Se pure ve ne fosse stato bisogno, dalla Direzione PD sono emerse le varie anime che in quel Partito hanno difficile convivenza, anzi possiamo dire che nel Pd esistono, ormai, due partiti contrapposti: da una parte la sinistra dem con dalemiani (Cuperlo) e bersaniani (Speranza )in minoranza; dall’altra renziani e alleati orfiniani in netta maggioranza. Sembrano sempre più inconciliabili con i primi ormai all’offensiva, chiedendo sia prima sia durante la Direzione di ieri un cambio totale nella politica economica del governo, dell’Italicum e lo sdoppiamento delle cariche segretario del partito e premier.
Renzi, nella sua relazione, ha risposto picche su tutta la linea,quasi irridendo la minoranza che vorrebbe tornare ad un passato perdente e, poi, paragonata al Conte Ugolino di tragica memoria pisana perché abituata a far fuori i segretari del partito,”ma con me – ha precisato – non ci riuscirete. Se volete che io lasci, chiedete il Congresso e possibilmente vincerlo.” Ne ha avute, quindi, anche sia per i “renziani last minute” che, secondo le voci di Montecitorio starebbero per lasciarlo (”se vanno via e,poi, volessero rientrare troverebbero i posti occupati”), sia per i “renziani della prima ora” ed i “last” che rimangono che non possono, non devono fare una corrente(“con me le correnti non governano il partito).
Quindi, niente modifiche nemmeno per l’Italicum , anche se appare accenno per il prossimo futuro la richiesta di sostituire il ballottaggio tra partito con quello tra coalizioni,avanzata da un Dario Franceschini che, quasi a sorpresa visto che era considerato un possibile rivale del segretario, ha difeso a spada tratta Renzi. Il quale sostiene che oggi non c’è in Parlamento una maggioranza per operare solo questo cambiamento, ma in realtà attende un segnale da Forza Italia dopo quello lanciato da Fedele Confalonieri con l’intervista a ”La Stampa” per un ritorno al Patto del Nazareno. Le reazioni tra i berlusconiani sono state in gran parte negative anche per non rompere definitivamente con Lega e Meloni senza avere precise contropartite dal premier ad iniziare dalla modifica alla legge elettorale. Ufficialmente, dunque, rimane il “no” dei forzisti al referendum costituzionale , la cui data è ancora da determinare perché prima si deve attendere la decisione della Suprema Corte sulla costituzionalità o meno della riforma e solo dopo il governo potrà stabilire quando si farà il ricorso ai cittadini.
Non v’ha dubbio che sino ad allora i contatti esistenti tra Renzi ed i più stretti collaboratori del Cavaliere proseguiranno, mentre Forza Italia accentuerà la sua caratteristica di partito di centro con l’obiettivo di recuperare i molti assenteisti che disertano le urne. E, probabilmente, di ristabilire , per ora, uno stretto collegamento con gli alfaniani, a partire dalla Sicilia, e con i verdiniani, alcuni dei quali , ad iniziare dai siciliani, non attendono altro che tornare con Berlusconi che pare intenzionato a riprendere le redini dei forzisti. Assistito e consigliato, innanzitutto, da un quartetto di suoi storici amici: Confalonieri, Doris, Ghedini e un Gianni Letta tornato in primo piano. Potrebbe, così, riprendere corpo quel Partito della Nazione a vocazione maggioritaria, per il quale Matteo Renzi ha varato l’attuale Italicum e rottamato la sinistra dem.
Ad ogni modo, seppur sotto traccia, senza eccessivi clamori, ma già con i primi risultati è iniziato il processo di riunificazione dei moderati italiani. E’ frutto della svolta compiuta da Silvio Berlusconi nelle elezioni per il Comune di Roma , rompendo con l’asse Meloni-Salvini. I risultati di un mega-turno parziale amministrativo hanno confermato la bontà della scelta operata, nonostante i mugugni dei forzisti del Nord , ed ha determinato, dopo il delicato e riuscito intervento al cuore del Cavaliere, il ritorno in prima linea della vecchia guardia berlusconiana, con in testa Gianni Letta che non ha mai condiviso la linea dell’ex-consigliere politico di Berlusconi ed ora presidente della Liguria Toti di uno stretto collegamento con Salvini.
Il rilancio di Forza Italia e le dichiarazioni europeiste del leader forzista all’uscita dall’ospedale confermano che la distanza con il segretario leghista, schierato con la populista francese Marine Le Pen e favorevole ad uscire dall’UE. E’ da prevedere,quindi, che durante l’estate si accentuerà il processo di riunificazione dei moderati anche considerando che nell’ultimo sondaggio , quello di Ballarò, Forza Italia ha superato la Lega e la fiducia nei leader vede addirittura la risalita di Berlusconi che, con il suo 25,1% insidia il quarto posto di Salvini (25,4%) e supera abbondantemente la Meloni (17,6%), mentre Renzi è sceso al secondo posto con il 27,2% (il suo governo è al 24%) e in testa c’è il 5Stelle Di Maio con il 30,6%.
