LA SFERA DI CRISTALLO – FANTA-POLITICA IN LIBERTA’

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Marcello Veneziani, nel suo “cucù” di oggi su Il Giornale, scrive di aver “sentito” da un veggente di sua conoscenza che gli avrebbe rivelato come un uomo salverà l’Italia.
Io, visto la gran confusione in cui si dibatte la nostra politica, preoccupato della sorte del mio Paese, nonché di quella mia personale, da qualche giorno sono combattuto nella scelta di rivolgermi allo specchio magico o alla sfera di cristallo. Dopo una profonda riflessione ho deciso: opto per la sfera con la speranza che questa riesca a sciogliermi dei dubbi che da po di tempo mi assalgono, condizionando i miei sonni notturni.
Trovata la sfera, piccola ma sufficiente per l’uso, pur senza addobbarmi di mantello e cappello a cono, mi siedo e con gesto classico impongo le mani alla sfera con la speranza che possano arrivarmi un segnale di approvazione. Non ci crederete ma, quasi istantaneamente si materializza un immagine tra il mago Merlino ed il divino Otelma che subito mi dice: “sappiamo perché ci hai chiamato, chiedi e ti sarà risposto”. Pur nella sorpresa, incoraggiato inizio nell’intervista, sperazoso di poter ricevere risposte che chiariscano i miei dubbi che poi sono gli stessi della maggior parte degli italiani.
D. La mia perspicacia non riesce a darsi una spiegazione logica sull’ultima uscita di D’Alema che sposorizza Matteo Renzi. Lui che dal Sindaco di Firenze è stato “rottamato” (parola declinata per lui), pensionandolo anzitempo, simbolo del “vecchiume” post-comunista e di tutti i simboli che si sono succeduti fino al PD, ora contraddicendo se stesso sostiene che con lui si vince e che Letta; tutto sommato è solo un premier transitorio “senza futuro”.
R. E’ più semplice di quanto non sembra. D’Alema, bisogna dargliene atto, è sempre stato un uomo coerente, nessuno può contestargli questo pregio, da fine animale politico sa bene che una candidatura elettorale per Letta premier non porterebbe da nessuna parte, forse non riuscirebbe a superare le primarie se non attraverso uno schieramento della struttura del partito, come fece Bersani, ma questo creerebbe grave imbarazzo e, forse, addirittura una scissione, indebolendo irrimediabilmente il partito. Perché fare questo? Tenuto conto che in caso di elezioni anticipate salta il congresso che è un grande scoglio, meglio candidare Renzi che quasi certamente vincerebbe le primarie. Ma, vincere le primarie non significa vincere le elezioni: anzi, se il Governo non dovesse nel proseguimento del Consiglio dei ministri non dovesse definire l’eliminazione dell’IMU sulla prima casa, allora non ci sarà neppure bisogno di aspettare la votazione sull’esclusione di Berlusconi dal Senato e, molto probabilmente, i ministri del PdL potrebbero lasciare la maggioranza di governo domani stesso, il PD nei primi di settembre voterà in commissione contro l’ex premier e il Capo dello Stato non potrà fare altro che sciogliere le Camere. Se così non facesse e tentasse una nuova maggioranza, allora decreterebbe la fine del PD. Ammesso e non concesso che riuscissero a governare qualche mese con lo M5S, allora avremmo un PdL che vincerebbe le elezioni a mani basse sia per l’effetto Berlusconi che per quella nuova innaturale alleanza che non avrebbe alcuna possibilità di avvenire.
Ora è chiaro quanto ha detto D’Alema su Renzi? Nella teoria del Rottamato, nuove elezioni significa vittoria del PdL e scomparsa, una volta per tutte, del rottamatore Renzi.
D. Si, è tutto verosimile quello che hai descritto, ma di Letta che se ne fa?
R. Avevo pronosticato che il congresso che il congresso non veniva celebrato, ciò non significa che non si debba più farlo, lo si farebbe comunque dopo le elezioni con un Renzi, che secondo le previsioni di D’Alema Renzi dovrebbe perdere. E’ immaginabile che possa presentarsi per fare il Segretario del Partito dopo aver perso le elezioni? E se anche si presentasse, chi lo voterebbe? Ecco dove rientrerebbe in gioco Letta, Lo farebbe senza avversari. Bene o male Letta ha salvato il partito dalla vergogna riuscendo a formare un governo di larghe intese, dove Bersani aveva fallito miseramente sia nelle elezioni che nelle trattative per la formazione del governo e questo D’Alema lo sa bene e non si può neppure escludere che non vi sia già un accordo in tal senso. A ben vedere chi potrebbe essere il candidato da contrapporre a Letta? Epifani? Siamo seri, stiamo parlando di dirigere un partito di alternativa dove ci voglio forze vere e che deve dare prova di essere un partito moderato, non si può immaginare che l’ex sindacalista possa essere all’altezza di un ruolo così importante. Epifani non riesce neppure a far bene in un momento di transizione, immaginiamo come potrebbe fare in un partito proiettato verso il futuro. Non vi sarebbe storia.
D. Ma, il PdL senza Berlusconi?
R. Chi ha mai detto che ci sarà un PdL senza Berlusconi. Il primo ad esserne convinto è quel cavallo di razza che sta al Quirinale. Non dimentichiamo che Napolitano, prima di essere Presidente della Repubblica è stato un fine uomo politico, quindi se indossa per un attimo quella veste sa bene che la sopravvivenza del PD è condizionata alla sopravvivenza del PdL. Cercate di immaginare lo scenario senza un PdL attivo: si avrebbe un PD accerchiato da M5S da SEL e da un gruppo di partitini di destra che anche se con pochi numeri, Napolitano vecchio parlamentare, sa bene cosa significhino, lui ha conosciuto cosa significava l’opposizione che riusciva a fare il fu MSI, meglio avere per avversario di alternativa. Ora capito perché alla fine qualcosa dovrà pure inventarsi per non uccidere Berlusconi. Se lasciasse che fosse eliminato il rischio sarebbe che qualcuno il PdL troverebbe per rilanciarsi: e se trovasse la persona giusta? Lo so, a sinistra pensano che il loro avversario sarebbe Angelino Alfano, no, il futuro del PdL viene da lontano e sarà sicuramente una sorpresa per tutti perché potrà essere solo un uomo vincente.

La partita, almeno come ce l’ha descritta il nostro folletto è tutta da giocare, bisogna solo avere la pazienza di aspettare. Io per ora conservo gelosamente la palla di cristallo, chissà che non debba richiamare in futuro il nostro folletto per illuminarci su un futuro che al momento ci sembra tanto incerto.

Il Cav ghigliottinato dalla sinistra.

