VENTI DI TEMPESTA SU DI MAIO E … NON SOLO SU DI LUI

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Credo che a quest’ora il sorrisetto stampato sul nostro Di Maio abbia perso consistenza. Stava facendo riunioni e conferenze stampa il neo ministro degli Esteri italiano all’Assemblea dell’Onu a New York. Probabilmente si sentiva al settimo cielo, nemmeno nei sogni più celestiali si sarebbe immaginato di trovarsi in mezzo ai big del mondo, anche lui protagonista, di minor spessore rispetto al nostro premier Conte, ma sempre di serie A, o almeno lo riteneva, dimenticando le ironie cinesi sulla sua nomina e lo stupore di molte cancellerie. Poi, all’improvviso, gli è capitato tra capo e collo il documento firmato da 70 suoi senatori, nel quale, di fatto, lo contestano, sono, alcuni dei firmatari, a chiedere un direttorio al posto del capo politico.
Già si agitavano in Italia venti di scissione tra i pentastellati ed a guidare l’attacco, con un manipolo di ortodossi, c’era e c’è Alessandro Di Battista che contesta il governo con il Pd, definito in tv, “un tradimento”, del senatore Paragone, mentre un altro senatore, Michele Giarrusso, tra i firmatari del documento, ha detto chiaro e tondo, riferendosi a Di Maio :” lasci gli incarichi”.
L’interessato, da New York, ha cercato di smentire l’attacco, aiutato dal blog grillino, sostenendo: “quel testo vuole solo rafforzare il gruppo parlamentare”, ma non pochi dei 70 la pensano diversamente e pesano anche le critiche di Danilo Toninelli (“nemmeno un msm per dirmi che ero stato fatto fuori” aveva detto ) in pole position come presidente dei senatori.
E’ stato, quindi, un brutto risveglio per Di Maio che , invece, era entusiasta per la decisione dei capogruppo della Camera di mettere in calendario per il 7 ottobre la discussione ed il giorno dopo il voto sulla riduzione dei parlamentari. Aveva addirittura fatto la voce grossa il ministro degli Esteri da New York: “Alla faccia di Salvini. Vediamo adesso chi vota il taglio dei parlamentari. Vedremo chi avrà il coraggio di non votarlo”: Gli aveva fatto eco il grillino ministro dei rapporti con il Parlamento: “E’ una riforma importantissima e sta alla base dell’accordo sul quale si poggia questo governo”. Chiaro messaggio, questo, al Pd, un tempo contrario alla riforma ed ora disposto al voto a patto di ribadire tutta una serie di condizionamenti come hanno precisato Stefano Ceccanti ed Emanuele Fiano, del direttivo del gruppo della Camera. Il primo ha detto chiaro e tondo che prima del 7 ottobre si dovranno chiarire e ridefinire i tre condizionamenti-chiave, mentre il secondo ha precisato: “ora è possibile il voto favorevole alla riforma che prevede la riduzione del numero dei parlamentari: grazie all’alleanza di governo sono state indicate con chiarezza le condizioni che accompagnano queste misure e che non erano presenti nella predente lettura”: e le ha così elencate: “nuova legge elettorale, modifica di regolamenti della Camera, una riforma costituzionale che affronti il tema delle garanzie e degli equilibri da introdurre in base ai nuovi assetti di Camera e Senato. “Non a caso Ceccanti, che è un noto costituzionalista, ha precisato che prima del 7 ottobre ci si dovrà confrontare su questi temi. E non sarà semplice anche se il capogruppo dem alla Camera Del Rio ha detto: “il Pd è un partito serio”. Lo sarà certamente, anche se il segretario Zingaretti, concludendo la Direzione, ne ha dato un’altra versione, ossia di ” partito respingente” e con troppe correnti.
Non credo, quindi, che Di Maio stia tranquillo, nonostante il suo trionfalismo per un voto ancora da vedersi e non lo sia anche per la “grande sorpresa” annunciata da Matteo Salvini che ha esplicitamente parlato di parlamentari grillini in procinto di passare con la Lega. Fossi il premier Conte, considerato che al Senato i numeri per il governo ballano in partenza, stringerei meno mani a New York e tornerei a Roma per valutare una situazione che annuncia venti di tempesta per i giallo-rossi e,quindi, anche per lui.

RENZI: LO CONSIDERAVANO MORTO E INTANTO AUMENTA VOTI. MENTRE ZINGARETTI CHE AVEVA DETTO : “MAI CON I GRILLINI” STA CON LORO ANCHE IN UMBRIA

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Bisogna ben dire, la coerenza non è certo un pregio di questi ultimi tempi, chi più chi meno non sa neppure cosa sia. Lo ricordate il Nicola Zingaretti che, subito dopo la crisi del governo giallo-verde, aveva detto: subito al voto, mai con i grillini? E ricordate che insisteva su questa linea quando Matteo Renzi, per evitare le urne anticipate, propose di fare il governo con i pentastellati? Poi, per costrizione o per infingardaggine si costrinse a cambiare idea per non rimanere in minoranza nel Pd visto che anche il suo potente alleato interno, ossia Dario Franceschini (oggi ministro e capo ds nell’Esecutivo), aveva avuto la stessa idea dell’ex-premier ed ex-segretario.
