La doppia sfida di Renzi

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Matteo Renzi ha trasformato l’Italicum in una prova di forza. Se vince ritiene di avviarsi verso il Partito della Nazione e una repubblica presidenziale di fatto , sbaragliando le opposizioni e i dissidenti del Pd, quindi spaccando il partito ed epurandolo di qualche ex-comunista.Se perde (ma è convinto di no) è certo di andare alle elezioni anticipate, presentandosi come una vittima della pessima politica, di chi non vuol cambiare il Paese e intende bloccare le riforme che già stanno dando i primi risultati.

E’, in sostanza, una doppia sfida quella di Renzi: nei confronti dell’opposizione interna, per la verità divisa e incerta, salvo una piccola pattuglia di irriducibili, e di un’opposizione parlamentare che ha disertato i lavori della Commissione Affari Costituzionali della Camera e fa la voce grossa, ma che al suo interno ha anche una ventina di deputati, se non di più, disposti ad aiutare i renziani nei voti segreti.

Il premier è, così, convinto di non correre rischi reali perché, perda o vinca sull’Italicum , rimarrà, comunque, in sella anche nel caso in cui, cambiata la legge elettorale, ad esempio diminuendo il numero dei capilista e portando il ballottaggio tra le coalizioni e non le liste, dovesse mantenere la parola e rassegnare le dimissioni. Sì, perché anche se Mattarella non gli concedesse le elezioni anticipate, come ritengo probabile, potrebbe rimandarlo alle Camere, anche perché con l’Expò appena inaugurata sarebbe la scelta più logica, e otterrebbe sicuramente la fiducia.

Si dirà: il premier potrebbe dare dimissioni irrevocabili per giungere al voto anticipato. E se il Capo dello Stato scegliesse la strada “storica” del governo d’emergenza affidando l’incarico al presidente del Senato o al giudice costituzionale Giuliano Amato, il quale , uscendo da un tradizionale riserbo dei componenti la suprema Corte, ha rilasciato una dichiarazione critica nei confronti di Renzi, che addirittura vuol mettere la fiducia sull’Italicum, e assai vicina alle considerazioni di Pier Luigi Bersani. Eccola nel testo integrale: “ Per molto tempo si è detto che i governi erano troppo deboli rispetto al Parlamento. Ma con il frequente ricorso a maxi-emendamenti e questioni di fiducia i governi hanno preso forza: E, ora, in realtà, il Parlamento italiano è in condizioni di debolezza rispetto all’Esecutivo: Speriamo che la riforma costituzionale avvii un corretto rapporto tra governo e Parlamento.”

Mi pare, questo di Amato, un chiaro invito al premier a non operare strappi, a tener presente le preoccupazioni di Bersani e dell’ex-presidente dei deputati Speranza, dimessosi proprio per protesta. Il primo s’è detto preoccupato dell’”idea di democrazia del presidente del Consiglio, aggiungendo: “con l’Italicum approvato con la fiducia vi è un profondo deficit di legittimità politica delle regole del gioco ancor più grave rispetto al Parlamento”. Per il secondo “la scelta della fiducia sull’Italicum è irricevibile, sarebbe un errore politico madornale, una vera e propria violenza nei confronti del Parlamento, Renzi ci ripensi.”

Vi risparmio le dichiarazioni di altri esponenti della sinistra dem, tutte sulla falsariga di quelle riportate, anche se, poi al dunque, secondo i renziani sui 120 deputati, usciti al momento dell’approvazione della legge elettorale nell’ultima assemblea del gruppo dem della Camera , alla fine solo una ventina voterebbero contro o si assenterebbero sulla fiducia. Come dire :tanto rumor per nulla.

Può anche essere, ma l’uscita di Amato ha anche il sapore di un avvertimento, un “stia attento” rivolto a Renzi che deve fare i conti su un’altra incognita: i suoi sponsor d’Oltreoceano, comprese lobby potenti, hanno ancora fiducia in lui? E l’ha ancora quel componente della Corte Suprema Usa , ossia Scalia, che agli inizi appoggiava Renzi, poi non aveva approvato la sua conversione socialista e sembrava, poi, riconciliatosi con il nostro premier grazie alla scelta di Mattarella per il Quirinale ( dichiarazione di Scalia : siamo lieti di aver contribuito all’elezione di un siciliano a Presidente della Repubblica Italiana”) ?

Sono, questi, interrogativi di non poco conto e da domani vedremo quale peso hanno sul presente e il futuro prossimo della politica italiana .

LETTERA AL DIRETTORE di santateresagalluraonline.it

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Caro Direttore,

ho letto con attenzione il tuo articolo di oggi sulla lista della Signora Angela Antona. Questo è l’ennesimo articolo sul tema “presentazione lista” e, nulla si può dire finché non avremo il piacere di conoscere i nomi che la comporranno. Mi sembra però che sull’argomento si possa tranquillamente dire e, a buon ragione, che mai fu tanto appropriato citare “l’Araba fenice”, il mitico uccello che risorge dalle ceneri. Si, questa lista che non si decide ad ufficializzare, almeno da evidenti indiscrezioni, nasce proprio dalle ceneri di una amministrazione che si è consunta nel nulla, lasciando un nulla prodotto dal niente.

Credo mi si debba dare atto che sono stato fra gli estimatori della Capolista in oggetto, non solo, se mal non ricordo, preconizzando orizzonti diversi e, sicuramente, più appaganti. Ritenevo e lo credo ancora  che la Signora Antona sia una vera risorsa per la politica, ed ora, come allora, ne sono più che mai convinto. La mia perplessità era e rimane il contorno, anzi, devo dire, la colonna portante che, come sappiamo, senza nulla togliere ai nuovi che saranno chiamati a comporre squadra, hanno esperienze precedenti, nelle quali nessuna traccia hanno lasciato. Da costoro cosa si può sperare che già non si conosca?