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Leggo su Affari Italiani l’editoriale di Pietro Mancini, ve lo ripropongo tale e quale. Sarà vero quello che scrive? Io mi limito a prenderne atto.
Martedì, 20 agosto 2013 – 16:19:00
Scrivemmo 20 giorni fa : don Antonio Esposito unfit a giudicare il Cav.
Oggi, dopo lo scoop de “Il Giornale” sulle telefonate soft della toga campana (“Se becco il Cav. gli faccio un mazzo così!”), chiediamo agli illustri colleghi Paolino Mieli, “Flebuccio” de Bortoli e “Topolino” Mauro: “E’ Giudice terzo, egregi colleghi, l’esimio stangator di Silvio come una Vanna Marchi qualunque?”.

Anche voi, cari miei 25 lettori, fedeli e talvolta critici, legittimamente, con il vostro umile scriba non potete negare che, nelle tante “carezze” delle Procure e dei tribunali al Cav, vi sia più che il sospetto di una volontà punitiva di tipo politico.
Ha scritto Giulianone Ferrara, con il quale, spesso, non sono d’accordo : “Durante la Rivoluzione francese, Saint-Just diceva che Re Luigi XVI doveva morire, affinchè vivesse la Repubblica. E allora anche i giacobini più sanguinari non si permettevano di considerare “atto dovuto”, con linguaggio da modesti legulei, la decapitazione del loro Arcinemico. Cadeva la lama della ghigliottina, ma non la pretesa di verità politica”.
E oggi Silvio-che le sinistre non sono state in grado, in 20 anni, di rispedire ad Arcore o nel villone di Antigua- dovrebbe, volontariamente, farsi tagliar la testa non da Robespierre, Danton o Saint-Just ? Bensì da Vendola, fotografato mentre era attovagliato con la giudice dei suoi processi, da Beppe Grillo, condannato per omicidio colposo plurimo, e da Guglielmo Epifani, uso ad obbedir tacendo prima a De Martino e poi a Craxi, nel vecchio PSI, poi a Del Turco e a Cofferati, nella CGIL, e oggi, nel Pd, a Epifani e a tal Stumpo ?
Suvvia, siamo seri, amici ! E, soprattutto, obiettivi, non facendoci accecare dall’antiberlusconismo.
E concediamo a Berlusconi, alle sue colombe, ai suoi falchi e alle pitonesse il diritto- che Napolitano, giustamente, ha rivendicato a se stesso, nella diatriba con Ingroia sulle telefonate con don Nicola Mancino- di combattere, in libertà o ai domiciliari, una battaglia, politica e di civiltà, contro la piena e incontrollata sottomissione della sinistra alla magistratura combattente, alla logica di potere, che la corporazione dei magistrati ha, con ostinazione, voluto affermare in questi drammatici 20 anni, seguiti al crollo, per via giudiziaria e a causa di gravi errori politici, della Prima Repubblica.