Così, tanto per gradire, ora Zingaretti ha scoperto che con i grillini, il Pd e l’estrema sinistra di Leu “c’è una vocazione unitaria a provare” di fare accordi anche nelle regioni, iniziando dall’Umbria, persino rinunciando al candidato dem. Così gli ex-intoccabili del M5Stelle di ieri l’altro, ed ieri, gli ex-antidemocratici della piattaforma Rousseau e chi più ne ha ne metta, oggi sono quasi fondamentali “per un futuro del Paese non fondato sull’odio, ma sulla crescita, sullo sviluppo, sul lavoro, sul benessere. “In sostanza è un “fatto positivo ” che si stia provando “a verficare le condizioni per dare insieme una risposta ai cittadini”, questo “è utile per l’Italia”.
Ora che sia utile è tutto da dimostrare e, per ora, la crescita, lo sviluppo, il lavoro ed il benessere decantati dal segretario dem appaiono ben lontani a leggere i dati della nostra economia e a considerare che la maggioranza degli italiani non ha fiducia nel governo giallo-rosso, oltre al fatto che già si vedono le prime crepe, ossia i primi scontri tra alleati su temi importanti a partire dall’apertura dei cantieri, in gran parte bloccati proprio dai grillini, dallo stop di Di Maio e Renzi a nuove tasse, partendo dalle merendine, bibite e voli internazionali, tasse che piacciono a qualche ministro grillino per finanziare il provvedimento ambientale ed al premier Conte che minimizza l’uscita del suo ministro degli Esteri e capo politico grillino (fino a quando?) da oggi insieme a New York per l’Assemblea Generale dell’ONU e, domani, per l’importantissimo Climatic Action Summit che verrà aperto dal segretario generale, il portoghese Antonio Guterres e vedrà al mattino, dopo l’intervento del presidente brasiliano Messias Bolsomero, quello, molto atteso, del presidente americano Donald Trump. Nel pomeriggio parlerà anche il nostro premier Conte che illustrerà cosa stiamo facendo per migliorare l’ambiente (e speriamo non sia una ripetizione di buone intenzioni come fatto alle Camere per la fiducia) Martedì vi sarà, poi, l’apertura ufficiale dell’Assemblea e mercoledì Luigi Di Maio co-presiderà, insieme al suo collega francese Jean-Yves Le Drian una riunione sulla Libia, riunione messa, per la verità, nell’ombra dalla concomitante riunione indetta da Trump sulla libertà religiosa con un invito del presidente Usa alla comunità internazionale di assumere “misure concrete per prevenire gli attacchi contro le persone sulla base delle loro religioni e il loro credo.”
Sarà, in sostanza, il premier Conte a prendersi la scena (da qui una certa irritazione di Di Maio), come sta facendo in Italia, dove è andato -per la prima volta di un premier dal 1996 -al Congresso della CGIL, trovando ampia convergenza con il leader Landini. Quindi è andato alla festa nazionale di Fratelli d’Italia (anche applausi dopo una iniziale contestazione) dove ha trovato il modo di dire, riferendosi a Berlusconi, “le sue imprese sono nei libri di storia”, e di Renzi “non è un demolition man.” Un Renzi che ad ogni sondaggio registra l’aumento di voti per il suo “Italia Viva”, che molti ancora non conoscono, pur raggiungendo un 6.5% e un potenziale bacino, secondo Renato Manheimer , del 15-17%. In sostanza , non ha funzionato la profezia di Dario Franceschini che, nell’invitarlo a rimanere nel Pd, gli aveva previsto: farai un fallimento.

Dopo tanto Renzi si è rifatto il suo partito – Zingaretti e Conte hanno di che preoccuparsi?

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Era da moltissimo tempo che Renzi pensava ad un suo partito, lo pensava almeno da quando si era messo da parte, in stand by, dopo la solenne lezione presa in quel tragico (per i dem) referendum. Da allora, malgrado, incautamente, avesse dichiarato a chiare lettere la sua dismissione dalla vita politica, aveva in mente quel disegno che ora ha potuto realizzare con una mossa a sorpresa. C’è da dire che lui in tutto questo tempo è stato li, seduto sul gradino dell’uscio, pronto a fare il grande salto e lo ha fatto facendo fare al suo amico-nemico Zingaretti che dopo aver largamente predicato che mai e poi mai sarebbe andato al governo con i pentastellati, Lui, Renzi con due parole lo ha smentito costringendolo ad intavolare una trattativa e dimostrando che la forza, il cervello pensante, la spina dorsale del PD era Lui e nessun altro. Mi si obietterà che, a quel punto poteva restare nel partito e in quella sede dettare le condizioni: no, questo non era abbastanza conveniente, lui ora è la terza gamba del tavolo delle trattative con Conte, lui sa di essere determinante per tenere in piedi questa coalizione che molto ha di innaturale. E Zingaretti? Prima era solo a parlare con Di Maio e Conte, ora sono in due interpari.
