RIFORMA COSTITUZIONALE – Il “Si” farebbe risparmiare? Non ci credono neppure loro

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Siamo ormai arrivati alla resa dei conti. Proprio i conti non tornano in questo referendum che prima ci hanno voluto contrabbandare come il toccasana per quel risparmio di cui l’Italia, considerata spendacciona da una Europa gestita nel modo più gretto da una classe dirigente completamente appiattita sulla signora Merkel, ha bisogno. Perchè non tornano? Se andiamo a valutare il costo/benefici, almeno da quanto è stato sempre sostenuto da chi la legge l’ha compilata, il grande risparmio sarebbe di appena cinquantadue milioni di euro. Qualcuno mi obietterà: “e ti sembra poco?”. NO, non mi sembra poco, mi sembra ridicolo. Gli stessi fautori del Si, quelli che contano, lo ammettono,non solo direttamente, lo fanno cambiando indirizzo alla loro campagna elettorale.

Ora, i renziani tentano la carta dei mercati, ossia quella di spaventare i risparmiatori e creare timori tra tutti gli  elettori con infauste conseguenze sull’economia se vince il “NO”  al referendum costituzionale. L’obiettivo è cercare di convincere al “Sì” gli incerti  ed una parte di coloro decisi all’astensione. In questo hanno trovato sostegno nella Banca d’Italia  che  ha segnalato un allarme di volatilità finanziaria  dagli inizi di dicembre in coincidenza  della votazione.

Persino  Lorenzo, Guerrini, vice-segretario dem, ed in genere,  molto equilibrato , ha parlato di “fibrillazioni possibili dopo la Brexit, l ’elezione di Trump e l’attenzione molto forte sull’Italia”. Vi risparmio le dichiarazioni, ancora più esplicite e più negative, della Boschi e di altri big della maggioranza parlamentare  secondo i quali  se vince il “NO” è quasi un dramma.

La realtà, però, è ben diversa  ed è un coro di esperti a dirlo. Il professor Marco Onado, economista della Bocconi, sostiene, ad esempio,  che “non ci sono motivi per vedere tremare i mercati”   così come il suo collega dell’Università Cattolica, professor Francesco Doveri, non vede “ problemi per  i titoli di Stato per il paracadute azionato dalla Banca Centrale Europea”.

Anche dal settore bancario   internazionale vengono indicazioni rassicuranti ad iniziare dall’inglese Barclays, per la quale “la vittoria del “NO” non è la fine del mondo”, imitata dal Credit Suisse (“non esistono problemi sistemici”), mentre anche per la Morgan Stanley “tiene il paracadute della Bcc,quindi se vince il “NO” nessun cataclisma.”  Come corollario c’è il fatto che  41 top manager di grandi aziende italiane si sono pronunziati per il “Si”, ma quasi tutti non prevedono  una apocalisse economica se vince il “NO”, mentre la prevede, se prevale il “Si”, l’ex-ministro dell’Economia Giulio Tremonti che va giù duro con Matteo Renzi  . “ Se Renzi resta- ha detto-, con il dissesto finanziario che ha creato, con le promesse fatte, con le difficoltà che avrebbe  a tornare indietro, il rischio vero è proprio che rimanga.”

Probabilmente è un giudizio eccessivo, ma  certo non siamo in una situazione tranquilla  sia perché lo scontro con i vertici dell’Ue s’è fatto troppo duro, sia, soprattutto,  per l’aumento dello spread ( cioè il differenziale di rendimento  tra  i nostri Btp e i Bund tedeschi) che, secondo “La Repubblica” avrebbe già  dissolto un tesoretto di ben 3 miliardi e mezzo di euro e non pare ci siano speranze di recupero, anzi potrebbe andar peggio considerando l’aumento dei tassi operato dalla Fed e la politica economica annunciata da Trump.

In sostanza, l’establishment  economico-finanziario  e politico  internazionale è favorevole al “Sì”, ma non drammatizza se vince il “NO”, attualmente in testa nei sondaggi. Matteo Renzi, fiutando il vento popolare non favorevole a quello establishment  ed a chi governa, ha accentuato le polemiche con i vertici di Bruxelles   anche per recuperare   con Trump, dopo lo sconsiderato endorsement  a favore della Clinton.  Non sarà facile, però, recuperare per il segretario-premier anche perché  s’intrecciano più giochi politici e quello che  appare certo può rivelarsi fallace alla prova dei fatti. Ad iniziare, anche, dai pronunciamenti per il  “Sì”   all’interno del Pd, dove  le correnti sono numerose e già si stanno posizionando per il congresso .

Non è un caso, ad esempio, che il ministro della Giustizia Orlando, ex-giovane turco, avvicinatosi al gruppo “Sinistra e Cambiamento” guidato dal suo collega Martina e del presidente della Commissione Lavoro del Senato Cesare Damiano  ( 50 deputati e 20 senatori)  abbia detto, pur confermando il voto della corrente a favore della riforma :”se vince il “NO” si riapre la borsa interna con il risveglio della sinistra.”  E siamo sicuri che  tutti i 60 parlamentari della corrente (ritenuta in “sonno” da alcuni osservatori) del ministro Dario Franceschini  seguiranno le indicazioni del loro leader ?

La verità è che con il referendum costituzionale si gioca anche una decisiva partita  all’interno del Pd , dove se vince il “NO” non ci sarà alcuna scissione , ma si partirà all’attacco del segretario  . Per questo qualche renziano  confida di non essere certo della lealtà di  tutti coloro che, nel partito,fanno a parole campagna per il “Sì”.

Partita politica strana,quindi, quella in corso  con troppi retroscena , troppi accordi riservati per il futuro, complotti e contro-complotti  e molto non è come appare con il ricorso, talvolta, di una sceneggiata alla napoletana che può anche influire sul risultato del 4 dicembre. Di certo , qualsiasi sia il risultato del  voto , “dopo” assisteremo ad un terremoto politico, non economico. Quest’ultimo potrebbe verificarsi solo se i vertici di Bruxelles  continueranno a non vedere la realtà, continuando a seguire le indicazioni errate  di Obama, ad iniziare dalle sanzioni alla Russia, e non rendendosi conto che, lo vogliano o no, debbono fare i conti con Ronald Trump e Vladimir Putin , senza dimenticare  un grande Papa che si chiama Francesco.