Con fini diversi, direi, opposti, userò le tue stesse parole caro Direttore, alla Signora Antona, unico caposaldo sinora conosciuto ed alla quale sottolineo tutta la mia stima, riconosco” non solo tanto coraggio, ma soprattutto, che, pur essendo una neofita della politica è una donna dalle idee ben chiare e, conseguentemente” saprà portare tutta la sua conoscenza, la sua maturità, la sua saggezza, nel compito che l’elettore sovrano vorrà assegnargli. Quale che sia il risultato finale, anche nella fondata ipotesi non fosse positivo, il suo apporto personale, benchè non possa contare sul mio piccolo e modesto sostegno, sarà certamente di alto profilo e utile all’interesse della comunità teresina.

Ti ringrazio per l’ospitalità. Con un saluto cordiale. giustus

 

L’aut -aut di Renzi Italicum o Elezioni

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 Mattarella sarà d’accordo?

Il sospetto, tra i leaders della sinistra dem, sta sempre più prendendo corpo , ossia il sospetto che Matteo Renzi voglia liberarsi di loro, via dal Pd, una bella scissione degli ex-comunisti e via con il Partito della Nazione. Che nella sigla ricorda, stranamente, il Patto del Nazareno e, forse, non è un caso. Sì, perché il premier, per attuare la sua strategia, ha bisogno di Silvio Berlusconi .

L’obiettivo pare chiaro: costringere i Bersani, i D’Alema, i Cuperlo e compagnia ad andarsene, dopo aver modificato l’Italicum a Montecitorio, consentendo a Renzi di dare le dimissioni da Palazzo Chigi, quindi andare al voto anticipato con il Consultellum, leggere proporzionale con preferenze e sbarramento, ma senza premio di maggioranza alla Camera, mentre rimarrebbe al Senato rimasto elettivo: Nessuno vincerebbe e si dovrebbe, quindi, fare un governo con un Pd, epurato da molta sinistra, quindi spostato verso il centro e facilmente alleato con Forza Italia, offrendo a Berlusconi il ministero degli Esteri. Dalla maggioranza parlamentare-governativa al Partito della Nazione il passo sarebbe, poi, breve. Saremmo, quasi, ad una nuova Dc, non è un caso che l’ex-sindaco di Firenze venga dalle file democristiane come altri big dem, ad iniziare dal vice-segretario Guerini e dal ministro Del Rio.

Tutto programmato, allora? Per il segretario-premier forse sì, ma esistono due grosse incognite. La prima, e forse la più pesante, è quella del Capo dello Stato. Mattarella,infatti, darà il via a cuor leggero alle elezioni anticipate, in una fase così critica, senza tentare un passaggio, mettiamo un tradizionale governo balneare presieduto dal suo ex-collega nella Suprema Corte , Giuliano Amato, o dal Presidente del Senato? Un tale esecutivo otterrebbe sicuramente la maggioranza in Parlamento sia per l’emergenza nella quale ancora viviamo, sia perchè molti deputati e senatori sanno benissimo che non saranno ricandidati.

La seconda incognita è data da Silvio Berlusconi che potrebbe preferire lanciare un possibile candidato-premier come l’ex-ministro degli Esteri Frattini, capace di ricompattare un centrodestra che, stando agli attuali sondaggi , sarebbe a soli 2,3 punti dall’attuale Pd ed aprirebbe scenari ora imprevedibili .

Valutando la situazione e prendendo sempre più corpo nella sinistra dem che Renzi intende, comunque, andare alle elezioni anticipate, anche se venisse approvato l’Italicum, non credo che l’aut-aut renziano faccia, poi, tanta presa, anzi rischia di sortire l’effetto opposto. E la prossima settimana, quando in aula, a Montecitorio, si affronteranno la riforma elettorale e gli emendamenti, a scrutinio segreto con buona pace della ministra Boschi che vorrebbe il voto “aperto”, tutto può accadere.

La maggioranza può contare, sulla carta, su 393 voti (310 del Pd), le opposizioni su 237. I dissidenti, tra i dem, sono stati nell’assemblea dei deputati 120 che non hanno partecipato al voto. Se anche solo 90 votassero a favore di un emendamento e contro una decina di deputati amici di Verdini l’Italicum verrebbe modificato.

Cosa farà Matteo Renzi se riterrà di non aver recuperato un numero sufficiente di dissenzienti? Potrebbe mettere la fiducia sulla legge, oltretutto duramente contestata dalle opposizioni ed anche da vari esponenti del Pd, ma non sarebbe, comunque, al sicuro perché gran parte della sinistra dem la voterebbe, ma il voto finale sull’Italicum sarebbe a scrutinio segreto.

Il premier è sicuro di avere la maggioranza e continua a dare sberle ai suoi oppositori interni, al punto che, dopo aver sostituito in Commissione Affari Costituzionali a Montecitorio, i dieci componenti dem dissidenti con deputati di sua fiducia,ha fatto in modo che Bersani, Cuperlo, la Bindi non venissero addirittura invitati alla Festa dell’Unità di Bologna, proprio nella Regione dell’ex-segretario. Secondo voi l’interessato , già fortemente negativo su legge elettorale e riforma costituzionale, come l’avrà presa presa? E non avrà, forse, qualcosa più d’un dubbio sul fatto che la sua “Ditta” , come definisce il partito, stia, ormai andando da un’altra parte?