Lo stesso filosofo di sinistra Massimo Cacciari sostiene che Matteo Renzi “ha fatto un discorso chiaro. Finalmente!”, ossia come avrebbe dovuto fare cinque anni orsono. Comunque, ora ha compreso -ha affermato il filolosofo- quel “che ho predicato per anni: il Pd è un generoso progetto, fallito già appena nato:”
Per Cacciari, Renzi vuol fare il Macron italiano ed i contenuti del suo partito “sono quelli del suo governo, ispirati ad un pensiero vagamente liberal che, in Europa, possa incontrarsi con Macron ed in Italia con Conte.”. Come corollario l’ex-sindaco di Venezia ritiene che gradualmente “Italia Viva” aumenterà i suoi consensi e, del resto, c’è già, come il big-sondaggista Nando Panoncelli a “DiMartedi’”” , valuta oggi la potenzialità reziana attorno al 15-16%, mentre altri parlano, con grande cautela, di un 5-7%.
Di certo l’iniziativa renziana preoccupa enormemente il premier Conte e da Palazzo Chigi si fa sapere che è preoccupato e che Zingaretti avrebbe dovuto avvertirlo prima di varare il governo, riferimento chiaro al “me l’aspettavo” detto dal segretario dem. E, che Renzi sia un “problema” l’ha ammesso anche Dario Franceschini, intercettato mentre parlava con una ministra tedesca.
In sostanza oggi al tavolo governativo non ci sono più solo Di Maio, Zingaretti e, con minor peso, Leu, ma anche i renziani con il loro leader che, per non fare “troppo casino”, come ha detto, s’è portato via solo un gruppetto di parlamentari, ma molti suoi fedelissimi sono rimasti nei gruppi Pd di Camera e Senato. Nè possano essere prese per buone le dichiarazioni, ad esempio, di sindaci come Nardella e Gori (Firenze e Bergamo), noti ultrà renziani che sono rimasti nel Pd e dicono che il loro leader ha commesso un errore ad andarsene dai dem. A mio avviso è solo cortina fumogena, un modo per cercare di rassicurare Conte e compagni, mentre il nuovo partito si sviluppa sul territorio partendo dai 15 mila Comitati di Azione civile, organizzati da tempo dal vice-presidente della Camera Ettore Rosato e dal sottosegretario Scalfarotto. Nè mi meraviglierei se i Karambè, fatti sorgere da Richetti, ex-portavoce di Renzi e dimessosi dal Pd non convergano successivamente, magari insieme al movimento che a dicembre formalizzerà Carlo Calenda. Non è un caso che proprio Richetti, rispondendo a una domanda se convergerà insieme a Calenda con il quale ha un’intesa, ha risposto sornione: ” Mai dire mai !”
Io credo che se quello che ha fatto ieri lo avesse fatto un po di tempo fa, ci sarebbe stata qualche piccola variazione di percorso, forse si sarebbe anche andati ad elezioni, ma avrebbe quasi certamente inglobato Forza Italia con Berlusconi che non sa più a chi dare quello scettro che si sta rimpicciolendo di giorno in giorno e che gli avrebbe ben dato in tempi migliori ricreando quel centro, spazio che si sta svuotando e che ora potrebbe tornare ad essere quella entità moderata, pressoché assente perchè dissanguata da Salvini.
Renzi vede che c’è uno spazio nuovo per una politica diversa. “C’è una strada nuova da percorrere. La faremo zaino in spalla, passo dopo passo -sostiene Matteo-. La politica richiede proposte e coraggio, non solo giochi di corrente:”
Credo sia una chiara motivazione dell’iniziativa renziana che dice addio alla Ditta (ossia gli ex-comunisti) che l’hanno oggettivamente sempre considerato un intruso e guarda a conquistare il grande spazio politicamente vuoto di un centro dinamico ed innovativo capace, di matrice moderata e riformista ad un tempo.
Secondo voi i renziani per il momento rimasti nel Pd, magari anche su suggerimento del loro leader, non condividono questa impostazione? Fa bene a preoccuparsi Conte?

SULLA TESTA DI CONTE UN GRANDE MACIGNO: RENZI. ( UE: Gentiloni “commissariato”)

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Ora (sembrerebbe) abbiamo un governo, rimane il problema dei sottosegretari, ma, Conte, una leccata di qua, un’altra di la, riuscirà a cucire anche questa. In ogni modo, poiché, sottosegretari o no, questo governo è operativo, si possono tirare le somme e anche azzardare qualche azione futura. Di una cosa possiamo avere certezza: la strategia di Matteo Renzi pesa come un macigno sul bis-Conte.
