UN ACCORDO A META’ CONFERMA: LA SCENEGGIATA PROSEGUE

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Sull’incontro Renzi-Berlusconi, La Stampa di oggi apre: “Solo nella patria di Machiavelli può accadere che due leader si dichiarino in disaccordo su altrettanti punti chiave della riforma elettorale, salvo sostenere poi che il loro patto non è mai stato così forte. L’incontro tra Renzi e Berlusconi si è concluso con un comunicato congiunto dove viene argomentato proprio questo paradosso. Per cui viene da domandarsi come ciò sia possibile ed, eventualmente, che cosa si nasconda dietro”.

I due leaders sostengono, in un comunicato congiunto, che il Patto del Nazareno “è più solido che mai” ed è vero perché, probabilmente, hanno definito anche chi sarà il nuovo inquilino del Quirinale e il futuro del famoso “partito della nazione”. Aggiungono –è questo non è affatto vero– che “funzionerà fino al 2018”, quindi niente elezioni anticipate. Vi risparmio le altre sceneggiate perché questa è la fondamentale. Sì, perché , ignora sia che un Parlamento eletto con una legge elettorale anticostituzionale non può eleggere il successore di Napolitano, sia che il governo difficilmente potrà superare le forche caudine del Senato su almeno una parte dei provvedimenti economici. Ossia quelli che Forza Italia ha detto di non votare imitato dalla sinistra del Pd ormai scesa in campo sotto l’impulso di D’Alema e Bersani. Dunque, è solo utopia che si giunga al 2018, evitando quelle elezioni anticipate che, in realtà hanno fatto sempre parte del Patto del Nazareno e sulle quali punta tutte le sue carte Renzi, che vede diminuire, ogni settimana, i consensi sul suo operato e sul Pd ormai diviso in due partiti.

La conferma di tutto questo viene, oltre che dai sondaggi ai quali guarda con ossessione berlusconiana il nostro premier, anche e soprattutto dal comportamento renziano nei confronti dell’opposizione interna. Chi, infatti, al Senato ha una maggioranza risicata , che rischia ancor più di assottigliarsi dall’annunciata uscita dell’ex-ministro Mauro ed un suo collega senatore dai Popolari per l’Italia, non tratta a pesci in faccia la sua sinistra in ogni occasione. L’ha fatto anche ieri durante una Direzione, dove s’è presentato in ritardo di un’ora, irritato perché i Cuperlo, i D’Attorre, i Boccia, i Fassina, i Civati e compagni erano, sì, presenti,ma senza prendere la parola , pronti ad andarsene se si fosse votato.Ebbene, Renzi ha detto ai dissenzienti : non ho bisogno del vostro mandato, “per me possiamo anche non votare, non cambia niente “ la Direzione ha già deciso nelle precedenti riunioni.

Il fatto è che la sinistra dem contesta l’impianto dell’Italicum com’è venuto fuori, in particolare, i 100 capilista nei collegi, “un parlamento di nominati, è inccettabile” ha detto Bersani nella riunione pomeridiana dei suoi e dei dalemiani. Sul jobs Act ha presentato 15 emendamenti (sui 55° totali), “Vogliamo correzioni profonde” precisa lo stesso Bersani, imitato da Fassina. E se il governo mettesse la fiducia sul provvedimento? “Non vogliamo crederlo” –è la risposta dei due-, facendo intendere che il rischio di non votarla è reale. Critiche pesanti, inoltre, anche sulla Legge di Stabilità e richiesta di precederne l’esame rispetto a quello del Jobs Act per “aumentare le risorse destinate al lavoro”

In questa situazione, aggravata dallo sciopero generale del 5 dicembre indetto dalla Cgil contro la politica economica del governo, da tutti gli indicatori economici in flessione e dai rilievi dell’Ue , il governo oggettivamente rischia.

Se il Patto del Nazareno è uscito –come pubblicamente affermato dai due contraenti– “rafforzato, il fatto che siano rimaste le differenze su due punti non secondari della nuova legge elettorale –soglia di sbarramento, premio di maggioranza alla lista o alla coalizione– appare veramente strano. I sospetti vengono maggiormente alimentati dal fatto che, tanto, si va al voto anticipato o con l’attuazione di un accordo segreto Renzi-Berlusconi sui due punti, in particolare la soglia di sbarramento al 4%, o con il consultellum, ossia la legge elettorale uscita dalla sentenza della Suprema Corte,il cui nuovo presidente ha pur sottolineato l’esigenza di una nuova legge elettorale.

In sostanza, tutto congiura a portare al voto anticipato, costringendo Napolitano ad un atto che ha sempre rifiutato: sciogliere lui anticipamente le Camere, E, magari, mantenere il Senato elettivo , considerato che si continua a fare nomine : tre vice-segretari generali e 13 capi servizio decisi, all’unanimità, dall’ufficio di presidenza , assente solo la rappresentante grillina, impegnata nell’alluvionata Carrara. ”Le nomine sono un atto vergognoso” hanno detto i M5S , “sono a costo zero” ha replicato il presidente Grasso, prendendosi l’accusa di non considerare che “indennità di funzione e premi saranno dovuti quando si farà l’unificazione dei ruoli tra Camera e Senato” . Vedremo chi avrà ragione. Di certo c’è che la caratura politica di queste nomine e la loro inopportunità in questo momento di crisi sempre più devastante hanno accentuato , giusto o no che sia, le caratteristiche di casta.

Alla luce di tutti questi fatti incontestabili. come si fa a non pensare che la sceneggiata Renzi-Berlusconi continua.