RENZI: UN VIAGGIO AMERICANO PIENO DI ERRORI

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By giustus

Matteo Renzi, era andato alla Casa Bianca, per avere sostegno sino al punto da voler lanciare il “modello Usa” anche per l’Italia e l’Europa. Se n’è tornato a Roma con quelle che Eugenio Scalfari ha efficacemente definito “due corone di cartone“, facendo “ credere che sono d’oro massiccio e ingioiellato.” Sì, perché Barak Obama, dopo aver genericamente elogiato le riforme renziane e dettosi ammirato per l’energia del “leale alleato”, non ha concesso alcunché al nostro premier. Sulla Libia, infatti, ha detto: pensateci voi, ”noi non possiamo fare di più”; idem sui problemi del Mediterraneo e le tragedie in mare di tanti profughi; quindi, un avviso: “io non critico la Merkel, una grande alleata”, ”l’Italia è sulla strada giusta avendo avviato le riforme che vi chiedeva la Merkel”. Infine un richiamo: le sanzioni contro la Russia vanno rafforzate, altro che toglierle.

In sostanza: un prendi, incassa e porta a casa.Come se non bastasse ecco un’altra stoccata rivolta anche a Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea che con le sue manovre ha quasi riportato a parità euro-dollaro :no, così non va, secondo il presidente Usa, troppo debole l’euro e voi italiani – ha chiosato – “non crediate di poter uscire dalla crisi solo vendendo più da noi con le esportazioni. Non possiamo fare da locomotiva per tutti.” Infine, l’ultimo affondo: “le vostre riforme strutturali sono sostenibili solo se i cittadini intravedono una speranza”. Una speranza che secondo tutti i sondaggi ancora non c’è. Dunque, bastone e carota da parte di Obama nei confronti di Renzi, anzi soprattutto bastone se si guarda alle cose concrete.

Eppure il segretario- premier aveva usato nei confronti di Obama – come ha scritto Federico Rampini –“toni così elogiativi che raramente capita di ascoltare nell’East Room dove si tengono le conferenze stampa della Casa Bianca. Ad esempio : “l’America è un modello di sviluppo, l’Europa della sola austerity non va da nessuna parte.” Ed ancora: “L’America di Barak Obama è un modello per uscire dalla crisi, l’eurozona deve seguirlo”.

Con questo atteggiamento Renzi ha commesso clamorosi errori . Il primo, quello fondamentale di voler compiacere a tutti i costi , per riceverne “corone d’oro”, un Obama ormai,con un piede fuori dalla Casa Bianca, fortemente indebolito dalla maggioranza repubblica al Congresso e al Senato. Ne ha ricevuto solo “corone di cartone” e tanti no su temi estremamente importanti per l’Italia ad iniziare dalla Libia, oltre a pensanti tirate d’orecchie per la promessa renziana fatta a Putin di proporre una eliminazione delle sanzioni e per la sintonia (almeno su questo) con Draghi nell’indebolire l’euro nei confronti del dollaro, favorendo le esprtaioni dell’eurozona verso gli Usa.

Ma, ancora: le sviolinature sul “modello Obama” hanno irritato i repubblicani e,quindi, anche due potenti sponsor di Renzi come Scalia e il suo collega della Corte Suprema Usa notoriamente vicini ai Bush . Il nostro premier ha, infatti, dimenticato che ormai negli States siamo nella campagna presidenziale e gli sperticati elogi renziani all’attuale inquilino della Casa Bianca vanno anche a vantaggio di Hilary Clinton, candidata democratica , pubblicamente supportata appunto da Obama. Secondo voi come l’hanno presa Scalia e i big repubblicani che puntano su Jeb Bush ?

Per molti in Italia e anche nel Pd quel “modello America”, così esaltato dall’ex-sindaco di Firenze, può evocare, certo, la crescita, ma anche il fatto che la grande crisi contro la quale stiamo ancora lottando è venuta proprio dagli States e non mi pare che Obama abbia fatto qualcosa per prevenirla. Ed è un modello che suscita reazioni negative a sinistra al punto che Pier Luigi Bersani ha chiesto che il premier vada in Parlamento a riferire sul viaggio americano ed a chiarire meglio il suo pensiero.

L’impressione che anche sul piano interno di partito Renzi abbia fatto un errore con le dichiarazioni americane, rendendo ancor più difficile la strada dell’Italicum -anche se ha liquidato la cosa sostituendo i commissari dem dissidenti- che ora dovrà superare l’ostacolo di insidiosi emendamenti che, in alcuni casi, vedono insieme esponenti della sinistra dem, 5Stelle, Forza Italia, Sel, Lega, Scelta Civica e Fratelli d’Italia. E gli emendamenti, in aula alla Camera, si votano a scrutinio segreto, dove a Renzi potrebbe venire il sostegno della piccola pattuglia degli amici di Verdini , ma anche il no di un parte consistente di Dem, costringendolo a mettere la fiducia. Cosa potrà accadere è difficile prevederlo, tutto porta a pensare  che si potrebbero verificare ben più ampie reazioni dall’esito incerto.

ELEZIONI SANTA TERESA: DEMAGOGIA O POPULISMO?

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A scanso di equivoci, premetto che, in linea di principio, sono contrario all’accumulo di cemento armato ed inoltre, mi sembra che il Comprensorio  di Santa Reparata ma, aggiungerei, Santa Teresa, non sente certo la mancanza di novemila metri cubi di appartamenti, fatto salvo non si debba farlo per causa di forza maggiore nel precipuo interesse della Comunità.

Chiarita la posizione personale del sottoscritto, mi sia consentito di analizzare, avvalendomi del diritto di cronaca, l’aspetto politico della vicenda.

Non conosco la procedura comunale in materia di edilizia, devo però ritenere che un progetto di cambio di destinazione d’uso riguardante una ex licenza per costruzione ricettiva, prima di arrivare in Consiglio comunale, sia passata per l’Ufficio tecnico e successivamente dalla Commissione edilizia, questo come fatto dovuto.

