Mi e’ difficile ammetterlo, forse è stato il post di un “amico” di fb a togliermi quel velo che mi era calato sugli occhi: mi è stato fatto notare che il segretario-premier si comporta da democristiano. Ho risposto piccato a questa sua affermazione ma, ormai, il tarlo era dentro di me, così ho iniziato una mia analisi sul soggetto.
E’ mia convinzione che le categorie destra, centro, sinistra appartengano al passato, e che ogni paragone è inappropriato, anche se, bisogna ammetterlo, la nomenclatura politica italiana la usa ancora: E, spesso, i leaders dei partiti rivendicano appartenenze in modo improprio. Pensate al nostro Matteo Renzi: insiste a dire di essere i sinistra, lui che viene dal centro; ha esaltato la “famiglia socialista”, nella quale è entrato facendo aderire il suo partito (non l’aveva fatto nemmeno Bersani), lui a cui viene attribuita la sua appartenenza alla dc.
In conclusione: ditemi voi cosa c’è di sinistra e di socialista nell’attuale Pd renziano che pare essere una riedizione della prima Forza Italia, circostanza che porta ai voti di fiducia – spesso determinanti per il governo al Senato – dei verdiniani e fa andare su tutte le furie i D’Alema, i Bersani, gli Speranza, i Cuperlo e via dicendo. Ossia quella sinistra interna che esprime anche quei presidenti di Regione che hanno voluto il referendum contro le trivelle in mare e sono stati, di fatto, sconfessati da Renzi, invitando gli italiani, ad imitazione di Craxi e del cardinal Ruini in passato, a non andare a votare.
Premesso tutto questo, dobbiamo, comunque, considerare le vecchie categorie nel valutare la politica italiana sempre più distante dai cittadini e dai loro problemi. Da qui il titolo di questo articolo che richiama la ricomposizione del centro. E’,dalla Sicilia, dall’estremo sud del Paese che il progetto prende corpo, infatti, e’ li che di nuovo sceso in campo, questa volta da allenatore, Silvio Berlusconi che ha radunato , grazie al suo Micccihè, una gran folla siciliana e ottenuto consensi anche del presidente dei senatori alfaniani e addirittura dall’ex-presidente della Regione, tornato libero, dopo aver scontato una condanna, che ha preannunciato di far uscire i suoi amici entrati, provvisoriamente, nel Pd.
Fatto sta che gli errori, clamorosi della Meloni ed i calcoli politici sbagliati di Salvini hanno offerto a Berlusconi l’occasione, a Roma, Torino e Napoli, di prendere le distanze, come voleva fare da tempo, da quella che, ormai appare un’estrema destra senza futuro sia perché va in un settore già coperto in gran parte dai grillini, sia perché il governatore lombardo Maroni e quello veneto Zaia, potenziale candidato a Palazzo Chigi per il centrodestra, non condividono la strategia del segretario leghista, criticato anche d Bossi.
Qualcuno sostiene che, in realtà, è riemerso il famoso Patto del Nazareno, mai rinnegato dal Cavaliere e da Renzi. Altri che questa svolta centrista è frutto di suggestioni e suggerimenti d’Oltreoceano dopo la scomparsa improvvisa e per i maligni sospetta per un infarto texano dell’ oriundo siciliano Scalia, componente della Corte Suprema Usa e di potenti lobby, sponsor del nostro attuale presidente della Repubblica, preferito dal segretario-premier al posto di Amato, anch’esso gradito ad ambienti Usa e concordato con Forza Italia.
Comunque sia rimane un fatto che Berlusconi sarebbe uscito dalla trappola di chi, di fatto, voleva rottamarlo e, pur non potendosi ancor presentare alle elezioni, ha ripreso la sua autonomia da un centro-destra che Matteo Salvini cercava di egemonizzare, finendo per danneggiarlo con il suo estremismo che gli fa perdere voti, considerato che i sondaggi più attendibili pongono la Lega quasi sullo stesso piano di Forza Italia, destinata ad aumentare perché il Cavaliere è di nuovo sceso in campo come federatore di un centro che attende il suo leader. Se Matteo Renzi, attaccato su vari fronti, torna ad essere quello iniziale, qualcuno sostiene sia un misto di La Pira, Moro e Fanfani (io lo definirei piu’ un composto di Berlusconi, Previti e Verdini) forse potrà salvarsi ed essere lui il numero uno. Altrimenti, ecco l’ipotesi Gabrielli, prefetto di Roma, stimatissimo oltre-oceano o Alfio Marchini indicato, inizialmente, da Forza Italia come candidato sindaco del centrodestra a Roma e rifiutato, guarda caso, proprio dalla Meloni. Se si punta su di lei a livello nazionale, farla vincere nella capitale potrebbe determinare qualche problema perché dovrebbe dimettersi dal Campidoglio. E’ quello che vedremo dall’atteggiamento di Berlusconi: se insiste su Bertolaso Roma passa in secondo piano e si punta subito sul Marchini candidato per Palazzo Chigi: se, invece, l’opzione è per, prima un passaggio romano, l’ex-capo della protezione civile potrebbe fare il vice-sindaco oggi per sostituire il numero uno della Capitale quando ci saranno le “politiche” che molti prevedono per la primavera del prossimo anno.
Altro scenario: il centro-destra si ricompatta con la rinuncia della Meloni a concorrere per il Comune di Roma, lasciando Bertolaso a correre da solo in concorrenza con Marchini. Con questo scenario, potrebbe prendere di nuovo corpo l’eventuale disponibilta’ di Bertolaso sindaco in seconda battuta.
Di certo , volente o no Alfano, che elettoralmente non riesce a crescere, la marcia verso il centro è iniziata e potrebbe portare ad un centro-sinistra d’antan. Più coeso del passato e tale da riconciliare i cittadini con la politica anche perché capace di seguire le proposte di Papa Francesco valide, secondo il fondatore di “Repubblica” Eugenio Scalfari, per cattolici, laici e persino non credenti come lui.