantirebbe la conquista di Palazzo Chigi, In sostanza potremmo essere giunti alla fine della “grande sceneggiata“ che Renzi-Berlusconi hanno dovuto mettere in atto per superare non pochi scogli e non poche opposizioni al loro progetto di giungere al Partito della Nazione.   Obiettivo più agevolmente raggiungibile con il Consultellum, proporzionale puro, capilista bloccati , sbarramento al 3% (anche se i due big preferirebbero almeno il 5% ).

Non mi meraviglierei, quindi, che la sceneggiata continuasse, con i bersanian-dalemiani che negano ancora la fiducia al governo, imitato, come annunciato, dall’Udc  e, magari, addirittura da Alleanza Popolare che, con la crisi di governo, bloccherebbe il metodo elettorale alla tedesca e si andrebbe, con tutta probabilità, a votare a fine settembre con il proporzionale puro che lascia aperte le strade alla “grande coalizione”.

L’unica alternativa potrebbe venire dalla scesa in campo del ministro Carlo Calenda ad imitazione di quel che ha fatto Macron in Francia. Ovviamente non per vincere subito, ma per dare a Berlusconi, che lo vedeva bene come leader del centrodestra, l’opportunità di prendersi una   rivincita su Renzi proponendo appunto Calenda quale premier.

Secondo il “Corriere della Sera” il Cavaliere avrebbe detto ai suoi “con Renzi bisogna stare attenti, vigilare sui patti, ma è bravo, è un interlocutore; in questo momento sulla legge elettorale”. E per spiegare meglio il suo punto di vista avrebbe aggiunto: “con Renzi mi salutai alle 20 con  l’accordo su Amato per il Quirinale, mi svegliai con Mattarella.”

Secondo voi, uno che dice queste cose non può preparare un diverso candidato per  Palazzo Chigi di quello previsto dal nuovo Patto del Nazareno? Penso proprio di sì.