Poichè siamo tutti a conoscenza come funzionano le cose nel nostro Paese, di cui Santa Teresa fa parte, della “faccenda” si sarebbe dovuto sapere tutto almeno da qualche anno. Certo, l’organo deliberante è il Consiglio, ma, non v’è alcun dubbio che per arrivare alla discussione, qualcuno ha dovuto predisporre  le carte. Questo mi fa pensare che non c’era bisogno, anzi, direi che l’opposizione, quella che si accalora maggiormente, abbia taciuto, forse consapevolmente, per arrivare ad un mese dalle elezioni e, quindi, sollevare il polverone. Strategia? Sono maligno? Chissà. Solo qualche giorno fa, forse quando gli è arrivata la convocazione del Consiglio con l’Ordine del giorno, un membro di quella “minoranza silente”, ne aveva fatto cenno sulla stampa. Prima nulla. Come mai?

Polemiche sterili che non servono a nulla se non a pensare a quanto avrebbero potuto fare, se solo avessero avuto la capacità di farlo e non lo hanno fatto. Quando dico di minoranza silente so bene io di chi parlo ma credo che lo sappiano anche i diretti interessati: oggi si viene a raccontare di “cambi di destinazione d’uso”, come ieri mi si parlava di Silene. Bene ha fatto il sindaco a portare numeri e, visto che i signori della “minoranza silente” erano parte propositiva di una “maggioranza vuota”, tanto che il paese possa richiamare alla sua memoria, forse meglio avrebbero fatto a tacere, magari pensando a presentare un programma fattibile, che porti nuova linfa per la rinascita, che faccia sperare i giovani, che dia prospettive di lavoro, che ci metta a conoscenza non di quello che “gli altri” non hanno fatto, ma di quello che sono disposti ad impegnarsi sul fare. Nulla di tutto questo: solo un infortunio al travel lift, certamente grave, seppur fine a se stesso e senza danni alle persone, comunque nella speranza sia irripetibile.

A fronte di tutto questo viene da chiedersi se veramente la malasorte ci mandasse l’amministrazione “degli angeli”, non si può mai dire, qualora succedesse quali sarebbero le prospettive? Si fa presto ad immaginarle.

Detto questo non vorrei che mi si accusasse di essere talmente cieco da non vedere anche le magagne dall’altra parte. Al signor sindaco mi piacerebbe dire che un tratto di fogna non compensa certo un passaggio da attività ricettiva a  abitativa: non lo fa sul piano pratico immediato e tanto meno verso il futuro,  tanto più, questo sarebbe l’assurdo, che, se ho ben individuato la zona, quel tratto di fognatura, motivo del contendere, il maggior beneficiario dovrebbe essere proprio quel complesso per il quale è prevista la variante di gestione.

Dall’attuale amministrazione mi sarei aspettato piuttosto un intervento vero, serio, che ponesse fra i primi posti delle cose da fare un qualcosa che portasse alla diminuzione graduale della pressione fiscale che, ritengo sia stata portata al massimo delle aliquote, per ragioni di forza maggiore ma, con piani economici di calmierazione graduale, ben definiti per riportare i prelievi dalle tasche dei cittadini a livelli accettabili. Chissà, forse chiedo troppo ma, per interesse della Comunità io intendo quello. Il mio è un pensiero utopico?

 

RENZI: UN VIAGGIO NEGLI STATES INSUFFICIENTE NON COPRE LE BRUTTE NOTIZIE ITALIANE.

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Forse è arrivato il momento di aprire alla sinistra?

Il viaggio di Renzi negli States si è concluso, praticamente, con un “niente di fatto. Un Barach Obama sul viale del tramonto, gli ha espresso belle parole di circostanza ma nulla di quanto si aspettava, se poi andiamo a vedere le notizie iItaliane non sono certo tranquillizzanti per il segretario-premier. Che agli studenti della Georgetown University, fucina di “ teste d’uovo” dei repubblicani, si mostra ottimista: “sulle riforme non si torna indietro” e, per questo, “l’Italia ha un grande passato, ma il futuro sarà ancora migliore” Addirittura “se faremo le riforme diventeremo i leader dell’Europa per i prossimi 20 anni” e la “bella addormentata Italia” risorgerà.

Beh!, come entusiasmo politico giovanile nulla da dire, ma ho qualche dubbio che con l’Italicum. brutta copia persino del Porcellum, o con il Senato trasformato in residence romano per consiglieri regionali, molti dei quali magari inquisiti, si prepari un grande futuro per il nostro Paese. Non ci credono gli italiani per il 64% il governo ha fatto peggio del previsto, compreso il 52% degli elettori Pd . E solo il 36% ha, oggi, fiducia nel premier, tallonato da Salvini (20%), Grillo (17%) e Berlusconi (14%) che è sempre in campo col 12.9% di Forza Italia e la propensione di un 7% a votarlo tra l’oltre 50% di tendenziali astenuti o incerti. Tra i leader chi fa ancora la parte del leone è il presidente Mattarella con il 68% che di questi tempi magri per i politici è un ottimo risultato, mentre il 37% ha ancora fiducia nel governo. Nei sondaggi il Pd perde lo 0.7% rispetto a marzo, ottenendo il 36.9% che, con l’Italicum, costringerebbe al ballottaggio sulla carta, oggi con Grillo valutato oltre il 20%, ma tutti, anche i dem, dovranno fare i conti con almeno il 25% di incerti e il quasi 30% di coloro che non intendono recarsi alle urne, mettete anche in conto la proverbiale capacità berlusconiana di recuperare voti in campagna elettorale con un centro-destra oggi diviso, ma già sul 34%.

