VENTI DI TEMPESTA SU DI MAIO E … NON SOLO SU DI LUI

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Credo che a quest’ora il sorrisetto stampato sul nostro Di Maio abbia perso consistenza. Stava facendo riunioni e conferenze stampa il neo ministro degli Esteri italiano all’Assemblea dell’Onu a New York. Probabilmente si sentiva al settimo cielo, nemmeno nei sogni più celestiali si sarebbe immaginato di trovarsi in mezzo ai big del mondo, anche lui protagonista, di minor spessore rispetto al nostro premier Conte, ma sempre di serie A, o almeno lo riteneva, dimenticando le ironie cinesi sulla sua nomina e lo stupore di molte cancellerie. Poi, all’improvviso, gli è capitato tra capo e collo il documento firmato da 70 suoi senatori, nel quale, di fatto, lo contestano, sono, alcuni dei firmatari, a chiedere un direttorio al posto del capo politico.
Già si agitavano in Italia venti di scissione tra i pentastellati ed a guidare l’attacco, con un manipolo di ortodossi, c’era e c’è Alessandro Di Battista che contesta il governo con il Pd, definito in tv, “un tradimento”, del senatore Paragone, mentre un altro senatore, Michele Giarrusso, tra i firmatari del documento, ha detto chiaro e tondo, riferendosi a Di Maio :” lasci gli incarichi”.
L’interessato, da New York, ha cercato di smentire l’attacco, aiutato dal blog grillino, sostenendo: “quel testo vuole solo rafforzare il gruppo parlamentare”, ma non pochi dei 70 la pensano diversamente e pesano anche le critiche di Danilo Toninelli (“nemmeno un msm per dirmi che ero stato fatto fuori” aveva detto ) in pole position come presidente dei senatori.
E’ stato, quindi, un brutto risveglio per Di Maio che , invece, era entusiasta per la decisione dei capogruppo della Camera di mettere in calendario per il 7 ottobre la discussione ed il giorno dopo il voto sulla riduzione dei parlamentari. Aveva addirittura fatto la voce grossa il ministro degli Esteri da New York: “Alla faccia di Salvini. Vediamo adesso chi vota il taglio dei parlamentari. Vedremo chi avrà il coraggio di non votarlo”: Gli aveva fatto eco il grillino ministro dei rapporti con il Parlamento: “E’ una riforma importantissima e sta alla base dell’accordo sul quale si poggia questo governo”. Chiaro messaggio, questo, al Pd, un tempo contrario alla riforma ed ora disposto al voto a patto di ribadire tutta una serie di condizionamenti come hanno precisato Stefano Ceccanti ed Emanuele Fiano, del direttivo del gruppo della Camera. Il primo ha detto chiaro e tondo che prima del 7 ottobre si dovranno chiarire e ridefinire i tre condizionamenti-chiave, mentre il secondo ha precisato: “ora è possibile il voto favorevole alla riforma che prevede la riduzione del numero dei parlamentari: grazie all’alleanza di governo sono state indicate con chiarezza le condizioni che accompagnano queste misure e che non erano presenti nella predente lettura”: e le ha così elencate: “nuova legge elettorale, modifica di regolamenti della Camera, una riforma costituzionale che affronti il tema delle garanzie e degli equilibri da introdurre in base ai nuovi assetti di Camera e Senato. “Non a caso Ceccanti, che è un noto costituzionalista, ha precisato che prima del 7 ottobre ci si dovrà confrontare su questi temi. E non sarà semplice anche se il capogruppo dem alla Camera Del Rio ha detto: “il Pd è un partito serio”. Lo sarà certamente, anche se il segretario Zingaretti, concludendo la Direzione, ne ha dato un’altra versione, ossia di ” partito respingente” e con troppe correnti.
Non credo, quindi, che Di Maio stia tranquillo, nonostante il suo trionfalismo per un voto ancora da vedersi e non lo sia anche per la “grande sorpresa” annunciata da Matteo Salvini che ha esplicitamente parlato di parlamentari grillini in procinto di passare con la Lega. Fossi il premier Conte, considerato che al Senato i numeri per il governo ballano in partenza, stringerei meno mani a New York e tornerei a Roma per valutare una situazione che annuncia venti di tempesta per i giallo-rossi e,quindi, anche per lui.