Renzi: autocritica ambigua poi, propone il Mattarellum

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(ma Grillo e Berlusconi dicono no)

Quello di Renzi in Assemblea è stato un discorso tutto diverso dal suo solito, tanto da far sorgere più di qualche dubbio sulla sua veridicità.

Un Matteo Renzi meno arrogante e apparentemente, quasi umile,  ha ammesso di aver “straperso” il referendum costituzionale e di non aver compreso i veri umori degli italiani.  Un Renzi inedito quello che ha aperto ieri, senza replica finale, l’Assemblea nazionale del Pd, difendendo, sì, i provvedimenti del suo governo – erano “giusti” -, ma ammettendo che non erano “condivisi”  oltre a non essere stati accompagnati da una comunicazione, quindi, poco comprensibile per i cittadini. E, soprattutto, per  le periferie delle metropoli, il Sud d’Italia e per i giovani, cioè tutti i  grandi protagonisti del “NO” referendario.

Nessun regolamento dei conti all’interno del partito, anche se brucia la dissidenza degli anti-sì  bollati  da un estemporaneo e grossolano intervento di  quel Giachetti, pluri-sconfitto dem  al Comune di Roma, rivolto a Speranza di “avere la faccia come il c…..”, costringendo Renzi a mettersi le mani nei capelli per la disperazione,  considerato che aveva fatto appello all’unità, ad essere una vera comunità -annunciando a sorpresa- con il congresso che si svolgerà regolarmente nel novembre del prossimo anno, consentendo, così, al Pd di voltar pagina  con una campagna d’ascolto per ri-sintonizzarsi con il sentire dei cittadini. Nessun accenno alle elezioni anticipate, lasciando, probabilmente, questo compito al ministro per le infrastrutture Del Rio per il quale il voto nel referendum ha dimostrato la volontà degli italiani  a favore del voto politico anticipato  e, dunque, occorre andarci al più presto con una nuova legge elettorale. Di parere contrario, però, è stato il ministro Franceschini che ha parlato subito dopo il segretario e che, con i suoi cento parlamentari, costituisce  un alleato indispensabile per il segretario. Che, comunque, ha lanciato la proposta  del Mattarellum, ossia della legge elettorale del tempo dell’Ulivo, quella che porta il nome dell’attuale Capo di Stato, 75% di seggi uninominali, 25% con il proporzionale con sbarramento al 4% e sottrazione dei voti ottenuti nel collegio uninominale dalla lista collegata, mentre tre quarti  dei seggi uninominali al Senato, il resto con il proporzionale.

Immediato il sì della Lega (Salvini: va bene qualsiasi legge purchè si vada subito al voto) e della Meloni, soddisfatta la sinistra dem, mentre Forza Italia, Grillo e gli alfanian-verdiniani  dicono forte e chiaro di “no”  e questo apre la strada a quello che sarebbe l’accordo sotterraneo, ma non troppo, tra Renzi e Berlusconi per un 30% di seggi con collegi uninominali, il 70% proporzionale con sbarramento al 4% o, se possibile, anche al 5% , lasciando, così, aperta la strada alle alleanza post-elezioni , senza ipotecare, prima, anche il futuro premier.

Certo, bersaniani e cuperliani preferiscono il “mattarellum”, ma alla fine potrebbero accettare una soluzione che , se si introducesse almeno una preferenza nel proporzionale, lascerebbe qualche spazio anche alla minoranza dem. Per ora, comunque, sono in fase di attesa  anche perché chiedono modifiche alla politica economica del governo ad iniziare dal Jobs Act sotto rischio di referendum. Per questo, si sono assentati dal voto sulla relazione  che, senza replica, fatto non usuale, ha confermato la larga maggioranza per Renzi: 481 si’, 10 astenuti e 2 contrari.

Sulla base di questo risultato alcuni osservatori prevedono che Matteo Renzi non sia intenzionato a fare altre concessioni, oltre quella dell’apertura di un dialogo interno e di  una segreteria allargata.   Per lui i provvedimenti economici contestati dalla sinistra dem erano giusti e non sono stati compresi soprattutto per una carenza comunicativa, alla quale si provvederà con la campagna dell’ascolto, alla quale si accompagna la speranza che alcuni di quei provvedimenti inizino a dare risultati concreti  e, dunque, visibili  e che il nuovo governo porti a casa, in tempi brevi, i decreti per l’attuazione di alcune leggi, ad iniziare da quella di bilancio.

Le vicende siciliane e, soprattutto, i guai romani dei Cinque Stelle con il commissariamento, di fatto, della sindaca Virginia Raggi, sempre più isolata e sempre più in difficoltà, danno un po’ di   respiro ai renziani convinti di una possibile rivincita, pur costretti a venire a patti con Franceschini. Tra questi patti potrebbe esserci sia  la scissione tra premier e segretario, sia il proseguimento della legislatura, sperando che i grillini proseguano  a farsi male da soli  e che il Pd recuperino moderati. Come, d’altra parte, vorrebbe fare anche Silvio Berlusconi, quasi certamente, possibile alleato di domani.