Il Cav ghigliottinato dalla sinistra.

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Leggo su Affari Italiani l’editoriale di Pietro Mancini, ve lo ripropongo tale e quale. Sarà vero quello che scrive? Io mi limito a prenderne atto.
Martedì, 20 agosto 2013 – 16:19:00
Scrivemmo 20 giorni fa : don Antonio Esposito unfit a giudicare il Cav.
Oggi, dopo lo scoop de “Il Giornale” sulle telefonate soft della toga campana (“Se becco il Cav. gli faccio un mazzo così!”), chiediamo agli illustri colleghi Paolino Mieli, “Flebuccio” de Bortoli e “Topolino” Mauro: “E’ Giudice terzo, egregi colleghi, l’esimio stangator di Silvio come una Vanna Marchi qualunque?”.

Anche voi, cari miei 25 lettori, fedeli e talvolta critici, legittimamente, con il vostro umile scriba non potete negare che, nelle tante “carezze” delle Procure e dei tribunali al Cav, vi sia più che il sospetto di una volontà punitiva di tipo politico.
Ha scritto Giulianone Ferrara, con il quale, spesso, non sono d’accordo : “Durante la Rivoluzione francese, Saint-Just diceva che Re Luigi XVI doveva morire, affinchè vivesse la Repubblica. E allora anche i giacobini più sanguinari non si permettevano di considerare “atto dovuto”, con linguaggio da modesti legulei, la decapitazione del loro Arcinemico. Cadeva la lama della ghigliottina, ma non la pretesa di verità politica”.
E oggi Silvio-che le sinistre non sono state in grado, in 20 anni, di rispedire ad Arcore o nel villone di Antigua- dovrebbe, volontariamente, farsi tagliar la testa non da Robespierre, Danton o Saint-Just ? Bensì da Vendola, fotografato mentre era attovagliato con la giudice dei suoi processi, da Beppe Grillo, condannato per omicidio colposo plurimo, e da Guglielmo Epifani, uso ad obbedir tacendo prima a De Martino e poi a Craxi, nel vecchio PSI, poi a Del Turco e a Cofferati, nella CGIL, e oggi, nel Pd, a Epifani e a tal Stumpo ?
Suvvia, siamo seri, amici ! E, soprattutto, obiettivi, non facendoci accecare dall’antiberlusconismo.
E concediamo a Berlusconi, alle sue colombe, ai suoi falchi e alle pitonesse il diritto- che Napolitano, giustamente, ha rivendicato a se stesso, nella diatriba con Ingroia sulle telefonate con don Nicola Mancino- di combattere, in libertà o ai domiciliari, una battaglia, politica e di civiltà, contro la piena e incontrollata sottomissione della sinistra alla magistratura combattente, alla logica di potere, che la corporazione dei magistrati ha, con ostinazione, voluto affermare in questi drammatici 20 anni, seguiti al crollo, per via giudiziaria e a causa di gravi errori politici, della Prima Repubblica.

Pietro Mancini