Già il governo giallo-rosso non piace agli italiani ( fiducia molta o abbastanza al 30″ i si, 48 % i “no”), quindi, il suo futuro, appena iniziato, è fortemente ipotecato dall’ex–premier ed ex-segretario dem: è bene sottolineare che è stato lui a proporre l’accordo con i grillini, nonostante Zingaretti fosse contrario e questo è un dato ufficiale, dunque è il vero vincitore della partita e, avendo la maggioranza dei parlamentari del Pd, può staccare la spina al governo quando vuole.
Renzi, partito per Tel Aviv dove terrà una serie di conferenze, ha spiegato il suo voltafaccia nei confronti dei “nemici” pentastellati con il fatto che le elezioni anticipate avrebbero portato una serie di conseguenze mortali per l’economia dell’Italia, ad iniziare dal fatale aumento dell’Iva: motivazione, certamente, valida anche se è altrettanto vero che i renziani stavano preparando il loro partito e non erano ancora pronti, come ho più volte scritto nei giorni scorsi, mentre il voto anticipato avrebbe falcidiato la sua rappresentanza parlamentare, perchè Zingaretti avrebbe fatto una vasta epurazione nelle candidature. Ora, quindi, è Renzi a distribuire le carte e non solo ha detto chiaramente che se entrano nel PD D’Alema e Bersani lui se ne va, ma ha anche accennato alla possibilità di fare un suo gruppo parlamentare alla Camera (al Senato non è possibile). Il fatto è che tutti i protagonisti dell’attuale politica si stanno riposizionando anche per il probabile arrivo di altri soggetti tentati dalla conquista di un centro oggi praticamente vuoto, mentre la maggioranza degli italiani è moderata e, di fatto, diserta le urne come confermano i dati delle varie elezioni regionali con il 52% di votanti, tra i quali esistono anche non pochi che esprimono scheda bianca o nulla.
Non è un caso, ad esempio, che il big-editore di giornali e televisioni Cairo, proprietario del Torino calcio e con la quota maggioritaria di Mediobanca, abbia fatto, il 26 agosto, una mega-intervista- addirittura tre pagine su “Il Foglio”- per illustrare un ampio programma politico. Non sarà, magari, lui a scendere in campo (“mai dire mai” ha,comunque, detto), ma può promuovere un nuovo movimento politico con candidata premier una importante manager come Maria Patrizia Grieco, ex-presidente dell’Olivetti e, poi, dell’Enel.
Di certo, inoltre, Matteo Renzi sta, da tempo, preparando il suo partito con i Comitati di Azione Sociale, circa 15 mila sul territorio, coordinati dal sen. Rosato e da Scalfarotto , e ritengo anche con i Karambè creati dal suo ex-portavoce Richetti che ha addirittura votato contro l’attuale governo ed è uscito dal Pd come Carlo Calenda che sta trasformando in patito il suo “Siamo Europei” e che è potenziale alleato dei renziani.
Sulla scena politica va anche annoverato il premier Conte che intende distinguersi anche dai grillini, forte delle sue grandi amicizie nel mondo cattolico e vaticano, oltre al sostegno di molti big internazionali. Un suo eventuale partito è, oggi, valutato al 6%
Se, poi, si arrivasse ad una legge elettorale proporzionale come vorrebbero i giallo-rossi e altri, ad iniziare da frammenti dell’ex-galassia DC, sarebbero tentati -come vari sintomi indicano- di organizzarsi, imitati da ex-Psi ed ex-liberali.
In sostanza tutto è in movimento, anche Salvini sta riaprendo le porte a Forza Italia ed intende incontrare un Berlusconi che, a parole, chiede il rilancio del centrodestra (ancora maggioritario al 48.1% nei sondaggi con la Lega al 33,3%), ma, nel contempo, guarda anche al centro, a quella legge elettorale proporzionale che preoccupa Salvini e la Meloni ed ai movimenti di Renzi, con il quale rimane un dialogo tramite Gianni Letta, perchè il famoso Patto del Nazareno può risorgere in ogni momento.
Intanto nel governo vengono a galla i contrasti, ad iniziare dai porti chiusi e porti aperti come chiede il Pd o la revisione della concessione alla società autostrade (i dem) e l’abolizione (Di Maio è tassativo in proposito). Nè va taciuta la rissa emersa tra i grillini sia per la scelta dei ministri (“io fatto fuori senza nemmeno un sms” ha detto furioso Toninelli), sia per i sottosegretari, la cui nomina è stata di nuovo rinviata proprio per i contrasti all’interno e dei pentastellati tra loro ed i dem.