Aggiungete le fibrillazioni nella maggioranza parlamentare non tanto quelle della sinistra den , maltrattata e irrisa dal segretario-premier, ma soprattutto per l’iniziativa di un gruppo di senatori del Nuovo Centro Destra che chiedono l’uscita dal governo per tornare alla casa madre perché “quello che dovevamo fare,l’abbiamo già fatto , ora dobbiamo ricostruire l’area moderata.” Il virgolettato è del senatore Giuseppe Esposito , molto vicino al suo capogruppo Schifani che, da tempo, ha ripreso i contatti con il Cavaliere e sta lavorando , d’intesa con il leader forzista in Sicilia Miccichè , per una lista nelle elezioni regionali che riunisca tutti i berlusconiani, attuali ed ex. Pare, addirittura, sia stata ipotizzata, in un pranzo romano, la candidatura di Alfano a presidente dell’Isola con il ministro dell’Interno che non avrebbe risposto di no, ma rinviando a tempi più opportuni una decisione.
Esposito ed altri sette senatori alfaniani insistono, comunque, per uscire dalla maggioranza.”Quando ? – si chiede retoricamente l’esponente ncd -Già domani” si risponde, aggiungendo : “Renzi non reggerebbe ? Non è un mio problema.Adesso è finita la fase dell’emergenza: Dobbiamo uscire dal governo , non dobbiamo aspettare il referendum costituzionale.” Un referendum che sembra mettersi male per Renzi perché sempre ieri sera a Ballarò i dati emersi dal sondaggio della Ghisleri danno il “No” in crescita con il 34% contro il 28,6 % dei “Sì”, ma anche con un 37,4% di chi risponde “non so”. Né appaiono tranquillizzanti per il governo le rivelazioni dell’Istat di giugno, addirittura prima delle amministrative e della Brexit, ossia in tempi anche politicamente più tranquilli, visto che sono calati gli indici di fiducia delle famiglie e delle imprese , particolarmente in quelle della vendita al dettaglio , segno che i consumi vanno male.
Logici, quindi, i movimenti tellurici che si verificano nella politica italiana e il ricostituirsi, sotto l’egida forzista, di una forte centro che attragga i moderati ed offra rappresentanza ai cattolici.. Questa circostanza e la parallela rottamazione della sinistra dem da parte di Renzi fa prevedere che un possibile sbocco finale sia il famoso partito della Nazione capace di vincere , probabilmente, senza andare al ballottaggio, rendendo inutile l’attuale dibattito sul cambiamento dell’Italicun,un dibattito che non sembra interessare Berlusconi che per un paio di mesi farà riabilitazione, ma che potrà dedicare più tempo a riflettere sulla situazione politica e sulle iniziative da adottare. Lo tenta molto la vittoria del “no” al referendum perché rimarrebbe il consultellum, ossia quello salvato della vecchia legge elettorale dalla Corte Suprema dopo la dichiarazione di incostituzionalità di certe parti. Si voterebbe di fatto con la proporzionale pura e lo sbarramento al 3% , mentre rimarrebbe il Senato, dunque i giochi si farebbero dopo , lasciando la porta aperta la varie soluzioni.
Berlusconi, infatti, non esclude un exit-b che potrebbe comportare anche un ritorno al centrodestra purchè senza Salvini ,ma con una Lega che abbandona posizioni estremiste e valorizza quelle moderate del governatore veneto Zaia . Va considerato che già oggi, nei sondaggi il centrodestra è in testa con il 31,7%,senza gli alfaniani, contro il 29,5% dei 5Stelle, primo partito, e il 29 del Pd che in un eventuale ballottaggio con i grillini perderebbe alla grande.
In tutti i casi condizione fondamentale è che il processo di riunificazione dei moderati vada avanti sulla base della difesa del vero europeismo , della ricostruzione del ceto medio e del senso di responsabilità sulla base di quei valori che consentano di recuperare la maggioranza che diserta le urne o vota scheda bianca e ,peggio, scheda nulla.Su queste impostazioni sarebbe ,certamente ,agevole esprimere anche una leadership capace di suscitare i consensi degli italiani e dare al Paese un governo autorevole,sostenuto, finalmente, dal voto maggioritario dei cittadini e non da un Parlamento eletto da una legge elettorale incostituzionale.