Sempre più evidente l’isolamento di Renzi

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Per chi ieri sera ha visto “Ballarò” si è potuto rendere conto di quanto vado scrivendo da diverso tempo: il nostro segretario-premier è sempre più solo lo dimostra il fatto che anche dalla Nigeria attacca l’Unione Europea e si prende i rimbrotti persino del commissario socialista Moscovici, un tempo suo amico. E tanto per chiarire la situazione, il capogruppo del Partito Popolare nell’europarlamento, il tedesco Weber fedelissimo della Merkel, ripete che l’Italia ha già avuto tanto in flessibilità. Addio, quindi, alle speranze italiane di ottenerne ancora per far quadrare il bilancio dello Stato ed evitare catastrofiche conseguenze.

Non è, quindi, un caso che il Financial Times scriva che l’Italia sta scivolando al livello della Grecia, concetto ripreso da Enrico Letta in una intervista a ”La Stampa” che titola “Letta:”Italia sempre più isolata in Europa, c’è il rischio di diventare una seconda Grecia”.

Quindi, ieri sera nella trasmissione televisiva quando il conduttore Massimo Giannini ha replicato al renziano Anzaldi che aveva chiesto il suo licenziamento (“La Rai può licenziarmi, il Pd no”), è stato un coro nel criticare Matteo Renzi che insiste nell’attaccare i vertici UE, sperando di catturare qualche voto in più, ma danneggiando pesantemente l’Italia e gli italiani. A quel coro s’è unito, con ampie e dure argomentazioni, anche un ex-estimatore di Renzi come Paolo Mieli e l’impressione generale è di un premier sempre più solo ed in stato confusionale. A meno che la sua sia una strategia, come io spesso ho pronosticato, per andare al voto a giugno insieme alle amministrative che , celebrate sole, senza, cioè una totale caratura politica, rischiano di segnare una sconfitta del Pd non solo a Roma.

Da qui anche l’insistenza nel mantenere le adozioni nel ddl Cirinnà e nel rifiutare la proposta di Alfano che ha fatto il pieno i posti, ma deve fare i conti con la sua base ed i due milioni del Family Day.

Le votazioni segrete al Senato sulle unioni civili sono una costante insidia e il soccorso verdiniano non è certo sulle adozioni per le coppie gay, mentre sono in fibrillazione anche i cattolici dei 5Stelle oltre a quelli del Pd. E se si superasse, comunque, lo scoglio delle probabili defezione e la “Cirinnà” venisse approvata con la stepchild adoption cosa faranno gli alfaniani oltretutto in agitazione per l’Italicum che prevede il ballottaggio tra liste non tra coalizioni, mettendo, in pratica, fuori gioco i centristi?

Il fatto è che Matteo Renzi, l’uomo solo al comando, si sta giocando tutto, imitando leghisti e grillini nell’attacco all’Ue, ma rischiando di perdere voti moderati. Non è un caso che il centrodestra, secondo gli ultimi sondaggi, supera unito il Pd addirittura di un paio di punti. Né, alla fine, gli gioverà molto la sua difesa ad oltranza della” Cirinnà” così com’è, rinnegando, addirittura quello che dichiarava nel 2007, come gli ha ricordato l’ex-amico Adinolfi, partecipando, da presidente della Provincia di Firenze, al Family Day che allora manifestava contro i Dico da lui fieramente avversati. Per carità, in democrazia si può cambiare idea anche se passare dal no per i diritti civili delle coppie gay al sì addirittura anche per le adozione ce ne corre . E c’è da meravigliarsi se, a certi livelli del Vaticano, c’è chi afferma:  “Matteo Renzi ci ha voltato le spalle”, aggiungendo: ”In Italia siamo in un sistema che è finito da tempo e gli attuali politici non se ne accorgono” ?

Il punto il punto della situazione – Un sistema finito da tempo

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Quel che sta accadendo, in Italia, con l’accelerata di questi ultimi giorni messa in stand bey dall’intervento provvidenziale di Mario Draghi, conferma che viviamo in un sistema che è finito. Finito da tempo, purtroppo, come la dissennata “guerra dei vent’anni” ha dimostrato, lasciando solo macerie anche con governi non espressione del voto popolare e un Parlamento eletto da una legge elettorale dichiarata incostituzionale.

Era parso che un giovane grintoso toscano, di formazione democristiana, volesse rottamare il sistema e suoi protagonisti. Per questo era diventato, a sorpresa, sindaco di Firenze dopo aver battuto nelle primarie dem, grazie all’apporto determinante di cattolici e centristi, gli ex-comunisti egemoni, sino ad allora, in Toscana. L’aver, poi,dignitosamente perso per la segreteria Pd e, quindi, per la candidatura a premier, nei confronti di Pier Luigi Bersani, espressione dei diesse, dunque della sinistra, aveva convinto molti moderati di aver trovato in Matteo Renzi il leader giusto, per alcuni, addirittura, un Silvio Berlusconi giovane e senza conflitti di interesse.

La battaglia renziana contro la vecchia guardia ex-comunista che dominava il Pd piaceva molto e quando Bersani, dopo le elezioni politiche, non riuscì a formare un governo poiché non aveva la maggioranza al Senato e, quindi, si dimise da segretario, lasciando la candidatura per Palazzo Chigi ad Enrico Letta. ex-dirigente dei giovani dc europei, nipote del braccio destro del Cavaliere e, cioè, di Gianni Letta, il nuovo premier riusci ad avere i voti necessari per un ministero d’emergenza composto con l’apporto determinante del Pdl berlusconiano.

Renzi, nelle successive primarie, non ebbe veri avversari perché venivano tutti dalle fila degli ex-giovani Pci e vennero sonoramente sconfitti, ad iniziare dal candidato dei bersaniani-dalemiani Gianni Cuperlo. Questo grazie, di nuovo, all’apporto decisivo dei moderati che premiarono il neo-leader dem nelle elezioni europee, dandogli addirittura oltre il 40% .

C’erano speranze e molte attese per il giovane politico toscano che parlava chiaro, era estremamente deciso e prometteva cambiamenti positivi condensati nei cento punti indicati nella “Leopolda”, la kermesse organizzata, ogni anno, a Firenze dall’ex-sindaco, quasi fotocopia del vecchio San Pellegrino di democristiana memoria, il quale non mancava di criticare, direttamente e indirettamente, il governo “amico”, suscitando le reazioni del premier Letta, che in due incontri veniva, comunque, rassicurato dal segretario dem con un ‘stai sereno’. Il risultato lo conoscete: Presidente del Consiglio costretto alle dimissioni, Matteo Renzi a Palazzo Chigi capace di resuscitare politicamente Silvio Berlusconi costretto a lasciare il Senato dopo la condanna (dal sapore politico) in Cassazione e che, per ritorsione nei confronti del Pd, aveva ritirato la fiducia al governo, rimasto in sella grazie alla scissione degli alfaniani, guarda caso tutti ministri dell’ex-Pdl.