No, Matteo Renzi, nonostante tutto l’ottimismo americano, non se ne sta tranquillo, prenderà le pacche sulle spalle e gli elogi pubblici da Obama, in minoranza al Congresso e al Senato, ma deve fare i conti con l’attacco a 360 gradi di un Romano Prodi e la volontà della sinistra dem di non votare la legge elettorale. Non a caso proprio da Washington ha fatto un’apertura ai suoi oppositori interni: “possiamo tornare al Senato elettivo”. Un modo indiretto per dar ragione a Pier Luigi Bersani che chiedeva proprio questo bilanciamento per accettare, sia pure controvoglia, l’Italicum.

Vannino Chiti, il capo della “resistenza” al Senato ha accolto positivamente tale apertura, ma ha chiesto una proposta precisa, facendo seguire alle parole i fatti. Anche altri della minoranza dem chiedono impegni formali, non fidandosi del segretario-premier che, al ritorno in Italia, dovrà, innanzitutto chiarire cosa intende per Senato elettivo.

Non ci è dato sapere con certezza, credo, però, che molto dipenderà dai contatti americani di Renzi, compresi quelli non ufficiali, diciamo con i suoi sponsor ad iniziare da un paio di componenti la Corte Suprema Usa. Uno dei quali, l’oriundo siciliano Scalia, buon amico dei Bush, avrebbe  detto di aver contribuito a far eleggere un siciliano a Presidente della Repubblica, mentre i democratici americani avrebbero inviato a Roma due messaggeri per appoggiare la candidatura di Amato.

Appare evidente che il segretario-premier vorrebbe andare alle elezioni anticipate, se fosse in lui anche a giugno in una grande election day che comprenda le sette regionali e le parziali amministrative di fine maggio. Prima di accelerare deve, però, sapere se Mattarella lo permetterà o invece, nel caso di crisi, opterebbe per un governo balneare con a capo o Amato, suo collega di Corte Suprema, o il presidente del Senato. I contatti a Washington schiariranno, se già non l’hanno fatto, le idee a Renzi? Speriamo che tutti si ricordino che in ballo ci sono gli interessi di un Paese chiamato Italia, portaerei dell’Europa e dell’Occidente in un Mediterraneo sempre più inquieto e pericoloso.

Renzi a Washington con un pd spaccato e governo in forse

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 By giustus

L’attacco frontale a Renzi che ha fatto Romano Prodi nel libro-intervista con Marco Damilano: sul piano internazionale non è un buon viatico per la sua due giorni negli Usa, dove, incontrando Obama dovrà spiegargli il viaggio a Mosca e la simpatia dimostrata a Putin.

Barak Obama, pare ovvio, elogerà le sue riforme, ma il segretario-premier italiano non sa ancora se riuscirà a portare a casa quelle riforme. Questo, perché non ha voluto concedere alcunché alla sinistra Pd sulla legge elettorale, a parte un accenno a possibili futura modifiche alla riforma costituzionale, leggere Senato. Così nell’assemblea dei deputati dem si è assistito ad un simbolico quanto grave strappo, alla clamorosa uscita al voto finale degli oppositori, preceduta dalle dimissioni del capogruppo Roberto Speranza.

In 191 su 310 hanno detto sì all’Italicum, numeri che rendono incerto il varo della legge e ,quindi, il futuro stesso del governo visto che Renzi ha legato al varo di questa legge la sopravvivenza dell’Esecutivo. Credo che lo stesso premier sia rimasto amareggiato per non aver convinto almeno una parte della minoranza dem, nonostante la promessa: “sono possibili ulteriori modifiche sulla riforma costituzionale”, con chiaro riferimento al Senato. Non a caso, a fine Assemblea, ha ammesso: “siamo profondamente divisi sui singoli punti della legge elettorale, ma tutte le posizioni non possono essere ridotte a un derby tra noi”.

No, non è un buon momento per il nostro premier che, al rientro in Italia, dovrà anche insistere nel ricordare che “tutti i membri della Commissione Affari Costituzionali debbono accettare il deliberato dell’Assemblea dei deputati sulla legge elettorale”. Lì, in Commissione, la maggioranza dei dem fa parte della sinistra e, quindi, di coloro che sono contrari all’Italicum. Probabilmente chiederanno d’essere sostituiti, come aveva preannunciato Bersani, per esser liberi di votare, eventualmente, contro in aula. Infatti, Pier Luigi Bersani l’ha chiesto per primo, dicendo “io così non ci sto, la legge non la voto”.

Siamo, davvero allo showdown finale e il Pd schiocchiola , aumentano i venti di scissione con più di cento cento deputati, pronti a dire no all’Italicum se non ci saranno modifiche.

Qualcuno ha definito la legge elettorale le Forche Caudine di Matteo Renzi. Ho l’impressione che se davvero saranno tali, a provocarle sia stato lo stesso premier perché con un piccolo gesto verso gli oppositori interni avrebbe portato a casa la legge, spaccato la sinistra dem e portato definitivamente con lui, come già aveva fatto con i “giovani turchi” di Orlando e Orfini, il capogruppo Roberto Speranza e buona parte di Area Riformista.

Mentre invece così dovrà decidere se andare al voto sull’Italicum senza la certezza del sì o mettere sulla legge la fiducia, come hanno detto quale extrema ratio, vari esponenti renziani. Sarebbe, questa, una sfida nella sfida perché Sel, Forza Italia e la Lega sono già sul piede di guerra, parlando di “golpe” ed appellandosi al Capo dello Stato.

 

 

Renzi (per salvarsi) pensa alle elezioni anticipate

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Non sa se può contare ancora sui suoi sponsor americani che pare guardino anche al romano Alfio Marchini non sgradito a Silvio Berlusconi. Sa bene che il famoso “tesoretto” scoperto dal ministro delle Finanze può scomparire da un momento all’altro, come avvenne con tre precedenti governi, trattandosi solo di previsioni. Si rende, inoltre, conto che la situazione economica non è quella presentata con ingiustificato ottimismo dai renziani perché la crisi morde ancora e la fiducia dei cittadini nel premier diminuisce sempre più. Ogni giorno che passa si trova contro una buona parte dei parlamentari dem, anche se nel partito mantiene una vasta maggioranza, e non è sicuro che le sue riforme vadano in porto.

