UNA TEMPESTA ANNUNCIATA

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Siamo al termine di un’estate climaticamente molto calda non solo per la temperatura che un solleone inclemente ma, anche per una situazione politica che definire “ingarbugliata, si potrebbe sembrare un eufemismo.
L’ultimo colpo per dirigersi verso un autunno altrettanto caldo ce lo ha dato l’agenzia Fitch Ratings con i suo rapporto sul nostro Paese: confermando il nostro rating, confermando la classifica delle tre B ma, allo stesso tempo passando da uno stato di stabilità, ad uno di alta precarietà. Lo ha fatto soffermandosi sulle ampie motivazioni economiche che hanno contribuito e continueranno a rendere sempre più precaria la situazione in Italia ma, concludendo che la fondo di tutto, e lo sostiene chiaramente a scanso di ogni possibile equivoco, è la politica instabile e poco convincente del nostro governo. Praticamente stiamo nel bel mezzo di una tempesta annunciata per salvarci dalla quale non sono state prese le precauzioni del caso.
Dice esattamente il rapporto dell’agenzia: “il rischio economico per l’Italia deriva “in parte una funzione della natura nuova e non testata del governo”, con “le notevoli differenze politiche tra i partner di coalizione e le incoerenze tra l’alto costo per attuare i nuovi impegni stabilito nella sua politica del ‘Contratto’ e l’obiettivo dichiarato di ridurre debito pubblico”.
In pratica richiama la maggioranza di governo a rivedere le posizioni, “il contratto”, la sua realizzazione.
Come dare torto a all’agenzia? Un governo fatto tra due contendenti che nulla hanno in comune, l’anima rancorosa grillina impersonata da un sempre più scarso Di Maio, nemica di chi produce, opaca nelle scelte, in cerca di una giustizia sociale ottenebrata da un “reddito di cittadinanza” che, nelle migliore delle ipotesi, potrà produrre solo l’aumento dell’esercito dei disoccupati, specialmente nel meridione. C’è poi Salvini che sta insieme ai suoi alleati antagonisti solo perchè in questo momento il suo perseguire la lotta agli sbarchi degli immigrati sembra favorirlo nel consenso del Paese. Ma, quanto può durare questo consenso?
No prendo in considerazioni quella forza moderata che fa capo a Tria e Moavero e pochi altri che compiono sforzi sovrumani nel tentativo di smorzare quella barriera di fuoco che divide i due contendenti e che, malgrado tutto ancora li tiene separati da quello scontro frontale che porterebbe, almeno si spera, a quella crisi di governo che è in atto sin dal momento che è stata votata la fiducia.
Scrive Beppe Severgnini nel suo settimanale: “nuvole nere sull’Italia d’autunno, ma Lega e Cinquestelle fanno finta di non vedere” Ed aggiunge: ” non parlavo solo dei mercati che pure cominciano ad emettere rumore di tempesta. parliamo degli investitori esteri: quale grande gruppo internazionale mette i soldi in un Paese dove il capo del governo -un giurista!- dice : “Non possiamo attendere i tempi della giustizia”. E dove, aggiungo io, quello stesso premier invece di appoggiare il suo ministro dell’Economia che intende tenere in ordine i conti come prescrive Brexelles e d’accordo con il suo vice e superministro di Maio che ritiene carta straccia i trattati, ricatta di continuo e senza successo i vertici UE e vuole a tutti i costi sforare il 3%” .
A poco valgono le parole distensive che vengono fatte tra pelare da Palazzo Chigi dove si sostiene che le regole economiche non le dettano le agenzie di rating, una cosa però è certa influenzano, non certo positivamente i mercati e a soffrirne le conseguenze non sono certo Di Maio e Salvini.
Si è sempre detto che una crisi di governo è sempre una calamità e lo sarà ancora ma, quanto le maggioranze vengono fatte al di fuori della logica, la decisione di dare un taglio diventa indispensabile. Salvini, ancora in vantaggio sul suo diretto rivale, deve convincersi che è giunto il momento di scegliere, deve farlo prima che sia molto tardi e che che popolo narcotizzato da un populismo senza ideali lo scarichi prima che questa situazione divenga irreversibile e drammatica. Salvini costringa Di Maio alla crisi di governo, questo è il momento che in molti, anche tanti grillini stanno aspettando. Con un governo “provvisorio” magari diretto da un Cottarelli in buona vena che accompagnandoci al voto, ci lasci una ciambella di salvataggio in questo mare in burrasca.