Il famoso “Patto del Nazareno” che vide l’accordo sulle riforme parve aprire le porte ad un successivo centro-sinistra vecchia maniera: un grande centro con una sinistra riformista. Qualcuno iniziò a parlare di Partito della Nazione renzian-berlusconiano. L’elezione del presidente della Repubblica, non concordata con il Cavaliere, produsse , come noto, la rottura , almeno ufficiale, tra i due leader.

Nel frattempo Renzi s’era, all’improvviso, scoperto socialista, riuscendo a portare il Pd nelle ali del Partito Socialista Europeo, cosa che non era riuscito nemmeno a Bersani, mentre il governo andava avanti a colpi di fiducia, indispensabili al Senato, dove la maggioranza è risicata, e varava provvedimenti che non piacevano alla sinistra dem senza, per questo, rispondere alle attese dei moderati. Le stesse riforme, con alcuni cambiamenti rispetto agli accordi del “Patto del Nazareno ed alle prime approvazioni, suscitavano critiche pensanti, soprattutto per la nuova legge elettorale, da parte di non pochi costituzionalisti, dalla sinistra del Pd e da tutte le opposizioni e ci voleva una scissione in Forza Italia con gli amici di Verdini che facevano un gruppo autonomo indispensabile al Senato per un Renzi che appariva sempre più un “uomo solo al comando”, meno sicuro, quasi isolato a livello internazionale con l’addio degli sponsor d’Oltreoceano e non più il sostegno della Merkel che non mancava di attaccare dopo tanti sorrisi , abbracci e , di fatto, sottomissioni. Aggiungete lo scontro perenne con i sindacati, alcuni provvedimenti di sapore elettorale, le critiche dei magistrati, delle Forze dell’Ordine con proteste a Roma, una riforma della scuola contestata anche per l’eccessivo potere affidato ai presidi e, più recentemente, le classi divise per livelli, ossia per l’adozione di un “modello elitario”. Aggiungete la tanto decantata ripresa che non si vede, i tre milioni di famiglie in povertà, le varie categorie, statali compresi, in agitazione, il lavoro che continua a mancare, i negozi che continuano a chiudere e mi fermo qui per carità di patria.

Logico, quindi, la perdita di consensi sia per il premier sia per il Pd oggi, nei sondaggi, al 30%, dieci punti in meno delle europee, tallonato dai grillini e superato ,sia pure di poco , dal centrodestra unito e senza gli alfanian-centristi.

Un importante quotidiano economico come il “Financial Times” ha, così, potuto indicare un Renzi in forte discesa ed il giovne DI Maio, della troika 5Stelle, in ascesa, “leader non più di protesta, ma di governo”. Pochi giorni dopo ecco il colpo di scena con il “caso” del Comune di Quarto, in Campania, governato dai grillini grazie ad infiltrazioni camorristiche e con il sindaco a sostenere d’aver informato la Troika, quindi anche Di Maio ( che smentisce), delle pressioni ricevute dall’assessore primo eletto e, poi, arrestato perché accusato d’essere collegato alla camorra.

Il Pd non ha perso l’occasione per attaccare i grillini, per sottolineare: “siete come gli altri” , mettendo sotto accusa il sistema di selezionare i candidati tramite il web ed indicando i vari comuni gestiti dai 5Stelle, ma caratterizzate da molti problemi e polemiche interne.

Ovvia la reazione di Grillo e dei suoi che stanno indicando i sindaci Pd sotto le lenti della magistratura o già indagati, senza che Renzi ne chieda le dimissioni come i grillini hanno fatto con la sindachessa di Quarto. Botte e risposte al calor bianco, insulti di tutti i generi con il risultato non solo di squalificare ancor più l’attuale politica e di far rimetterci ambedue i partiti , ma anche di contribuire alla eccezionale crisi di fiducia dei cittadini nei confronti delle forze politiche (al 3%) e nel Parlamento ( al 16%).

Alle promesse non mantenute dal segretario-premier oggi si uniscono sia il suo scontro con i vertici europei che finisce per alimentare i populismi e danneggia l’Italia ;

sia la sua arroganza nei confronti di tutto e di tutti , con quella definizione di “gufi” per chi non la pensa come lui (Rai e mass media nel conto);

sia il cercare, quasi disperatamente, diversivi per far dimenticare banche, promesse non mantenute, isolamento internazionale;

sia, soprattutto, il non aver posto nemmeno un mattone alla costruzione di un nuovo sistema che sostituisca quello da tempo finito.

E, neppure i novanta minuti circa di ‘assolo’ di Renzi da Bruno Vespa, hanno dato un briciolo di speranza. Il Premier, purtroppo, e’ solo un grand ‘parlatore’ con un vocabolario tanto ampio, quanto vuoto.  

Nessuno, purtroppo, vi pensa e l’attuale politica appare incapace di sintonizzarsi sulle vere domande di cambiamento che vengono dai cittadini senza più punti di riferimento se non Papa Francesco, con la difficoltà di trasformare, almeno,le illusioni in speranze.

Il fatto è che la gente, ossia il solito derelitto uomo della strada, non intravede alternative ed è sempre più forte la delusione per un rottamatore egocentrico, incapace di ascoltare gli altri.

Soccorre solo la luce che viene da una Chiesa cattolica in rinnovamento grazie ad un Papa che, nella sua ultima Enciclica e nei messaggi quasi quotidiani, ha indicato ed indica la giusta direzione di marcia. Ossia il percorso per determinare un diverso sistema economico, politico e sociale, facendo, nel contempo, prevalere la cultura del dialogo e del confronto.

Sono convinto – ecco finalmente una buona notizia -che esistano , non solo in Italia , donne ed uomini capaci di impegnarsi per costruire questa società fondata su un nuovo umanesimo.

