LA CRISI DEL PAESE – E’ L’ORA DEI COLLETTI BIANCHI

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Bersani per primo denuncia la crisi dei partiti, quanto leggiamo su Margherita e Lega (in attesa che altri li seguano) ne sono la conferma; Alfano, in qualche modo lo lascia intendere; Di Pietro lo denuncia; Vendola ne è la prova vivente.
Cosa significa tutto questo? Semplice: crisi d’identità: carenza di leaders.
Berlusconi, sul quale il mondo moderato aveva puntato tutte le sue chanse, è passato da star a cometa. Dalla sua scesa in campo, fermata l’egemonia della sinistra tanto decantata dal povero Occhetto, di concreto poi ha fatto ben poco. Si è trovato spesso incartato con alleati “mignatte” che avevano tutto l’interesse a limitarlo con la speranza di grattargli qualche voto. D’altra parte lui ha rinunciato apertamente a costruirsi un partito vero, strutturato sia al vertice che nella periferia, forse non ha mai voluto farlo per paura che in seguito forse avrebbe dovuto rendergli conto. Ha preferito mantenere la bassa fisionomia del Movimento perché tutto ruotasse attorno alla sua figura. Quindi il PdL, emanazione di Forza Italia con un quarto virtuale di Alleanza Nazionale, non dispone di nessun legame ideologico, rimane movimento, quasi una Armata Brancaleone, con le fila che giornalmente si assottigliano, diretto verso un destino amaro che rasenta la scomparsa dalla scena. In periferia lo scenario si sta già realizzando. A parte i grandi centri, nei piccoli e medi comuni, le amministrazioni sono sganciate dai partiti: quasi tutte sono espressione di liste civiche composite, quando non trasversali e gli amministratori fatto salvo rarissime eccezioni, non rendono conto a nessun partito.
Se il PdL si trova in questa situazione, il PD non sta meglio. Il partito di Bersani è in piena crisi d’identità; erano partiti con Occhetto, D’Alema e Veltroni, con l’idea di ammorbidire la linea togliattana dal PCI, pur mantenendone l’idea fondamentale. Si sono poi fatti ingabbiare da Prodi che ha portato con se un’ala importante di cattolici dossettiani, questi si sono radicati dentro i gangli del vertice del partito condizionandone la politica che è rimasta si di sinistra, fuori dai vecchi schemi, ma integralista sul piano ideale, acida nei confronti dell’elettorato naturale. Bersani, la cui levatura politica è ben limitata (sembra evidente), vorrebbe fare il gallo del pollaio senza rendersi conto che, al massimo è un pollo se non addirittura, cappone. Eppure loro, i cosiddetti democratici, a differenza di Berlusconi una certa esperienza l’avevano: sarebbe stato sufficiente, nei vari passaggi che hanno segnato la trasformazione del partito, che avessero trasferito la struttura del vecchio PCI, oggi si sarebbero trovato il Paese in mano. Ma, così come nel 1945, Togliatti non seppe, o non volle sfruttare, la grande organizzazione periferica che faceva capo a lui, oggi Bersani, si ritrova con una base che, quando non gli è ostile, preferisce starsene a casa e, se vuole far vedere che ancora dispone di proseliti a sinistra, deve partecipare alle manifestazioni sindacali della CGIL, dove, pur mal sopportandolo, uno spazietto glielo lasciano.
Lascio da parte gli altri partiti perché, per dimensione, almeno nell’attuale, possono solo essere gregari. Voglio riprendere un periodo di Marcello Veneziani dal suo “Cucù”, il quale partendo dal titolo “Tecnici o partiti, la padella o la brace” dice: “…torno al caso disperato, l’Italia commissariata. Possibile che in questa situazione estrema non emerga nessun credibile leader che copra il ruolo di Marine in versione italiana? Lo spazio ci sarebbe, l’esasperazione sociale pure, c’è insofferenza verso i partiti che si appropriano e verso i bancocrati che ci espropriano”.
E’ esattamente quanto sta avvenendo. Il calo di fiducia verso la classe politica non ha certo bisogno di sondaggi per stabilirlo, è sufficiente andare alla poste per fare una raccomandata per stabilire l’indice di gradimento. Attenzione, questo non significa che il governo che ha commissariato la politica ed il Paese stia molto meglio, anzi direi che va molto peggio. La gente sta arrivando al limite di sopportazione e non è detto che si arrivi ad un suicidio di massa. Una volta i colletti bianchi cambiarono la linea politica del Paese, ora i colletti sono diventati lisi per consunzione, ma sono sempre bianchi e se si dovessero unire anche alle canottiere, credo non sia poi così difficile cambiare l’ordine delle cose. Di questo dovrebbe tener conto il Sig. Monti e compagni di governo, così come dovrebbero metterlo in conto i Partiti.
Una volta, quando la politica era una cosa seria, quando se pure vi era qualcuno che commetteva qualche irregolarità lo faceva per il partito e non per proprio tornaconto, i Monti, i Passera, le Fornero, ecc., avrebbero occupato alcuni degnamente, altri un po meno, il ruolo di consulenti. Si signori quello è il ruolo dei tecnici, i governi, possono essere a tempo, balneari, d’emergenza, ma devono essere sempre politici, composti da gente scelta per elezione (non nominata a tavolino) capace di facoltà di sintesi.
Ma, dove sono? Ecco perché, detto alla Veneziani, per uscirne, servirebbe un “Marine” in versione italiana.
giustus

16 aprile 2012

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