Aggiungete altri due elementi non secondari: 1°) Gentiloni ha avuto, sì, gli Affari Economici nell’UE, ma, di fatto, è stato commissariato con il falco ex-premier lettone Vadis Dombrovshis, uno dei tre vice-presidenti esecutivi e titolare dell’economia, dell’euro e dei mercati finanziari. E’ stata chiara, in proposito, la presidente Ursula von Del Leyer che ha detto: “Gentiloni dovrà collaborare strettamente con Dombrovskis e ricordo che lo stesso ministro dell’economia Gualtieri conosce perfettamente le regole e quali sono le aspettative dei Paesi: Ha detto “se le rispetteremo staremo meglio tutti.”. Quindi, nessuna possibilità per il governo giallo-rosso di ottenere ampia flessibilità per attuare quelle chimere di promesse inserite nel discorso del premier, mentre la triarchia Conte, Zingaretti e Di Maio parla un linguaggio non univoco; 2°) Renzi non solo ha criticato aspramente l’inserimento di Di Maio al Ministero degli Esteri, ma ha espresso addirittura riserve sul premier, dicendo: “l’operazione è andata in porto, è il mio capolavoro. Sono strasoddisfatto: certo, se si fosse preferito Cantone, come avevo proposto, sarebbe stato tutto più facile, avrebbe avuto meno problemi.”. E tanto per mettere i puntini sulla i, ha aggiunto: ” Mi hanno raccontato che Salvini, prima di sfiduciare Conte, ha chiamato Zingretti per chiedergli se il Pd andasse sparato alle elezioni. Nicola ha risposto di sì. Non hanno, però, tenuto conto del sottoscritto. E’ stato tutto molto divertente.”
Vi sembra, questo, un buon viatico per il nuovo governo da parte di chi, se vuole, può staccare la spina quando gli pare?

CONTINUA LA CAMPAGNA DELL’ODIO NELLE DIFFICOLTA’ PER VARARE IL CONTE-BIS

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Vorrei aprire con una considerazione personale su un fatto concreto avvenuto ieri, lo faccio soffermandomi, non tanto sull’episodio che ha richiamato l’attenzione dei media e non solo, lo faccio, più che altro soffermandomi su tutte quelle persone che in questi ultimi tempi accusavano altri di seminare odio e allo stesso tempo esprimevano un maggiore sentimento nei confronti del prossimo, superando quella barriera dell’odio stesso che dicevano di voler combattere.
Il fatto: Il capo-redattore di Rai Radio1 Sanfilippo, nel suo Facebook ha invitato Salvini al suicidio e tirato in ballo persino la figlia del leader leghista. Qui siamo allo sciacallaggio ed è dir poco. Ha fatto benissimo Matteo Renzi ad esprimere piena solidarietà a Salvini, che ha reagito con grande dignità, citando massime del Vangelo.
L’ex-premier ed oggi senatore ha ricordato la sua battaglia per mandare a casa Salvini e di averla vinta “insieme a tante e tanti”, “ma -ha detto- proprio per questo rabbrividisco quando leggo il post di un giornalista Rai che parla di suicidio di Salvini entro sei mesi e tira in ballo la figlia del leader leghista.” Cosa farà ora la Rai? E l’Ordine dei Giornalisti, il sindacato dei giornalisti e l’Usigrai quali provvedimenti prenderanno? E coloro che hanno augurato la morte di quell’uomo, coloro che gli hanno preconizzato le peggiori disgrazie, cosa faranno? Si cospargeranno la testa di cenere? Potrò leggere di qualcuno che farà ammenda di tutte quelle porcherie che ha scritto, forse per scimmiottare magari senza neppure capirne il significato?
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Ma, torniamo al tema di cui si sta dibattendo , la politica, il governo, cose che riguardano non solo la sfera personale bensì la sorte del Paese.
Che il governo Conte 2 stia partendo in salita è cosa evidente basta vedere per giudicare le reazioni dell’opinione pubblica: infatti solo un 36% esprime un valutazione positiva contro il 52% di giudizi negativi. E’ quanto scrive il big-sondaggista Nando Pagnoncelli Sul “Corrire della Sera”. E ben il 45% degli intervistati prevede che l’Esecutivo giallo-rosso duri pochi mesi, un anno al massimo. per il 20% un paio d’anni e solo il 28% per tutta la rimanente legislatura. Quanto al provvedimento da realizzare con maggiore urgenza il 73% indica la manovra economica a favore dei ceti più deboli, stop all’aumento dell’Iva, rilancio del salario minimo e taglio del cuneo fiscale: per il 45% c’è al secondo posto il taglio dei parlamentari e per il 24% la sostenibilità ambientale.