Ed ora il Governo vuole una scuola classista

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No, così non va proprio Questo -lo sta continuamente dimostrando- è il Governo più “fasullo” tra quelli che si sono succeduti dal dopoguerra in poi.
Seguendo alcune vecchie note di agenzia, mi è caduto l’occhio sull’ultima del Ministero dell’Istruzione. Una notizia che, a mio vedere, rasenta la follia pura per il tempo in cui viviamo. A cosa serve accusare di razzismo, di omofobia, di non accoglienza, quando chi ci governa si permette certe cose? Non si può permettere di introdurre impunemente un modello classista. Un modello,cioè, che con l’istituzione dei “gruppi di livello” fa tornare in  mente le classi differenziali di infausta memoria.
Questa decisione ministeriale  è stata assunta, oltretutto, alla chetichella, contenuta  in una riga di una circolare inviata ai presidi l’11 dicembre scorso  per spiegare che  nel nuovo Piano Triennale dell’offerta formativa essi potevano  sia articolare l’orario di ciascun disciplina in moduli, sia organizzare le classi -ecco il casus belli– per “gruppi di livello”, ossia  “i bravi con i bravi, gli scarsi con gli scarsi”, chiosa il prof.Mantegazza, pedagogo che ha pubblicato una cinquantina di libri. In sostanza, “lezioni diverse in base alle abilità degli alunni” ha scritto “Il Corriere della Sera” Intervenendo sulla stessa nota aggiunge: “ un fantasma si aggira nelle scuole italiane.E’ bastato leggerne il nome in un documento del Miur poco prima di Natale perché sulla rete si scatenasse il panico :”vogliono dividere gli studenti in bravi ed asini.””
Poco importa se uno può essere bravo in italiano ed un po’ asino in matematica    e che il bravo  ha quasi sempre aiutato quello meno dotato e , alla fine, l’uno e l’altro finiscono per arricchirsi a vicenda,socializzando, imparando a collaborare, a fare squadra , a rinunciare all’egoismo personale e,quindi, al modello elitario .
“Non è così –hanno replicano i ministeriali e consulenti dei ministeriali come il professor Giuseppe Bertagna– il nuovo sistema valorizza i singoli” e ricorda che  “nel sistema inglese lo stesso studente può rientrare nel gruppo dei più talentuosi in una materia ed essere fra gli ultimi in un’altra”: E aggiunge “ il gruppo di livello serve agli insegnanti per tarare le lezioni non sulla base dei programmi, ma sui bisogni del singolo che dipendono appunto  dal livello raggiunto.”
Non sentite in queste affermazioni profumo di “modello elitario”? A me pare proprio di sentirlo e credo sia nel dna del ministro della P.I. che viene dal partito  creato da Monti e che, però, ora si trova in quel Pd che Matteo Renzi ha portato nelle braccia di quel  socialismo europeo non propriamente allineato con la contestata proposta ministeriale. Ho l’impressione che se verrà davvero adottata (ma dov’è finita la sinistra dem?)  determinerà solo una gigantesca confusione e, come riconosce lo stesso Bertagna, “ ci vuole molta sapienza da parte  dei docenti altrimenti si rischia  di trasformare gli eccellenti in disadattati.”
Non mi pare, oltretutto, un rischio da poco e c’è da sperare  che nel governo ci si accorga d’aver torto con questa contorta innovazione, dando ragione  ad Orsola Riva che sul “Corriere” ha scritto: “la formazione di classi eterogenee non è solo più giusta, ma anche più efficace”.

CHE BATOSTE PER RENZI

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Sempre peggio per Renzi che ora teme anche scherzi nei voti segreti sulle Unione Civili. Che sia sempre più isolato è evidente, avendo perso anche sponsor internazionali a destra e sinistra ed essendo pesantemente calato nella fiducia degli italiani. Ora, però, ha preso due sberle che lasciano il segno..La prima è stata, martedì scorso, con l’intervista a La7 (“Di martedì”) , nella quale ha pesantemente criticato, pur senza citarlo, il segretario-premier come tutta l’attuale politica. La seconda ,oggi, con la pesante dichiarazione del Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker: “ Renzi non offenda l’UE. La flessibilità l’ho inventata io, non lui” E un big non falco dell’Unione come Moscovici aveva anticipato: “L’Italia non chieda troppo , ha già avuto molto.” Questo in risposta ad un’altra levata di scudi renziana anti-Bruxelles che ancora non ha dato il “via” al bilancio italiano , sempre sotto osservazione perché alcuni conti non tornerebbero.
Le prese di posizioni di mons. Nunzio Galantino, segretario generale dei Vescovi Italiani, in pole-position per diventarne, a breve, il presidente, avendo il totale sostegno di Papa Francesco, e di Junker, solitamente cauto e questa volta insolitamente duro sono colpi pesanti per Renzi. Che ora, quasi per reazione contro i cattolici, dai quali pure proviene, sostiene le Unioni Civili anche con quelle adozioni che stanno dividendo anche il suo partito e che la Cei ha espressamente invitato a togliere da una legge certo necessaria, ma tale da non trasformarsi in un simil-matrimonio.
Monsignor Galatino è un presule abituato a parlar chiaro e lì, a “Di Martedì” è stato esplicito: i politici di oggi non parlano più con le persone, chiusi nella loro torre d’avorio e , spesso, i cittadini si rivolgono ai sacerdoti per avere aiuto e consiglio, quindi i Vescovi hanno il polso della situazione del nostro Paese che non è affatto rosea, con mancanza di lavoro, in particolare per i giovani, rende difficile sperare nel futuro. Anche perché chi i politici, ad iniziare da chi è al potere, invece di dire la verità sulla situazione reale preferiscono fare promesse, sapendo di non poterle mantenere. Duro anche l’affondo sulla marcia indietro per il decreto che avrebbe tolto il reato di immigrazione clandestina, contestato ormai non solo dai magistrati perché non funziona affatto, anzi ostacola le indagini e chi lo commette può cavarsela con una multa, pur se di 5 mila euro. Ad una domanda dell’intervistatore monsignor Galantino ha detto senza se e senza mala che la marcia indietro del governo è derivata dalla paura di perdere voti perché si preferisce sintonizzarsi sugli umori invece che sui fatti, su questo come su altri temi.
Anche sull’immigrazione l’autorevole presule è stato d’una chiarezza esemplare dicendo che la Chiesa non è “buonista”, come taluni l’accusano di operare, è certo per l’accoglienza del diverso ,del profugo, dell’immigrato, rispettandone la cultura, ma nel contempo pretendendo il rispetto delle nostre leggi, della nostre tradizioni, della nostra cultura. Solo così può esservi integrazione ed è ridicolo, assurdo il comportamento di chi, ritenendo di favorirla, eliminano il presepe o altri simboli della nostra identità. In sostanza, monsignor Galantino non ha fatto che ribadire quel che ha detto anche Papa Francesco e i gravi fatti di Colonia, Zurigo, Salisburgo ed Amburgo, con le conseguenti polemiche, dimostrano che la strada indicata dalla Chiesa cattolica è quella giusta.
Probabilmente Matteo Renzi era ancora sotto-choc per l’intervista del big dei Vescovi italiani, scelto nell’incarico ricoperto direttamente dal Santo Padre, ed aveva cercato un diversivo nel far la voce grossa contro l’UE (“andrò a Bruxelles a battere i pugni sul tavolo se non ci concedono quel che chiediamo”) che proprio dal vertice della Commissione Europea è venuta la nuova batosta, anticipata, come detto, dal commissario europeo all’economia, il francese Pierre Moscovici, non certo un falco alla tedesca, anzi fautore della crescita, il quale aveva detto che l’Italia ha già avuto molto da Bruxelles anche in fatto di flessibilità.
Questo aveva scatenato i “pugni sul tavolo” renziani, costringendo, questa volta, Junker ad uscire dal suo tradizionale riserbo , premettendo che i rapporti tra Italia ed Unione Europea “non sono i migliori al momento” e, quindi, verrà in Italia a febbraio perché si deve “occupare di questo problema”. Quindi, ecco l’affondo: “Renzi non deve offendere la Comunità Europea, cercando di sminuirla , a introdurre la flessibilità sono stato io, non Renzi;” Eppoi giù ancor più duro : “Esito sempre ad esprimermi con lo stesso vigore con cui Renzi si rivolge a me perché non aggiusta sempre le cose: Ritengo che il primo ministro italiano, che io amo molto, abbia torto a vilipendere la Commissione a ogni occasione.Non vedo perché lo faccia. L’Italia a dir la verità non dovrebbe criticarla troppo”, anche perché “noi abbiamo introdotto flessibilità anche contro la volontà di alcuni Stati membri che molti dicono dominare in Europa”. Come a dire : Renzi è un ingrato e non capisco perché se la prenda con me che, pur contro il parere della Merkel, ho voluto la flessibilità, della quale l’Italia ha già molto usufruito.
Forse la spiegazione è semplice: perché il segretario-premier è in grande difficoltà in Italia e tenta di cercare diversivi, il principale :prendersela con l’Unione Europea e, così, finendo, volutamente o no, per andare sul terreno dei grillini e dei leghisti, ossia di quei populisti che dice di voler contrastare.
Che il segretario-premier stia perdendo, di continuo, colpi lo dimostra anche la pessima gestione delle Unioni Civili che ha voluto anticipare e che divide il Pd sulla Stepchild Adoption, criticata dai cattolici dem, in maggioranza renziani, i quali hanno presentato un emendamento per introdurre l’affido rafforzato che. comunque, non piace nemmeno ai centristi di governo. I voti segreti al Senato -si inizia il 26– comportano, infatti, insidie pesanti perchè possono indurre anche una parte degli oppositori, grillini e sinistra dem, a fare scherzi, pur essendo favorevoli alla proposta della Cirinnà . Che ripete : il testo non si tocca”, imitando Renzi . Il quale sul tema adozioni, sentendo puzzo di bruciato, ha lasciato,sì, libertà di coscienza, ma sostenendo, personalmente, la legge nella sua versione integrale come con molta forza ha fatto anche la vice-segretaria Serracchiani.
Forse non cadrebbe il governo con un voto contrario, ma si aprirebbero processi e polemiche con scontri durissimi anche all’interno del Pd .Per il segretario-premier sarebbe, comunque, una pesante sconfitta, resa ancor più preoccupante da quei sondaggi che dimostrano, con una flessione dei 5Stelle, lievi aumenti del centrodestra che, ormai, supera il Pd.

