SIAMO MESSI PROPRIO MALE, MA LA SPERANZA E’ L’ULTIMA A MORIRE

Standard

Siamo alla fine di un anno che di buono ci ha dato molto poco, fare un bilancio non è cosa facile, ma almeno qualche considerazione, anche alla luce di ciò che sta accadendo questi giorni, per chi ogni tanto si diletta (sic) a scrivere di politica, è quasi d’obbligo.

Mi sarebbe tanto piaciuto poter fare gli auguri in modo gioioso, parole spensierate, invito alla letizia. Come si può? Non me la sento di esprimere ottimismo, purtroppo, benché la speranza sia l’ultima a morire, sembra che ancora non si sia giunti a toccare quel fondo che dovrebbe darci la spinta per riemergere. Di una cosa però sono quasi certo, quel fondo ormai non può essere molto lontano. La speranza è che in quel “fondo” non vi sia melma che tenda a frenare la risalita.

Questa politica non ci offre grandi speranze, ne i partiti, ne lo stesso prof. Monti pare rendersene conto. A partire da oggi, sarebbe indispensabile una vera discontinuità con i vent’anni di questa seconda repubblica mai nata, sintonizzandoci con i cambiamenti avvenuti e in corso, chiedendo aiuto, anziché alla signora Merkel, agli scienziati ancora oggi ignorati. Invece cosa ci viene offerto con il voto di febbraio? Parole, solo parole, un fiume di parole e promesse al vento condite da analisi vecchie e superate, sostenute da metodologie che ricalcano schemi antiquati. La tristemente famosa “agenda Monti” non fa eccezioni , lo hanno dimostrato Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, che non sono gli ultimi venuti, nell’editoriale di giovedì scorso sul “Corriere della Sera” e forse l’”Osservatore Romano” dovrebbe meditarci sopra così come sulle critiche  alla “cura  Ue” firmate da una non esigua schiera di Premi Nobel per l’economia.

Il panorama  è desolante, questa è la verità. Il governo dei tecnici, sostiene il premier, ha salvato l’Italia. Sarà anche, ma non mi sembra abbiano torto coloro che affermano: ha distrutto gli italiani e aumentato enormemente le distanze tra poveri e ricchi. I numeri, purtroppo, sono di una chiarezza esemplare. Nei tredici mesi nei quali ha governato Mario Monti, il Pil è sceso in picchiata -2.5, la pressione fiscale, salita di quasi 3 punti, ha raggiunto livelli record, il debito pubblico è cresciuto di ben 82 miliardi e 700 milioni di euro, toccando il +4.4 rispetto al Pil, il potere d’acquisto delle famiglie è   sceso del 4.1%, i consumi privati del 3.4 la produzione industriale è a -6.2 , le compravendite immobiliari, grazie all’Imu, sono a -23.6, le vendite auto a -18%, la disoccupazione è al top e ci sono centinaia di migliaia di esodati senza stipendio o salario e senza pensione.

Si dirà: era necessario per salvare l’Italia. Molti esperti (anche Premi Nobel dell’economia) dicono di no e persino un grande estimatore di Monti come Eugenio Scalfari  aveva suggerito di attingere alla Cassa Depositi e Prestiti, che ha grandi risorse, una trentina di miliardi di euro per pagare, sia pure in parte, i debiti dello Stato nei confronti delle aziende creditrici, che debbono, ovviamente, pagare l’Iva sulle fatture e le tasse, su introiti inesistenti. Sarebbe stata una bella iniezione di liquidità sul mercato e, indirettamente, sulle famiglie, salvando non poche imprese e non pochi posti di lavoro.

Forse sarà solo demagogia o realtà l’affermazione fatta da una sindacalista nella trasmissione di Santoro: invece di dare 3 miliardi di euro alle banche si poteva evitare di porre l’Imu sulla prima casa, una tassa che ha bloccato il mercato del settore e gli investimenti nell’edilizia che, se non vado errato, è considerata ancora il volano dell’economia?

Vi risparmio le molte affermazioni critiche sugli eccessi di austerità imposti agli europei e quindi, addirittura con qualche carico da novanta, anche a  noi italiani. La storia dirà chi aveva ragione, ma la democrazia sospesa doveva tornare alla normalità, questo era stato detto. Mario Monti avrebbe dovuto farsi da parte, l’aveva detto e ripetuto, assumendo il ruolo di “riserva” utile al Paese. Invece ecco  trasformarsi in politico, scende in campo o no? Ci ha tenuti in sospeso, poi la decisione: lo fa a metà, “sale” in politica, ma non si candida, lui è già in Parlamento, senatore a vita, persino il Presidente Napolitano gli aveva pubblicamente detto che, per questo, non poteva candidarsi. Massimo D’Alema aveva, addirittura, tuonato: sarebbe immorale lo facesse. Così il professore ha lanciato la sua Agenda e chiamato a raccolta chi la condivide per sostenerlo, di nuovo, come premier. Di fatto: un generale che sta fuori dalla mischia, ma è disposto a guidare le sue truppe. Che sono, però, deboli e, se divise, presentano anche candidati non graditi. Da qui il tentativo di una lista unica  che avrebbe maggiori consensi, ma all’Udc non sta bene perché rischia di vedere esclusi anche suoi pezzi da novanta ,ad iniziare dal segretario Cesa, per finire con Gianfranco Fini. Questo il “giallo” dei montiani che, a breve, sarà sciolto: lista unica al Senato, liste divise alla Camera, e il professore non faccia troppo il sofista, accetti qualche esponente tipo Fini che il presidente delle Acli Andrea Oliviero non vorrebbe nella compagnia, ma gli sarà imposto e se lo dovrà sorbire.

