LA TRAPPOLA USA E’ SCATTATA SUL COLLO DI RENZI

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 di giustus

Non sono tempi facili per Matteo Renzi. Era fermamente convinto che l’aver portato Mattarella al Quirinale lo affrancasse sia in Italia che presso il circolo internazionale. Ha fatto inconsciamente dei calcoli sbagliati: da ambienti fortemente introdotti  vengono sussurrati pensieri che dicono tutto il contrario, La scelta di Mattarella che credeva fosse sua in effetti sembra sia stata frutto di una trappola ben piazzata da alcuni poteri forti di oltre oceano, tanto da consentire che un big della Corte Suprema Usa come Scalia avrebbe commentato l’elezione quirinalesca con un “sono veramente lieto di essere riusciti a portare un siciliano a Presidente della Repubblica italiana”.

Di certo c’è che il segretario del Pd avrebbe preferito un suo fidato per il Colle, e Mattarella credeva fosse tale ma, è egualmente certo che il nuovo Capo dello Stato non farà sconti al premier ad iniziare dalla legge elettorale, visto che è l’autore di un sistema di voto che ha funzionato in passato, sostituito , poi, dal “Porcellum” dichiarato incostituzionale, perché non aveva le preferenze, dalla Consulta della quale faceva parte Mattarella. E’ anche probabile che, seguendo la linea di Giorgio Napolitano, l’inquilino del Quirinale non sia molto propenso a concedere a Renzi elezioni anticipate, magari incaricando, in caso di crisi, Giuliano Amato, legato al Pd, ma stimato anche da Silvio Berlusconi e, quindi, in grado di raccogliere la maggioranza di un Parlamento che , esclusi i grillini, non intende andare a casa, tendenza, questa, sulla quale ha speculato fino ad oggi il premier.

Stando sempre a certi sussurri che riporterebbero gli spifferi d’oltreoceano, un personaggio accorto, furbo ed abile nel destreggiarsi tra i marosi politici come il nostro premier sarebbe caduto nella trappola orchestrata addirittura da chi lo aveva appoggiato all’iniziato per l’accreditamento di un comune importante amico italiano. La spiegazione sarebbe questa: Renzi avrebbe perso il consenso del suo sponsor Usa, di matrice repubblicana, di origini siciliane e amico dei Bush, sia per aver portato il Pd nell’orbita del socialismo europeo, sia per averlo collegato ai democratici americani, oggi in declino al punto che sono in moti a vedere in Jeb Bush il successore di Obama.

Il nostro premier doveva, quindi, recuperare il rapporto con Scalia e la sua fortissima lobby e l’occasione si è presentata quando tra i candidati al Quirinale è apparso il siciliano Mattarella (stimato dagli americani sin dal tempo in cui era vicepremier e ministro della Difesa) e dagli ambienti repubblicani provenivano indicazioni a suo favore, mentre i democratici insistevano, e fortemente, per Giuliano Amato. Renzi, quindi, avrebbe accettato l’indicazione siciliana, ottenendo in cambio di entrare in una lobby minore americana, alla quale aspirava, convinto di aver recuperato, così, il rapporto con i vecchi sponsor più forti di ieri per la prospettiva di vedere il ritorno di un repubblicano alla Casa Bianca. Quelli, però, sono tipi che non dimenticano i tradimenti e per il nostro premier s’annunciano tempi sempre più tempestosi . Il rischio terrorismo e la situazione libica potrebbero dargli una provvisoria via di uscita dalle difficoltà, ma dopo le prime bellicose dichiarazioni i passi indietro, confermati dal nostro ministro degli Esteri Gentiloni alle Camere, dimostrano che ha prevalso una necessaria cautela in attesa delle decisioni in sede Onu. Così tutte le opposizioni continuano a disertare Montecitorio, accusando in coro il premier d’essere, nel migliore ei casi,”un bullo”, per i grillini addirittura “un fascista” e per il capogruppo dei deputati di Forza Italia, Brunetta, di portare “un colpo mortale alla democrazia parlamentare”.

Sì, non i presentano proprio tempi facili per Matteo Renzi e i suoi ministri. Non è con qualche colpo di furbizia che si guida un Paese, ci vuole ben altro, cioè tutto quello che Renzi non ha.