Siamo ormai al bluff – Renzi si gioca tutto.

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Sempre più duri i tempi per Matteo Renzi per uscire dall’accerchiamento : elezioni anticipate insieme al turno parziale amministrativo di giugno, quando si voterà anche  in grandi comuni ad iniziare da Roma, Milano, Torino e Napoli.Il segretario-premier ha , quindi, deciso di giocare al “rischiatutto” anticipando  il referendum-plebiscito sulla sua persona ritenuto più facile di quello sulle riforme costituzionali.

Certo, non rassicurano le indagini della magistratura su Banca Etruria sulla base del durissimo rapporto proprio della Banca d’Italia  che coinvolge il padre della Boschi e, sia pure indirettamente, anche quello dello stesso premier. Chissà, quindi, cosa può venir fuori dalle indagini, anche per questo  è meglio anticipare i tempi, evitando, inoltre, un flop alle amministrative , caricando tutto sul piano politico e, quindi, impostando un referendum-plebiscito  su Matteo Renzi , il rottamatore, l’innovatore, il 41enne  che – come ha scritto Massimo Franco sul “ Corriere”-si presenta come spartiacque tra passato e futuro, tra “vecchio e nuovo” e ”ad essere in palio è l’idea del cambiamento in sé”

Renzi ormai si  rende conto che non può attendere ottobre per lo showdown perché si sta logorando, perfino il Financial Time scrive che  è in discesa e gli sponsor d’Oltreoceano, nonostante l’avvicinamento ai Bush , diffidano ormai di lui, la Banca d’Italia, diventata nemica, certifica che le attese su ripresa e inflazione sono state deluse e si sono ridimensionate anche le aspettative delle imprese. Con l’Ue, inoltre, siamo al quasi-scontro e non c’è sicurezza che si accettino le nostre richieste, in particolare, l’aumento di flessibilità nei conti e, quindi, si approvi il bilancio così com’è stato approvato dal nostro Parlamento

Il nodo peggiore da sciogliere rimane quello delle riforme istituzionali, il referendum confermativo della riforma del Senato,ma ammette che “non sarà una marcia trionfale.Potrebbe perfino rivelarsi una salita impervia”, proprio per i motivi ai quali ho accennato prima.Ecco,quindi, il colpo a sorpresa delle “politiche” a giugno ,magari con la nuova legge elettorale con qualche cambiamento sì da rinviarla di fatto, accusando l’opposizione di non volere le riforme  e in tal modo accentuando il “o con me ed il nuovo o il diluvio, il caos”, forte delle impreviste difficoltà dei 5 Stelle  e delle divisioni in un centro-destra, dove Salvini non convince i moderati e Silvio Berlusconi potrebbe essere di nuovo tentato dal Partito della Nazione, senza la sinistra dem come hanno chiaramente detto Speranza e Cuperlo che proprio sulla legge elettorale annunciano battaglia come anticipato da Pierluigi Bersani, facendo, senza saperlo, il gioco renziano di andare al voto politico con la proporzionale in modo che Forza Italia possa andare da sola e rimanendo con il vecchio Senato poiché non si è ancora potuto tenere il referendum confermativo.

Renzi, ovviamente, gioca, in questo modo, al “rischiatutto” perché le incognite nel suo disegno sono molte e la principale è quella che deriva dalle reali intenzioni dei poteri forti esterni all’Italia. Per questo fa finta di puntar tutto sul referendum confermativo che servirà a creare i “comitati del sì” in realtà incubatori del Partito della Nazione che  ha ribattezzato “partito della ragione”.

Il segretario-premier è,inoltre, convinto  che  a breve termine non c’è alternativa a lui. L’impressione è che stia commettendo un altro grave errore perché i citati poteri forti esterni all’Italia si stanno già muovendo: grillini in difficoltà e con pesanti contraccolpi, Lega che non apre brecce tra i moderati, Pd spaccato come conferma anche il caso delle Unioni Civili . E se queste forze “esterne” avessero, come si dice, giungano d’Oltreoceano,  già individuato nell’anti-Renzi il prefetto di Roma Gabrielli  che è stato anche capo dei servizi di intelligence civili in Italia? Il ritorno in campo di Silvio Berlusconi  che chiaramente senza puntare (o poter puntare su) Palazzo Chigi parla di  una lista di 12 ministri provenienti dalla società civile non dice proprio nulla ? Già oggi, nei sondaggi il centrodestra supera , sia pure di poco, il Pd, pensate un po’ dove potrebbe arrivare con un leader come l’”uomo forte” Gabrielli e ministri  un Della Valle, un Rizzolatti, scopritore dei neuroni specchio  un Sergio Marini, per dieci anni presidente della Coldiretti,della quale è ora presidente onorario,  un  Giorgio Squinzi, che sta per lasciare la presidenza della Confindustria, un Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e un tempo deputato Dc, un direttore d’orchestra come Riccardo Muti,tanto per fare alcuni nomi ?

Chi vivrà vedrà.

 

INTEGRAZIONE: UNA VIA DA PERCORRERE ASSIEME

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L’arrivo a Santa Teresa/Porto Pozzo di folto gruppo di migranti (troppo per un borgo che forse non arriva a trecento abitanti) e le conseguenti polemiche e prese di posizione dei cittadini, messe in grande evidenza sul social più diffuso, alcune scomposte, altre di preoccupazione, alcune , poche, che richiamano la solidarietà, spesso E volentieri in casa altrui, evidenziano il problema in tutta la sua interezza.

