GLI APPELLI DI NAPOLITANO NON TROVANO SPONDA IN BERSANI

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“Non dividetevi in fazioni contrapposte”, ”ritroviamo il senso dell’unità necessaria. Unità, volontà di riscatto, voglia di fare e stare insieme nell’interesse generale” ha ripetuto Giorgio Napolitano, E questo per affrontare i problemi di fondo come l’”economia che non cresce”, “la disoccupazione che aumenta e dilaga tra i giovani“, ”il Mezzogiorno che resta indietro”, cambiare “quel che non va nello Stato nelle istituzioni, nella politica e che chiede, da tempo, d’essere riformato”.

Con queste  parole Giorgio Napolitano continua a raccomandare ai responsabili della nostra politica in queste giornate di grandi incertezze e di molte preoccupazioni per la grave situazione di crisi che sta andando sempre avanti. Un continuo richiamo alla responsabilità, nel momento in cui su Cipro si sta per abbattere la più grave calamità finanziaria che si possa abbattere su una nazione: il prelievo forzoso sui conti correnti bancari, con il rischio di contagio anche per noi.

Cosa sta facendo la nostra politica per arginare questo rischio? Pier Luigi Bersani, colui che dispone dell’iniziativa, gioca alla roulette del potere, e lo fa sulla pelle degli italiani, rischiando quella russa, ossia il suicidio politico.

La scelta di forzare la mano ed eleggere alla  presidenza delle Camere due personaggi del centrosinistra, certo persone degne, ma molto caratterizzate a sinistra soprattutto a Montecitorio, costituisce una sfida che rende sempre più stretta la strada del leader del Pd verso Palazzo Chigi. E qualcuno parla di “boomerang” perché all’interno dei democratici c’è chi potrebbe chiedere – e lo fa già Civati – di applicare il “metodo Grasso” anche per la presidenza del Consiglio nel caso Bersani fallisse come appare probabile, in sostanza una soluzione C con un altro candidato premier, mettiamo un Rodotà. Ossia una figura “che piaccia a Pd e 5 Stelle”.

Ho l’impressione che, dopo quel che è accaduto al Senato,con la pattuglietta di “franchi tiratori” grillini,  sarebbe difficile  veder esprimere un voto  di fiducia dei 5 Stelle ad un governo espresso, comunque, dal Pd.

La verità è che la “mossa intelligente” di Bersani (definizione di Veltroni probabilmente per la gioia dell’indiretto siluro lanciato all’ipotesi berlusconiana di D’Alema al Quirinale) ha scatenato una serie di conseguenze negative.

La prima e la più vistosa è stata la reazione di Grillo ai 12 e passa “franchi tiratori”del suo movimento, alcuni dei quali si sono affrettati a dire, come il  laziale Vacchiano, “ non darò la fiducia al Pd”.  Se, in sostanza il leader democratico ha ritenuto di aprire una breccia nei grillini ha commesso un grave errore.

La seconda ha coinvolto l’interno del partito , deludendo i sostenitori dell’ipotesi B, quella di una accordo con il Pdl, rilanciata da Alfano – voto ad un governo Bersani e presidenza della repubblica ad un moderato – .  E, inoltre, spazzando via l’intesa che si stava delineando nelle segrete stanze della politica con un governo del Presidente e Massimo D’Alema al Quirinale. Per non parlare, infine, dei renziani che hanno, sì, elogiato, non potendo fare altro, la personalità dei due nuovi presidenti del Parlamento, ma che vedono anche la scelta di elezioni anticipate a stretto giro di posta con ancora primarie bloccate per ripresentare Bersani, magari alleato dei montiani sì da tentare di prendere la maggioranza anche al Senato, dimenticando che, forse, potrebbero perdere anche quella della Camera già risicatissima in termini di voti e ottenuta solo grazie a quelli della SVP, non certo un partito di sinistra.

Un’altra conseguenza è quella d’aver deluso le attese di un big di “scelta Civica” come  Lorenzo Dellai, bloccato quale presidente della Camera da Monti, a sua volta stoppato per la presidenza del Senato dal Capo dello Stato, con il risultato che tra i montiani è guerra aperta e in molti iniziano ad avere subbi sul leader che pensa solo a se stesso. Proprio Dellai è stato esplicito: “Io ho investito in questo progetto e lui si è comportato solo per i suoi scopi personali”, tradotto dal politichese: per cercare di andare al Quirinale e sulla strada non ha voluto nessun altro della sua parte. Pensate che è persino andato ad offrire il voto, al Senato, per Schifani in cambio del pass per il Colle, pass ovviamente rifiutato.

Il risultato, comunque,è che il giocare bersaniano su due sponde – grillini e montiani – per poi fare il pieno politico  in casa propria per la seconda e terza carica dello Stato, ha reso ancor più complicata una situazione già incandescente. Logico, quindi, si faccia strada l’idea che il leader Pd voglia andare ad elezioni anticipate, visto il no di Grillo ad un governo guidato da Bersani e, dunque, la possibilità di avere una maggioranza anche al Senato, il rifiuto della maggioranza dei  democratici di trattare con il Pdl (famosa ipotesi B) o di cambiare cavallo (ipotesi C di Civati).

Né va sottovalutata la contrarietà che la “roulette del potere “sta provocando nel Capo dello Stato che, si dice, abbia avuto una lunga telefonata chiarificatrice con Bersani, ma non pare possa aver gradito il nuovo no (niente accordi privati né scambi indecenti con il Pdl) all’offerta di Alfano.

In questa ingarbugliata situazione, forse, solo la  rielezione dell’attuale Capo dello Stato, positivo riferimento per gli italiani, potrebbe indurre tutti a più miti consigli. A mettere  cioè, una buona volta, nel dimenticatoio gli interessi di parte, ammesso che il suicidio politico lo siano, per far finalmente prevalere quelli generali. Passata la tempesta, tornato un po’ di sereno, cambiata anche una pessima legge elettorale, Napolitano probabilmente riterrebbe d’aver concluso la sua nuova fatica  e, allora sì, con un nuovo Presidente della Repubblica e l’attuazione di riforme condivise un ritorno alle urne potrebbe essere non solo indolore, ma addirittura utile per dare al Paese un governo stabile ed una maggioranza realmente coesa.

 

 

 

 

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