Pietro Mancini

Il caso del giudice Lombardini

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Nella ricorrenza della sua morte un ricordo per un magistrato integerrimo.
Il caso del giudice Lombardini
Sono le 19.50 di una serata afosa dell’11 agosto 1998, il boato di un colpo di pistola rimbomba negli uffici semideserti del Tribunale di Cagliari, la parabola professionale ed umana del Giudice Luigi Lombardini finisce così, accasciato in una pozza di sangue del suo studio. Il Giudice si è tirato un colpo di pistola in bocca. Sullo sfondo mesi di polemiche, illazioni sulla stampa, veline ed indiscrezioni. Lombardini era finito sotto indagine a causa dell’atteggiamento tenuto nel rapimento di Silvia Melis. Lombardini, ex stratega della lotta ai rapitori era accusato di ruoli ambigui sia nelle trattative per la liberazione della commercialista di Tortolì sia nelle fasi successive al rilascio. La sera del suicidio negli uffici della Procura di Cagliari c’era il Pool di Palermo diretto da Giancarlo Caselli. La Procura di Palermo conduceva le indagini per competenza. La morte violenta del Giudice mette a nudo un verminaio all’interno della Procura di Cagliari e nei rapporti tra Magistrati, una sequenza di vicende e veleni che attraversano diverse Procure d’Italia e arrivano fino al CSM. Ma chi era il Giudice Lombardini? Per capirlo bisogna fare qualche passo indietro. Lombardini era uno specialista nella risoluzione dei casi di rapimento in Sardegna. Secondo i suoi detrattori, risolveva i casi, in spregio ad ogni regola e procedura; secondo i suoi estimatori, un galantuomo mosso solo dall’obiettivo di salvare i rapiti. Il sacerdote che officiò ai suoi funerali ebbe modo di affermare: “Era uomo di indiscusse doti professionali di poche parole, ma capace di grandi azioni”.
L’epoca nella quale aveva operato il giudice Lombardini era un’epoca difficile, ma Lombardini veniva a capo di tutti i sequestri di persona degli anni 77-79; i latitanti cadevano nelle sue mani come tordi, i giornali esaltavano il giudice-sceriffo. Le denunce di qualche avvocato sui suoi metodi di indagine (gli interrogatori con la pistola sulla scrivania, i testimoni accusati di concorso per indurli a parlare, etc.) non trovavano ascolto da nessuna parte. Nemmeno al Csm. Insomma, metodi che gli avevano procurato l’appellativo di “giudice-sceriffo”. Le cose cominciarono a cambiare quando, a metà degli Anni 80, andò in pensione il procuratore generale Giuseppe Villasanta, magistrato potentissimo, considerato una specie di viceré della Sardegna. Col pensionamento di Villasanta, Lombardini perse un grande protettore, l’uomo che ne aveva fatto il giudice unico antisequestri, e si rafforzò il fronte avverso.
Si era trattato – per quanto queste categorie possono valere nel mondo giudiziario – dello scontro tra una destra (Villasanta- Lombardini) e una specie di sinistra. Sul fronte opposto a quello del giudice-sceriffo c’erano infatti Magistratura democratica, e il composito e sempre fluttuante mondo forense. Così, quando alla procura generale di Cagliari fu nominato Francesco Pintus, ex senatore della Sinistra indipendente, si pensò che la partita fosse definitivamente chiusa.
Ex membro della sezione di Cassazione presieduta da Corrado Carnevale, Pintus cominciò a entrare in conflitto con la sinistra quando prese le difese dell’ammazza- sentenze. Qualche tempo dopo, nel discorso inaugurale, attaccò i metodi del pool di Borrelli. La sua domanda per la procura generale di Milano fu letta come una specie di dichiarazione di guerra. Inaspettatamente, quindi, il garantista di sinistra Pintus divenne il principale sponsor dell’ormai ex sceriffo Lombardini nella corsa, perduta, per la guida della procura della Repubblica di Cagliari. Quasi contemporaneamente perse la sua corsa per Milano. Negli uffici giudiziari sardi, scoppia una Guerra che, a suon di esposti e contro-esposti, tempestano il Csm. Un giudice di Sassari, Gaetano Cau, che accusa Lombardini e Pintus di interferenze; Pintus che invia al Csm un’intervista di Cau; Lombardini che viene alle mani col pm Paolo De Angelis; l’ex procuratore Franco Melis che segnala le interferenze di Lombardini nelle indagini sui sequestri; otto sostituti che sottoscrivono un esposto contro Pintus.
La vicenda Lombardini, dunque, deve essere inquadrata in un contesto inquietante che evidenziava una lotta tra magistrati che andava ben oltre i confini della Sardegna, incrociandosi con veleni di ogni tipo, lotte tra correnti giudiziarie, visioni diverse di concepire la giustizia. In questo contesto, dunque, parte l’indagine a carico del Giudice. Lo scenario: il rapimento di Silvia Melis, prelevata a Tortolì il 19 febbraio del ‘97 e rilasciata il 19 novembre dello stesso anno. Insieme al Giudice Lomabardini, viene indagato l’editore Nicola Grauso che aveva svolto una sorta di ruolo di mediatore, e anche di finanziatore di una parte del riscatto. Grauso, infatti, aveva dichiarato di avere pagato 2 miliardi e 650 milioni: 1 miliardo e 400 milioni prima della liberazione, il resto dopo. Tito Melis aveva detto di avere versato solo un miliardo. Queste versioni contrastanti fanno scaturire l’indagine.
La notizia esplode come una bomba: veline e indiscrezioni si susseguono. Lombardini, appare già mediaticamente crocifisso da affrettate conclusioni giornalistiche. Personaggi discutibili si susseguono nel dichiarare, alcuni in buona fede, altri meno. L’uomo, il giudice è sempre più provato dalla canea mediatica che puntualmente parte sui rotocalchi. Il suicidio, dunque, accende uno scontro tra giudici che, in una Italia distratta dalle vacanze ferragostane, passa quasi inosservato. Il procuratore generale Pintus, accusa il Pool di Palermo diretto da Giancarlo Caselli di indagare anche nei suoi confronti; il Procuratore di Caltanissetta Giordano richiede di visionare gli atti. L’editore Nicola Grauso, diffonde un memoriale che attribuisce allo stesso Lombardini nel quale si afferma che la sua carriera sarebbe stata ostacolata, per contrastare la Dc, da un importante personaggio politico.
Grauso fa il nome di Luciano Violante e il presidente della Camera ribatte: bugie. Antonio Ingroia, Lia Sava e Giovanni Di Leo, titolari dell’inchiesta Lombardini, sentono come persona informata dei fatti, il dott. De Angelis, sostituto a Cagliari, che afferma che nella Procura diretta da Lombardini era saltata ogni regola, gerarchica e formalità. De Angelis e Lombardini non si erano mai piaciuti tant’è che erano finiti avvinti in un unico procedimento penale (che li aveva visti indagati a Palermo per abuso d’ufficio), quindi protagonisti di un violento alterco nei sotterranei del palazzo di giustizia di Cagliari. Minacce, insulti, un accenno di rissa. Colpa di una vecchia inchiesta su un sindacalista – avrebbe spiegato De Angelis ai Pm palermitani – sul cui esito, Lombardini era di opposto parere. De Angelis aveva anche avuto uno scontro con il Procuratore generale Pintus che era finito davanti al CSM: il sostituto cagliaritano originario della Sicilia aveva attaccato il procuratore generale di Cagliari accusandolo di ingerenza in indagini estranee alla sua competenza, e aveva dipinto come sospetto il legame tra quest’ultimo e il giudice Lombardini, riferendo della polemica che aveva accompagnato l’informatizzazione degli uffici giudiziari cagliaritani. Per quelle accuse Pintus aveva annunciato una querela. E quelle accuse avevano spaccato il Csm e le sue correnti, soprattutto Unicost, da cui, proprio in occasione del caso Cagliari, aveva deciso di uscire il consigliere Frasso.