Forse, solo ora cominciamo a renderci conto di ciò che ha sofferto la cittadinanza di Lampedusa e, prima di loro i porti del basso Adriatico e dello Ionio. Mi ritornano in mente le immagini tremende di quella nave di profughi albanesi, tenuta ferma in banchina senza autorizzare lo sbarco di quella gente disperata vittima di una dittatura assurda durata circa quaranta anni.

Anni di sofferenza, di fame, di assenza di cultura, di privazione della pur minima libertà, gente costretta ad una quasi schiavitù, gente che vedeva, attraverso la nostra TV che riuscivano a sintonizzare clandestinamente, il benessere a pochi chilometri da loro senza poterlo raggiungere.

Eravamo in molti a scandalizzarci per questa invasione ma, allora quelle persone chiedevano solo lavoro. Mi si obietterà che non erano tutte brave persone ma, di fatto chi sbagliava e non rispettava le regole veniva processato e finiva nelle nostre galere e, pure questo era un peso per i cittadini.

Con albanesi e romeni, se pur i forma irregolare, la nostra economia non ne ha sofferto o ne ha sofferto poco. In molte circostanze, dobbiamo ammetterlo, ne ha tratto beneficio dando vita ad una economia sommersa, deprecabile quanto si vuole ma, se si va a scavare, senza andare molto in profondità, si trova che questa maledetta crisi la si sta superando, con molti dolori e tanti sacrifici ma anche con l’emergere di quei capitali che molte famiglie stanno tirando fuori per sopravvivere ma , che, allo stesso tempo consentono quel minimo movimento di denaro che permette di tirare il fiato.

Quella gente, la maggior parte, è tornata nel proprio paese dove vive e prospera e non pesa sulla finanza del nostro.

Allora, a parte qualche mugugno, non si parlava di accoglienza retribuita così come si fa ora e, comunque, era gente che voleva lavoro dove c’era. Era gente come i nostri connazionali di inizio secolo  ‘900 che emigrava verso il benessere sapendo che solo attraverso un vero inserimento avrebbe potuto rimanere nel paese che aveva scelto.

Vediamo cosa sta accadendo ora, non solo in Italia, in tutta l’Europa. Siamo vittime di una vera e propria invasione ma, non di chi sta cercando un lavoro per migliorare la propria vita, bensì spinto dal malessere creato da guerre poco più che tribali, invogliati da un contributo elargito a fondo perduto, in nome di una falsa accoglienza dalla quale si specula su tutti i fronti, spesso anche sulla pelle di poveri esseri umani che, al nulla preferiscono il poco, quel pochissimo che per loro diventa una sostanziosa fonte di finto benessere e per il quale nulla devono.

Ecco perchè sono in molti a non volere queste presenze imposte dall’alto e per le quali, quando si manifesta il dissenso si rischia di essere tacciati per razzisti.

E’ vero, tutti abbiamo il dovere della generosità, ma è anche vero che gli ospiti, anche loro hanno dei doveri da rispettare, non si pretende riconoscenza ma, come i nostri emigranti di allora, almeno buona volontà. Anche l’ospite quando anch’egli diventa stanziale deve contribuire in qualche modo alla sua sopravvivenza, deve rendersi utile alla comunità nella quale vive. Mi si obietterà che il lavoro è poco per tutti, allo stesso tempo bisogna in qualche modo provvedere a che quel poco venga fatto anche dai nostri ospiti, non fosse altro che per impegnarli.

E’ troppo facile per i signori Prefetti noleggiare due autobus caricarli e scaricarli nel primo albergo che visto l’affare, si presta ad una delle più bieche speculazioni. Quegli albergatori oltre alla speculazione dovrebbero avere il compito, sempre previsto nella retta di fare dei corsi di formazione accelerata, di insegnamento rapido della lingua del Paese ospitante, insegnare l’autosufficienza, impegnare in lavori socialmente utili e, lasciare quel tempo libero di cui ognuno di noi ha diritto dopo una giornata di impegno lavorativo.

Buona parte di tutto questo può essere fatto anche attraverso associazioni di volontariato e con l’apporto primario delle amministrazioni comunali oltre che alle Prefetture.

Forse così si potrebbe ottenere una vera integrazione e, sicuramente, si avrebbe meno reazioni insofferenti da parte dei cittadini ospitanti. Certamente, impegnare questi ragazzi e ragazze in una qualsiasi attività eviterebbe il bighellonare di queste persone, alcune delle quali, dimostrano invadenza quando non danno fastidio ai locali apostrofando con complimenti poco graditi quando non provocando timore o preoccupazione.

Se si vuole fare accoglienza la si faccia, magari partendo da quelle prime regole elementari, insegnando, con buon senso, la buona educazione secondo i costumi locali. Solo così, forse, si superano quegli ostacoli che spesso vengono definiti razzisti. Diamo quel benessere a loro sconosciuto e chiediamo in cambio collaborazione e buona volontà.

MATTEO RENZI ACCERCHIATO…OPPURE?

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Le feste sono terminate e si rientra nella normalità. Si ricomincia con i problemi che avevamo lasciati nel 2015, con la nascosta speranza di non ritrovarceli nel nuovo anno, ed invece, eccoli li, nello stesso posto, immutati dove erano e, forse, qualcuno in più.

La politica riprende il suo ritmo, con le sue polemiche, i suoi dissapori, le inevitabili complicanze. Il Segretario-Premier vorrebbe apparire ritemprato dopo i rotolamenti sciistici di alcuni giorni di, forse, spensieratezza ma, almeno da quanto trapela dagli osservatori politici, nulla è mutato,anzi sembrerebbe che la sua situazione si sia aggravata.

L’accerchiamento è sempre più evidente e più ampio e questo spiega il nervosismo del segretario-premier, la sua crescente preoccupazione che lo rende più arrogante sfidando tutti e tutto, da un lato, e più teso, più corrugato (sorride solo quand’è insieme a  Marchionne), dall’altro.

Il fatto è che Matteo Renzi si sta accorgendo d’essere sempre più solo, ha perso molti dei suoi sponsor, quelli d’Oltre Oceano, quelli veri. S’è inimicato la Merkel ed i vertici UE, i sondaggi per governo e PD sono negativi, in costante discesa e nemmeno lui, personalmente, riesce a risalire la china.

E’ vero che risulta essere il miglior politico del 2015, ma con appena il 19 %, mentre è risultato il peggiore con il 25 % in un panorama istituzionale che vede la fiducia dei  partiti  ridotta al lumicino, appena il 5 %, né gode di buona salute il Parlamento con il  10 %, un baratro  se paragonato all’85 %  di Papa Francesco in testa alla lista seguito  dal 68 % delle forze dell’Ordine, non certo trattate bene dal governo.

Aggiungete che intellettuali, sino ad ora silenziosi, iniziano a sparar duro sul segretario-premier e l’ultimo Premio Strega, Nicola Lagioia, addirittura ironizza, dicendo che Renzi non può dire che il +0,8% del PIL è la sconfitta dei gufi: “è come  battere la Pro Vercelli e dire d’aver battuto il Barcellona “. Siamo – sostiene lo scrittore – alla “bolla della mistificazione”.

