Gianluigi Paragone – La brutta copia di Michele Santoro

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Venerdì scorso,  in una mia fase notturna di zapping mi sono  trovato su RAI2, nel bel mezzo di una rissa verbale, sapete di quelle tipo Santoro di “Anno Zero”.

Appunto, un Michele in sedicesimo che urlava in faccia all’On. Stracquadanio del PdL che la Rai non era sua .  Si tratta della trasmissione di Gianluigi Paragone nel suo format “l’Ultima parola”.

Cosa era successo (Sono andato dopo a vedermi la registrazione della trasmissione)? La trasmissione apre con due immagini di Silvio Berlusconi che sonnecchia a fianco del Presidente della Repubblica mentre si parla di crisi economica. Al termine del servizio appare il conduttore che con un cenno interrompe l’applauso del pubblico che era partito non si sa bene se per l’apparizione di Paragone o per le immagini del Premier, dicendo: “ State fermi per non svegliare il premier che dorme, altrimenti – continua- bisognerebbe spiegargli che la disoccupazione  cresce…”.  L’On. Stracquadanio ritenendo la frase oltraggiosa nei confronti di Berlusconi, gli ha replicato che era evidente che il giornalista si stava preparando un nuovo futuro, cioè stava saltando sul carro di un prossimo ipotetico vincitore.  Ecco l’esplosione fatta sul viso dell’Onorevole dal peggior Santoro. Paragone: “ Dovete piantarla, perché la RAI non è vostra! Io sono entrato con i voti del centrodestra, ma non ho il prezzo all’orecchio”.

E’ bene ricordare che il nostro conduttore, già vicedirettore del giornale “La Prealpina”, promosso sul campo direttore de “La Padania”, quindi Vice direttore e condirettore di “Libero”, era stato raccomandato e voluto da Bossi in Rai per fare il Vice di Minzolini sul TG1, passato subito su RAI2, si diceva, per bilanciare (si fa per dire) “Anno Zero” di Santoro-Travaglio con “L’Ultima Parola”.

Torniamo alla trasmissione: Ormai il dado era tratto. La trasmissione aveva preso la sua piega che in parte era già preparata. Non vi erano i soliti ospiti, erano presenti DiPietro, Cremaschi della FIOM, Stracquadanio, Urso e Magnaschi, direttore di Italia Oggi, poi un ampio corollario di pubblico appositamente scelto.

Nel momento della zuffa si capisce che Paragone è totalmente entrato nella “parte” di antiberlusca, tanto da riprodurre un clima da miglior Santoro. Un’arena dove lui vorrebbe fare il mattatore ma, la facilità all’ira, la perdita delle staffe, lo limitano rendendo quella specie di emiciclo più simile ad un gallinaio che a quell’arena che avrebbe voluto riprodurre.

Si è proseguito con il taglio previsto dal copione: intervista ad una rappresentanza di operaie della OMSA, licenziate per la delocalizzazione in Serbia del calzificio di Faenza; un imprenditore che denunciava le difficoltà che gli venivano imposte dai ritardi nei pagamenti dalle Pubblica amministrazione e quindi dallo strozzinaggio praticato dalle banche; si parla di black block; non poteva mancare un collegamento pro anti TAV e di operai in cassa integrazione. Serafica la calma di DiPietro che , evidentemente, si sentiva già ben rappresentato.

Morale: è vero che qualche volta le due estreme si toccano, Paragone sembra abbia superato quella barriera immaginaria, riflettendo sorge un dubbio: che il nostro giornalista padano doc abbia realizzato che usando certi atteggiamenti alla fine questi pagano? Se il prezzo da pagare,  agli ideali e alla professione, diventando anche martire della RAI, comporta una liquidazione milionaria, alla fin fine, si può anche dare un calcio alla coerenza.

 

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