CON UNA USCITA A SORPRESA RENZI STRONCA DI DI MAIO

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Finalmente si torna a parlare di politica. Il rientro di Matteo Renzi in prima fila nella scena politica dalla poltrona offertagli da Fabio Fazio, apre nuovi scenari in questa crisi che comincia ad essere troppo lunga non tanto per gli oltre cinquanta giorni di tira-molla del dopo elezioni, bensì per due motivi ben chiari: il primo, gli impegni sia interni che europei che stanno diventando improcrastinabili; sia per l’umore degli italiani, stanchi di incertezze.
Non sono uno estimatore di Matteo Renzi, non lo sono mai stato, ciò non toglie che bisogna riconoscergli il taglio da leader, cosa che pochi possono vantare. In poco più di un quarto d’ora ha stroncato tutte le ambizioni politiche del povero Di Maio che tanto si è arrabattato, prima in una campagna elettorale dove ha battuto a tappeto tutto il territorio nazionale promettendo a destra e a manca cose che altro non potevano essere che la favoletta della buona notte che si racconta a figli più piccini per tenerli buoni e farli addormentare; poi durante tutta questa crisi dove ha continuato a ripetere di essere il vincitore, dimostrando che i numeri son quelli che contano, ed anche cercando in tutti modi di spaccare la coalizione vincente di Centro-Destra inseguendo Salvini che ha continuato a blandirlo sino alle elezioni regionali che, come volevasi dimostrare si sono dimostrate vincenti.
Renzi, attribuendosi il diritto di dire la sua in quanto senatore, ha detto con estrema chiarezza che lui al Senato non avrebbe votato la fiducia ad un governo 5Stelle e, dei 52 senatori PD, non ne aveva sentito neppure uno disposto a farlo. Questo valeva anche per coloro, del suo partito, che stavano aprendosi ad un dialogo, tipo inciucio, con i pentastellati.
Ma Renzi non si è limitato solo a dire il suo no a Di Maio, ha voluto affondare il coltello nella piaga quando a detto che un colloquio non si nega a nessuno ma, visto che erano stati loro, nel recente passato, a portare in piazza anche le consultazioni per le formazioni di governo, sarebbe stato bene che l’incontro con il PD che dovrebbe avvenire dopo la Direzione del partito, sia trasmessa in streaming, questo a tutto beneficio degli elettori di entrambi le parti.
Prima di quella Direzione ha voluto rilanciare, anticipando la sua posizione, la necessità di una nuova legge elettorale che preveda, come in Francia e con lo stesso sistema dei sindaci in Italia, l’elezione del Premier con il doppio turno. Ma, questo non è possibile se non si torna alla sua proposta referendaria che prevedeva l’eliminazione del Senato.
Ora la palla torna tutta al Centro-Destra. Se Salvini manterrà fermo il proposito di mantenere unita la coalizione, più volte riconfermata, gli si aprono due scenari (oltre quello di trovare l’accordo con i 5Stelle anche senza gli alleati): il primo, presentarsi in Parlamento come Premier di un Governo di Centro-Destra, con un programma limitato fatto di alcune cose importanti, necessarie e riconosciute impellenti per mantenere gli impegni, chiedendo ai parlamentari i voti che mancano: il secondo fare un governo di programma che proponga alcune delle riforme che siano gradite anche al PD come andare incontro allo stato di povertà in cui versa il Paese, abbassare le tasse, affrontare il problema della sicurezza e dell’immigrazione, fare dei provvedimenti per creare nuovo lavoro senza trascurare di evitare l’aumento dell’Iva. Pur presentandosi con un governo di minoranza i voti non verrebbero a mancare.
Quest’ultima potrebbe essere la soluzione migliore, ma, qualora lui, Salvini, non volesse avventurarsi con un governo di minoranza, potrebbe farlo fare a qualcuno dei suoi, uno potrebbe essere Giorgetti, ben visto da molti parlamentari di altri gruppi, nel contempo preparare una nuova legge elettorale, frutto di accordi politici, e andare a nuove elezioni nel corso di uno due anni.
Con il viatico del Capo dello Stato, questa potrebbe essere la soluzione per sbloccare tutte le inutili discussioni che si sono protratte. Tutto dopo la “zampata del leader”