Anche il giorno dei funerali, le polemiche non si placano. Emergono inediti sfoghi da parte del Magistrato rivelati alle persone più care. In un bigliettino scritto alla sorella Maria Teresa qualche mese prima scriveva: “Purtroppo è difficile capire e far capire agli altri se stessi: per cui è inutile tentare di farlo. Sono e sarò sempre Luigi”.
Le parole di Don Ottavio Otzeri, il segretario dell’arcivescovo di Cagliari, nella sua omelia calano come pietre: “Nessuno può essere giudicato definitivamente se non da Dio, e nessuno può essere condannato umanamente prima che se ne acquisiscano le prove”.
“Le condanne che fanno più male non sono le sentenze scritte nelle aule dei tribunali, ma quelle che vengono scritte con l’indifferenza, il silenzio, le insinuazioni e le omissioni”.
Suo fratello Carlo esprime parole che hanno il tono della sfida: “Io pretendo che la memoria di Luigi non resti infangata. Pretendo che il giudice Caselli continui a indagare fino in fondo, metto a sua disposizione tutti i conti della nostra famiglia, e lo sfido a trovare una sola prova contro Luigi. Se la troverà, sono disposto a farmi l’ergastolo al posto suo. Ma se non la trova, allora dovrà avere il coraggio di dire: su Luigi Lombardini abbiamo sbagliato, gli chiediamo scusa”.
Nella cerimonia di sepoltura al suo paese d’origine, Villacidro, celebrata da cinque sacerdoti tra cui il vescovo di Ales-Terralba, Antonino Orrù, il momento più teso si ha quando uno dei prelati, concludendo l’omelia, afferma: “In questi giorni di lupi e avvoltoi, Lombardini risplende nel firmamento e adesso riposa in quella pace che gli era stata negata in terra”.
Macigni che cadono tutti sulle spalle di Caselli e del suo pool, accusato anche dallo stesso Procuratore generale Pintus di aver “torchiato” il collega Lombardini nell’interrogatorio che si era svolto qualche ora prima del suicidio. Accuse che Caselli aveva sempre respinto. Qualche anno dopo, nel 2005, Caselli ritorna sulla vicenda del Giudice Lombardini dedicandogli un passo del suo libro Giudici sotto attacco edito dalla Melampo.
Ecco come racconta la vicenda del Giudice Lombardini:
“Un caso esemplare è quello del suicidio di Luigi Lombardini, capo della Procura presso la Pretura di Cagliari, l’11 agosto 1998. I fatti sono questi. Nel corso delle indagini sul sequestro di Silvia Melis, la procura di Cagliari si imbatte in fatti penalmente rilevanti a carico del dottor Lombardini.
Ci trasmette subito gli atti, perchè per legge le indagini che coinvolgono magistrati di Cagliari spettano alla procura di Palermo. Assegno il fascicolo al procuratore aggiunto Vittorio Aliquò, che coordina i sostituti Antonio Ingroia, Giovanni Di leo e Lia Sava.
Gli elementi emersi a carico di Lombardini sono seri. Durante il sequestro, Tito Melis, il padre della ragazza, viene invitato a recarsi a un appuntamento segreto, di notte, nei pressi di Elmas, l’aeroporto di Cagliari. Gli viene chiesto addirittura di viaggiare nel baule di un’auto (ma lui non riesce a entrarci). Al luogo convenuto si presenta un uomo in parte travisato. Si accerterà in modo inoppugnabile che si tratta proprio di Luigi Lombardini.
L’uomo usa modi bruschi, prospetta gravi pericoli per Silvia e fa alcune richieste: il versamento di un secondo miliardo di lire (uno era già stato versato) all’avvocato Antonio Piras; una lettera “liberatoria” per lo stesso Piras dove Melis avrebbe dovuto affermare –falsamente – che la Procura di Cagliari aveva autorizzato le trattative e il pagamento.
Le ipotesi di reato a carico di Lombardini sono quindi tentata estorsione (per il nuovo versamento, poi non effettuato), estorsione (richiesta della lettera, effettivamente redatta e poi acquisita agli atti del processo), falso e calunnia (per il contenuto della lettera).
Quando i colleghi partono per Cagliari per interrogare Lombardini, penso che sia opportuno unirmi a loro. Mi hanno insegnato che i rapporti fra magistrati, nei casi delicati, devono intercorrere tra “pari grado”. Lui è un capo ufficio, come me. Essere presente è, da parte mia, un atto dovuto di cortesia istituzionale, anche perchè avevo avuto modo di conoscerlo in passato.
D’accordo con i colleghi di Cagliari, ci preoccupiamo di incontrarlo nel palazzo di giustizia, ma lontano da giornalisti e telecamere.
L’interrogatorio di Lombardini si svolge in un clima di normalità assoluta, con le “rituali” pause per un caffè e con una interruzione perchè Lombardini possa fare il punto della situazione con il suo difensore. Ce ne dà atto a verbale proprio il suo avvocato, Luigi Concas.
Per fortuna (viste le disgustose strumentalizzazioni che si scateneranno) di tutto ciò resta traccia documentale, perchè l’intero interrogatorio viene fonoregistrato.
Alla fine decidiamo di chiedere a Lombardini di esibire alcuni documenti. In caso contrario avremmo dovuto procedere a una perquisizione del suo ufficio.
La tragedia si compie a questo punto. Lombardini cammina verso il suo ufficio con Ingroia e gli altri (tra cui un suo legale). A un certo punto fa uno scatto in avanti, raggiunge la sua stanza, si chiude dentro e si uccide con un colpo di pistola prima che chiunque possa intervenire.
La perquisizione permette di trovare materiale rilevante che porterà all’incriminazione di un’altra persona.
Nonostante il Consiglio superiore della Magistratura e il ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, riconoscano subito l’assoluta correttezza del nostro operato, anche in base all’ascolto della registrazione integrale dell’interrogatorio, si scatena immediatamente la canea.”
La vicenda si conclude definitivamente nel luglio del 2010, con l’assoluzione di Nicola Grauso coinvolto insieme al Giudice Lombardini. Il tutto, 12 anni dopo il suicidio dello stesso Lombardini e 5 anni dopo l’uscita del libro di Caselli, nel quale l’attuale PG di Torino, continua a difendere le sue certezze accusatorie.
Carlo Lombardini, fratello del Giudice aveva sfidato Caselli a provare la condotta illecita del fratello Luigi o a chiedere scusa qualora non ci fosse riuscito. L’assoluzione di Grauso da ragione a Carlo Lombardini, purtroppo a quasi un anno dalla sentenza che ha fatto crollare il teorema accusatorio di Caselli. Caselli, tuttavia, non ha ancora chiesto scusa.
Pasquale Motta (da processomediatico.it)

