RIFORMA COSTITUZIONALE – IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI UN FALSO PRETESTO?

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In queste giornate di fine estate quando ancora il caldo settembrino seppur mitigato, si fa sentire, non sopportando l’idea di una giornata sulla spiaggia, ho voluto rivolgere l’attenzione sul voto che saremo chiamati ad esprimere in una delle prossime domeniche. Un voto importante, non da prendere sottogamba così come vorrebbero farci intendere quel gruppo di malaugurati che con forza insistono nel voler propinare che si tratta, ed infine anche accattivante, solo il taglio di un po di Parlamentari, così, tanto per risparmiare qualche euro, risparmio che poi non si sa dove andrebbe a finire.
Scriverò dopo di questo eventuale famoso taglio che, tra l’altro reputo di scarsa importanza, quale sia il vero significato della Riforma, la parte pericolosa del complesso discorso che andrebbe a toccare, mettendo, quello si, a repentaglio quella democrazia che tanto sangue è costata per poterla avere, oltre ad un ventennio di cui molti parlano ma pochi ancora conoscono: e la Resistenza? Ma, di cosa vogliono parlare i Grillo, e quella banda di sottoposti, generazioni venute su da un benessere qualche volta anche dubbio, certamente non creato da loro.
Inizierò questa disamina del problema prendendo le parole di Mattia Santori, leader del movimento delle ormai famose “sardine”, un giovane al sopra di ogni sospetto, sicuramente, non un estremista di destra, un giovane neppure contrario al cento per cento alla coalizione che governa, ebbene, dice: “La riforma sul taglio dei parlamentari, rappresenta il culmine di un processo di delegittimazione del Parlamento e delle istituzioni repubblicane”. E ancora: “Cavalcare l’onda di queste sacrosante frustrazioni non può giustificare questa riforma, che finirà per indebolire, ancora una volta, gli elettori, non gli eletti”.
Più dura di quella del giovane Santori, e anche più approfondita ci giunge quella Di Valerio Onida, costituzionalista e accademico italiano, giudice costituzionale, Presidente della Corte costituzionale e professore emerito di diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano. Egli scrive: “La riforma riporta il titolo: ‘Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione’ “. Quindi, si evince che non si tratta solo della diminuzione dei parlamentari, bensì si va ad intaccare delle parti importanti dell’ordinamento dello Stato, dove, addirittura, si trasforma una Camera cambiando profondamente la sua originaria istituzione. Lo stesso Onida prosegue: se la riforma dovesse passare “…non potrà non produrre un effetto di indebolimento del ruolo della Costituzione come carta e “casa” comune degli italiani”. E prosegue: “…è condivisibile l’intento di fare del nuovo Senato la camera rappresentativa delle istituzioni territoriali…Ma il punto dolente è il modo in cui si sono volute disegnare la composizione e le funzioni del Senato” che sarà composto dai presidenti delle Giunte e dei Consigli delle regioni, oltre ad un certo numero di altri soggetti espressi sempre dalle Regioni. Un sistema che non da nessuna garanzia di chiarezza e trasparenza. Conclude Onida questa parte del suo esame: “Insomma, una composizione che fa a pugni per alcuni versi persino con la logica”.
Ma più attenti bisogna essere sulle funzioni che vengono attribuite a questa Camera, ancor peggio è l’altro capitolo, “cioè la revisione del titolo V in tema di Regioni ed enti locali: che il sistema istituzionale italiano abbia bisogno di un massiccio ri-accentramento di poteri in capo allo Stato nazionale e non una riorganizzazione razionale, fondata sui principi fondamentali di autonomia e di decentramento”.
Insomma, questa potrebbe finire per essere una riforma anti-autonomista, riportando le lancette del tempo indietro di circa cinquanta anni, deformando completamente il pensiero dei padri costituenti.
Non voglio addentrarmi ancora sui particolari, voglio e devo fidarmi di quanto illustri costituzionalisti, circa duecento, che hanno firmato un documento comune chiarendo i motivi del loro dissenso a questa riforma che, traducendo in una parola il loro pensiero complesso e allo stesso tempo chiaro, può definirsi una truffa mascherata, motivo fondamentale per esprimere chiaramente in voto negativo al consenso, cioè, votando NO.
Mi si consenta di esprimere un pensiero da ignorante cittadino che si approssima al seggio per esprimere il suo voto. Ho voluto dare uno sguardo alla composizione dell’Assemblea Costituente per rendermi conto chi ha lavorato per due lunghi anni per darci quel documento che ha segnato il cambiamento radicale del nostro ordinamento istituzionale portandoci ad una indiscutibile democrazia compiuta. I nomi: Gronchi, Ivanoe Bonomi, Vittorio Emanuele Orlando, Einaudi, Mortati, La Pira, Aldo Moro, Palmiro Togliatti, Fanfani, Piero Calamandrei, Giuseppe Saragat, Benedetto croce, alcide De Gasperi,Antonio Segni. Questi, indiscutibilmente, la migliore espressione dell’Italia, a confronto con Beppe Grillo, Di Maio, Fico, Taverna, e per carità di patria mi fermo per non dover aggiungere uno Zingaretti talmente confuso da non poter neppure esprimere se stesso.
Pur non avendo alcuna presunzione di convincere alcuno se non quella di sperare che ognuno prima di porre la fatidica croce abbia un attimo di esitazione per riflettere almeno sull’importanza del suo gesto.
Io, dopo aver approfondito l’importanza di questo turno elettorale, con convinzione voterò
NO.
Un invito ad imitarmi, un invito ad approfondire, c’è ancora tempo per farlo, è importante lasciare ai nostri successori una Italia come quella che abbiamo avuto noi e nella quale siamo progrediti nella democrazia piena e concreta. Io voto NO