In sostanza c’è scarso entusiasmo per il Bis-Conte e la previsione è che duri poco come teme, secondo il “Corriere”, lo stesso premier preoccupato per le mosse di Matteo Renzi. E dovrebbe esserlo -e da subito- per le provocazioni di Luigi Di Maio che ha convocato alla Farnesina tutti i ministri grillini invitandoli all’offensiva, di fatto a far la voce grossa con i colleghi PD ad iniziare dalla revoca della concessione alla società autostrade che, per la ministra delle infrastrutture Paola De Micheli non è prevista dal programma di governo, dove -ha detto, è scritto- a una parola molto diversa: “revisione”. A stretto giro di dichiarazione ecco la replica del senatore grillino Giarrusso: “la posizione del M5S è chiara: siamo per la revoca della concessione e non diamo la fiducia se si inizia a martellare l’accordo.”
Ne è piaciuta agli stellati l’affermazione della De Micheli: “la Gronda (contestata dai grillini-ndr) e la Tav si faranno” e men che mai le ripetute voci democratiche che citano i 62 miliardi di “grandi opere” bloccati dall’ex-ministro Toninelli” e per gran parte invise dai grillini. E non a caso Di Maio ha invitato i democratici “a non fare come Salvini”, contrario alla revoca della concessione ad Autostrade e ultra-favorevole alle “grandi opere” che, se attivate, darebbero lavoro -secondo stime confindustriali- a 300 mila persone.
In sostanza inizia male il viaggio del governo giallo-rosso, considerando che ci si scontra già ai primi passi e questo si riflette, inevitabilmente, insieme al repentino voltafaccia dei due alleati di oggi, ieri nemici per la pelle, nella scarsa fiducia degli italiani non certo aiutata dall’assurdità di spedire un Di Maio a guidare un delicatissimo Ministero degli Esteri. Ve lo immaginate come l’avranno presa nelle Cancelleria di tutto il mondo e, in particolare, i nostri ambasciatori, tutti titolati con ampi studi, la conoscenza di più lingue ed un non semplice percorso di carriera.
A complicare, poi, la situazione governativa ci si è messo anche l’unico esponente dell’indispensabile (per la maggioranza al Senato) Leu, alias estrema sinistra, nel governo, ossia il titolare della Salute Speranza che intende togliere il superticket di 10 euro sulle ricette, balzello indubbiamente odioso per i più deboli, ma necessario per il bel mucchio miliardi che procura, per pensare di eliminarlo. Come la penserà il nuovo ministro dell’Economia già alle prese con la battaglia per evitare l’aumento dell’Iva?

QUANTO POTRA’ DURARE IL CONTE-BIS CON LE DIVISIONI TIPO-ULIVO E CON CHI STORPIA L’ITALIANO A FARE IL MINISTRO DEGLI ESTERI?

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Non hanno neppure iniziato è già cominciano i malumori, almeno così ci informano i telegiornali. Non mi esprimo sulla durata, almeno finchè non ci sarà la fiducia del Senato, data per incerta. Forse sarà la speranza che questo obbrobrio non abbia inizio visto che nessuno può che che questo governo non nasce da una lunga serie di contraddizioni.Ecco perchè già in molti si pongono l’interrogativo di quanto durerà.
Ma, poi, sarà forse, come sostengono alcun, pochi per la verità, che dovremmo augurarci, nell’interesse del nostro Paese, che superi le forche caudine della fiducia in Senato? E’ vero,sulla carta la maggioranza c’è, ma la riunione che oggi si tiene a Bologna, dei grillini insoddisfatti ed orientati al “no” non fa presagire nulla di buono ne è tranquillizzante l’ira funesta di un Salvini, sempre più nervoso e preoccupato anche per i venti di tempesta di casa sua, tentato da giocare la carta del Vietnam parlamentare, del tentare di far crollare tutto al grido di muoia Sansone e tutti i filistei, ossia grillini, Pd ed estrema sinistra.
Non mi pare, inoltre, viatico confortante il precedente governo dell’Ulivo, di prodiana memoria, perchè durò poco a causa delle divisioni interne, ricordate, ad esempio, il ministro ex-magistrato Di Pietro che partecipava alle manifestazioni contro il governo del quale faceva parte? Aggiungete la spada di Damocle sulla testa dell’Esecutivo rappresentata da Matteo Renzi che, avendo la maggioranza nei gruppi parlamentari del Pd, può staccare la spina al Bis-Conte quando vuole, ossia appena sarà pronto con il suo nuovo partito (e Carlo Calenda è partito già con “Siamo europei” trasformato in partito). Questo è il il quadro delle incognite sui giallo-rossi, così come si presenta in questo momento.