No, non è un buon momento per il segretario-premier Matteo Renzi che, secondo il suo esautorato predecessore a Palazzo Chigi, ossia Enrico Letta, sa solo comandare, ma non governare e che per i big-economisti-editorialisti del “Corriere della Sera Alesini e Gavazzi non solo ha perduto slancio,ma addirittura “eccede nell’uso di parole che inducono al populismo, condito con un ottimismo perenne, ma combinato con pochi fatti concreti”. Vi risparmio le altre critiche che piovono a Renzi da varie parti, mentre i ripetuti scandali scuotono il Pd a vari livelli.

In questa situazione il ricorso alle elezioni politiche anticipate, con la legge emersa dalla sentenza della Corte Costituzionale, ossia il proporzionale del Consultellum, appare all’ex-sindaco di Firenze una via di uscita per presentarsi agli italiani dicendo: volevo cambiare l’Italia, facendo imboccare al Paese la via della ripresa economica e sociale anche con indispensabile riforme di struttura, me l’hanno impedito le opposizioni parlamentari ed anche una parte della sinistra del mio partito; così non si può governare, datemi una mia maggioranza.

Per raggiungere l’obiettivo del voto politico mettiamo ad ottobre ha bisogno che la riforma elettorale venga bocciata, ecco perché non cede alla richiesta della sinistra dem, compresa quella più dialogante guidata dal presidente dei deputati Speranza, di alcune modifiche. Invano proprio Speranza ripete “vanno evitate tensioni e spaccature”, proponendo con un appello a Renzi, firmato da una settantina di deputati, di ridurre almeno il numero dei collegi con i capilista nominati.

Nulla da fare replica la ministra Boschi, “abbiamo i numeri per far passare l’Italicum e il governo, come extrema ratio potrebbe decidere di porre la fiducia”. Apriti cielo! All‘ipotesi di porre la fiducia è scattato un coro di durissime proteste sia nelle opposizioni, sia nella minoranza dem. C’è stato qualcuno che ha ricordato che su una legge elettorale solo una volta è stata posta la fiducia posta nel 1923 dal premier dell’epoca Benito Mussolini.

Alfredo D’Attorre, bersaniano, invita Renzi a “sgombrare il campo” dall’ipotesi del voto di fiducia, aggiungendo: “un governo che mettesse la fiducia sulla legge elettorale non merita la fiducia”. Sulla stessa linea Pippo Civati che comunque, dopo aver detto che “sarebbe una provocazione bella e buona”. propone che sulla legge elettorale il voto finale deve essere segreto.

A sua volta il lettiano Francesco Boccia tenta un’ultima mediazione: “il tempo per mediare c’è, nel piano il limite è luglio: Si torni al Senato elettivo”.

Il fronte renziano, però, non demorde, non si fida della minoranza dem il vice-segretario del Pd, Lorenzo Guerrini, precisa: “Non vogliamo forzature, ma il partito ha votato, ora serve la lealtà di tutti. Non siamo noi ad alzare i toni, ma si deve essere responsabili: la fiducia è possibile come extrema ratio: La legge uscita dal Senato è alla fine di un percorso”.

Sono, queste, giornate di grande tensione, quindi, nel Pd anche perché per mercoledì è convocata l’assemblea del gruppo parlamentare di Montecitorio che si aprirà con una relazione di Matteo Renzi. Che, per il momento, dice ancora no a cambiamenti: “niente modifiche, ne sono già state fatte, la legge elettorale va approvata com’è”.

Qualche concessione il segretario-premier potrebbe farla sulla riforma costituzionale, ossia sul Senato, ma la sinistra dem non si fida, ritiene che una volta votato l’Italicum, dopo , magari per l’intervento di un partner di governo, tutto rimarrebbe come prima.

La minoranza dem, divisa in varie anime, sembra unita nel chiedere modifiche all’Italicum e nel pretendere, mercoledì, da Renzi l’assicurazione che non metterà il voto di fiducia. Precisa Cuperlo: “credo che non solo la sinistra, bensì una larga parte del gruppo porrà questa questione”.

Intanto, Forza Italia annuncia, con Giovanni Toti, la presentazione di un emendamento che accolga anche la richiesta della sinistra dem, ossia “una riflessione sui capilista, le preferenze e sul premio di maggioranza o almeno la possibilità di apparentamenti al secondo turno”.

Domani si riunirà Area riformista (Speranza e la settantina di deputati che hanno firmato l’appello a Renzi) per decidere l’atteggiamento da tenere nell’assemblea del giorno dopo. Se decidesse di mantenere la richiesta di modifiche all’Italicum anche, eventualmente, in presenza di un’offerta per il ritorno al Senato elettivo il segretario-premier rischierebbe, seriamente, di ritrovarsi in minoranza perfino alla Camera. E, quindi, il ricorso al voto di fiducia sulla legge elettorale sarebbe scontato. La sinistra dem sarebbe, quindi, messa ad una scelta di fondo: o piegare la testa e, dunque, stendere un tappeto a Renzi o facilitargli la corsa verso il voto anticipato che ha, comunque, l’incognita del Capo dello Stato.

Mi sembra abbastanza improbabile che il presidente Mattarella pensi di sciogliere le Camere a cuor leggero, forse potrebbe imitare i suoi predecessori che, in periodi ingarbugliati come quello attuale, scelsero qualche mese di decantazione con un governo balneare. Non gli mancherebbe certo il materiale umano per fare questo. e chi meglio del Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, potrebbe assumere quell’incarico? Sempreché, all’ultimo momento non spunti l’inossidabile Giuliano Amato. Che Dio ci aiuti.