Lettera di Gabriele Cagliari (ex Presidente dell’ENI) 20 luglio 1993

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Lettera di Gabriele Cagliari (ex Presidente dell’ENI) 20 luglio 1993
Pubblico questa lettera scritta dal carcere. Per la chiarezza del contenuto, rutengo superfluo inserire alcun commento.

Miei carissimi Bruna, Stefano, Silvano, Francesco, Ghiti:

sto per darvi un nuovo, grandissimo dolore. Ho riflettuto intensamente e ho deciso che non posso sopportare più a lungo questa vergogna.
La criminilizzazione di comportamenti che sono stati di tutti, degli stessi Magistrati, anche a Milano, ha messo fuori gioco soltanto alcuni di noi, abbandonandoci alla gogna e al rancore dell’opinione pubblica. La mano pesante, squilibrata e ingiusta dei Giudici ha fatto il resto.
Ci trattano veramente come non-persone, come cani ricacciati ogni volta al canile. Sono qui da oltre quattro mesi, illegittimamente trattenuto.

Tutto quanto mi viene contestato non corre alcun pericolo di essere rifatto, né le prove relative a questi fatti possono essere inquinate in quanto non ho più alcun potere di fare né di decidere, né ho alcun documento che possa essere alterato. Neppure potrei fuggire senza passaporto, senza carta d’identità e comunque assiduamente controllato come costoro usano fare.
Per di più ho 67 anni e la legge richiede che sussistano oggettive circostanze di eccezionale gravità e pericolosità per trattenermi in condizioni tanto degradanti. Ma, come sapete, i motivi di questo infierire sono ben altri e ci vengono anche ripetutamente detti dagli stessi Magistrati, se pure con il divieto assoluto di essere messi a verbale, come invece si dovrebbe regolarmente fare.
L’obbiettivo di questi Magistrati, quelli della Procura di Milano in modo particolare, è quello di costringere ciascuno di noi a rompere, definitivamente e irrevocabilmente, con quello che loro chiamano il nostro “ambiente”.
Ciascuno di noi, già compromesso nella propria dignità agli occhi della opinione pubblica per il solo fatto di essere inquisito o, peggio, essere stato arrestato, deve adottare un atteggiamento di “collaborazione” che consiste in tradimenti e delazioni che lo rendano infido, inattendibile, inaffidabile: che diventi cioè quello che loro stessi chiamano un “infame”.
Secondo questi magistrati, a ognuno di noi deve dunque essere precluso ogni futuro, quindi la vita, anche in quello che loro chiamano il nostro “ambiente”. La vita, dicevo, perché il suo ambiente, per ognuno, è la vita: la famiglia, gli amici, i colleghi, le conoscenze locali e internazionali, gli interessi sui quali loro e i loro complici intendono mettere le mani.
Già molti sostengono, infatti, che agli inquisiti come me dovrà essere interdetta ogni possibilità di lavoro non solo nell’Amministrazione Pubblica o parapubblica, ma anche nelle Amministrazioni delle aziende private, come si fa a volte per i falliti. Si vuole insomma creare una massa di morti civili, disperati e perseguitati, proprio come sta facendo l’altro complice infame della Magistratura che è il sistema carcerario.
La convinzione che mi sono fatto è che i Magistrati considerano il carcere nient’altro che uno strumento di lavoro, di tortura psicologica, dove le pratiche possono venire a maturazione, o ammuffire, indifferentemente, anche se si tratta della pelle della gente.
Il carcere non è altro che un serraglio per animali senza teste né anima.
Qui dentro ciascuno è abbandonato a se stesso, nell’ignoranza coltivata e imposta dei propri diritti, custodito nell’inattività e nell’ignavia; la gente impigrisce, si degrada e si dispera diventando inevitabilmente un ulteriore moltiplicatore di malavita.
Come dicevo, siamo cani in un canile dal quale ogni Procuratore può prelevarci per fare la propria esercitazione e dimostrare che è più bravo o più severo di quello che aveva fatto un’analoga esercitazione alcuni giorni prima o alcune ore prima.
Anche tra loro c’è la stessa competizione o sopraffazione che vige nel mercato, con la differenza che, in questo caso, il gioco è fatto sulla pelle della gente. Non è dunque possibile accettare il loro giudizio, qualunque esso sia.
Stanno distruggendo le basi di fondo e la stessa cultura del diritto, stanno percorrendo irrevocabilmente la strada che porta al loro Stato autoritario, al loro regime della totale asocialità. Io non ci voglio essere.
Hanno distrutto la dignità dell’intera categoria degli avvocati penalisti ormai incapaci di dibattere o di reagire alle continue violazioni del nostro fondamentale diritto di essere inquisiti, e giudicati poi, in accordo con le leggi della Repubblica.
Non sono soltanto gli avvocati, i sacerdoti laici della società, a perdere la guerra; ma è l’intera nazione che ne soffrirà le conseguenze per molto tempo a venire. Già oggi i processi, e non solo a Milano, sono farse tragiche, allucinanti, con pene smisurate comminate da Giudici che a malapena conoscono il caso, sonnecchiano o addirittura dormono durante le udienze per poi decidere in cinque minuti di Camera di Consiglio.
Non parliamo poi dei tribunali della libertà, asserviti anche loro ai Pubblici Ministeri, né dei tribunali di sorveglianza che infieriscono sui detenuti condannati con il cinismo dei peggiori burocrati e ne calpestano continuamente i diritti.
L’accelerazione dei processi, invocata e favorita dal Ministro Conso, non è altro che la sostanziale istituzionalizzazione dei tribunali speciali del regime di polizia prossimo venturo. Quei pochi di noi caduti nelle mani di questa “giustizia” rischiano di essere i capri espiatori della tragedia nazionale generata da questa rivoluzione.
Io sono convinto di dover rifiutare questo ruolo. È una decisione che prendo in tutta lucidità e coscienza, con la certezza di fare una cosa giusta.
La responsabilità per colpe che posso avere commesso sono esclusivamente mie e mie sono le conseguenze.
Esiste certamente il pericolo che altri possano attribuirmi colpe non mie quando non potrò più difendermi.
Affidatevi alla mia coscienza di questo momento di verità totale per difendere e conservare al mio nome la dignità che gli spetta.
Sento di essere stato prima di tutto un marito e un padre di famiglia, poi un lavoratore impegnato e onesto che ha cercato di portare un po’ più avanti il nostro nome e che, per la sua piccolissima parte, ha contribuito a portare più in alto questo paese nella considerazione del mondo.
Non lasciamo sporcare questa immagine da nessuna “mano pulita”.
Questo vi chiedo, nel chiedere il vostro perdono per questo addio con il quale vi lascio per sempre.
Non ho molto altro da dirvi poiché in questi lunghissimi mesi di lontananza ci siamo parlati con tante lettere, ci siamo tenuti vicini.
Salvo che a Bruna, alla quale devo tutto. Vorrei parlarti Bruna, all’infinito, per tutte le ore e i giorni che ho taciuto, preso da questi problemi inesistenti che alla fine mi hanno fatto arrivare qui. Ma in questo tragico momento cosa ti posso dire, Bruna, anima dell’anima mia, unico grandissimo amore, che lascio con un impagabile debito di assiduità, di incontri sempre rimandati, fino a questi ultimi giorni che avevamo pattuito essere migliaia e migliaia da passare sempre insieme, io e te, in ogni posto, e che invece qui sto riducendo a un solo sospiro?
Concludo una vita vissuta di corsa, in affanno, rimandando continuamente le cose veramente importanti, la vita vera, per farne altre, lontane come miraggi e, alla fine, inutili.
Anche su questo, soprattutto su questo, ho riflettuto a lungo, concludendo che solo così avremo finalmente pace. Ho la certezza che la tua grande forza d’animo, i nostri figli, il nostro nipotino, ti aiuteranno a vivere con serenità e a ricordarmi, perdonato da voi per questo brusco addio.
Non riesco a dirti altro: il pensiero di non vederti più, il rimorso di avere distrutto i nostri anni più sereni, come dovevano essere i nostri futuri, mi chiude la gola.
Penso ai nostri ragazzi, la nostra parte più bella, e penso con serenità al loro futuro. Mi sembra che abbiano una strada tracciata davanti a sé. Sarà una strada difficile, in salita, come sono tutte le cose di questo mondo: dure e piene di ostacoli. Sono certo che ciascuno l’affronterà con impegno e con grande serenità come ha già fatto Stefano e come sta facendo Silvano.
Si dovranno aiutare l’un l’altro come spero che già stiano facendo, secondo quanto abbiamo discusso più volte in questi ultimi mesi, scrivendoci lettere affettuose.
Stefano resta con un peso più grave sul cuore per essere improvvisamente rimasto privato della nostra carissima Mariarosa. Al dolcissimo Francesco, piccolino senza mamma, daremo tutto il calore del nostro affetto e voi gli darete anche il mio, quella parte serena che vi lascio per lui.
Le mie sorelle, una più brava dell’altra, in una sequenza senza fine, con le loro bravissime figliole, con Giulio e Claudio, sono le altre persone care che lascio con tanta tristezza.
Carissime Giuliana e Lella, a questo punto cruciale della mia vita non ho saputo fare altro, non ho trovato altra soluzione.
Ricordo Sergio e la sua famiglia con tanto affetto, ricordo i miei cugini di Guastalla, i Cavazzani e i loro figli. Da tutti ho avuto qualcosa di valore, qualcosa di importante, come l’affetto, la simpatia, l’amicizia.
A tutti lascio il ricordo di me che vorrei non fosse quello di una scheggia che improvvisamente sparisce senza una ragione, come se fosse impazzita. Non è così, questo è un addio al quale ho pensato e ripensato con lucidità, chiarezza e determinazione.
Non ho alternative. Desidero essere cremato e che Bruna, la mia compagna di ogni momento triste o felice, conservi le ceneri fino alla morte.
Dopo di che siano sparse in qualunque mare. Addio mia dolcissima sposa e compagna, Bruna, addio per sempre.
Addio Stefano, Silvano, Francesco; addio Ghiti, Lella, Giuliana, addio.
Addio a tutti. Miei carissimi, vi abbraccio tutti insieme per l’ultima volta.
Il vostro sposo, papà, nonno, fratello.
Gabriele