Un capitolo particolare dovrebbe essere aperto sulla nomina di Gentiloni ( sulla persona poco da dire, parla anche tedesco ed è scettico sul nuovo governo )a commissario europeo addirittura agli Affari Economici. Facciamo un piccolo passo indietro: credo che nessuno possa contestare che che a vincere le elezioni europee nel nostro Paese sia stato La Lega, anzi, direi, stravinte, per questo, prima che Salvini si ritirasse dalla precedente coalizione governativa, nessuno dei grillini aveva messo in discussione la nomina di un leghista per quell’incarico, era la cosa più logica che si potesse immaginare. Ora vorrei sapere cosa è cambiato, in ragione di quell’incarico, un leghista sarebbe stata la cosa più logica. Invece,
per un Salvini autospeditosi all’opposizione, tutto cambia. Consentitemi una punta di malizia: è indiscutibile che questo governo, se passa, è esclusivamente, nelle mani di Renzi e a questi togliersi la presenza a Roma del massimo concorrente, cioè Gentiloni non poteva che far colpo e condizione sine qua non. Non vi è il minimo dubbio che questa operazione sia frutto di grande scorrettezza, di poco stile, di incapacità di intendere, di attaccamento a quello che salvini con una sua battuta ha definito il poltronificio. Ma, quanto potrà durare questa luna di miele, mentre forti venti di tempesta economica si addensano sull’Italia anche per la marcia indietro della Germania, principale mercato delle nostre esportazioni?
A contribuire su un futuro grigio di questo governo vi è da tener conto anche dell’inesperienza di non pochi ministri che può costituire un handicap, non parliamo, poi, dell’assurdità di un Di Maio agli Esteri, ministero di primo piano in un mondo globalizzato. Qui non c’è solo l’inesperienza, ma anche la scarsa dimestichezza non dico per l’inglese, credo del tutto ignorato dal neo-titolare della Farnesina ma anche dell’italiano come ha testimoniato ieri “ll Messaggero”, riportando un messaggio del ministro ai dipendenti contenente uno strafalcione in italiano, messaggio definito una fake, ma confermato dal ministero. Ad essere rimasti stupiti della nomina sono stati, pubblicamente, i cinesi con un commento dell’agenzia governativa di stampa Xiuhua che ha scritto che Di Maio “non si è mai laureato, ha competenze linguistiche molto limitate ed ha mostrato scarso interesse per le questioni globali nella sua attività pubblica”
Per fortuna la prima trasferta internazionale del trentatreenne neo-titolare della Farnesina non sarà in solitaria accompagnerà, infatti, all’Assemblea generale dell’ ONU, dal 22 al 26 ottobre, il premier Conte che, ovviamente, la farà da protagonista forte delle amicizie con molti big della politica mondiale, poi, se c’è la volontà ed un pò…ci sarebbe un tempo sufficiente almeno per appropriarsi ei primi rudimenti della lingua anglosassone, come, d’altra parte fece a suo tempo il nostro Renzi.
Largo ai giovani, dirà qualcuno: d’accordo, ma un Di Maio sarebbe stato meglio ad un Ministero della Gioventù oppure, perché no, a quella discussa vicepresidenza, dove, anche se accompagnata da quel tal Franceschini, poco danno avrebbero fatto. Possibile mai che nella fitta schiera dei grillini e dei democratici non vi fosse qualcuno almeno bilingue e con un bel master in economia politica con indirizzo internazionale per fare il MInistro degli Esteri ?

LA FRITTATA DI SALVINI – Resurrezione o inferi

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LA FRITTATA DI SALVINI – Resurrezione o inferi
In effetti non ci è voluto molto a trovare una soluzione, forse molti passi erano già stati fatti, ma, la frittata l’aveva fatta lui, Matteo Salvini, ed ora, con tutti gli ingredienti era stata cotta pronta ad essere servita.
Così, governo fatto, dicono, di legislatura, anche se solo qualche grillino ingenuo ci crede, Salvini con la sua Lega all’opposizione, dove, anche da quella parte crede di poter fare a meno di tutti, specialmente del vecchio Berlusconi e, dalla sindrome della sua onnipotenza, non capisce che in certi momenti sono tutti utili e lui è proprio di quel poco che oggi rappresenta Forza Italia, ha più bisogno che mai, dovrebbe aver imparato qualcosa in questi mesi che è stato al governo, cioè che se vuole andare avanti ha bisogno di coprirsi la sponda al centro e quel lato lo può garantire solo il vecchio Berlusconi. Attenzione, non farlo subito, nella certezza che tanto dove possono andare, al momento della necessità potrebbe trovare quel posto indisponibile.
Matteo Salvini, forse non si è reso ben conto di non essere l’unico Matteo in gioco, infatti con le sue sgraziate dimissioni ha fatto il miracolo di resuscitare il vecchio Ulivo ha fatto il miracolo politico di risuscitare il governo dell’Ulivo di prodiana memoria con l’estrema sinistra di Leu, determinante al Senato (sempre che non ci siano colpi di scena..) Nei più rosei sogni dei D’Alema, Speranza e Bersani , i fuorusciti dal Pd, non potevano nemmeno cullare la speranza di un ritorno al governo. Era un’ipotesi impossibile e l’avvenire si presentava oscuro, addio al potere! All’improvviso, Lui, il leader leghista, perso nel delirio di onnipotenza , nella dichiarata volontà di avere “pieni poteri”, ha fatto patratac.
