Renzi a Washington con un pd spaccato e governo in forse

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 By giustus

L’attacco frontale a Renzi che ha fatto Romano Prodi nel libro-intervista con Marco Damilano: sul piano internazionale non è un buon viatico per la sua due giorni negli Usa, dove, incontrando Obama dovrà spiegargli il viaggio a Mosca e la simpatia dimostrata a Putin.

Barak Obama, pare ovvio, elogerà le sue riforme, ma il segretario-premier italiano non sa ancora se riuscirà a portare a casa quelle riforme. Questo, perché non ha voluto concedere alcunché alla sinistra Pd sulla legge elettorale, a parte un accenno a possibili futura modifiche alla riforma costituzionale, leggere Senato. Così nell’assemblea dei deputati dem si è assistito ad un simbolico quanto grave strappo, alla clamorosa uscita al voto finale degli oppositori, preceduta dalle dimissioni del capogruppo Roberto Speranza.

In 191 su 310 hanno detto sì all’Italicum, numeri che rendono incerto il varo della legge e ,quindi, il futuro stesso del governo visto che Renzi ha legato al varo di questa legge la sopravvivenza dell’Esecutivo. Credo che lo stesso premier sia rimasto amareggiato per non aver convinto almeno una parte della minoranza dem, nonostante la promessa: “sono possibili ulteriori modifiche sulla riforma costituzionale”, con chiaro riferimento al Senato. Non a caso, a fine Assemblea, ha ammesso: “siamo profondamente divisi sui singoli punti della legge elettorale, ma tutte le posizioni non possono essere ridotte a un derby tra noi”.

No, non è un buon momento per il nostro premier che, al rientro in Italia, dovrà anche insistere nel ricordare che “tutti i membri della Commissione Affari Costituzionali debbono accettare il deliberato dell’Assemblea dei deputati sulla legge elettorale”. Lì, in Commissione, la maggioranza dei dem fa parte della sinistra e, quindi, di coloro che sono contrari all’Italicum. Probabilmente chiederanno d’essere sostituiti, come aveva preannunciato Bersani, per esser liberi di votare, eventualmente, contro in aula. Infatti, Pier Luigi Bersani l’ha chiesto per primo, dicendo “io così non ci sto, la legge non la voto”.

Siamo, davvero allo showdown finale e il Pd schiocchiola , aumentano i venti di scissione con più di cento cento deputati, pronti a dire no all’Italicum se non ci saranno modifiche.

Qualcuno ha definito la legge elettorale le Forche Caudine di Matteo Renzi. Ho l’impressione che se davvero saranno tali, a provocarle sia stato lo stesso premier perché con un piccolo gesto verso gli oppositori interni avrebbe portato a casa la legge, spaccato la sinistra dem e portato definitivamente con lui, come già aveva fatto con i “giovani turchi” di Orlando e Orfini, il capogruppo Roberto Speranza e buona parte di Area Riformista.

Mentre invece così dovrà decidere se andare al voto sull’Italicum senza la certezza del sì o mettere sulla legge la fiducia, come hanno detto quale extrema ratio, vari esponenti renziani. Sarebbe, questa, una sfida nella sfida perché Sel, Forza Italia e la Lega sono già sul piede di guerra, parlando di “golpe” ed appellandosi al Capo dello Stato.