NON DIRE GATTO SE NON L’HAI NEL SACCO

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“Non dire gatto se non l’hai nel sacco”: questa pseudo proverbio diventato celebre perché pronunciato da Giovanni Trapattoni, calza bene sull’euforia, sui mezzi sorrisi, sugli ammiccamenti allusivi di alcuni comuni stelli di provincia ed ancor peggio, nelle dichiarazioni di Bersani ed Epifani e dai secondi livelli della dirigenza PD, che vorrebbe mascherare i suoi problemi dietro la condanna subita da Berlusconi. Tutti questi signori, compresi i Bersani e gli Epifani farebbero bene a non dare per scontato che un gatto politico dalle sette vite ,come Silvio Berlusconi, sia ormai out a causa di una sentenza di condanna molto discussa. Il popolo del Pdl l’ha, com’era prevedibile, contestata, ma anche osservatori imparziali, ad iniziare dall’editorialista del “Corriere della Sera “Angelo Panebianco, hanno espresso riserve, così come pure l’avv. Titta Madia, cassazioni sta e docente nella scuola superiore dell’avvocatura, che ha in una intervista concessa a Il Giornale, ha sostenuto, riferendosi agli spoloqui del giudice Antonio Esposito, che “ Nella maniera più assoluta non mi risulta che ci siano precedenti di comportamenti inopportuni e illegittimi come può senz’altro essere considerato quello di anticipare in un’intervista ad un quotidiano le motivazioni di una sentenza”.e quindi considera che vi siano gli estremi per un ricorso alla Corte Europea. Ma, ad aggiungersi per il “salvataggio di Berlusconi si potrebbe ben dire che ora ci si è messo lo stesso presidente della giuria della Cassazione che quella sentenza ha emanato , dando un forte sostegno ai critici , sollevando polemiche e interrogativi non di poco conto. E a mettere in seria difficoltà proprio il segretario e l’ex-segretario del PD che s’erano affrettati a dire che:le sentenze si rispettano e si applicano e quindi, il Cavaliere dovrebbe affrettarsi a fare un passo indietro,
Il primo presidente della Cassazione Santacroce ha immediatamente definito quell’intervista “inopportuna”, così il presidente dell’Associazione Magistrati Sabelli, mentre il ministro Cancellieri ha chiesto notizie alla Cassazione e tre componenti laici del CSM hanno proposto l’apertura di un”inchiesta. Vi risparmio le reazioni degli esponenti del Pdl, aggiungerò solo che Berlusconi ha commentato: ecco la prova che la sentenza era già stata scritta.
Dinnanzi a tanto clamore e tante polemiche il dottor Esposito è ricorso alla smentita :”l’intervista è stata manipolata”, commettendo un altro errore perché il direttore de “Il Mattino” ha inviato alle tv e agli altri quotidiani la registrazione delle affermazioni del magistrato che ,non ha potuto replicare, facendo così conoscere a tutta l’opinione pubblica, anche a quella meno interessata ai problemi del Cavaliere, ottenendo così un vero “sputtanamento” non solo verso se stesso ma anche verso tutta la categoria.
Ovviamente i difensori di Berlusconi sono passati all‘attacco. Ghedini ha di fatto sfidato Esposito a fare i nomi di coloro che avrebbero informato Berlusconi visto che negli atti del processo non ve n’è traccia. Franco Coppi, precisato di ‘non aver mai visto nulla di simile” ha chiesto anche lui i nomi di chi avrebbe informato Berlusconi , aggiungendo :ci troviamo di fronte ad affermazioni che noi, negli atti non abbiamo trovato, Anzi, nelle nostre arringhe abbiamo sottolineato che nessun testimone ha potuto affermare di aver informato Berlusconi”. Quindi, ha affondato il coltello nella piaga , riferendosi al magistrato:”lui ha detto che Tizio, Caio e Sempronio lo hanno informato. Per cui indichi le pagine degli atti dalle quali risultano queste dichiarazioni.”
Su queste basi e sulla prevenzione nei confronti di Berlusconi del presidente Esposito , documentate dai commensali di una cena romana e da un’intervista rilasciata nell’aprile del 2011 al mensile “Voce delle Voci” erede del quindicinale del PCI “Voce della Campania”, Coppi e Ghedini hanno intenzione di ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha la facoltà di determinare la revisione della sentenza, E ‘già avvenuto più d’una volta quando sono stati violati di diritti fondamentali stabiliti nella convenzione europea, Nel caso in questione se non si è avuto un giusto processo e un giudice imparziale.
Sarebbe, questa, una grave sconfessione del sistema giudiziario italiano e si porrebbe un peso forse insopportabile per i giudici di un nuovo processo.
Forse una soluzione come quella scelta dal Capo dello Stato per il direttore de “Il Giornale Sallusti ( pena assolta , pagando un corrispettivo in danaro , corrispettivo alto come importo nel caso del Cavaliere)potrebbe risolvere la situazione.Qualunque siano gli sviluppi di questo “caso” , che sconvolge una vita politica italiana già ampiamente devastata, è certo , però, che la sinistra si troverà ancora a fare i conti con Silvio Berlusconi.
Siamo, certamente, al tramonto di questi vent’anni di guerra assurda e negativa con gli attuali partiti senza radici e futuro anche se cambiano nome, Per il momento c’è solo da augurarci che il governo Letta, che non ha alternative, possa reggere. Ci sono sintomi di ripresa, la recessione sembra ormai dietro le spalle, secondo il ministro Saccomanni, e s’intravede la fine del tunnel .E’ sufficiente, però, che gli eccessi dell’antiberlusconismo ,da una parte’-e, e del berlusconismo dall’altra , facciano saltare il banco e distruggere quella luce che oggi balena.
Il rischio viene dai falchi delle due sponde, ma oggi soprattutto da un Pd inquieto e fortemente diviso. Domani, fors, avremo qualche lume dalla Direzione, dove Enrico Letta, forte dei risultati dei primi cento giorni di governo, farà sentire la sua voce.
risultati dei primi cento giorni di governo.