Attenzione, il governo voluto più da una Merkel in difficoltà e da un Macron ancora convinto ancora nella grandeur del suo paese, non avrà vita facile anzi, tutt’altro: la quadra trovata tra due forze che, a parte l’ostentata sicurezza, si trovano più problemi interni di quanto non ne abbia tutto il centro-destra, sanno bene che tutto è dipeso e voluto da una sola persona, l’unico, colui che piace poco a tutti, che è stato in silenzio tutto questo tempo, in attesa del suo momento e, quell’attimo, lo ha fatto scattare Salvini. Senza Matteo Renzi, il governo non si sarebbe fatto, senza Matteo Renzi neppure le trattativa sarebbero iniziate, Matteo Renzi ha lui in mano il boccino per dirigere la partita: aveva chiesto che ci fossero tre suoi ministri, contateli; Mattarella è persona seria ma, per quanto sia, potete immaginare che abbia dimenticato chi è stato a volerlo su quella poltrona?
Con il voto anticipato ad ottobre, come aveva dato per scontato Salvini, i renziani non erano pronti, ma, da marzo in poi è un altro discorso e non mi pare un caso che l’ex-sindaco di Firenze ed ex-premier sia già partito all’attacco di Di Maio ministro degli Esteri, ironizzando pesantemente sull’inglese del grillino, vero sconfitto ed ormai a rimorchio del premier Conte, dopo essere stato richiamato all’ordine e scaricato da Grillo. Si, perché a veder bene le cose, i fatti parlano chiaro.
Ora tutta l’attenzione si sposta sul voto di fiducia al Senato, dove il gruppo delle autonomie è orientato, inizialmente, all’astensione che a Palazzo Madama ha il significato di voto contrario e dove, secondo un ormai ex-sottosegretario leghista 12 senatori “stellati” sarebbero pronti a non dare la fiducia a Conte in cambio di una ricandidatura con la Lega . Di certo è che la nuova maggioranza parlamentare non avrà vita facile sia per l’annunciato Vietnam leghista che può contare su molti presidenti di Commissione che possono creare ostacoli e ritardi all’azione di governo; sia per le oggettive contraddizioni tra gli alleati come avveniva nel governo prodiano dell’Ulivo che ebbe vita breve; sia e direi sopratutto, infine, per la spada di Damocle che Renzi ha teso sul governo. Carlo Calenda ha fatto già il primo passo, uscendo dal Pd, e creando i suoi comitati. E’ di fatto, l’avanguardia dell’esercito renziano che sta coordinando Rosato. Non fatevi ingannare delle cortine fumogene di una polemica tra Renzi e Calenda. I due sono d’accordo e della partita c’è, nell’ombra, anche Gianni Letta, quindi gran parte di Forza Italia. L’obiettivo è ricreare un “grande centro”, offrendo un’alternativa anche a quel 47% percento che diserta le urne o non sa per chi votare.
Non escluderei che la clamorosa intervista di tre pagine del 26 agosto su “Il Foglio” di Urbano Cairo che illustra un vero e proprio programma politico, non sia parte del disegno centrista tant’è vero che i grillini, molto preoccupati, hanno rilanciato il conflitto di interessi, diretto verso Berlusconi, come ha ammesso Morra in TV, ma con l’obiettivo di colpire anche Cairo visto anche l’esponente “stellato” il suo comizietto l’ha fatto ad “Onda” di proprietà di Cairo anche editore del “Corriere della Sera” e di rotocalchi, quindi anch’esso in area “conflitto di interessi” secondo i grillini.
Ho proprio la sensazione che, nonostante tutta la buona volontà del presidente Mattarella di evitare il voto anticipato, l’entusiasmo di Bruxelles e di Trump per il nuovo governo Conte, la borsa che va sù, mentre lo spread va giù, in primavera si andrà a votare. Comunque, vediamo, intanto, se l’attuale maggioranza parlamentare passerà le forche caudine del senato, quindi attendiamoci, in ottobre, una schioppettante Lepolda renziana e l’esito delle elezioni in Umbria. Saranno elementi fondamentali per comprendere cosa accadrà.
Salvini? Vorrà andare ancora da solo alla conquista del potere? Oppure pensa che mettendosi d’accordo con un Di Maio relegato egli Esteri con un Conte che, quanto meno, parla le lingue fondamentali per sedere ad un tavolo e portare avanti una discussione nei tavoli europei, riesca a emergere in quel ruolo? No, il nostro Matteo deve mettere la testa apposto, non è nelle condizioni di dettare legge, sarebbe consigliabile che torni nella sua casa naturale, magari ungendosi un pò di umiltà addosso, senza illudersi che un accordo con la Giorgia Meloni, possa portarlo lontano.
Le condizioni perché rimanga nel gioco ci sono ancora tutte, ma, stia ben attento che il treno bisogna prenderlo quando passa senza sperare di poterlo prendere al volo all’ultimo momento.