E il costituzionalista  Massimo Villone, presidente del Comitato per il “no” al referendum sulla riforma costituzionale,  parla di “inquinamento della volontà popolare, ha zittito  il parlamento ora ci prova con i cittadini”, mentre per Gianfranco Pasquino, noto politico con un passato anche da senatore, l’Italicum “ è il contrario di quello che avviene in tutte le democrazie parlamentari” e “tocca al cuore la qualità fondamentale di questa democrazia”, quindi è “una legge da buttare, una truffa”.

Musica, questa, per Pier Luigi Bersani che, in una  intervista di fine d’anno al “Corsera“,  ha duramente attaccato Renzi proprio sulla riforma costituzionale e, in particolare, sull’Italicum, annunciando, di fatto, quell’”assalto della sinistra dem “ che, secondo alcuni quotidiani, “è già partito” anche sulla base di una serie di dichiarazioni di esponenti PD  sino al fatto che un big, come il presidente della Puglia Emiliano, ha rifiutato di partecipare all’incontro con il ministro dell’Ambiente per le polveri sottili  e se n’è uscito con una intervista fortemente critica nei confronti del Governo, dopo altre precedenti chiaramente anti-renziane. E’, inoltre, significativo che  i colleghi dem di Emiliano di importanti regioni siano sulla sua linea critica e, forti dei finanziamenti UE, si stia rafforzando sul loro territorio, ma in funzione anti-segretario-premier, in attesa di possiili sviluppi della vicenda  Banca Etruria, sulla quale  proprio Bersani, nella citata intervista, ha richiamato l’attenzione, dicendo “si leggono cose impressionanti e tocca alla magistratura andare fino in fondo”.

Né credo confortino Renzi  certi autorevoli editoriali come quello di Dario De Vico sul “Corriere”, secondo il quale “il funzionamento dell’economia italiana non ha conosciuto quell’accelerazione di cui avrebbe avuto bisogno” e questo nonostante congiurassero a favore il calo del prezzo del petrolio, tassi bassi e cambio dollaro euro favorevole.

Meno che mai sarà piaciuto quel che ha scritto il “Finalcial Tmes”, che lo aveva sempre elogiato e questo volta sostiene che “è in declino, perché l’economia cresce un po’, ma nessuno se ne accorge e, per questo, emerge Di Maio, 29 anni, leader  del Movimento 5 Stelle, “dalla retorica efficace look elegante, toni moderati, leader non più di protesta, ma di governo”.

Ieri ci si è messo anche l’Eurobarometro i cui dati, rielaborati da fonte non sospetta come il ministero dell’Economia, dimostrano che “l’Italia non riesce a recuperare le perdite della crisi” e “a mettersi alla pari” dei principali Paesi dell’UE in fatto di “industria e lavoro”.

Mi fermo qui perché sarebbe lungo l’elenco delle critiche che stanno piovendo su Matteo Renzi, ma credo che il suo principale disappunto sia venuto dal discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che – come hanno rilevato molti commentatori – ha descritto un Paese ben diverso da quello tratteggiato dal segretario-premier anche ieri accanto a Marchionne. A fronte del trionfalismo renziano il Capo dello Stato ha indicato le emergenze da affrontare, ossia i veri problemi che angosciano la vita degli italiani: lavoro, con la disoccupazione giovanile al top, diseguaglianze sociali, con un Mezzogiorno messo all’angolo, evasione fiscale “insostenibile” con 112 miliardi di euro sottratti allo Stato, corruzione, diritti delle donne spesso violati, immigrazione con l’accoglienza per chi rispetta le nostre leggi, ma  colpendo chi le viola, difesa dell’ambiente, terrorismo.

Poi il monito per  tutti coloro che stanno al potere: “la quasi totalità dei cittadini  crede nell’onestà, ma  pretende correttezza. La esige  da chi governa ad ogni livello”. Nessun accenno, poi, alle riforme istituzionali, ma, significativamente, una decisa e netta difesa della nostra Costituzione: ”rispettare le regola vuol dire attuare la Costituzione  che è realtà viva di principi e di valori”.

Ho l’impressione che Sergio Mattarella sia distante anni-luce dal segretario-premier che anche ieri ha ripetuto il mantra della ripresa come se la Ferrari fosse l’Italia e ben tre stabilimenti della Fiat non avessero la Cassa integrazione. La realtà, in sostanza, è ben diversa da come la descrive Renzi e, a mio avviso, lo sa bene e, per questo, ha scelto il rischio del referendum-plebiscito: con me o contro di me.

Ma ci arriverà ad ottobre? Il “cammino – come ha scritto De Vico – è carico di insidie “ ed il 26 gennaio ecco il primo scoglio al Senato con la serie di votazioni segrete sulla legge  Cirinnà per le Unioni Civili, con ancora in ballo lo stepchild adotion, ossia l’adozione del figlio del partner, duramente contestato dai cattolici dem e dai centristi di Alfano-Casini.

Renzi è convinto di portare a  casa il provvedimento  perché lo voteranno anche i 5 Stelle, ma in questo caso rischierebbe la rottura con NCD e UDC come hanno fatto intendere i capigruppo Schifani e Lupi.

Sì, ha premesso che è un fatto parlamentare, non c’entra il governo, lui sulle adozioni ha lasciato ai dem libertà di coscienza. Comunque sia nel voto segreto tutto può accadere e potrebbero sommarsi i molti anti-renziani per far cadere il governo.

Faccio il maligno: ma se questo fosse il vero obiettivo di Renzi che, sentendosi accerchiato, rispolvera la vecchia impostazione dell elezioni anticipate insieme alle amministrative di giugno?  Ecco il vero plebiscito, ma sul Partito della Nazione che fatalmente nascerebbe con il voto proporzionale che non vedrebbe vincitori al Senato (ovviamente rimarrebbe quello vecchio) e, quindi, ecco i berlusconiani in soccorso con il Cavaliere ancora in sella, quel Cavaliere che ora fa la voce grossa nei confronti del segretario-premier, ma che ha già inviato in avanscoperta la “missione Verdini”  e, annunciando la sua ridiscesa in campo, ha esplicitamente indicato un governo con dodici ministri scelti nella società civile. Il rischio che Berlusconi gli restituisca, poi, lo scherzo fattogli con la presidenza della Repubblica. E quel governo così vicino al sentire dei cittadini lo veda magari presieduto dal prefetto di Roma Gabrielli.

Fantapolitica. Chissà?

 

UN’ITALIA A DUE VELOCITA’

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Per chi lo aveva percepito, la conferenza stampa di fine anno del Presidente-segretario lo ha ben chiarito, fatto salvo, ovviamente per chi ha il prosciutto sugli occhi.

In questo fine d’anno emergono Due Italia da una politica sempre più distante dai cittadini e sempre più autoreferenziale.

C’è quella del segretario-premier ottimistica, quasi gioiosa, proiettata verso il futuro, quindi in netta ripresa, capace di divenire la locomotiva dell’Europa e tornata nei “tavoli che contano” a livello internazionale, tutto questo grazie alle riforme del governo e nonostante i tanti gufi.