Una condanna che ricarica Berlusconi e lascia il cerino acceso al Pd

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2 agosto 2013
Un noto vecchio editorialista apre così il suo editoriale di oggi sula condanna comminata a Berlusconi: “Non finisce qui. Si illude, infatti, chi ritiene che con la condanna, confermata, ieri, dalla Cassazione per frode fiscale, Silvio Berlusconi sia stato eliminato dalla scena politica”. Lo ha dimostrato con la sua accorata dichiarazione televisiva, con la quale ha chiamato a raccolta il suo popolo attorno alla rinascente Forza Italia. Lo dimostra pure la reazione di un principe del Foro come l’avvocato Coppi che, dopo aver detto: “fosse stato un comune cittadino sarebbe stato accolto” poi, insieme agli altri difensori Ghedini e Longo ha precisato: “perseguiremo ogni iniziativa anche nelle sedi europee”. Il che costituisce l’annuncio di un ricorso alla Corte di Giustizia dell’Ue sulla base dei 47 punti respinti dalla Cassazione nei quali, secondo gli avvocati del Cavaliere, si dimostravano l’insussistenza delle accuse mosse.
Che Berlusconi sia una vittima di quella parte della magistratura “rossa” che da vent’anni lo sta perseguitando, non vi è più alcun dubbio, si ripete, sempre con la Procura di Milano, quanto è stato fatto nei confronti dei partiti democratici, tutti spazzati via da “Tangentopoli”. A questo punto non ci sarebbe da meravigliarsi se, in questo contesto, Berlusconi non chiedesse né gli arresti domiciliari per l’età, né l’affidamento ai servizi sociali, lasciando ai magistrati la decisione se inviarlo o meno in carcere per un anno. Da vittima diverrebbe anche martire con ulteriori conseguenze positive per la rinata Forza Italia in termini di consenso.
Il problema si porrebbe ne coso di elezioni anticipate, per la presenza del nome “Berlusconi” nella scheda elettorale, ma, per questo un escamotage si può sempre trovare: oltre a far candidare un suo figlio, cosa questa che farebbe parlare di dinastia, si potrebbe anche pensare ad esempio pensare ad una frase come “Forza Italia per Berlusconi”.
Ovviamente, per il momento, viene confermato il sostegno al governo, lasciando, così, il cerino acceso nelle mani di un Pd, dove gli antigovernativi e gli anti berlusconiani più accesi sono all’offensiva. Agli uni e agli altri hanno dato voce , ieri sera,Pippo Civati ( “Il Pd valuti un exit strategy verso le elezioni”) e l’ex-pm Felice Casson (“non si governa con un condannato” ) con una base in evidente fibrillazione .
Il segretario Epifani ha cercato di correre ai ripari con una dichiarazione “giustizialista” , ma senza volerlo ha portato farina al mulino dei nemici del governo delle larghe intese. Ha, infatti, avallato in pieno la sentenza della Cassazione, aggiungendo che “non va solo rispettata,ma anche applicata e resa applicabile”( riferimento chiaro alla ineleggibilità di Berlusconi) se necessario anche con il voto dei parlamentari democratici. Ha, inoltre, ammonito il Pdl :”non usi forzature di carattere istituzionale”.
Ha un bel dire la presidente del Friuli Debora Serracchiani “ci siamo occupati troppo di Berlusconi e dei suoi guai giudiziari, ora è il momento di pensare agli italiani”, ma i molti suoi colleghi di partito la pensano diversamente e i nove minuti di appello televisivo dell’ex-premier hanno certamente rinfocolato quell’antiberlusconismo che , in realtà, ha sempre danneggiato la sinistra e fatto il gioco del Cavaliere. Ho l’impressione che anche questa volta il risultato rischi di essere lo stesso. E non è un caso che Matteo Renzi inviti il Pd alla prudenza,”non prestiamo il fianco alle provocazioni- dice ai suoi ,- Non siamo incendiari” aggiungendo “ il Cavaliere va sconfitto nelle urne.” . Ed oggi, si andasse alle elezioni anticipate ad ottobre per responsabilità dei democratici, il sindaco di Firenze sa bene che sarebbe difficile anche per lui battere un avversario vittima e martire.
Diciamola tutta. La verità è che Berlusconi ha pienamente ragione : la magistratura italiana è infiltrata da elementi comunisti decisi a portare la guerra di classe nel cuore stesso delle istituzioni.
Come dice il proverbio : il pesce puzza dalla testa. In questo caso è proprio la Suprema Corte, la Cassazione, a emanare le odiate esalazioni. Gli ormai attempati esponenti di Magistratura Democratica ( corrente da tempo in crisi di identità, anche a causa della lunga decomposizione del partito di riferimento ) hanno trovato rifugio sulle alture della Cassazione e di là continuano a combattere la loro battaglia come micidiali cecchini della giurisdizione.
A questo punto se ne è accorto anche il Presidente Napolitano che ieri, a cose fatte, ha dichiarato: ”La strada maestra da seguire è sempre stata quella della fiducia e del rispetto verso la magistratura. Ora auspico una riforma della giustizia”. Queste le prime parole di Giorgio Napolitano.
Saremo forse,davvero ,alla chiusura di un ciclo politico , come affermano molti osservatori, ma ancora non si intravede il nuovo che si dovrebbe affermare. Di certo c’è che Silvio Berlusconi, nonostante una pesante condanna , condiziona ancora la scena politica italiana ,piaccia o no alla Serracchiani o al Renzi di turno. L’unico augurio che possiamo fare è quel “no a interessi di parte” ripetuto da Enrico Letta, ma la sensazione è che si dissolva nel vento di una tempesta per l’Italia. Nei prossimi mesi avremo la contro prova.

