FINI: CHE STRONZO SONO STATO…!

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Luca Telese su “Pubblico”, nuovo quotidiano da lui diretto, titola un corsivo “I 25 Stronzi”, lo fa rifacendosi al Manzoni che diceva di avere 25 lettori, che però per lui erano determinanti.

Non  ho ripreso il pezzo di Luca Telese per il suo contenuto, bensì per l’espressione colorita del titolo che, peraltro, nel testo trova piena giustificazione, l’ho riportata perché se lo scrive Luca, evidentemente è usabile, quindi, poiché rende bene l’idea, mi permetto di usarla anch’io, magari al singolare.

Nei giorni scorsi, lo hanno riportato tutta la stampa nazionale, nonché i telegiornali delle varie reti, Gianfranco Fini ha preso una brutta musata dalla porta che gli è stata sbattuta in faccia da Angelino Alfano che respingeva la sua offerta a voler rientrare nel PdL.

Leggete cosa dichiara o, se preferite, confessa la nostra terza carica dello Stato.

Nel libro di Angelo Polimeno, Repubblica, atto terzo, il nostro Presidente della Camera si lascia andare in una rivisitazione del film che ha visto il suo allontanamento dal PdL e la fondazione del Fli.

Parte dalla Convention di Bastia Umbra del novembre 2010. In quella circostanza Fini decise di ritirare la sua delegazione al governo composta dal ministro Ronchi, dal vice ministro Adolfo Urso e dai sottosegretari Menia e Bonfiglio. A queste dimissioni, per logica sarebbero dovuto seguire le sue da Presidente della Camera. Dice Fini: “Forse è li che ho commesso un errore. Per ufficializzare il riconoscimento di Fli quale terza gamba della maggioranza non serviva chiedere a Berlusconi di andare al Quirinale a dimettersi per poi dar vita ad un nuovo governo. Non serviva perché come il voto di fiducia di settembre aveva già certificato che senza Fli la maggioranza non esisteva”. La dimostrazione del suo errore viene fuori in maniera macroscopica quando la sua mozione di sfiducia, appoggiata dalle opposizioni viene respinta con tre voti di differenza facendo fallire il bliz.

Poi passa a discutere sulla nomina di Alfano alla segreteria del PdL: “Con Casini –ricorda Fini-  ragionammo a lungo. Lui era più ottimista di me, riteneva che Angelino potesse esercitare davvero quel ruolo importante. Io invece gli dissi: Pier, dammi retta, Alfano sarà il segretario del presidente del partito, è stato scelto perché da del lei a Berlusconi. Berlusconi non può stare in panchina. Lui vuole fare regista, primo attore, cameraman. Ecco perché non potrei più stare in partito guidato da lui”.

Ed infine, ricordando la fatidica riunione di Via della Conciliazione, dice: “Ancora oggi non mi spiego il cataclisma di quel giorno. Più volte sono andato a rieleggermi lo stenografico. Non capisco perché Berlusconi reagì in quel modo. Per carità io avrei anche potuto starmene tranquillo senza alzare il dito e senza dirgli ‘Che fai mi cacci?’. Tra l’altro non ricordo neanche a che proposito dissi quella frase. Ma le mie erano solo critiche politiche, A quel punto pensavo di assumere un ruolo scomodo, di fare l’opposizione interna. Ancora oggi non riesco a capacitarmi della decisione di dichiararmi di fatto incompatibile con il Partito”.

Credo sinceramente che il nostro Fini, guardandosi tutte le mattine non possa fare a meno di dirsi: “Che stronzo sono stato…!”.

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