LA SOLITUDINE DI MATTEO RENZI

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Appare sempre sorridente e sicuro di sé. Esprime ottimismo in ogni occasione, tutto bene, si va avanti, l’Italia cambia, ovviamente in positivo, grazie alle sue riforme. La sinistra dem non è d’accordo? L’opposizione fa la voce grossa e non c’è più il sostegno del Patto del Nazareno? Poco importa, tanto poi in Parlamento la maggioranza c’è e vota come vuole lui. Lui è Matteo Renzi il segretario-premier, il più giovane Presidente del Consiglio d’Europa, tanti nemici tanto onore e non comprende perché i sindaci, anche quelli che dovrebbero essere amici come il renziano presidente dell’ANCI e primo cittadino torinese Piero Fassino, si agitino tanto per il Def. E’, inoltre, stupito perché i big della Pubblica Amministrazione, sostenuti da fior di studiosi, sostengono che la riforma della P.A. messa in campo dalla brava ministressa Madia “ha elementi di continuità con quella di Forza Italia” e “l’amministrazione sarà clientelare per legge, sottomessa come sarà alla politica”.

Probabilmente il segretario-premier non comprende il perché il suo governo cali ogni mese nella fiducia degli italiani, come accade anche per lui, il Pd sia sceso al 35,7 e solo il 38 % degli italiani lo preferisca agli altri leader con Silvio Berlusconi che, addirittura, sta risalendo la china, piazzandosi al 25% secondo i dati trasmessi da Ballarò. Né devono confortarlo i venti di tempesta che, sul piano della corruzione (una corruzione clamorosa testimoniata dai dati del rapporto della Guardia di Finanza) colpiscono molti esponenti del Pd e addirittura, probabilmente ingiustamente, lo sfiorano con le dichiarazioni ai magistrati (riportate in sintesi dal “Corriere della Sera”) di un esponente della cooperativa “rossa” coinvolta in una clamoroso scandalo di appalti ottenuti pagando i politici, secondo il quale il presidente della Cpl Concordia aveva una rapporto con Renzi, il sottosegretario Lotti e l’attuale sindaco di Firenze. Fatto, per la verità, abbastanza normale trattandosi di un personaggio certamente legato al Pd come lo poteva essere con i diesse e considerato che l’attuale ministro del Lavoro è stato presidente proprio di tutte le cooperative rosse senza, beninteso, essere mai stato sfiorato da alcunché di illecito.

Va anche detto che queste fughe di notizie nei confronti di un premier e di suoi collaboratori, senza che vi sia nulla i concreto e senza che la magistratura inquirente non abbia inviato nemmeno un avviso di garanzia, rientra in una abitudine da condannare e pare rispondere all’antico detto: calunniate, calunniate anche se non è vero ,tanto qualcosa resterà.

Ho l’impressione, quindi, che la solitudine di Renzi stia aumentando e non credo che possa sollevarlo il sostegno che gli ha dato, in TV Adriano Celentano, quindi è logico ipotizzare che voglia andare avanti nella strategia delle elezioni anticipate per liberarsi di quella che considera zavorra politica e per avere, poi, una maggioranza parlamentare sicura ed amica non come quella odierna che, ad iniziare dalla minoranza del suo partito, rende difficile portare avanti le riforme. Per questo, probabilmente, va giù duro sull’Italicum: va approvato com’è, “abbiamo discusso mesi – dice – fatto le modifiche che dovevamo fare. Non riapro il tavolo per analizzare se sono meglio 100 capilista bloccati o 90 o 80 “. Indietro non si torna altrimenti si finisce nella palude”.

La sinistra dem, però, non si rassegna e proprio in concomitanza con l’inizio della discussione sulla legge elettorale in commissione Affari Costituzionali della Camera. E il presidente dei deputati Roberto Speranza, leader di Area Riformista , impegnato in una mediazione, per la verità sempre più disperata, tenta, insieme a Nico Stumpo, un tempo bersaniano, e a Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio, l’ultima carta. Ossia un documento-appello , già firmato da una settantina di deputati, indirizzato al segretario-premier. Il testo, che sarà reso noto domani, chiede a Renzi di mantenere il confronto fino all’ultimo per “evitare una rottura” e “non spaccare il Pd”.

L’iniziativa ha immediatamente trovato il sostegno delle altre minoranze e il bersaniano Alfredo D’Attorre ha, infatti, detto: “L’appello indica che c’è un minimo comun denominatore nelle minoranze del Pd al di là di differenze di sensibilità. Questo comun denominatore consiste nella richiesta di modificare la legge elettorale”.

Probabilmente Renzi risponderà dicendo che qualche modifica può essere introdotta nella riforma costituzionale, ossia in quella del Senato per renderla meglio compatibile, come ha chiesto anche Bersani, con la nuova legge elettorale che rimane l’Italicum così com’è.

Che questa possa essere l’impostazione lo fanno intendere le ripetute dichiarazioni del premier e quella del sottosegretario renziano Angelo Rughetti che, nel lanciare un “patto generazionale tra quarantenni” secondo il quale “l’Italicum non si cambia. La minoranza lo voti così discuteremo sul Senato: Il tema vero è ,infatti, la riforma costituzionale con i contrappesi alla legge elettorale e il parlamentarismo”.

La sinistra dem si accontenterà di una promessa del genere visto che lo stesso Rughetti non sa se davvero Renzi è disposto a cambiare la riforma costituzionale. Ho l’impressione che quella del sottosegretario sia una dichiarazione concordata con il premier che, in risposta all’appello di “Area riformista”, proporrà proprio la modifica alla riforma del Senato. Lo vedremo presto. Ma se anche ci fosse questa apertura cosa farà la minoranza del Pd?