MONTI: UN SARCASMO FUORI LUOGO

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S. Teresa G. 26 luglio 2013
La canicola estiva mi aveva indotto al silenzio anche se i bla bla dei nostri politici, tutti i giorni sono di stimolo, poi, pensando al caldo e considerando che questo potrebbe essere un ottimo componente alle molteplici imbecillità che si sentono, ho volutamente trascurato il mio blog ed i miei lettori. Qualcuno potrà osservare come mai ritorno a scrivere proprio oggi che è l’espressione massima, sin dalle prime ore, del caldo: ebbene, dopo aver letto le dichiarazioni illuminate del dell’ex Premier, Sen. a.V.,leader di un partito s(e chi più ne ha, più ne metta) sig. Mario Monti, non sono più riuscito a trattenermi ed ora eccomi a voi ad esporre il mio misero pensiero che, nostro malgrado, secondo quanto si sente ormai camminando immezzo alla gente, ne rispecchia gli umori.
Cosa ha detto Mario Monti ? “In materia fiscale non c’e’ larghezza di mezzi oggi in Italia, e su questo aveva avuto una grande intuizione in campagna elettorale il presidente Berlusconi quando addirittura voleva rimborsare l’Imu pagata nel 2012 e aveva detto: sapete che cosa? Se lo Stato non ha abbastanza soldi ce li metto io personalmente”. Mario Monti lo ricorda dallo studio di Unomattina su Rai Uno. Il senatore a vita aggiunge allora che “questa possibilita’ e’ ancora aperta”.
Ho, da sempre, sostenuto che i prof. Sono esattamente come il consigliere del Re descritto da Bertoldo: vanno ascoltati per non decidere mai sui loro consigli. Ora ci aggiungiamo pure che ascoltare ciò che dice il nostro, rappresenta anche una forte dose di malafede. Berlusconi, quello che dice Monti lo ha veramente dichiarato ma aggiungendo una piccola clausola: “se vinco le elezioni”. Questo il sig. Monti non lo dice perché sa bene che Il patron di Forza Italia e del PdL i fondi li avrebbe trovati così come li troverà Letta se vuole andare avanti con il Governo e, se gli italiani non pagheranno l’IMU sulla prima casa non sarà certamente merito del Prof. che ha avuto il grande pregio di resuscitare una imposta che ormai stava fuori dal pensiero degli italiani.
Povero Monti, ridursi a simili sotterfugi che ormai non incantano più nessuno. Anche lui che a buon ragione potremmo ben dire che di politica mastica assai poco, dovrebbe rendersi conto che qui si sta scherzando sul fuoco, adottare la vecchia logica comunista del tanto peggio tanto meglio, sposata in pieno dai 5Stelle, non paga, anzi potrebbe essere pericolosa. Mi sembra, quindi, un caso che il gurù grillino Casalegno preveda un’esplosione di violenza , mentre si susseguono le voci, interessate o convinte, secondo le quali in agosto ci sarà un terremoto economico-monetario, provocato a bella posta dal dissolvimento di internet ( che avrebbe già un’alternativa) con una manovra che qualche fonte definisce cino-americana.
Può esserci del vero, per carità!, l’economia Usa non va bene, il comune di Detroit sta fallendo, l’euro è una moneta troppo forte, ma alla fine sia per i costi del petrolio, sia per i prezzi agricoli decisi dalla borsa di Chicago, sia per gli interessi cino-americani il dollaro la fa ancora da padrone, quindi un bel colpo alla Merkel e soci UE può sempre verificarsi. Il terremoto, però, potrebbe essere eccessivo e non è detto che già con queste ripetute voci si stia producendo un danno utile agli avversari di un’Europa che ci mette molto di suo per indebolirsi se non addirittura disgregarsi.
In questo contesto lo “strano” governo italiano e l’ancor più “strano” parlamento emerso da un risultato elettorale che per molti è stato imprevisto e, invece, era prevedibilissimo ha inaugurato il primo la tecnica del rinvio o il secondo, quando si deve decidere, quella dell’ostruzionismo.
Un’opposizione seria e costruttiva dovrebbe mettere la maggioranza con le spalle al muro e, soprattutto, i grillini potrebbero avanzare proposte precise, costringendo PD, Pdl e lo stesso Monti con il suo manipolo a dire si’ o no.
Atro che scherzarci sopra, il caso eclatante è quello dell’Imu e dell’Iva. I berlusconiani sono sempre stati espliciti: sì al governo Letta perché il premier si è detto d’accordo ad eliminare l’Imu sulla prima casa e a non aumentare l’Iva come avevamo promesso in campagna elettorale. Tutto pacifico, dunque? Eh no !, perché nel Pd ci sono i contrari e addirittura l’ex-responsabile del settore economico ed ora vice-ministro dell’Economia Fassina ha sempre detto e lo sta ripetendo che, ad esempio, l’Imu non sarà abolita per tutti. Ovvia la replica del Pdl con il capogruppo della Camera Brunetta che non perde occasione per minacciare una crisi che sarebbe ben lieto se avvenisse.
Ebbene, in questa situazione i grillini potrebbero formalmente avanzare la proposta di abolire l’Imu sulla prima casa com’è nel loro programma, costringendo così la maggioranza ad approvare l’abolizione. Invece, preferiscono impegnare la Camera in un ostruzionismo che fa solo perdere tempo.
Ora ci dica Monti, fuori dal sarcasmo, cosa deve fare un povero cittadino che non sa ancora se dovrà pagare un’imposta che ritiene iniqua e, quindi, non può spendere quei danari che risparmierebbe con l’abolizione, magari pagandosi una vacanza, rimettendo in moto quel mercato del turismo che sta andando in pezzi. Sono mi pare 4 miliardi di euro che rimangono bloccati, non vanno in circolo, non riattivano qualche consumo, non sbloccano una situazione edilizia che ha, anche per questa tassa, visto quasi bloccarsi le compra-vendite con una perdita secca per lo Stato che l’associazione di settore ha valutato in 19 miliardi di euro, oltre alla chiusura di varie società edilizie con conseguente disoccupazione di migliaia di addetti.
Il fatto è che il premier Letta probabilmente avrebbe già ottemperato agli impegni assunti con il Pdl, ma deve fare i conti con il suo partito, ed ora anche con il sig. Monti, dove non pochi non intendono darla vinta a Berlusconi che, come ricorderete, proprio su Imu-abolita sulla prima casa e no-aumento Iva ha fatto recuperar ben otto punti al suo partito. Ancora una volta l’antiberlusconismo anima non solo la sinistra dei democratici e finisce per fare il gioco dl Cavaliere: secondo gli ultimi sondaggi in caso di elezioni anticipate il centro-destra prevarrebbe sul centro-sinistra, anche se, probabilmente, rimarrebbe lo stallo al Senato. Eppoi, si sa, i sondaggi hanno un valore relativo e la rabbia degli italiani, ancora alla prese con una crisi che si aggraverebbe, non credo consigli ad alcuni passi falsi.
I cittadini si sono mostrati pazienti oltre ogni limite, ma così non si può andare avanti e chi guarda solo ai propri interessi di parte non comprende che la situazione è profondamente cambiata. La sfiducia colpisce tutti i partiti, coinvolge anche i grillini che, a mio avviso, mostrano buone dosi di inesperienza, impreparazione, pressapochismo, incapacità di legiferare e, soprattutto, scarsa volontà costruttiva.
Enrico Letta sta giocando una partita difficilissima, ma può vincerla se ai bei propositi, alle ottime parole unisce fatti concreti, finendola con la tecnica, forse necessitata agli inizi, del rinvio. Prenda il toro per le corna e dica il prima possibile se è in grado o no di mantenere gli impegni assunti ad iniziare dall’Imu e dall’Iva. E se, davvero, entro la fine dell’anno potrà pagare i primi 30 miliardi ai debitori nei confronti dello Stato e togliere tutti quei lacci e lacciuoli che la burocrazia tiene oggi saldamente in mano, bloccando innovazione ed efficienza oltre a spaventare gli investitori esteri.
Ci vuole un po di coraggio, anche a rischio della vita del Governo stesso: è necessario andare avanti e chi vuole mettere la parola fine ad un esecutivo che decide, se ne assuma la responsabilità.
Caro Sen.a.V. Monti, pensi al Paese visto che non lo ha fatto quando doveva è sia più costruttivo quando va in televisione.