In antitesi c’è l’Italia disegnata dalle opposizioni parlamentari ed anche da parte della sinistra dem ed è un’Italia che stenta a decollare, con le povertà che aumentano, la disoccupazione non diminuisce, con un Esecutivo che non ha saputo affrontare le numerose emergenze compresa quella delle “polveri sottili” e cogliere le clamorose opportunità di crescita offerte dai bassi prezzi del petrolio e degli interessi, oltre che dal cambio euro-dollaro estremamente favorevole.

Si può ben dire che si sta esagerando da una parte e dell’altra, perchè non siamo ancora all’anno zero come sostengono gli anti-renziani, ma nemmeno sulla strada dell’Eden, come ha indicato il premier nella sua lunga conferenza stampa di fine anno, tutta incentrata sulle slides con i gufetti utilizzate per smentire i pessimisti.

Un premier, per la verità, non baldanzoso come l’anno scorso, un po’ teso al punto da prendersela, all’inizio, con il presidente dell’Ordine dei giornalisti (“io l’abolirei l’Ordine!”) che, nel presentarlo, aveva criticato la lista di quelli “buoni e cattivi” stilata alla Leopolda renziana.

Non a caso due commentatori non schierati come Folli e Battista hanno notato, sui due più importanti quotidiani italiani, che Renzi è apparso “stanco e preoccupato, privo del consueto slancio ed anche la storia dei gufetti non è stata felice così come quel puntare tutto sul referendum di ottobre relativo alla riforma costituzionale, ossia l’abolizione dell’attuale Senato e la creazione di quello delle regioni.

Dunque, una specie di plebiscito nei confronti del segretario-premier ( “se perdo, avrò fallito ed andrò via”) per andare al di là del “partito della nazione” e giungere a quello personale.

Ovviamente lui, Renzi, è convinto di ottenere la consacrazione con quel plebiscito visto che s’è detto sicuro di vincere al primo turno le elezioni politiche del 2018. Siamo, in sostanza, a quello che è stato felicemente definito “populismo democratico che si nutre anche di anti-europeismo”. Ma il segretario-premier arriverà al 2018? Sono in molti ormai a sperare che si voti quanto prima.

E’ vero, la strada è ancora lunga e le insidie sono e saranno sempre molte ed il commento alla conferenza stampa renziana del senatore Gotor, bersanian-lettiano come si autodefinisce, non promettono acque tranquille nel PD ed al Senato. Né sarà pacifica l’approvazione della legge sulle unioni civili, mantenendo anche l’adozione di un figlio di uno dei due partner come ha detto ieri Renzi, nonostante il no deciso degli alfaniani e le perplessità anche di qualche renziano che si ricorda ancora d’essere cattolico.

Gli alleati centristi, pur di conservare ministri, vice-ministri, sottosegretari e presidenti di commissione, si prenderanno anche questo schiaffone su un tema, oltretutto, così eticamente delicato, continuando a perdere consensi, o reagiranno anche per evitare ulteriori scissioni al loro interno?

Ho l’impressione che il segretario-premier farebbe bene a fare una riflessione proprio sui gufi, ricordando che nell’antica Grecia erano simboli di saggezza, portavano bene come lo portano per molti anche oggi in Italia.

Il toscanaccio sottosegretario Lotti potrebbe agevolmente accertarlo e informarne il Capo, facendo un giro nei negozi di articoli da regalo. Troverà graziosi gufetti di tutte le fogge e di tutti i colori, perfino calamitati,messi in mostra proprio come porta-fortuna.

A tutti i migliori auguri.

UN CARO RICORDO DELL’ON. FLAMINIO PICCOLI NEL CENTENARIO DELLA SUA NASCITA

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In questo stesso giorno di cento anni fa nel Tirolo austriaco, nasceva un personaggio della vita politica italiana, Flaminio Piccoli. Un uomo che mai ha cercato di apparire per quanto era il suo valore, un uomo che per tanti anni, quando la politica era una cosa seria, ha dedicato una buona parte della sua vita non alla ricerca del bene comune e lo ha fatto con quello spirito che solo chi ha una fede ferrea e ferma può dare.

Flaminio Piccoli è stato un fervente cattolico di animo francescano, lo è stato quando era un sostenitore dell’Azione Cattolica. Era quello che lascia l’aver vissuto una infanzia segnata dal dolore e dalla miseria, vissuta sempre nella dignità di una famiglia di sani principi e di solida fede.

Scriveva di lui tanti anni fa un biografo trentino, Manlio Goio: “La storia di un uomo vivo coincide con la storia del popolo da cui esce; se poi la storia di quest’uomo è la storia di un politico vivo, esso finisce con l’essere la più chiara interpretazione di tutto un sostrato familiare, sociale, culturale, umano e religioso dal quale non si può prescindere se si vuole fare storia che non sia trionfalismo o demagogia, non sia in sostanza tradimento della storia quale dovrebbe essere. Chi affronti la vita di Flaminio Piccoli si trova nella felice condizione di verificare questo elementare principio”.

E’ proprio il profilo umanistico di Flaminio Piccoli che voglio ricordare, quello che ho conosciuto, che ho ammirato e che ho amato come si ama un padre.

Da mio padre naturale io ho ricevuto una educazione e quei sani principi rappresentati dal rispetto, la serietà, l’onestà in tutte le sue forme. Poi, casualmente, è entrato nella sfera del mio essere, L’On. Flaminio Piccoli. Lui ha completato l’opera di mio padre ed in Lui ho da subito capito che, non me ne vogliano i figli, un secondo genitore. Da lui ho potuto acquisire quella formazione che solo pochi uomini e, comunque, solo chi vuole il tuo bene può trasmetterti. Lui, ha fatto questo con me ed io ho cervato di assorbire tutto quanto potevo.

Era 1966 quando fui accolto nella Segreteria dell’allora Vice Segretario della Democrazia Cristiana. Ci arrivai casualmente e fui accolto subito come un membro della famiglia. Fui subito messo a mio agio, per me era tutto nuovo, la provenienza da un ufficio amministrativo, mi apriva la porta ad un mondo completamente diverso. I primi giorni mi sentii completamente spaesato, poi, l’affettuosità, la semplicità nell’accoglienza mi consentirono di superare l’imbarazzo dei primi giorni. D’altra parte, non poteva essere diversamente, io ora facevo parte della segreteria dell’On. Piccoli, un mito.

Chi era Flaminio Piccoli? Era colui che era stato protagonista nel cambiamento della Democrazia Cristiana, era colui che assieme ai Rumor, Colombo, Moro e tanto altri, al seguito di Antonio Segni, avevano dato una svolta a quel partito che doveva attraversare il guado del rinnovamento passando da partito confessionale e partito laico, senza abiure alla fede cattolica: un partito cattolico ed allo stesso tempo laico, un partito rivolto al sociale senza perdere di vista il mondo della produzione, un partito interclassista, così come lo aveva pensato Sturzo e DeGasperi. Quella svolta,  che vide Piccoli fra i protagonisti, fu consumata in una riunione formativa presso l’Istituto della Monache di Santa Dorotea in Roma e proprio per il posto dove nacque, i partecipanti che diedero vita a quella svolta politica furono chiamati “dorotei”.