RAFFAELE FITTO HA RAGIONE. FORZA ITALIA VA RIVISTA

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Sono un sostenitore di Raffaele Fitto dalla prima ora, mi riferisco alla sua posizione in Forza Italia. Lo sono no per convinzione polititca, bensi per l’atteggiamento assunto. Non credo di svelare alcun segreto, assumendomi le responsabilità di aver quasi sempre votato in quella direzione, ora, vorrei dare il mio sostegno, ovviamente morale, a colui che ha assunto una posizione chiara nel partito ponendo, forse sarebbe meglio dire, tentando di porre un freno ai dictat che provengono dal Grande Capo.

Credo che, come in natura, per gni cosa vi sia un ciclo: prima nasce la gemma, poi il fiore, quindi in frutto che matura e, per non arrivare alla macerazione e bene coglierlo. Sonio fermamente convinto che lo stesso ragionamento valga per le persone e che l’esempio calzi bene al nostro caso.

Si è passati da ForzaItalia al P.d.L. attraverso le varie fasi imposte dal percorso politico che si stava seguendo: non sempre è stato facile, la stradaè stata lunga e tortuosa, la guida di Berlusconi ha dato grandi stimoli ma anche tormenti. Ilsuo popolo, quello moderato, lo ha condiviso e coadiuvato nei mmenti migliori e lo ha strenuamente sostenuto in quelli più bui. Nessuno ha mai messo in dubbio la sua leadership e, quando qualcuno ha avuto tentennamenti, più per ambizione personale che altro, lo hanno lasciato andare per la sua strada, rimanendo vicino al leader, a suo sostegno è in piena. condivisone, e nessuno può dire che, quando le difficoltà politiche sono diventate di altra natura, Berlusconi sia stato abbandonato al suo destino. Il Partito lo ha seguito ed ancora lo sosterrebbe se solo lui lo volesse.

Una cosa v’è da chiedersi: Forza Italia del 2015 è la stessa dei tempi della fondazione o è diventata un’altra cosa? Per me siamo alla seconda ipotesi.

Nella prima FI, era il Capo a decidere, ma, vi era una squadra. “Il Mister”, con i suoi consiglieri,  studiavano la gara da giocare, disponeva la formazione, si studiava la strategia e comunicava quale sarebbe stato il gioco: lo spogliatoio era tranquillo sotto lo sguardo sereno del capitano che, sempre attento, controllava che tutto filasse liscio.

Ci furono grandi vittorie e piccole sconfitte ma, come dicevo, lo staff ed il Mister, esperto e valido, assicuravano la coesione della squadra ed anche della tifoseria.

Ad un certo punto, favorita dal Mister, qualche intromissione esterna si è inserita nello staff, si è creato qualche diaframma che, forse, nelle aspettative del Mister avrebbe dovuto migliorare il funzionamento del delicato meccanismo, purtroppo così non è stato, anzi si sono verificati i primi inceppamenti in quel motore così perfetto, provocando i primi cigolii sulle curve, nessuno ha voluto farci caso, quindi, non sono stati ne capiti ne raccolti.

Chi avrebbe potuto mettere in guardia il Capo ha preferito lasciar correre, preferendo ritirarsi a vita privata, qualche altro ha lasciato facendo trasparire il suo stato umorale, lo spogliatoio, sensibile percependo le difficoltà e non accettando pedessequamente il nuovo staff che proponeva nuove strategie, ha iniziato a giocare in proprio e la tifoseria ha iniziato ad abbandonare la curva, così, quel partito che era andato oltre il trenta per cento dei consensi si ritrova, più o meno. ad essere dimezzato.

Torniamo a Fitto: Quello che sarà domani è difficile dirlo: per ora il leader pugliese ha disatteso un imperio di Berlusconi in Puglia, senza però lasciare Forza Italia.

La situazione che si è creata in Puglia dopo tanti batti e ribatti tra il Grande Capo ed il giovane Raffaele non è cosa facile da risolvere, poi vi è la candidatura di Toti in Liguria, anche questa non certo bene accetta, anche se in quella regione non vi è l’uomo forte paragonabile a quello della Puglia. Ecco perchè sarebbe opportuno che il Grande Capo accettasse il dialogo con il piccolo Raffaele. Accettare la leadership pugliese di Fitto sarebbe come prendere una ciambella di salvataggio in un mare in tempesta, ed assicurarsi le elezioni, con il massimo risultato Nel frattempo aprire un tavolo per discutere la situazione del partito che, a questo punto, avrebbe quanto mai bisogno di una vera riflessione, magari attraverso una assemblea popolare ricostitutiva, dalla quale far emergere la necessità di un congresso vero, aperto, di confronto, di uomini e di idee, su un tema ideologico-programmatico. Bisogna inventarsi qualcosa di nuovo, Renzi, nel bene o nel male ha tolto lo spauracchio del vecchio comunismo, ora bisogna inventarsi un nuovo obiettivo da combattere ed abbattere, un obiettivo per i prossimi dieci anni.

Da quel consesso deve nascere un nuovo staff per il Leader Massimo, uno staff forte che, alle idee coniughi pure il consenso del suo popolo.

I ragazzini, le ragazzine hanno tanto tempo davanti a loro, possono e devono trovare quel consenso senza aspettare o, peggio, pretendere, che gli sia fatto cadere dall’alto, devono conquistarlo con le loro forze, devono temprarsi sul campo, come hanno fatto quasi tutti i loro predecessori, voto, su voto. Solo se sapranno fare questo potranno raggiungere quel traguardo a cui tanto aspirano, e sapranno anche gestirlo costruendo un entità politica che potranno poi trasmettere ai successori.

Al momento non si intravvedono molte alternative se non quella di sparire con un definitivo “de profundis