Ed ora andiamo oltre il refendum

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Finalmente siamo giunti al termine. Una campagna elettorale sfibrante dove non si è risparmiato nessuno,; un Paese diviso da un baratro, da una frattura verticale, dilaniato, diviso in due parti pressoché uguali dove chi maggiormente ci ha rimesso è proprio quello che avremmo voluto fosse riformato. Comunque, ora le trombe hanno emesso gli ultimi squilli e, speriamo siano terminati anche gli ultimi insulti reciproci. Ora il silenzio (speriamo) del giorno del pre-voto e poi, finalmente, la parola ai cittadini. L’augurio è che molti italiani si rechino alle urne anche perché, questa volta, non c’è quorum e sarebbe un errore delegare ad altri una scelta su regole che dovrebbero avere il massimo dela condivisione.

In ogni caso, tranquilli, chiunque vinca non ci sarà l’apocalisse finanziaria ed economica evocata da chi sostiene il “Sì”, se prevarrà il “NO” (o, che Dio non voglia, se avverrà non sarà per il voto) , né almeno speriamo, entreremo in una dittatura  come ipotizza chi sostiene il”NO” nel caso siano i “governativi” ad affermarsi. Quel che è certo è che chiunque vinca le forze politiche, tutte, hanno il dovere di ritrovare la via del dialogo e di un civile confronto  ad iniziare da quello su una nuova legge elettorale   e sui modi di affrontare una vera e propria emergenza sociale ed economica.

Se, ad esempio, vincesse il “NO”, nonostante l’errore di aver personalizzato il referendum costituzionale, in molti sarebbero  sarebbero dell’idea che Matteo Renzi non lasci Palazzo Chigi,  per evitare che questo possa determinare, con la rinuncia, quella fibrillazione dei mercarti evocata per spaventare gli elettori. Certo, potrà rassegnare le dimissioni per un eccesso di scrupolo istituzionale, ma avendo ancora la maggioranza in Parlamento  con tutta probabilità il Capo dello Stato lo rinvierebbe alla Camera, riottenendo la fiducia semprechè non sia lui a dire di no come segretario del Pd. La stessa minoranza  dem che ha vota  “NO” come ha sempre ha detto, senza se e senza ma, che il premier deve rimanere a Palazzo Chigi e lo stesso ha fatto Silvio Berlusconi che, non a caso, ha anche proposto un tavolo con Renzi per la nuova legge elettorale e ripartire con una riforma costituzionale condivisa  .

Se prevalesse il “Sì” il segretario-premier dovrebbe, innanzitutto, evitare la tentazione di stravincere, mortificando la minoranza interna anche accelerando verso il Partito della Nazione  e cambiando, nuovamente  le carte in tavola, iniziando dalla legge elettorale con il ritorno all’Italicum già in vigore. Il tavolo proposto dal Cavaliere è, comunque sia l’esito del voto, un’occasione imperdibile per Renzi per riprendere con i berlusconiani il filo perduto di un dialogo che, anche in tempi di burrasca, ha visto Berlusconi dire che non vede in Italia, beninteso oltre lui, nessun leader politico oltre, appunto, l’ex-sindaco di Firenze. E non mi è mai sembrato un caso 8anche se non mi è piaciuto) che un big di Mediaset come Confalonieri, un berlusconiano-doc come Briatore e alcuni sindaci di Forza Italia si siano pronunciati per i “Sì”, mentre il premier deve tener conto che alcuni personaggi   “ulivisti”, come Prodi e Cacciari, abbiano fatto altrettanto, ma dicendo peste e corna della riforma e del suo proponente. In sostanza, l’ex-sindaco di Firenze non avrà vita facile anche vincendo, mentre potrebbe avere una sponda più sicura, tornando al Patto del Nazareno come credo voglia il Cavaliere, ma partendo (senza esagerare) da una vittoria del “NO”

Il fatto è che, lunedi’, 5 dicembre, avremo un paese  spaccato  con profonde divisioni in tutti  ceti sociali e in molti partiti, a partire dal Pd e con la scissione nell’Udc ed   un centro-destra  che Salvini ha, di fatto, scomposto, lacerando internamente anche la Lega, dove, ormai, non è all’offensiva solo il fondatore Bossi, ma si agitano  i potenti governatori Maroni e Zaia.

Se aggiungete che, nell’ultimo turno amministrativo, pur parziale, ha votato solo il 50% degli italiani e molti sindaci sono, di fatto, eletti da una netta minoranza, che la fiducia nei partiti politici è al lumicino in tutti i sondaggi, che un milione e mezzo di bambini in Italia sono in totale povertà, che la lotta tra gli ultimi ed i penultimi ( troppi tra gli italiani)  sta minando la nostra società e crea angosciosi problemi sociali e di sicurezza  (e moto altro potrei  citare) emerge un quadro sempre più preoccupante.

Forse è arrivato il momento di ascoltare i moniti che, continuamente, lancia il Presidente Mattarella, positivo punto di riferimento per tutti i cittadini, recuperando un comune sentire, ossia quella cultura del dialogo e del confronto  che ha sempre salvato l’Italia democratica nei momenti più difficili della storia. Speriamo se ne rendano conto le attuali classi dirigenti ad iniziare da quelle politiche. Prima che sia troppo tardi.