Comunque sia, il centro non decolla, meno che mai senza Monti candidato, lo avrebbe detto a Scalfari lo stesso premier che non pare avere molta stima di Casini e Fini definiti “politici fin da ragazzi e la gente non sopporta più  i politici professionali. Si parla ormai di  esperti e di società civile. E questo che non fa decollare il Centro… un movimento della società civile forse li porterebbe i voti”.  Da qui le simpatie per Montezemolo e, soprattutto, l’insistenza di una lista unica per Monti premier valutata oggi  sul 18%. L’obiettivo è non far vincere nessuno al Senato ed è lo stesso di Silvio Berlusconi che ha ricompattato il Pdl, con poche e di poco conto, defezioni verso i montiani, e che alla fine potrebbe trovare un accordo con la Lega e la Destra di Storace sino ad avvicinarsi, pericolosamente per Bersani, ad  un PD che può perdere voti al centro e , forse, anche a sinistra vista la presenza degli “arancioni”, in particolare   con l’ex-Pm d’assalto Ingroia candidato premier. Se si aggiungono i grillini un po’ scesi nei sondaggi, ma pur sempre sul 15%, è facile prevedere che al Senato non ci saranno vincitori.

Questa è la speranza di Mario Monti che sa benissimo d’andare incontro ad una campagna elettorale durissima anche per le critiche che provengono, alla sua scesa in campo e al suo governo, da parte di personaggi non di sinistra né berlusconiani come Diego Della Valle. Mettete, poi, in conto che a gennaio verrà un’altra stangata per gli italiani con la  tassa che ingloba quella sui rifiuti e ne impone una nuova per i servizi dei Comuni, con chi se la prenderanno i cittadini già pesantemente tartassati dal fisco? Voglio dire che il premier con lista unica o liste separate sa che rischia di vedere assottigliarsi e non aumentare i voti e non può sperare, salvo sconvolgimenti imprevisti e imprevedibili, di essere il candidato premier (e lui lo è in modo indiretto) con più voti, al quale Napolitano, come ha dichiarato, darà per primo l’incarico di formare il nuovo governo. Bersani, lo sappiamo tutti, è in pole position per questo, anche se ho l’impressione che potrà essere insidiato dal candidato-premier di Pdl-Lega-La Destra che, a sorpresa(ma poi non tanto) potrebbe essere un personaggio noto ed esterno all’attuale ceto politico mentre Berlusconi, come chiede Maroni, fa il capo della coalizione, una specie di allenatore in campo. Lo scoglio del Senato, comunque, rimarrebbe ed ecco che la “riserva” dello Stato, scesa, pardon, salita in campo, spera di rimanere a Palazzo Chigi. Da qui il dialogo con i democratici e i facili veleni riservati a Berlusconi per favorire, dopo il voto,un’intesa di centrosinistra.

C’è da vedere, però, come la prenderà Bersani che già si vedeva premier e, comunque, un posto da superministro dell’Economia potrebbe offrire al professore, non vi pare? E’ una previsione da maligno? Può essere, ma in un caso o nell’altro vedo difficile mettere d’accordo Monti  non solo con Vendola, ma anche con quella parte dei bersaniani – tipo Fassina – che hanno negato, ieri, critiche al governo e che, oggi,  giudicano non ricevibile l’”agenda” del professore. Eppoi ve li immaginate un Fini e un Montezemolo insieme alla sinistra? Da qui la facile previsione che quella che sarebbe una nuova e più eterogenea edizione dell’Unione prodiana, quella che ci portò alle elezioni anticipate, non possa reggere molto, altro che “agenda Monti” con buona pace dell’articolista dell’”Osservatore Romano”, forse eccessivamente enfatizzato dai media visto che gli altri leader dei montiani amano tanto la famiglia da essere divorziati….

Sì, siamo messi proprio male e il panorama che abbiamo davanti è sconsolante. Agli elettori l’ardua sentenza. A voi elettori privati di una speranza che si era affacciata all’orizzonte e, forse, potrà concretizzarsi in un prossimo futuro.

Questa ipotesi è impersonata da un nuovo leader  rivelato dalle primarie del Pd, blindate per Bersani: il sindaco di Firenze Matteo Renzi. E’ giovane, ha le idee chiare , la sua formazione è cattolica, ha avuto il coraggio di esporsi e di esporre quei cento punti di un programma di discontinuità con il recente passato e usa un linguaggio che uno scienziato italiano come Rizzolati, consigliere di Obama e candidato al Nobel, potrebbe definire intuitivo o empatico.

Utopia? Forse, ma la speranza, fondata sulla fede, è l’ultima a morire.

AUGURI

 

Lascia un commento