Solo come promemoria ricordo cronologicamente, le varie tappe che Piccoli ha percorso nella vita politica romana: eletto Parlamentare nel 1958 espresse subito la sua propensione verso il Partito pensando solo alla sua crescita e mai “al potere”. Dopo la svolta data dal doroteismo, con la conquista della Segreteria del Partito di Mariano Rumor, Piccoli assunse l’incarico della SPES (Ufficio di indirizzo per la propaganda e la promozione) dove diede una svolta, rimodernando il sistema; dopo poco tempo, L’On. Rumor lo volle suo vice segretario vicario, dove rimase finché Rumor non venne chiamato a presiedere il Governo. Piccoli allora, da vicario convocò il Consiglio Nazionale del Partito che, dopo un lungo e difficile dibattito, lo elesse Segretario, incarico che mantenne per circa un anno, passando poi la segreteria all’On. Arnaldo Forlani.

Nominato Ministro delle Partecipazioni Statali, negli anni del suo dicastero, diede una svolta innovativa al sistema, costituendo una nuova organizzazione del sistema termale  e di quello minero-metallurgico nazionale, nonché, la riorganizzazione dello stesso ministero.

Eletto Presidente del Gruppo Parlamentare della Camera dei Deputati dove rimase per oltre una legislatura, fu promotore di diverse leggi di riforma tra le quali quella agraria sui fondi rustici.

Raccogliendo un invito-provocazione di Marco Pannella, ma, ancor più per sentimento personale, fu promotore della legge chiamata “per la lotta alla fame del mondo” che ne prese la paternità come “legge Piccoli”. Tale legge prevedeva la costituzione di un fondo per la realizzazione  di programmi di aiuti in aree sottosviluppate caratterizzate da emergenza endemica e da tassi di alta mortalità.

Con L’On. Moro fu un sostenitore del “compromesso storico” resosi necessario per lo sviluppo di una politica sociale. Sempre da Presidente del Gruppo Parlamentare fu grande sostenitore dell’ordine e della lotta contro il terrorismo. Con grande dolore seguì tutte le varie fasi successive al rapimento Moro ed alla sua fine.

In seguito al congresso del Partito fu eletto Presidente del Consiglio Nazionale, incarico resosi vacante per la morte tragica dell’On. Moro.

Nel 1980 fu rieletto Segretario della Democrazia Cristiana e volle dare una svolta innovativa al Partito. Diede vita ad un processo di apertura del Partito verso il mondo cattolico, convocando una “Assemblea nazionale degli esterni” alla quale parteciparono gli intellettuali cattolici che diedero vita ad un loro inserimento ella vita politica.

Fu eletto per un triennio Presidente dell’Iternazionale democratico cristiana così lo fu anche alla presidenza della Commissione Esteri della Camera dei Deputati.

Ma, a distinguere la personalità dell’On. Flaminio Piccoli e sempre stato il lato umano, quello di assistere chi aveva necessità. Non ricordo, nei venticinque  anni di presenza nella segreteria, di aver visto qualcuno che dopo aver chiesto un aiuto sia stato lasciato solo nella sua disperazione.

Questo era Flaminio Piccoli, questo è ciò che è stato, questo è quello voglio ricordare e che mai dimenticherò, orgoglioso di essere stato un suo umile collaboratore.

Riposa in pace Onorevole, la storia ti renderà giustizia molto più di quanto non abbiano fatto i tuoi contemporanei.

QUELLA RIPRESA CHE SI CHIAMA “ARABA FENICE”

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Pare l’araba fenice che si  sa che c’e’, ma non si vede, parlo della ripresa economica, della crisi ormai dietro alle spalle.

E non aiuta certo a tranquillizzare gli animi la situazione creata dal decreto salva banche che ha messo in ginocchio la parte debole ma, la più solida del risparmio, privandola, letteralmente, dalla sera alla mattina, di quei risparmi che, per tanti anni e lo sarebbero ancora, una risorsa per il Paese, il nostro che si è sempre fatto vanto e deve le sue passate fortune, proprio a quelle formichine che ora si trovano gabbate ed in seria difficoltà. Diciamolo pure: gli è stato rubato il loro breve futuro.

Ma torniamo a quella “araba fenice”. Saranno anche gufi –come dice Matteo Renzi-, coloro che negano questa ripresa e criticano il governo, ma l’altalena di dati ufficiali o ufficiosi e, soprattutto, la realtà quotidiana che viviamo qualche dubbio lo fanno venire. E se organismi  lontani  da influenze politiche, come  il rapporto Nilsen o il Censis, sostengono che la”fiducia degli italiani  non vola ed i consumi rischiano una ricaduta “e descrivono un’”Italia  in  letargo”, un “paese dello zero virgola che ha perso il gusto del rischio”, beh!, non mi pare ci sia da stare allegri.

Si può pur comprendere che  il segretario-premier e il ministro dell’economia Padoan  vogliano indurre, seppur maldestramente, all’ottimismo anche per stimolare  a consumi e investimenti  coloro che, invece, alimentano  la bolla del risparmio “cautelativo”, ma  molto  congiura a diffidare  delle parole,  delle promesse e  dell’eccessiva  enfasi   ciò  che è stato realizzato. Gli stessi  dati  ritenuti positivi mostrano un paese spaccato, diviso, con i ricchi più ricchi ed i poveri più poveri e con un  sud sempre più  lontano  economicamente dal  nord.

Ora l’Italia non sarà in letargo come sostiene Renzi  ed ha “tutto   per tornare ad essere una locomotiva. Dopo tre anni  di  recessione  siamo  ripartiti”  nel contempo, però, ha dovuto ammettere  che “alcune previsioni   segnalano  un potenziale  rallentamento  della ripresa. gli  eventi  di Parigi  e  la crisi  dei  paesi  emergenti  non sono buone notizie.” Per  questo “la velocità della crescita dipenderà  adesso  dai  consumi  interni e dagli  investimenti.” Purtroppo gli  investimenti  sono  diminuiti  ed  i consumi  rischiano   un stasi  passate  le  feste di Natale.  Ciò’ che e’ accaduto a Milano e Lombardia è, in proposito,  significativo: con l’expo i consumi  erano aumentati del 4%, ora sono tornati ai  livelli  pre-evento.

Egualmente significativo  e’ il dato della “spesa  grocery”:

Quella  della famiglie più giovani ( 10.5 miliardi di euro) e’ scesa di ben  il 4%; quella  delle famiglie mature (36 miliardi) e’ calata dello 0,4%, mentre e’ aumentata  dell’1.5%  quella ( 37 miliardi ) dei senjor .

Non   mi  pare siano questi  dati  incoraggianti , certo, dobbiamo augurarci che,alla fine, Renzi  e  Padoan abbiano ragione , ma  avere,oggi, qualche dubbio   non  è  essere gufi, significa, semplicemente, essere  realisti. Piaccia o no al segretario-premier, ed ai suoi adepti,  reduci  dalle  celebrazioni della Leopolda.